E Marco scrisse subito

Posté par atempodiblog le 20 août 2013

Da un autore pagano del primo secolo la conferma che il vangelo di Marco fu scritto pochi anni dopo la morte di Gesù. Come attesta la tradizione cristiana primitiva.
Un punto a favore della credibilità storica del Vangelo.
di Marta Sordi – Il Timone

E Marco scrisse subito dans Commenti al Vangelo E-Marco-scrisse-subito

L’ identificazione, da parte di J. O’Callaghan nel 1972, ribadita poi da C. P. Thiede agli inizi degli anni ’90, di un frammento papiraceo in lingua greca (7Q5), trovato nella grotta 7 di Qumran, con Marco 6,52-53, ha riaperto, come è noto, nonostante le molte contestazioni, il problema della datazione dei Vangeli e di quello di Marco in particolare.
La scrittura del frammento, studiata prima dell’identificazione con il Vangelo, aveva imposto una datazione non posteriore al 50 d.C.; la grotta, inoltre,risultava chiusa dopo il 68; l’identificazione del frammento con un passo di Marco scompaginava così, se convalidata, tutte le ipotesi, date per certe dagli esegeti, della composizione tarda del Vangelo e confermava invece pienamente i dati conservati dalla tradizione cristiana primitiva: Papia di Gerapoli, vissuto tra la fine del I secolo e la prima metà del II (apud Euseb. H. E. II, 15 e III, 39,15) e Clemente di Alessandria (apud Euseb. H. E. II, 15 e VI, 14,6) affermavano infatti che Marco aveva scritto il suo Vangelo, su richiesta dei Romani, che avevano ascoltato la predicazione di Pietro, all’inizio del regno di Claudio (nel 42, secondo la traduzione di Gerolamo del Chronicon di Eusebio).
Una citazione dello stesso passo di Clemente (p. 9 Staehlin) spiegava che i Romani, da cui era partita la richiesta erano Cesariani e cavalieri, ut possent quae dicebantur memoriae commendare. Si trattava di persone della classe dirigente romana, abituate alla comunicazione scritta e la richiesta da loro rivolta a Marco è perfettamente comprensibile; specialmente se si tiene conto del fatto che, nel 42/43, mentre Claudio era assente per la spedizione in Britannia, il governo di Roma era tenuto da L. Vitellio, che nel 36/37, come legato di Siria, aveva avuto occasione di occuparsi dei cristiani a Gerusalemme. Il desiderio di avere ulteriori informazioni sulla nuova “setta” giudaica poteva rientrare nelle normali preoccupazioni per l’ordine pubblico del governo di Roma. Ciò che fu allora appurato dovette tranquillizzare i Romani che, da quel momento e fino al 62, in Giudea come nelle province, cercarono di impedire azioni persecutorie derivate da accuse giudaiche contro i Cristiani. La data del 42/43 è  innanzitutto, secondo Papia e Clemente, la data dell’arrivo di Pietro a Roma: una conferma dell’importanza di questa data per la Chiesa di Roma è che al 42/43 risale, secondo Tacito (Ann. XIII, ro 32), la conversione di Pomponia Grecina, la moglie di Aula Plauzio, il legato le che precedette in Britannia Claudio, ad re una superstizio externa che è certamente il cristianesimo. Ma ciò che ci interessa ora è la stesura del Vangelo di le Marco: si è detto che 7Q5 non fa che a, confermare, con l’autorità di un documento contemporaneo, ciò che sapevamo già da autorevoli fonti del II secolo, che solo l’ipercritica, da tempo el superata negli studi di storia antica, ma ancora presente negli studi delle origini cristiane, ha troppo a lungo e ingiustamente sottovalutato. Paradossalmente, anche se 7Q5 non fosse un frammento di Marco, le testimonianze di Papia e di Clemente dovrebbero indurci ad ammettere come probabile la venuta di Pietro a Roma nel 42 e la stesura in quell’occasione del Vangelo di Marco.
Ma un’ulteriore e importante conferma ci viene ora da un autore pagano, quel Petronio autore del Satyricon, che scrive nel 64/65 e mostra di conoscere il testo marciano, come ha dimostrato, con ottimi argomenti, I. Ramelli in un articolo pubblicato su Aevum nel 1996. Contatti fra i Vangeli e passi del Satyricon erano stati già notati in passato, per la crocifissione, la risurrezione, l’eucaristia, ma erano stati spiegati come pure coincidenze o con interpretazioni antropologiche. Il passo studiato dalla Ramelli (Sat. 77,7-78,4) riguarda l’unzione durante la cena di Betania (Me 14,3-9), un episodio, cioè, la cui importanza non è così grande da poterne spiegare la conoscenza da parte dei pagani in base a semplici voci, come quelle che circolavano in quell’epoca a Roma sui flagitia attribuiti dal volgo ai Cristiani nel 64, come dice Tacito (Ann. XV, 44x) parlando dell’incendio. Qui i contatti sono tali che già il Preuschen, agli inizi del XX secolo, aveva pensato a una dipendenza reciproca, attribuendo però a Marco l’imitazione di Petronio: l’evidente assurdità dell’ipotesi (dato il carattere di sprezzante parodia del passo di Petronio) ne aveva determinato il rifiuto.
Il giudizio è necessariamente diverso se il Vangelo di Marco era già noto nel 64/65 e se ammettiamo che è petronio a parodiare Marco e non Marco a imitare Petronio: c’è l’ampolla di nardo, che solo Marco conosce fra gli evangelisti (i sinottici parlano di un vaso di unguento non specificato, Giovanni parla di una libbra di nardo); c’è la prefigurazione da parte di Trimalcione di un’ unzione funebre, in un contesto che parla continuamente – ma senza giustificazione apparente, visto che Trimalcione dichiara che vivrà ancora 30 anni di morte; c’è, poco prima (ib. 74, 1/3),dalla consuetudine pagana) come profeta di sventura e come index, accusatore. Se Petronio conosce il testo di Marco e intende parodiarlo (e la cosa non ci sorprende alla corte di Nerone, dove, come risulta da Paolo [FiI4,22] il cristianesimo era ben noto), anche gli altri accenni di Petronio che sembrano implicare la conoscenza del cristianesimo diventano importanti: penso in particolare al cap. 141, in cui Eumolpo chiede nel suo testamento che i suoi eredi mangino il suo corpo, e alla novella della matrona di Efeso (cap. III), con il trafugamento del corpo di un crocifisso e la sua « rianimazione » al terzo giorno: un motivo anticristiano reso attuale dal cosiddetto editto di Nazareth, se, come sembra probabile, l’editto è di Nerone e rivela l’ accettazione, da parte del governo romano, delle accuse giudaiche ai discepoli di Cristo di aver trafugato il corpo del loro Signore, come attesta Matteo (28,15).
La parodia di Petronio è dunque la miglior conferma delle notizie della tradizione cristiana del II secolo sull’antichità del Vangelo di Marco.

Ricorda
La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e costanza massima che i quattro vangeli, di cui afferma senza alcuna esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza ».
(Concilio Vaticano Il, Costituzione Dei Verbum sulla divina Rivelazione, 19).

Divisore dans San Francesco di Sales

Inoltre Freccia dans Viaggi & Vacanze Vangeli: al centro la storia

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La storicità dei Vangeli

Posté par atempodiblog le 20 août 2013

La storicità dei Vangeli dans Antonio Socci hsk2

Voglio prendere spunto da un paio di notizie arrivate da Israele. Le ha riportate il Jerusalem Post il 21 e il 23 dicembre (2004) e si possono trovare sintetizzate in questa pagina web: http://www.israele.net/sections.php?section_cat=13
La prima riguarda la scoperta a Gerusalemme di una parte della celebre piscina di Siloe, quella menzionata nel Vangelo di Giovanni nella quale Gesù guarì un uomo cieco dalla nascita. Ed ecco la seconda notizia: la Israel Antiquities Authority ha recentemente scoperto i resti del villaggio di Cana dove Gesù compì il suo primo miracolo cambiando l’acqua in vino durante una festa di matrimonio. In alcuni edifici sono stati trovati utensili e i resti di un mikve, un bagno rituale ebraico.

