Il Cammino dell’Angelo. Rivisitato il pellegrinaggio al Santuario sul monte Faito
Posté par atempodiblog le 23 août 2013
Il Cammino dell’Angelo
Rivisitato il pellegrinaggio al Santuario sul monte Faito
Riscoprire e attualizzare l’antica tradizione del pellegrinaggio devozionale legato al culto di San Michele, risalente al VI secolo. È lo scopo del Cammino dell’Angelo, giunto all’VIII edizione, che si è tenuto nei giorni scorsi sul Monte Faito (diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia), presso il santuario dedicato a San Michele Arcangelo. L’iniziativa è nata nel 2006 grazie all’impegno di don Catello Malafronte, rettore del santuario, e di alcune associazioni, come il Club alpino italiano.
Un’antica tradizione. “San Michele apparve di notte al vescovo di Stabia Catello e al monaco benedettino Antonino, che si trovavano sul Faito, insieme con il popolo stabiese, per sfuggire alle razzie dei Longobardi – ha detto don Catello Malafronte, riferendo quanto ha tramandato l’Anonimo Sorrentino, la fonte medioevale che parla dei santi Antonino e Catello -. Ai due domandò di costruirgli un tempio dove vedevano ardere un cero. Alla domanda su chi fosse, rispose di essere l’Arcangelo Michele e scomparve”. Dopo il prodigio Catello e Antonino, proclamati in seguito santi e attuali patroni dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, fecero edificare un piccolo oratorio in legno dedicato all’Arcangelo Michele sulla sommità del Monte Aureo (oggi Monte Molare), la vetta più alta dei Lattari. Da allora è iniziata la tradizione del pellegrinaggio. “Oggi il Cammino dell’Angelo – ha spiegato il rettore del santuario – riprende la strada percorsa dai nostri patroni, ma in chiave attuale, perché offre l’opportunità di coniugare Vangelo e cultura, rispetto per la natura e spiritualità”. Tra le testimonianze sul pellegrinaggio del Faito, don Malafronte ha ricordato quella dello storico settecentesco Catello Parisi, il quale riporta che “nei giorni della dedicazione all’Arcangelo quasi l’intera popolazione stabiese, guidata dal vescovo, si trasferiva sul monte in prossimità del luogo dell’apparizione, dove alloggiava per una settimana in accampamenti provvisori”. Il culto di San Michele rimase vivo sino alla fine del 1800, quando il luogo divenne rifugio per i briganti. Per questo motivo, nel 1862 la statua dedicata a San Michele fu spostata nella cattedrale di Castellammare di Stabia. Nel 1950 il santuario è stato ricostruito, anche se non nello stesso posto del precedente, ma la statua è rimasta in cattedrale.
Ritrovare se stessi. Il pellegrinaggio a piedi al santuario di San Michele Arcangelo è partito da quattro località: Castellammare di Stabia, Vico Equense, Pimonte e Angri. Una volta arrivati sul Faito, uno dei momenti centrali è stato il convegno sul tema “Uomini di montagna, pellegrini di fede: custodi del creato e salvaguardia del patrimonio naturalistico”, al quale è intervenuto l’arcivescovo di Sorrento-Castellammare, monsignor Francesco Alfano. “La montagna – ha osservato – ricorda all’uomo che non è fatto per guardare solo a terra, ma per alzare lo sguardo verso il cielo”. Oggi la montagna è “da riscoprire per motivi ambientalisti, ecologici, ma anche di equilibrio psicologico”. Per l’arcivescovo, “mettersi in cammino per una scalata e affrontare le difficoltà del viaggio, gustando la bellezza del panorama, consente all’uomo di ritrovare se stesso, condizione indispensabile per incontrare Dio. Il Signore non annulla la nostra identità, anzi la potenzia”. “Nel nostro Cammino in compagnia dell’Arcangelo Michele – ha aggiunto l’arcivescovo – viene data alle persone la possibilità di mettersi in ricerca del Signore, aprendo gli occhi verso le bellezze del Creato, ma anche di cogliere ciò che è invisibile agli occhi, la presenza trascendente dell’Altissimo. Nell’itinerario verso il Faito, camminiamo alla ricerca di Dio, ma poi scopriamo che ci sta a fianco”. Questo ci deve anche “far aprire gli occhi su chi ci sta accanto, soprattutto chi vive nel disagio”. La montagna, infine, aiuta “a recuperare il valore del silenzio e a riscoprire la preghiera”.
a cura di Gigliola Alfaro – Agenzia SIR
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