L’umiltà

Posté par atempodiblog le 31 août 2013

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“L’umiltà é la lussuosa arte di ridurre noi stessi ad un punto, non ad una cosa piccola o grande, ma a qualcosa senza dimensioni così che tutti gli oggetti appaiano al confronto come sono in realtà: di altezza incommensurabile”.

-Gilbert Keith Chesterton-

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Piace a Francesco l’hobbit inquieto

Posté par atempodiblog le 30 août 2013

Piace a Francesco l’hobbit inquieto
di Andrea Monda – Avvenire

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Un po’ li ha citati lui, come nel caso di Bloy e Malègue, un po’ le notizie girano e su Jorge Mario Bergoglio lo fanno vorticosamente dal 13 marzo scorso, e quindi già si conoscono alcuni dei poeti e romanzieri preferiti da Papa Francesco: oltre ai due suddetti francesi, ecco due nomi che ci saremmo potuto aspettare, Manzoni e Dostoevskij, ma anche il poeta tedesco Hölderlin, l’argentino Borges (di cui è stato amico personale) e l’inglese Chesterton. Ma ce n’è un altro, sempre inglese, che non è ancora emerso, Tolkien, l’autore di uno dei libri più letti al mondo, Il Signore degli Anelli, che evidentemente ha raggiunto e conquistato l’attuale pontefice preso «alla fine del mondo».

Proprio sessant’anni fa, nel 1953 veniva pubblicata la prima parte della più famosa trilogia letteraria, La Compagnia dell’Anello, e venti anni dopo, esattamente il 2 settembre 1973, in Inghilterra, a Bournemouth, si spegneva l’autore del romanzo che già era diventato uno dei più grandi successi della storia della letteratura mondiale, al punto che Tolkien stesso pare abbia etichettato con l’espressione «deplorevole culto» il fenomeno di fanatismo che specie a partire dalla metà degli anni ’60 (quando negli Usa il romanzo uscirà in edizione paperback) aveva contagiato tutto il mondo anglofono e non solo. A quarant’anni dalla sua morte, oggi l’opera di Tolkien è universalmente conosciuta anche grazie alla cassa di risonanza dei film che il talentuoso regista neozelandese Peter Jackson è andato realizzando, arrivando a quota quattro, ma altri due stanno arrivando, e non è facile fare il punto e dare un giudizio sulla «eredità di Tolkien» (è questo il titolo del convegno che l’associazione culturale La Contea ha organizzato per il 5 settembre a Messina).

Forse il cespite più pregiato del vasto inventario di beni che Tolkien lascia ai lettori di oggi e di domani è rappresentato proprio dall’invenzione degli Hobbit. A parte questi piccoli ometti così buffi e al tempo stesso decisivi per lo sviluppo e l’esito della storia, tutto il resto (cavalli e cavalieri, torri e stregoni, foreste e incantesimi, spade, nani e draghi) Tolkien infatti non lo inventa ma lo attinge dall’immenso bagaglio degli antichi miti e delle leggende medioevali che da raffinato filologo conosceva perfettamente, ma gli Hobbit no, non si sa, non lo sa nemmeno lui, da dove sono spuntati. E gli Hobbit sono davvero molto interessanti; sono il «tocco di Novecento» in questa saga medioevale, sono uomini (anzi, mezzi-uomini) così comuni da essere fuori dal comune nella Terra-di-Mezzo così simile al nostro mondo; sono tutto e il contrario di tutto, forse siamo noi, lettori ad un tempo impigriti e spaesati, nostalgici non si sa bene di cosa, in quest’alba di terzo millennio. Abitano nei buchi come conigli, ma possono rivelare un coraggio da leoni, vivacchiano tra «cavoli e patate» ma vogliono incontrare «elfi e draghi», sono buffi, gretti e goffi ma tenaci e resistenti come pochi alle avversità, pieni di mille risorse (in primis un inguaribile humour) che li rende capaci di sopravvivere ai più grandi disastri. E poi, soprattutto, sono pronti.