Non è qui il caso di approfondire i particolari che pure sono affascinanti. Tuttavia queste due piccole notizie – che documentano tangibilmente come siano fedeli ai fatti i resoconti del Vangelo – ci mettono ancora una volta, appassionatamente, sulle tracce di quell’Uomo di Nazaret che giganteggia nelle pagine del Vangelo. Riportano alla luce le pietre su cui lui ha camminato, i luoghi che hanno sentito risuonare la sua voce, la terra con cui ha guarito un povero cieco. Tutto esattamente come riferiscono i resoconti evangelici. E’ bene ricordare la colossale importanza che le scoperte archeologiche moderne hanno assunto dopo due secoli di tentata demolizione della credibilità storica dei fatti riportati nei Vangeli. Scoperte clamorose. A cominciare dal più antico frammento del Vangelo, il famoso 7Q5, che riporta un versetto di Marco che fu composto prima del 50 d.C. Ma anche tutti gli altri ritrovamenti archeologici.
Il padre Ignace De La Potterie sj, uno dei grandi esperti di Giovanni, faceva un lucido esempio a questo proposito:
“Fin dalla metà del secolo scorso, la Scuola di Tubinga (David Fr., Strass, Walter Bauer, Ferdinand Ch. Baur) aveva imposto l’idea che nessuno dei redattori dei Vangeli fosse un testimone oculare, tanto meno un apostolo. Quello di Giovanni veniva attribuito a un qualche filosofo ellenizzante dell’Asia Minore o dell’Egitto. Nel 1930 il modernista italiano Adolfo Omodeo, in La mistica giovannea, l’unica opera italiana citata da Rudolf Bultmann, sosteneva ancora che Giovanni era stato scritto da uno gnostico in Egitto, intorno al 120. In questa temperie mentale la precisione delle descrizioni topografiche palestinesi risultava difficile da spiegare, se non addirittura scomoda. E allora si tendeva a interpretarla in modo mitico, fittizio. Esempio: nel capitolo quinto, la guarigione del paralitico avviene nei pressi di una piscina miracolosa che Giovanni chiama Betesda, ‘che ha cinque portici’ (quinque porticus habens). Ricordo di aver studiato, da giovane, su un libro di cento anni fa in cui questo passo veniva interpretato come una simbologia pitagorica…. Dall’inizio del Novecento i numerosi scavi compiuti in Palestina hanno dato conferme archeologiche ai luoghi descritti da Giovanni. La fontana con cinque portici, che doveva essere un simbolo pitagorico, è stata trovata presso il Tempio di Gerusalemme” (Storia e mistero, Sei 1997, pp. 10-11).

Evidentemente è facile intuire che delle descrizioni così precise di Gerusalemme potevano essere fatte solo da un ebreo che viveva in quella città prima della sua distruzione da parte dei Romani, nel 70 d.C. Dunque anche le pietre confermano (gridano!) ciò che Giovanni scrive a chiare lettere, cioè di essere un testimone oculare dei fatti: “ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo visto con i nostri occhi e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della Vita… lo annunziamo anche a voi” (1Giov 1,1). E Pietro conferma che essi, gli apostoli, non sono “andati dietro a favole artificiosamente inventate”, ma “siamo stati testimoni oculari della sua grandezza” (2Pt 1,16). Quando – alcuni anni fa – riportai alla luce la clamorosa scoperta di padre José O’Callaghan sul 7Q5 – la reazione di molti esegeti fu velenosa (soprattutto di quelli ecclesiastici, perché i papirologi laici accettarono tranquillamente e laicamente la scoperta). Uno di questi biblisti (rimasto famoso per un incredibile svarione scientifico) sibilò su un giornale: “Continua, in modo spesso scomposto e frenetico, l’interesse per il Gesù della storia”. Gli rispose per le rime il grande De La Potterie (vedi AAVV, Vangelo e storicità, p. 165). Io da parte mia devo confessare e lo dichiaro qui apertamente che quell’interesse “scomposto e frenetico per il Gesù della storia” è tutt’altro che sparito. Non si è mai attenuato, ma casomai si è ingigantito con gli anni. Quell’Uomo di nome Gesù, vero uomo e vero Dio, nostro Salvatore, nostro buon Pastore (che porta sulle sue spalle ognuno di noi), è la nostra passione. La sua storia, i suoi gesti, la sua presenza, il suo volto sono l’unica perla preziosa che vale la pena cercare nella vita. Null’altro. Come diceva Charles Moeller, che don Giussani ci ha fatto conoscere: “io credo che non potrei più vivere se non Lo sentissi più parlare”.

di Antonio Socci

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Le mani amorosamente tese di Maria

Posté par atempodiblog le 19 août 2013

Le mani amorosamente tese di Maria dans Apparizioni mariane e santuari Mani-tese-della-Madonna

Caterina Labouré non ha parlato del volto inaccessibile, ma ha ben descritto le mani di Maria. Ha detto che le mani della Vergine, dopo che il globo era scomparso, si sono distese. La Medaglia Miracolosa è caratterizzata da questa ostensione delle mani verso la terra.

Questo gesto delle mani distese sarà identico a quello della Vergine di Lourdes nell’apparizione del 25 marzo e lo si ritroverà nell’apparizione di Pontmain il 17 gennaio 1871.

Il simbolismo delle mani tese è quello dell’accoglienza, più precisamente della compiacenza; è il gesto con il quale un potente desiste, lascia cadere lo scettro e la spada per dare le sue mani offerte. Sono un significato di indulgenza, di bontà soccorrevole e amorosa. Le mani aperte disegnano l’essere disarmato, offerto, che si offre ad un’altra offerta nata dalla gratitudine.

Jean Guitton – La medaglia miracolosa al di là della superstizione. La Vergine a rue du Bac

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Il Cuore di Maria ammirabile e incomprensibile abisso di meraviglie – di San Giovanni Eudes

Posté par atempodiblog le 19 août 2013

Il Cuore di Maria ammirabile e incomprensibile abisso di meraviglie – di San Giovanni Eudes dans Fede, morale e teologia 33uc
Notre Dame de la Gare, Parigi

Gesù nostro modello nell’amore a Maria. Gesù, Figlio unico di Dio, Figlio pure di Maria SS., ha voluto scegliere tra tutte le creature questa Vergine incomparabile per madre.

Nella sua bontà infinita volle poi donarla a noi quale Regina, Madre e Rifugio in tutte le necessità della vita, e attende che noi l’amiamo com’Egli l’ama, la onoriamo com’Egli l’onora.

Ha esaltata e onorata sua Madre al di sopra di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli, e vuole che noi pure abbiamo per Lei più amore e più venerazione, che non per tutti gli Angeli e per tutti gli uomini insieme.

Egli è il nostro capo, noi siamo le sue membra; conseguentemente noi dobbiamo essere animati dallo stesso suo spirito, condividere le stesse sue inclinazioni e continuare in terra la sua vita, con l’esercizio delle virtù da Lui praticate.

Egli vuole perciò che la nostra devozione alla sua SS. Madre sia la continuazione della sua; ossia che noi abbiamo gli stessi sentimenti di rispetto, di sottomissione, di amore che Egli nutre per Lei. Maria SS. ha sempre occupato il primo posto nel Cuore di Gesù; fu e sempre sarà il primo oggetto del suo amore, dopo l’Eterno Padre. Perciò Gesù vuole che, dopo Dio, Ella occupi il primo posto anche nel nostro cuore.

Ma non si può amare ciò che non si conosce, perciò Gesù ci vuole svelare fin da quaggiù, per mezzo della S. Scrittura, qualcosa della grandezza di Maria, riservandosi di farci conoscere il resto, che è il più, in Cielo.

