Seme da coltivare
Posté par atempodiblog le 3 septembre 2013
Il direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga, spiega, al mensile Il Timone, come si coltiva la fede:
Difficoltà, rinunce, combattimenti sono tappe dell’itinerario che tutti i battezzati affrontano per giungere alla pienezza della fede. Che è come un seme: non coltivato, può morire
La fede è un seme che va coltivato
La fede è un dono che Dio deposita nell’anima come un seme. Ha bisogno di tempo per svilupparsi. L’uomo non è un angelo, la cui natura di puro spirito gli ha permesso una decisione radicale fin dall’inizio della sua esistenza. L’anima umana, incarnata in un corpo, ha bisogno di tempo per realizzarsi sia nel bene come nel male. La via della salvezza è un lungo cammino, come lo è anche quella della rovina. La prima però è aspra e in salita, mentre la seconda è larga e in discesa. Il frequente riferimento che Gesù fa all’immagine del seme per descrivere la vita spirituale sta a indicare la progressiva crescita dei doni di santità che la grazia della fede fa germogliare nell’anima. Accompagnare e favorire fin dall’inizio questo sviluppo deve essere la preoccupazione dei genitori e della comunità ecclesiale e infine della stessa persona interessata.
Colpisce l’affermazione perentoria di un testimone scomodo della fede come il filosofo Soren Kierkegaard, secondo il quale un giovane battezzato, giunto alla frontiera dell’età adulta, deve diventare di nuovo cristiano per scelta propria. Vi è qualcosa di profondamente vero in questa affermazione. La fede non può rimanere una eredità che si accetta per tradizione, senza impegnare la propria mente, il proprio cuore e la propria libertà. Naturalmente, il cammino di fede deve prevedere fin dai più teneri anni un coinvolgimento totale della persona, in modo tale che si realizzi un vero incontro con Dio, senza il quale la religione sarebbe un vuoto formalismo. Questo è possibile anche nel bambino, il quale non manca di una fede autentica, se Gesù lo ha indicato come modello (Mt 18,3).
Bisogna conseguire una fede matura
Non c’è dubbio però che il passaggio all’età adulta comporti un approfondimento personale delle verità ricevute in dono dalla famiglia e dalla Chiesa. Questo passaggio, anche se da alcuni è vissuto pericolosamente, fino a perdere l’inestimabile grazia della fede, può avere esiti positivi se approda a una fede più consapevole e più matura. Come un albero, crescendo, affonda sempre più le radici nel terreno, divenendo forte e resistente ai venti e alle tempeste, così la fede deve radicarsi gradualmente nel cuore, rafforzandosi con motivazioni sempre più salde fino a divenire incrollabili.
Perché questo avvenga è necessaria molta cura. Come un chicco di grano cresce e si sviluppa, se è seguito con premurosa sollecitudine dall’agricoltore, così il seme della fede giunge alla sua completa fioritura se viene alimentato e protetto da tutti quei mezzi che la Provvidenza divina ha messo a nostra disposizione: la Preghiera e i Sacramenti, la Parola di Dio e l’insegnamento della Chiesa, oltre alla testimonianza di vita dei Santi. Ogni tappa della vita necessita di cure particolari. Ne hanno bisogno l’infanzia e la giovinezza, ma anche l’età matura e la vecchiaia. Oggi infatti la fede è esposta a innumerevoli pericoli, mentre sono pochi coloro che hanno la forza di andare controcorrente. Sostenere il cammino di fede dei fedeli è senza dubbio un impegno pastorale prioritario della Chiesa, ma nel medesimo tempo ogni cristiano deve essere consapevole che il dono prezioso che ha ricevuto è esposto a pericoli mortali se manca la necessaria vigilanza.
Il mondo è ostile alla fede
Una fede temprata e salda come una roccia è oggi assolutamente indispensabile. Viviamo infatti tempi di sottili seduzioni, dove perdere la fede è assai più facile che conservarla. Essere credenti dalla fede ferma e integra deve diventare l’obbiettivo primario della formazione cristiana. Una fede conservata per abitudine e per tradizione rischia di venire spazzata via dalle nuove mode e credenze. Si ripropone la situazione dei primi tempi del cristianesimo, quando dei cristiani convinti e decisi, benché infima minoranza, incidevano nella società fino a cambiarla e facevano proseliti. Oggi il contesto è forse più difficile, perché si respira uno spirito di ostilità e di rifiuto del cristianesimo, dal quale molti hanno apostatato. Ma proprio per questo l’itinerario di fede deve perseguire l’obbiettivo di formare delle persone mature, forti, convinte e capaci di convincere.