Readiness it’s all, la prontezza è tutto, diceva Amleto, e questo è vero per alcuni tra gli abitanti della Contea, la dolce e verde regione collinare dove vegetano pigramente quasi tutti gli Hobbit della mitica Terra-di-Mezzo. Per alcuni, non per tutti: Tolkien parla solo degli Hobbit più “trasgressivi” nel senso etimologico del termine, quelli che fanno il passo al di là, che, spezzando le abitudini, si mettono in cammino e viaggiano oltre i tranquilli confini della Contea.

Sono questi Bilbo e poi suo nipote Frodo Baggins con i quali «ritorna nella letteratura contemporanea l’immagine dell’uomo che è chiamato a mettersi in cammino e, camminando, conoscerà e vivrà il dramma della scelta tra bene e male». A parlare con cognizione di causa è proprio Jorge Mario Bergoglio, che ha dedicato queste parole a Bilbo e Frodo nell’omelia per la Pasqua del 2008, in cui ha parlato anche di altri viaggiatori, Enea, Ulisse e, soprattutto, Abramo, che «chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava» (Ebrei 11,8), proprio come Frodo che, animato da un «corazón inquieto», parte fedele ad una missione, ad una «vocazione», di cui però non conosce molti dettagli e non controlla l’esito finale (come è noto dirà, nel grave momento della decisione: «Prenderò io l’anello, ma non conosco la strada»).

Al cardinale Bergoglio, e oggi a Papa Francesco, sta molto a cuore questo tema dell’uomo in cammino, che si mette in strada realizzando così il benefico «éxodo de sí mismo», proprio come dovrebbe fare una Chiesa capace di uscire dalle paludi dell’auto-referenzialità e di affidarsi ad un cammino che non è stabilito né controllato ma appunto «obbediente», che nasce cioè dall’ascolto e dall’abbandono fiducioso.

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Non giudicate, ma amate

Posté par atempodiblog le 30 août 2013

Non giudicate, ma amate dans Correzione fraterna La-Parabola-del-fariseo-e-del-pubblicano

Cosa vuol dire non giudicate? La Madonna nel messaggio ha commentato un brano del Vangelo dove Gesù dice: “non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato”. Non vuol dire non giudicare i pensieri, le parole, i comportamenti, vuol dire non giudicare le persone. Tu non puoi dare nessun giudizio sulla persona perché il suo grado di responsabilità a nessuno è dato conoscerlo, se non a Dio.

Solo Dio sa cosa c’è nel cuore di quella persona, solo Dio sa quali sono i condizionamenti che ci sono stati, solo Dio sa quali erano le sue intenzioni. Difatti Gesù Cristo svela le intenzioni dei suoi avversari, vedeva nel fondo dei cuori, ma noi non vediamo! Quindi non dobbiamo giudicare le persone.

Cosa bisogna giudicare? Quello che uno dice, se non va bene, se è errata, se è falsa, se è ingiusta, la si contraddice. “Tu hai detto così, ma non è vero”, non dico sei un “bugiardo” ma “questo non è vero”. Alcuni dicono “il mio parroco ha detto che l’Inferno non c’è, ma non voglio giudicare”, come non vuoi giudicare! “Inferno non c’è” è un’espressione sbagliata, contraria alla fede, quindi distinguiamo fra la persona e quello che una persona fa, dice, insegna, ecc… Perché lì occorre il discernimento alla luce della verità.

In questo ambito rientra la correzione fraterna, si dice con carità fraterna a tu per tu, dicendo “forse non ti sei reso conto… ma guarda che è una cosa sbagliata… hai trattato male quella persona, non dovevi farlo… ecc…”. Non rientra nel giudizio, ma è l’aiutare quella persona a rendersi conto che certe cose dette o fatte non sono conformi alla verità e alla rettitudine.

Non giudicare, non condannare, “tu hai fatto questo perciò tu sei…!”, micidiale! Tu ti metti nei confronti di tuo fratello esattamente come il fariseo con il pubblicano.