Uno degli oracoli divini che contiene come in riassunto tutto ciò che si può dire di Maria è quello del cap. XII dell’«Apocalisse»: «Signum magnum apparuit in coelo: Un meraviglioso prodigio apparve in cielo: una Donna rivestita di sole, con sotto i piedi la luna e in capo una corona di dodici stelle».

Chi è questa Donna? Qual è questo grande prodigio? S. Epifanio, S. Agostino, S. Bernardo e parecchi altri Dottori concordano nell’affermare che si tratta di Maria.

Apparve in cielo, perché è venuta dal cielo, di cui è Imperatrice, gloria, gioia; poiché nulla è in Lei che non sia celeste.

È rivestita dell’Eterno Sole e di tutte le perfezioni della divina Essenza, da cui è talmente penetrata da restare tutta trasformata nella santità di Dio.

Ha la luna sotto i piedi per dimostrare che tutto il mondo è soggetto a Lei, non avendo al di sopra che Dio, e che a Lei è dato un dominio assoluto su tutto il creato.

È coronata di dodici stelle per indicare le virtù che splendono sovrane in Lei, e tutti i misteri della sua vita. Ella supera tutti i Santi, stelle di varia grandezza, che formano la di Lei corona e gloria.

Cuore ammirabile. Perché mai lo Spirito Santo la chiama «Signum magnum»? Per farci conoscere che Ella è tutta miracolosa e per farne oggetto di rapimento per gli Angeli e per gli uomini.

Allo stesso scopo lo Spirito Santo fece cantare in suo onore, in tutto l’universo, per bocca di tutti i fedeli, questo elogio: «Mater admirabilis»! O Madre ammirabile, con quanta ragione portate questo nome!

Però quel che è più ammirabile in Maria è il suo Cuore verginale. Esso è tutto un mondo di meraviglie, un oceano di prodigi, un abisso di miracoli. È il principio e la sorgente di tutte le cose più rare e più straordinarie che emergono in questa gloriosa Principessa.

Maria è ammirabile nella sua maternità, perché essere Madre di Dio – dice S. Bernardino – è il miracolo dei miracoli «miraculum miraculorum»; ma è vero altresì che il suo Cuore augusto è un Cuore ammirabile, perché è il principio della sua divina maternità e di tutte le meraviglie che l’accompagnano.

O Cuore ammirabile della Madre incomparabile, che tutte le creature dell’universo siano altrettanti cuori che vi ammirino, vi amino, vi glorifichino eternamente innamorati!

Gli Angeli, osservando la loro e la nostra Regina, nel momento della sua Immacolata Concezione, vedendola così piena di grazia, di bellezza, sentirono per Lei tale un trasporto da esclamare meravigliando: «Chi è costei che pare elevarsi come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole, terribile come un esercito schierato in battaglia?».

E quali saranno ora i loro trasporti, le loro estasi al vedere in cielo le singolari meraviglie passate nel Cuore verginale di Maria SS. dal primo istante della sua vita terrena, fino al suo ultimo respiro!

La Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, celebra sulla terra, e sempre celebrerà in cielo, le numerose feste ad onore di questa o quella azione particolare compiuta dalla Madre di Dio; ma quali onori e lodi, non merita il Cuore di Maria SS. che per tanti anni produsse innumerevoli sublimi atti di fede, di speranza, di carità, d’umiltà, d’obbedienza, d’ogni virtù, in una parola, e che è principio e sorgente di tutti i santi pensieri, affetti, parole, azioni di tutta la sua vita? Chi mai potrà comprendere le ricchezze inestimabili, le rarità prodigiose del Cuore di Maria? Si tratta d’un mare di grazia che non ha né fondo né rive.

Solo Gesù conosce Maria. – O madre mia divina, è il vostro Gesù che vi fece oceano!

Lui solo conosce i tesori infiniti che ha nascosto in voi. Lui solo è capace di calcolare le perfezioni immense di cui vi ha arricchita, quale capolavoro della sua onnipotente bontà!

Risolvi di studiare quest’ammirabile capolavoro di Dio per più degnamente onorarlo e più intensamente amarlo.

Fonte: Il Cuore Ammirabile della SS. Madre di Dio – di San Giovanni Eudes – pagg. 5-6, ed. Propaganda Mariana, Casa Missione – Casale Monferrato (AL) 1960.
Tratto da: Luci sull’Est

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Semplici, con Maria

Posté par atempodiblog le 19 août 2013

Semplici, con Maria
Dai versi di Peguy alle parole di papa Francesco
di Stefania Falasca – Avvenire
Tratto da: Collactio

Semplici, con Maria dans Charles Péguy p4d6

«Ecco il luogo del mondo dove tutto diviene facile,
Il rimpianto, la partenza e anche l’avvenimento.
E l’addio temporaneo e anche la separazione
Il solo angolo della terra dove tutto si fa docile. […]
Ciò che dappertutto altrove è un’aspra lotta
E una lama da macello tesa alla gola,
Ciò che dappertutto altrove è la potatura e l’innesto
Qui non è che il fiore e il frutto del pesco […].
Ciò che dappertutto altrove è la noiosa abitudine
Seduta accanto al fuoco, le mani sotto il mento,
Ciò che dappertutto altrove è solitudine
Qui non è che un vivace e forte germoglio […].
Ce ne han dette tante, regina degli apostoli,
Abbiamo perso il gusto per i discorsi
Non abbiamo più altari se non i vostri
Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice».

È la preghiera che lo scrittore francese Charles Péguy rivolge alla Vergine di Chartres nella prima delle sue Prières dans la Cathédrale scritte nel 1913. È la preghiera personale di un uomo che è pienamente un uomo moderno, tuffato nel proprio tempo, cresciuto nel cuore della Francia laicista, che ha assorbito e fatto suoi anche tutti i presupposti della Rivoluzione e che diventa cristiano a 35 anni, mentre è immerso nella direzione della rivista repubblicana dei Cahiers, e quando è già padre di famiglia con tre figli, una moglie atea. Prière de résidence (Preghiera di residenza) l’intitola, «una preghiera semplice» la definisce, e con essa rievoca proprio l’esperienza vissuta del suo andare, del suo arrivare, del suo rimanere in ginocchio davanti alla Madre di Dio, del suo «lasciarsi guardare da Lei» nel santuario di Chartres. Aveva ricalcato così i passi di chissà quanti altri lungo i secoli nella campagna di Francia e le strade dell’assolata pianura della Beauce, per portare il groviglio della vita affannata lì, ai piedi di Maria. Così come ancora oggi può accadere a chiunque, entrando nei tanti santuari mariani che punteggiano l’Europa. Anche adesso, nel cuore di questa nostra incerta estate italiana [...]

«Faccio parte di quei cattolici che darebbero tutto san Tommaso per lo Stabat, il Magnificat, l’Ave Maria e il Salve Regina» confida Péguy a un amico. E in compagnia della «flotta delle preghiere della Vergine, come bianche caravelle umilmente ricurve sotto le vele a fior d’acqua» s’incammina per chilometri lungo i sentieri che lo portano a Chatres. Vi si recherà in pellegrinaggio molte volte per chiedere cose concrete, per ringraziare del bene ricevuto, per invocare la grazia della salute e la guarigione dei figli e per supplicare che anche «briciole di grazia» possano bastare a riempire la vita. Suppliche espresse per tanti anni in silenzio, che verrano esaudite dopo la sua morte: la moglie Charlotte e suoi figli riceveranno il battesimo nella Chiesa cattolica; sua moglie si recherà ogni anno in pellegrinaggio a Chartres portando con sé i bambini e lo farà per mezzo secolo fino a quando le forze glielo consentiranno.