Quelli che perdono la strada
Ciò che più colpisce lungo il cammino della fede, specialmente nel nostro tempo, è il numero di coloro che si smarriscono lungo la strada. Alcuni si stancano e, dopo un po’ di tempo che hanno messo mano all’aratro, incominciano a voltarsi indietro. È la tentazione della fatica e del peso della vita, che prende soprattutto coloro che pensano di aver trovato nel cristianesimo un modo per evitare la croce. In realtà, questo può essere vero, ma non nel senso che la fatica del vivere venga tolta. Gesù al riguardo è stato perentorio: chi vuole essere un suo seguace deve prendere sulle spalle la croce quotidiana della fedeltà. È certo però che la croce, portata con Gesù, diviene un peso soave e leggero. Non pochi cristiani oggi, per prurito di orecchi, guardano a proposte diverse, dove si promette la felicità a buon mercato. Quanti sono stati sedotti e hanno abbandonato la fede dietro la promessa del Paradiso qui sulla terra? La promessa di una salvezza fai da te, accompagnata dall’illusione di liberarsi del peso della croce, seduce e inganna, sviando dalla fede quei cristiani informi che non hanno compreso che il tempo della vita è il tempo della fatica.
Quelli che si stancano
Altri si stancano perché sulla via della fede sperimentano tempi lunghi di aridità, di oscurità, di mancanza di segni e di consolazioni. All’inizio del cammino di conversione, Dio, per attirarci a sé come bambini golosi, non fa mancare i segni e le gioie sensibili. Tuttavia viene presto il momento in cui il divino agricoltore procede alla potatura di una vita cristiana con molte foglie e pochi frutti. Egli però lo fa con sapiente pedagogia, affinché possiamo dare frutti più abbondanti. La potatura fa male e spesso provoca lacrime e sangue. Se l’anima, in questi passaggi necessari per crescere, non rimane salda nei suoi propositi incomincia a dubitare e a vacillare. Allora rivolge verso il Cielo i suoi perché e le sue proteste. Vorrebbe che Dio rispondesse con qualche segno a cui aggrapparsi. Se Dio tace, e lo fa spesso per rendere la fede più essenziale e per spogliarla da elementi troppo umani, ecco che subentra la prostrazione e lo scoraggiamento. Satana allora si avventa come leone ruggente e sibila le sue insinuazioni che scuotono, sfibrano e abbattono.
Quelli che abbandonano
Altri invece incominciano a indietreggiare quando si solleva il vento delle contrarietà e incombe la bufera delle persecuzioni. La persecuzione fa parte della vita cristiana di ogni tempo, secondo la parola stessa di Gesù. Più il mondo si allontana da Dio nel peccato e nell’incredulità e più diviene ostile nei confronti della Chiesa e dei suoi membri. Invano alcuni cristiani si sforzano di essere graditi al mondo, enumerando i propri meriti anche sul piano umano. Vi è stato forse un uomo più sapiente, più mite e più buono di Gesù? Non dovremmo metterlo in prima fila fra i benefattori dell’umanità? Eppure è stato giustiziato come un malfattore. L’odio anticristiano è gratuito e immotivato, essendo la sua radice satanica.
Di fronte al rumoreggiare del mondo, i deboli nella fede incominciano a temere. La reputazione, gli averi e la vita si rivelano come le realtà a cui tengono di più. Così si palesa ai loro occhi ciò che era nascosto. Dicevano che Dio era al primo posto, ma in realtà non era così. Mancava un amore per Gesù sopra ogni cosa. Dio permette la persecuzione perché si manifesti ciò che è celato agli occhi degli uomini e si operi una separazione fra i credenti autentici e quelli per convenienza. La persecuzione non viene da Dio, ma dal demonio e dal mondo. La divina Sapienza, tuttavia, la permette perché il gregge cristiano sia purgato dai parassiti e da coloro che seguono la religione senza purificare il cuore.
Quelli che perseverano fino alla fine
Nella persecuzione il cristiano è chiamato a vivere la sua fede in modo eroico. In questo senso l’ostilità degli uomini è un evento di grazia da affrontare come una grande occasione per mostrare a Dio la propria fedeltà e il proprio amore. È in questi momenti particolari, in cui il Cielo e l’inferno si affrontano per conquistare le anime, che si scrivono le pagine più gloriose che dureranno per tutta l’eternità. «Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa – esorta la Lettera agli Ebrei di san Paolo –. Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa. Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire verrà e non tarderà. Il mio giusto vivrà mediante la fede; ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui. Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima» (Ebrei, 10,35-39).
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