L’anima che ha condotto a Chartres il viandante Péguy è la stessa con la quale papa Francesco, con tratti di profondità e delicatezza, svela nei gesti l’intimo rapporto di tenerezza che lo unisce a Gesù e a Maria, e a ripetere le preghiere semplici della tradizione cristiana e parlare della pietà popolare. Pietà che nel documento della Conferenza dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida (2007) egli ha definito «spiritualità popolare»:
«È un cammino originale per il quale lo Spirito Santo ha condotto e continua a condurre milioni di nostri fratelli a Dio… molti non abbassano le braccia e toccando i piedi, il lembo del mantello di Maria si aggrappano all’immenso amore che Dio tiene per loro e incontrano la tenerezza di Dio nel suo volto. In lei vedono riflesso il messaggio essenziale del Vangelo». E ancora: «Non possiamo svalutare la spiritualità popolare, o considerarla un modo secondario della vita cristiana, perché sarebbe dimenticare il primato dell’azione dello Spirito e l’iniziativa gratuita dell’amore di Dio… Anche oggi ci possono essere posture gnostiche di fronte a questo fatto della pietà popolare».

La pietà che si esprime nella devozione, nelle processioni, nelle adorazioni, non è perciò una forma minore di vivere la cattolicità, né è appannaggio di minoranze rigoste o di nostalgici passatisti, di cristiani che si sentono più “seri” degli altri. Di vecchi e nuovi farisei che come scrive Péguy «non sopportano che la salvezza sia facile» e che lo avevano rimproverato di lassismo e pressato affinché mettesse ordine nella sua vita fino a consigliarlo di rompere il vincolo coniugale che lo legava a sua moglie, e che Péguy non esitò a definire «empi». Cioè contrari alla stessa pietà, perché empietà vuol dire mancanza di pietas, che nel suo significato classico e cristiano vuol dire proprio rispetto e misericordia. Ed è quel riconoscersi debitore per un bene che si è ricevuto, che accompagnerà Péguy fino all’estremo dei suoi giorni. E che lo vedrà ancora, nella notte prima di morire in guerra, mentre è di stanza con gli altri soldati nei pressi di un convento, raccogliersi ai piedi di una statua della Madonna per affidare ancora una volta a Lei i suoi cari e chiedere per sé il dono della perseveranza finale. Così da acquistare un posto da cui poter guardare per sempre, anche da lontano, il «giovane splendore» di Maria, come aveva già chiesto nella Présentation de la Beauce a Notre-Dame de Chartres: «Non domandiamo più niente, rifugio del peccatore, se non l’ultimo posto nel vostro purgatorio… e poter contemplare ancora, da lontano il vostro giovane splendore».

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La festa dell’Assunta non è certo ferragosto

Posté par atempodiblog le 19 août 2013

La festa dell’Assunta non è certo ferragosto

La festa dell'Assunta non è certo ferragosto dans Fede, morale e teologia Maria_Assunta

Saverio Gaeta: Caro padre Livio, l’ultimo dei quattro dogmi mariani fu proclamato da Pio XII il 1° novembre 1950, con l’affermazione che Maria è stata assunta in Cielo in corpo e anima. Quale significato ha per noi questo dogma?

Padre Livio Fanzaga: Nella costituzione apostolica Munificentissimus Deus di papa Pacelli leggiamo: «L’augusta Madre di Dio (…) come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione della tomba e, vinta la morte, come già il proprio figlio, di essere innalzata corpo e anima alla gloria del cielo, dove splende regina alla destra del figlio suo».

Anche in questo caso c’è stata la correlazione con un’apparizione mariana, quella del 1947 alle Tre Fontane a Roma, dove la Madonna disse al veggente Bruno Cornacchiola: «Il mio corpo non poteva marcire e non marcì. Mio figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso».

L’assunzione di Maria in Cielo è un dogma estremamente importante dal punto di vista teologico, ma ha anche un immediato riferimento alla nostra speranza ultraterrena. In effetti, lo stato nel quale Maria si trova oggi, come prima creatura della stirpe umana, è proprio quello in cui tutti desideriamo ritrovarci un giorno.

Dunque è anche una risposta all’angoscioso problema della morte, con il quale ogni uomo si trova a dover fare i conti? Certamente. Questo dogma ci ricorda quello che è il cuore stesso del cristianesimo, cioè la vittoria di Gesù Cristo sulla morte. Una vittoria definitiva, poiché Cristo è ritornato in vita con un corpo glorioso, per cui non muore più.

Maria assunta in Cielo ci garantisce che siamo tutti chiamati a essere partecipi della vittoria di Cristo risorto e della sua gloria immortale così come lo è lei. Perciò il dogma dell’Assunzione è un riflesso del dogma pasquale. In un tempo nel quale si sente sempre più spesso affermare che l’uomo nasce dalla terra e finisce nella terra, questo dogma è un richiamo al vero senso della vita, che è un cammino verso l’eternità.

La Madonna assunta ci richiama alla meta per la quale Dio ci ha creati e ci ricorda che, attraverso il tunnel della morte, entriamo nel golfo di luce della vita immortale. La festa dell’Assunta veniva celebrata a Roma sin dal settimo secolo. Oggi però il 15 agosto è per molti soltanto la festa estiva del ferragosto…

La secolarizzazione del tempo non riguarda purtroppo la sola festa della Vergine assunta, ma si è dilatata a tante altre solennità cristiane. Basti pensare al Natale: una festa nella quale non si sa più di chi si celebri la nascita, per cui in alcune nazioni si sta trasformando nella festa dell’inverno.

Con quale atteggiamento dobbiamo guardare a queste trasformazioni sociali? Noi cristiani non dobbiamo piangere sul latte versato, su questo processo di paganesimo di ritorno. Dobbiamo piuttosto sentirci richiamati in prima persona a vivere meglio l’anno liturgico in una prospettiva di fede.

Di fronte alla secolarizzazione delle festività liturgiche, i cristiani molto semplicemente devono andare controcorrente, tenendo accesa la lampada della fede e vivendo cristianamente tutte queste feste. Così ne scopriranno il grande valore e troveranno nuovo slancio a celebrare l’Assunta. Una solennità che riempie davvero il cuore di gioia, perché il nostro destino, come diceva Blaise Pascal, non è due badilate di terra ma la gloria della resurrezione.

Tratto da: Credere, la gioia della fede

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Sant’Elena, madre di Costantino

Posté par atempodiblog le 18 août 2013

SANTO DEL GIORNO/ Oggi, 18 agosto, è Sant’Elena, madre di Costantino

Sant’Elena, madre di Costantino dans Stile di vita r6co
Visione di S. Elena del Veronese (Musei Vaticani)

Il 18 agosto è dedicato dalla Chiesa al culto di vari santi, tra cui Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino. Flavia Iulia Helena, secondo le scarse e frammentarie fonti storiche e agiografiche, nacque a Drepamim, in Bitinia, tra il 248 e il 250. La sua città natale prese in seguito, per volere del figlio Costantino, che intendeva onorarla, il nome di Elenopoli. Di umili origini, la donna sposò il romano Costanzo Cloro, tribuno militare in Asia minore, da cui ebbe un figlio nel 272: Costantino. Nel 293 Costanzo lasciò la moglie per unirsi in matrimonio con la figliastra dell’imperatore Massimiano, Teodora, ottenendo così, in base al sistema politico della tetrarchia, il titolo di Cesare e, dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano, quello d’imperatore (305).

Elena fu costretta, dopo il ripudio di Costanzo, a vivere nell’ombra, lontano dai palazzi e dalla corte imperiale. Con l’ascesa al trono imperiale di Costantino, nel 306, si stabilì con lui a Treviri e, successivamente, a Roma. La tradizione attesta che Elena, onorata dal figlio col titolo di augusta, si distinse in quegli anni per la sua profonda fede cristiana, dedicando molto tempo alla preghiera e favorendo l’edificazione di numerose chiese, e per opere di misericordia e carità presso gli umili. Secondo alcune fonti, il suo influsso fu determinante per l’emanazione, nel 313, dell’edito di Milano, con cui Costantino concesse libertà di culto ai cristiani, e per la successiva conversione al cristianesimo del figlio.

Nel 326 si recò in pellegrinaggio in Terra Santa, volendo visitare i luoghi della Passione di Cristo. In quel periodo la donna si prodigò nella costruzione di chiese ed edifici religiosi e fu instancabile nelle opere di pietà. Ma l’evento più significativo del suo soggiorno in Terra Santa, fu, secondo la tradizione, il ritrovamento sul Golgota della Vera Croce, ovvero il crocifisso su cui morì Gesù. Per attestare l’autenticità della reliquia, venne deposto su di essa il corpo di un defunto, che resuscitò miracolosamente. Dopo l’eccezionale scoperta, Elena fece edificare a Roma la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme per custodire la santa reliquia.

Morì tra il 328 e il 329, con il figlio al suo capezzale. La sua salma fu posta in uno splendido sarcofago in porfido, oggi conservato nei Musei del Vaticano, e fu condotta a Roma, in un imponente mausoleo a lei dedicato. Subito dopo la morte, la figura Elena divenne oggetto della devozione popolare; infatti, i pellegrini giunti a Roma consideravano una tappa irrinunciabile del loro cammino la visita al sarcofago e al mausoleo della madre di Costantino, adiacente alla basilica dei Santi Marcellino e Pietro. Le reliquie della santa sono custodite attualmente nella basilica dell’Ara Coeli a Roma, nella cripta della cattedrale di Treviri, nella chiesa abbaziale di Hautvilliers e nella chiesa di Saint-Leu-Saint-Gilles a Parigi.

Festeggiata dalla Chiesa cattolica il 18 agosto, la beata è particolarmente venerata in Germania, soprattutto a Treviri e a Colonia, in Italia, in particolar modo ad Ascoli Piceno e Pesaro, due città di cui è patrona. Nella tradizione iconografica cristiana, soprattutto quella orientale, è rappresentata con la Vera Croce, insieme al figlio Costantino. La sua importanza per il cristianesimo e la sua popolarità presso i devoti sono state omaggiate con una magnifica scultura, scolpita dalla scuola di Gian Lorenzo Bernini, nel tempio simbolo della cristianità: la basilica di San Pietro. È considerata, inoltre, protettrice degli archeologi, dei matrimoni difficili e dei produttori di chiodi.

Tratta da: Il Sussidiario

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Apparizioni di Nostra Signora di Knock (Irlanda)

Posté par atempodiblog le 18 août 2013

Apparizioni di Nostra Signora di Knock (Irlanda) dans Apparizioni mariane e santuari vlyq

Nell’umida sera del giovedì 21 di agosto del 1879, verso le 20, Nostra Signora, San Giuseppe e San Giovanni l’Evangelista apparvero in una fiammata di Luce Celestiale nella facciata sud della Chiesa parrocchiale di Knock. Dietro di loro e un po’ più a sinistra di San Giovanni c’era un altare. Sull’altare c’erano una croce e un agnello insieme a venerabili angeli. All’Apparizione assistettero quindici persone la cui età era compresa dai sei anni fino ai settantacinque, uomini, donne ed anche bambini.

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I testimoni hanno descritto che la Benedetta Vergine Maria vestiva di bianco, con una corona sulla testa. Sulla fronte, dove la corona s’appoggiava, aveva una bellissima rosa dorata splendidamente fiorita. Restava in posizione di preghiera con le sue mani e i suoi occhi rivolti al Cielo. San Giuseppe si ergeva alla destra di Nostra Signora. Si trovava girato verso di lei con posa di rispetto. Anche le sue vesti erano bianche. San Giovanni si ergeva alla sinistra di Nostra Signora. Portava vestiti bianchi e sembrava un Vescovo, con una piccola mitra. Sembrava predicasse e sosteneva un libro aperto nella sua mano sinistra.

I testimoni osservarono l’apparizione sotto una forte pioggia per ore, pregando il Rosario. Loro erano cosi bagnati dalla pioggia ma nemmeno una goccia cadde né sulla visione né sulla facciata.

Tratto da: Marian Shrine Knock

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3e3w Visita al Santuario di Knock – Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II (30 settembre 1979)

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Il significato del dogma dell’Assunta

Posté par atempodiblog le 15 août 2013

Il significato del dogma dell’Assunta
Maria con il suo corpo glorioso non evade dalla storia, ma vi è presente come forza catalizzatrice dello Spirito per la realizzazione della Comunità definitiva.
di Stefano De Fiores – Madre di Dio

Il Concilio Vaticano II ha confermato la dottrina definita dell’assunzione e ha aggiunto un interessante testo sull’Assunta in prospettiva ecclesiale: « La Madre di Gesù, come in Cielo glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nella età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore » (cfr. 2Pt 3,10) (LG 68).
Sulla scia conciliare i teologi hanno proseguito la riflessione, ampliandola in due direzioni: la ricerca biblica sull’escatologia e il significato teologico e vitale del dogma.

L’escatologia biblica

Nel post-concilio la questione dell’escatologia intermedia polarizza per alcuni anni la riflessione cristiana, poi si studiano i modelli biblico-escatologici, infine si cerca di precisare la condizione celeste di Maria.
L’escatologia intermedia. – Mentre era tradizionale nella Chiesa la concezione escatologica dei tre stadi: terreno – intermedio (immortalità) – finale (risurrezione), nella teologia protestante e poi in quella cattolica si è introdotta l’idea di morte totale (der Ganztod), per cui la sorte dei Cristiani non è l’immortalità, ma la risurrezione. Vengono apportate motivazioni di ordine filosofico e biblico a sostegno di questa teoria. Innanzitutto è difficile, se non impossibile, concepire una sopravvivenza postmortale senza corpo e una perfetta felicità per l’anima separata, che – al dire di San Tommaso – « non può dirsi persona ».
Inoltre, con la morte termina la dimensione spazio-temporale e si è subito nell’eternità, per cui la risurrezione individuale avviene nella stessa morte (K. Barth, E. Brunner).
Secondo P. Benoit tale risurrezione immediata non consiste nella rianimazione di un cadavere, ma nella creazione di un essere rinnovato (cfr. 1Cor 15, 35-53) per opera dello stesso Spirito che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti.
L’applicazione di questa ipotesi all’Assunta non si fa attendere. Già O. Karrer pensava che Maria fosse risorta al momento della morte, come tutti i Cristiani, e l’assunzione non rappresentasse un privilegio, né un’anticipazione, ma solo un evento cui la Vergine partecipa a titolo proprio.
Più recentemente per D. Flanagan la bolla definitoria evita di presentare l’assunzione come « singolare grazia e privilegio » e quindi lascia aperta la questione se anche altre persone, oltre Maria, abbiano raggiunto lo stato finale di gloria. Proseguendo su questa linea, Flanagan sviluppa il significato dell’Assunta in ordine alla Chiesa celeste e a quella peregrinante: « Maria Assunta incorpora nella sua persona la Chiesa gloriosa e ne è l’espressione personale e perfetta. In lei questa Comunità celeste si presenta a noi nel suo membro più perfetto e più rappresentativo… Essa esprime ciò che questa Chiesa è, non ciò che sarà […]. Maria, in questa prospettiva escatologica, appare in maniera chiarissima come la summa Ecclesiae…« .
Essa esprime lo stato futuro della Chiesa pellegrina, lo stato presente della Chiesa celeste. Maria è « immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura » (LG 68). Non si deve necessariamente interpretare questo passo come se tale stato di perfezione e di compimento fosse solo di Maria. Dobbiamo notare che la nuova prospettiva della risurrezione immediata è stata respinta da teologi e ufficialmente dalla ‘Lettera su alcune questioni concernenti l’escatologia’ della Congregazione per la Dottrina della Fede (17-5-1979), che ribadisce « la sopravvivenza e sussistenza, dopo la morte, di un elemento spirituale », cioè dell’io umano che sussiste, pur mancando il complemento del suo corpo.
Quanto a Maria assunta in Cielo, la Chiesa esclude ogni spiegazione in cui svanirebbe il significato dell’assunzione della Vergine Maria circa ciò che la riguarda in modo unico; cioè nel senso che la glorificazione corporea della Vergine anticipa quella glorificazione che è destinata a tutti gli altri eletti. 

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El Greco, L’Assunzione della Vergine – Museo de Santa Cruz, Toledo.

Modelli di sopravvivenza nella Bibbia

Spesso, per trovare un fondamento dell’Assunzione nella Sacra Scrittura si sono esaminati singoli passi, come Gen 3, 15 o Lc 1, 26. Invece J.M. Hernández Martínez segue un’altra via, quella della ricerca delle forme o modelli di sopravvivenza.
Ne scopre quattro:

a) discesa nell’Ade della morte, cioè nello sheol come soggiorno fatto di silenzio e oblio (Lc 16, 19-21: Lazzaro e ricco epulone), pur mantenendo un certo legame con il corpo;
b) Rapimento o traslazione definitiva in paradiso o assunzione (Enoch, Gn 5, 24; Elia, 2Re 2, 1-11; Lc 23, 43; 1Ts 4, 17; Ap 11, 12);
c) Risurrezione individuale immediata dei martiri, indipendente dal cadavere e implicante una nuova creazione del corpo (2Mac 7, 23.28-29) che si realizza in Cristo risorto dai morti (1Ts 1, 10; 4, 13; Rm 4, 24) e, infine, risurrezione escatologica (Gv 5, 28-29; Ap 20, 13);
d) Esaltazione dopo l’abbassamento, per cui il servo di jhWh e i giusti ottengono vita piena nella comunione con Dio subito dopo la morte (Is 52, 13; 53, 8-12; Sap 3, 1-10; 5, 1-16; 73, 23-24) o in paradiso come luogo cristologico (Fil 1, 23; 2 Cor 5, 8).

È evidente che nella Bibbia si trova un modello particolarmente adatto ad esprimere l’assunzione di Maria: la partecipazione al destino finale del Figlio « assunto in cielo » (Mc 16,19; At 1,11).

Situazione del corpo glorioso di Maria

Un aspetto inedito della teologia post-conciliare è l’interesse per determinare la condizione celeste della Madre di gesù in ragione della sua assunzione. Dopo gli accenni di autori come A. Bea, E. Neubert, A. Müller, G. Oggioni, L. Boff, troviamo la tesi di Angelo Pizzarelli, La presenza dinamica di Maria nella vita spirituale, difesa nella Pontificia Università Gregoriana nel 1983, dove avanza e fonda la spiegazione pneumatologica del corpo glorificato della Vergine come l’unica capace di dare atto della maternità spirituale di lei e dell’esperienza che ne hanno fatto i mistici.
Per illuminare la situazione celeste di Maria ci soccorre l’analogia con Cristo risorto e con i corpi risuscitati. Ora le apparizioni di Cristo risorto ai discepoli mostrano che la corporeità del Signore è sganciata dalle leggi della materia, dai condizionamenti del tempo e dello spazio: entra a porte chiuse nel cenacolo (Gv 20, 19), appare e scompare improvvisamente (Lc 24, 15. 31), non è subito riconoscibile (Lc 24, 37; Gv 20, 15; 21, 4). Il Cardinale Carlo Maria Martini precisa che Cristo risorto ha del corpo « le qualità attive, in quanto può agire nel cosmo, ma non le passività, in quanto non è circoscrivibile, non può essere afferrato e chiuso dallo spazio e dal tempo ». Questa nota di sganciamento dai condizionamenti spazio-temporali permette a Maria di intessere un rapporto vivo e vivificante con il cosmo e con gli uomini, con il tempo e con lo spazio e soprattutto con il cuore dei discepoli del suo Figlio.
Il secondo punto di riferimento per capire lo stato glorioso di Maria è la condizione dei corpi dopo la risurrezione, descritta da Paolo nel capitolo 15 della prima Lettera ai Corinzi. 

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Guercino, Studio per l’Assunta – Coll. Privata, Cento.

Pur ammettendo una certa continuità tra il corpo mortale e quello risorto, l’Apostolo insiste sulla loro diversità mediante quattro antitesi: « Si semina corruttibile e risorge incorruttibile, si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza, si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale » (1Cor 15, 42-44).

Applicando questa dottrina a Maria assunta, dobbiamo riconoscere al suo corpo quattro caratteristiche: 

  1. l’incorruzione, che indica vittoria sulla morte e sulla decomposizione nel sepolcro;
  2. la gloria, che esprime sia lo splendore, al pari delle stelle (Dan 12, 3), sia la presenza e azione salvifica nella storia (Gv 1, 14; 2, 11);
  3. la potenza, che designa la forza dello Spirito, capace di comunicare la vita nuova e di compiere opere efficaci e meravigliose (Rm 15, 19; 1Cor 12, 4-11; Gal 3, 5);
  4. la spiritualità, che indica l’intera persona umana della Vergine sotto la piena sovranità trasformatrice dello Spirito.

Per lo Spirito che lo vitalizza, anima e guida, il corpo glorioso della Vergine supera i limiti naturali che impediscono la piena comunicazione con tutti i membri di Cristo: l’assunzione di Maria non è separante, ma significa, al contrario, totale inserimento nel mistero della Comunione dei Santi.
Possiamo concludere questa nostra riflessione sulla definizione dogmatica dell’assunzione di Maria in Cielo, rilevando alcune evidenze di ordine teologico e vitale.

Il ‘fatto ecclesiale’

Per prima cosa balza evidente il fatto che la definizione dogmatica compiuta da Pio XII nel 1950 non risulta un’iniziativa senza radici nel passato; al contrario, essa è stata preparata dal contributo determinante di tre fattori: 

  1. la fede del popolo di Dio, manifestata nei racconti del Transitus letti e accolti da tante generazioni, nella liturgia, nell’iconografia e in altre iniziative lungo i secoli;
  2. il dibattito a livello teologico che ha studiato le convenienze, sciolto le difficoltà, ammessa la definibilità, approfondito il significato;
  3. l’intervento del Magistero, che aveva rimandato la definizione e che infine, a tempo più opportuno, l’ha realizzata.

Ne consegue che la definizione dell’Assunta è un fatto ecclesiale che ha interessato le varie componenti della Chiesa e che quindi costituisce un elemento di comunione tra di esse.
Si tratta di un « singolare consenso dell’episcopato cattolico e dei fedeli » (Pio XII) che « offre per se stesso l’infallibile certezza della rivelazione divina », secondo l’insegnamento biblico richiamato dal Vaticano II: « La totalità dei fedeli, che hanno ricevuto l’unzione dello Spirito Santo (1Gv 2,20.27), non può sbagliarsi nel credere » (LG 12). Risulta pertanto che pur essendo la dimensione autoritativa quella che specifica il ruolo del Magistero nella tradizione, essa è però inseparabile dalla dimensione di comunione con i Vescovi e con l’intero popolo di Dio. 

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Guercino, L’Assunta – Chiesa del Santo Rosario, Cento.

Ricchezze del mistero dell’Assunta

Appartenendo alla pienezza escatologica, il mistero di Maria Assunta alla gloria contiene una ricchezza di significato per la vita presente che la teologia magisteriale e dei vari studiosi non ha mancato di enucleare.
L’assunzione della Vergine non solo rafforza la fede nella risurrezione finale, ma è stimolo a rispettare il corpo e la vita umani, a cercare una cultura di pace e ad aspirare alla santità, unica via per conseguire i beni eterni. La tendenza teologica post-conciliare opera uno spostamento di accentuazione dal ‘privilegio’ alla categoria del ‘segno’.
Dopo il Cristo risorto, la Vergine assunta è segno della dignità dell’uomo e del suo destino di gloria. Ambedue gli eventi ci dicono che il destino dell’uomo, foggiato « a immagine e somiglianza » di Dio (cfr. Gen 1, 26-27), non è il disfacimento dell’essere e il suo dissolvimento nel nulla, ma la sua piena realizzazione fino a raggiungere, come amano dire gli Orientali, la « divinizzazione ».
Ambedue attestano che la vita ha un senso, che il corpo è destinato a rivestirsi di gloria e di immortalità; che non sono inutili né la fatica né il sudore, né il sangue versato né le lacrime che rigano il volto del sofferente. E se l’uomo, nella sua cecità, profana e degrada il corpo e rivendica il diritto di praticare la tortura e la pena di morte, Dio, nel suo luminoso amore, proclama che Lui è la sorgente della vita e il suo Figlio Gesù è « la risurrezione e la vita » (Gv 11,25).
Il mistero realizzato in Maria assunta in Cielo è una miniera preziosa che le generazioni cristiane sono chiamate a scandagliare nel loro itinerario nel tempo verso la patria trinitaria, dove ella al seguito di Cristo ha preceduto tutti gli altri.

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Mai più staccarsi da Maria Immacolata

Posté par atempodiblog le 14 août 2013

Mai più staccarsi da Maria Immacolata dans Citazioni, frasi e pensieri Kolbe-e-l-Immacolata

“Auguro a tutti che l’Immacolata vi porti per mano e vi stringa tutti e ciascuno singolarmente al suo Cuore immacolato, in modo tale che non siate capaci e non possiate mai più staccarvi da Lei”.

San Massimiliano Maria Kolbe

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Il Papa consacrerà il mondo al Cuore Immacolato il 13/10/2013

Posté par atempodiblog le 13 août 2013

Papa Francesco consacrerà il mondo al Cuore Immacolato di Maria, ad ottobre in Vaticano. La Statua della Madonna di Fatima sarà presente alla Giornata Mariana

Il Papa consacrerà il mondo al Cuore Immacolato il 13/10/2013 dans Fatima 50rk

In risposta al desiderio del Santo Padre Francesco, la Statua della Madonna del Rosario di Fatima venerata alla Cappellina delle Apparizioni sarà a Roma il 12 e 13 ottobre alla Giornata Mariana promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Il 13 ottobre ai piedi della Statua della Madonna, il Papa Francesco consacrerà il mondo al Cuore Immacolato di Maria.
La Giornata Mariana è uno dei grandi eventi pontifici previsti nel calendario della celebrazione dell’Anno della Fede e riunirà in Roma centinaia di movimenti e istituzioni legate alla devozione mariana.
Il Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, Mons. Rino Fisichella, nella lettera indirizzata al Vescovo di Leiria-Fatima Mons. Antonio Marto, comunica che “tutte le realtà ecclesiali di spiritualità mariana” sono invitate a partecipare alla Giornata Mariana, un incontro che prevede il giorno 12 un pellegrinaggio alla tomba dell’Apostolo S. Pietro e altri momenti di preghiera e di meditazione, e il giorno 13 la celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco in Piazza S. Pietro.
Mons. Rino Fisichella scrive: “È desiderio vivo del Santo Padre che la Giornata Mariana possa avere come speciale segno una delle icone mariane tra le più significative per i cristiani di tutto il mondo e, per questo motivo, abbiamo pensato alla amata statua originale della Madonna di Fatima”.
La statua della Madonna lascerà il Santuario di Fatima in Portogallo la mattina del 12 ottobre e ritornerà nel pomeriggio del giorno 13. Al suo posto alla Cappellina delle Apparizioni sarà collocata la prima Statua della Madonna Pellegrina di Fatima, intronizzata nella Basilica della Madonna del Rosario fin dal 8 dicembre del 2003.

Fonte: Santuário de Fátima
Tratto da: Ascolta tua Madre

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Maria

Posté par atempodiblog le 13 août 2013

Maria
La grandezza della Madonna è radicata nel Vangelo.
E’ Cristo che ci offre sua Madre come dono. Rifiutandolo, si rifiuta anche il Messia.
Intervista a Monsignor Angelo Comastri.
di Edoardo Caprino – Il Timone

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Chiesa della Sainte-Trinité, Parigi

«Mi sto sempre più convincendo che il tentativo di marginalizzare la Madonna non nasce dal desiderio di mettere Cristo al centro, ma da un subdolo complesso di gelosia nei confronti della Donna, chiamata da Dio a sostenere un ruolo particolarissimo accanto al Salvatore».
Così risponde in esclusiva al Timone Monsignor Angelo Comastri, Vicario Generale della Città del Vaticano, già Delegato Pontificio per il Santuario di Loreto. Monsignor Comastri, finissimo teologo, ha dato da poco alla stampa per le Edizioni Tau un pamphlet intitolato “La Madonna non è un optional”. Un titolo provocatorio e accattivante. Abbiamo rivolto all’autore alcune domande.

Ritiene che nella Chiesa vi sia una tendenza – da parte di alcuni – a considerare secondaria la figura della Mamma di Gesù?
«È una tendenza che definirei “complesso di Napoleone”. Napoleone Bonaparte nacque il 15 agosto 1769, il giorno in cui la Chiesa da secoli ricorda l’Assunzione di Maria in cielo. Napoleone fu molto irritato per questa coincidenza, perché la grande festa mariana dirottava l’attenzione verso la Madonna, mentre lui voleva che in quel giorno tutta l’attenzione fosse rivolta alla sua persona. Non solo. Il 15 agosto la Chiesa legge il Vangelo del Magnificat, nel quale Maria di Nazareth ha il coraggio di dire: “Dio ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”(Lc 1,51-52). Era troppo! Napoleone non poteva sopportare che il giorno del suo compleanno qualcuno si azzardasse a ricordare che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti tarlati. Napoleone abolì la festa dell’Assunta. Ma passarono pochi anni e, dopo la disfatta di Waterloo, il Magnificat di Maria tornò a essere letto dai pulpiti francesi, perché Dio non è un rivale dell’uomo ma è l’unico suo amico. E Maria non è una rivale di Gesù, ma è la via umile e obbediente che conduce a Lui».

Con vigore lei scrive che la devozione a Maria è nata col Vangelo. Su quali basi poggia questo convincimento?
«Quando è iniziata la devozione mariana? La domanda è legittima. La devozione a Maria inizia con il cristianesimo stesso. L’angelo Gabriele dice a Maria: “Gioisci, o piena di grazia! Il Signore è con te”(Lc 1,28). Con queste parole, inizia la devozione mariana. Chi può negare l’evidenza di questo fatto? E quando Maria si presenta ad Elisabetta dopo il lungo viaggio della Galilea verso la Giudea, accade un altro fatto singolare. Elisabetta sente il saluto di Maria e avverte che il bambino “salta” di gioia nel grembo, mentre un fremito di Spirito Santo la attraversa e le suggerisce parole di rara bellezza e di sorprendente impegno. È la seconda espressione di devozione mariana.
Non si venga allora a dire – come talvolta accade – che la devozione mariana è nata dopo tanti secoli, per una specie di infatuazione mariana della Chiesa Cattolica. No, questo non è vero. La devozione verso Maria è registrata nel Vangelo ed è nata con il Vangelo.

Il Suo rapporto con Maria è fatto di tenerezze, come quelle tra un figlio e la propria mamma. Quanto ha influito sua madre nella sua devozione mariana?
«Quando morì la mia mamma, il 5 maggio 1997, sentii un vivissimo desiderio di ringraziarla pubblicamente per avermi guidato nel cammino della fede e, in particolare, per avermi educato ad una autentica devozione mariana. Scrissi queste parole: “Mamma! Sei stata veramente mamma, totalmente mamma, meravigliosamente mamma, è per te la mia benedizione più cara, la mia benedizione più forte, la mia benedizione di figlio. Ti benedico, o mamma, perché mi hai dato la vita in tempo di guerra, in tempo di paura, in tempo di grandi dolori. Ti benedico, o mamma, perché mi hai guidato nella via della fede: tu, per prima mi hai parlato di Dio riempiendo la casa di luce e di preghiera. Vedrò sempre la corona del tuo rosario, il libro delle tue devozioni e sentirò sempre la tua “Ave Maria”, dolce colloquio di mamma con la Mamma, tenace preghiera di mamma per il figlio”. Attraverso la mamma ho capito la Madonna; sperimentando la tenerezza del cuore della mamma, ho intuito l’immensa riserva di bontà del cuore della Madonna. Ed ho capito perché l’ultimo dono di Gesù, prima di morire, sia stato proprio il dono della Sua Mamma. E ho anche capito che, rifiutando questo dono, si rischia di non capire più Gesù».

Maria e l’Immacolata Concezione: un Dogma non sempre compreso, ma Lei parla di tre indizi nelle Sacre Scritture. Può illustrarceli?
«Primo indizio: il racconto del peccato originale termina con un annuncio: “Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua discendenza e la sua discendenza: essa ti schiaccerà il capo mentre tu lo insidierai al calcagno”(Gn 3,15). Come mai si parla di inimicizia tra il demonio e la donna? E perché il Messia (“la discendenza della donna”) viene presentato in stretta unione con la donna? Questo legame tra la donna e il Salvatore è inspiegabile senza un ruolo e una posizione straordinaria di questa donna.
Secondo indizio: le parole dell’Annunciazione. L’Angelo si presenta a Maria e dice: “Rallegrati o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). Come era possibile chiamare Maria “Piena di grazia”, se in lei ci fosse stata una minima ombra di peccato? Le parole dell’Angelo esprimono una posizione di singolarità della Vergine di Nazareth. Terzo indizio: il saluto di Elisabetta e la risposta di Maria. Elisabetta la saluta così: “Benedetta tu tra le donne” (Lc 1,42). Se Maria è benedetta fra le donne, non può esserci altro motivo se non quello di una straordinaria adesione alla Volontà di Dio.

E infine le parole profetiche di Maria: “Dio ha guardato la piccolezza della sua serva, grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente… d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1,46-50). Sono parole straordinariamente impegnative ed inspiegabili con una normale santità: in Maria c’è qualcosa di unico. Per questo la Chiesa ha definito verità di fede la Concezione di Maria senza ombra di peccato originale».

Il silenzio di Maria è ancora oggi una lezione?
«Maria appare una donna silenziosa, ma Maria ascolta. Ascolta perché è umile. Ascolta perché il suo cuore è libero, è puro. Notate: nell’Annunciazione Maria dice poche ed essenziali parole; a Betlemme nessuna parola; a Cana pochissime parole; nella vita pubblica e ai piedi della croce nessuna parola. Perché? Perché Maria è una donna attenta a cogliere tutti i segnali della volontà di Dio per rinnovare quotidianamente il sì gioioso della sua obbedienza. Maria obbedisce a Dio. Che grande lezione di sapienza. Maria ha veramente scelto la parte migliore. Sarà una grande grazia anche per noi se riusciremo a fare altrettanto.

Lei parla di Maria come del “primo fiore della primavera del mondo”. Cosa intende?
«Gesù ritornerà! Sarà una festa stupenda per tutti i figli di Dio. Come sarà il popolo dei redenti? Come saranno i nuovi cieli e la nuova terra? È impossibile dirlo. Accanto a Gesù, ci è stato fatto dono di vedere Maria. Ella è il primo fiore della primavera del mondo: è la prima creatura. Perchè tutto questo? Perché Maria è – per usare un’espressione cara a san Francesco – “la Vergine fatta Chiesa”. Voglio azzardare una domanda: “Che cosa fa ora Maria in Cielo?” La risposta non può essere che questa: “Maria fa la Madre” E la Madre non può fare altro che pensare ai figli; la Madre, infatti, non può avere altra gioia all’infuori della gioia dei suoi figli.

Quanto è decisivo per la Chiesa riscoprire sempre più l’importanza e la grandezza di Maria?
«Dopo la resurrezione, troviamo Maria al centro della comunità dei discepoli. Come caratteristica di questa primordiale comunità cristiana si legge che: “erano assidui e concordi nella preghiera” Chi li rendeva assidui e non permetteva che si disperdessero? Chi li rendeva concordi nella preghiera per prepararsi a ricevere il “Dono” promesso da Gesù? Certamente era Maria: Maria, donna di fede (Lc 1,45) li contagiava con la sua fede. E la Chiesa è chiamata a ritornare nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo; ed è spinta fuori dal Cenacolo, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo. Tutto questo non può avvenire senza Maria».

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La chiesa di San Sulpizio, a Parigi, dove il Montfort celebrò la sua prima Messa

Posté par atempodiblog le 13 août 2013

Saint Sulpice, monumento di architettura e di fede

- L’interno, capolavoro dello stile classico francese, porta soprattutto il marchio dell’architetto Gittard risalente al 1660.

- La facciata, a cui è collegato il nome di Servandoni, é fatta di elementi aggiunti dopo il 1750.

Fonte: Église Saint Sulpice Paris

La chiesa di San Sulpizio, a Parigi, dove il Montfort celebrò la sua prima Messa dans Apparizioni mariane e santuari igfc

San Luigi Maria Grignion de Montfort [...] nel fiore dei suoi vent’anni, nel seminario di San Sulpizio a Parigi (non lontano da Rue du Bac) dove, nel 1700, venne ordinato sacerdote. Ha celebrato la prima Messa proprio nella chiesa di San Sulpizio, nella cappella dedicata alla Beata Vergine Maria: “Vidi un uomo come un angelo all’altare”, dirà un testimone.

Tratto da: Pellegrino a quattro ruote — Padre Livio Fanzaga

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Sous ton voile de tendresse nous nous refugions

Posté par atempodiblog le 11 août 2013

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Nostra Signora delle Vittorie, Parigi

Posté par atempodiblog le 11 août 2013

Nostra Signora delle Vittorie, Parigi

Nostra Signora delle Vittorie, Parigi dans Apparizioni mariane e santuari NS-delle-Vottorie-Parigi

Un po’ di storia…

Il 3 dicembre 1836, il Padre Desgenettes, curato di Nostra Signora delle Vittorie celebrava la Messa a l’Altare della Vergine. La Chiesa era deserta. Aveva deciso di andare a chiedere al Vescovo l’autorizzazione di lasciare la Parrocchia, quando sentì ben distintamente queste parole: “Consacra la Parrocchia al Santissimo Cuore Immacolato di Maria”.

Rientrato a casa sua, si mise a comporre gli statuti di una confraternita mariana di preghiera, avente come scopo la conversione dei peccatori.

La domenica seguente, 11 dicembre, dopo la Messa, annunciò ai 10 fedeli presenti la sua intenzione di consacrare la Parrocchia al Cuore di Maria all’ora dei Vespri. La sorpresa fu grande di vedere in quel momento la Chiesa piena e da allora restò sempre così!

Conversioni e numerose grazie furono da allora attribuite a profusione in questo luogo, Rifugio dei peccatori, come testimoniano i circa 37.000 ex-voto che ricoprono le pareti.

L’arciconfraternita fu riconosciuta da Papa Gregorio XVI il 24 aprile 1838. Ha accolto dall’origine più di 1.680.000 membri individuali, e ha affiliato più di 21.000 comunità, distribuite in tutto il mondo.

Luogo di grande spiritualità, Nostra Signora delle Vittorie ha ricevuto da Papa Pio XI il titolo di Basilica nel 1927.

Il Curato d’Ars e tante altre persone, famose e non, sono iscritte all’Arciconfraternita.

Per approfondire Freccia dans Viaggi & Vacanze La Basilica di Nostra Signora delle Vittorie di Parigi

Prossime feste nella Basilica

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L’Assunzione della Vergine Maria

14 agosto

18:00 primi Vespri dell’Assunzione (non c’è Messa alle 19:00)

21:00 Veglia con processione e a seguire Messa solenne

15 agosto

11:00 Santa Messa solenne

14:45 Santa Messa per glia ammalati (in diretta su Radio Notre-Damehttp://radionotredame.net/)

15:30 Rosario

17:00 Vespri dell’Assunzione

18:00 Messa della sera e a seguire santo Rosario

Coronazione della Beata Vergine Maria

22 agosto

12:15 Messa solenne

14:45 Messa per gli ammalati (su Radio Notre-Damehttp://radionotredame.net/)

15:30 Celebrazioni mariane, Rosario, Adorazione del Santissimo

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