La gravità nel condannare la persona consiste nel fatto che uno che fa così non si converte, non si convertirà mai, si è precluso la via alla conversione e per quello che la Madonna dice “non giudicare” perché invece di vedere i suoi peccati guarda quello degli altri.

E’ tipico poi che i peccati degli altri sono più gravi dei tuoi, perché il medesimo peccato se lo ha fatto un altro è un grave peccato, se lo hai fatto tu è un piccolo difetto! Si sa che è così, no?

Quindi l’atteggiamento del condannare è pericolosissimo perché punti il dito su tuo fratello e non vedi il peccato che è in te, anzi tu ritieni di non aver bisogno di conversione, sei già perfetto!

Noi puntiamo il dito, facendo male a noi stessi, siamo una maledizione per gli altri perché li allontaniamo. Se invece anche quelli che ti hanno fatto del male, bada bene, tu però li perdoni, preghi per loro, non rispondi pan per focaccia, ma al massimo stai zitto… Bisogna amare, ma per arrivare all’amore c’è tutto un cammino da fare che incomincia dal non giudicare, dal non sparlare, dal saper tacere, dal non vendicarsi, dal non controbattere e c’è tutto un processo… e poi si incomincia a pregare. Allora se tu fai così sei una benedizione per i lontani, per quelli che non hanno conosciuto l’amore di Dio.

Tratto da una riflessione audio di Padre Livio Fanzaga a Radio Maria

Divisore dans San Francesco di Sales

Per approfondire Freccia dans Viaggi & Vacanze Commento di p. Livio al messaggio di Medjugorje del 2/05/2013 dato a Mirjana

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Bontà e carità

Posté par atempodiblog le 30 août 2013

Bontà e carità dans Citazioni, frasi e pensieri dt4t

Gesù all’anima:

Sono tre anni che sei Sacerdote, e che ti rivesti di me, inondati della mia luce e del mio amore.
Ti ho dato a pascolare le mie pecorelle, e non puoi pascolarle che nella dolcezza e nella carità.
Inondale di questa luce che parte dal mio Cuore mansueto ed umile. Se le trovi cattive, non irrompere, non gridare, perché così la pecorella cattiva si smarrisce lontano dall’ovile.
Fatti amare con la bontà, col disinteresse, col compatimento e con la carità, perché allora la pecorella si sente carezzata e, vicina al tuo cuore sacerdotale, ascolta il tuo richiamo e obbedisce alla tua voce. Le anime sfuggono a me, perché i Sacerdoti non sanno attrarle con la bontà e con la carità.

gsj dans Canti

Ti trovi in tempesta, figlio mio? Ricorri a Maria con un cuore puro e una preghiera ardente, e Maria farà cessare la tempesta. Fa’ una promessa speciale di onorare in modo particolare Maria nella tua Parrocchia, eleva a Lei un trono di amore e vedrai come prospererà ogni tua iniziativa. Non puoi togliere i disordini in un momento. Se pulisci un vasello incrostato di melma resinosa senza prima a lungo ammollirla, tu spezzi il vasello e non lo pulisci.
Abbi prudenza nel tuo zelo, e avvicina le anime all’Eucaristia perché io le nutrisca e le sani. Formale con la tua preghiera, con la tua pietà, col tuo esempio, e le vedrai tutte strette al tuo cuore, non con vincoli umani ma con i vincoli della grazia e della carità.
Non ti scoraggiare. La croce è un bene per te, e le tue lacrime fecondano il tuo campo.

da una lettera del servo di Dio Don Dolindo del 16 luglio 1953 al Sac. L. B.

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Della predicazione

Posté par atempodiblog le 30 août 2013

Della predicazione dans Citazioni, frasi e pensieri sh18

“Non si offendano le persone con ironie o invettive; specialmente nelle piccole borgate non si dica parola che possa essere giudicata allusiva alla condotta di qualche individuo.

Il predicatore badi a non inasprire menomamente gli erranti. Le sue parole spirino sempre carità e benignità.

Le invettive non ottengono le conversioni: l’amor proprio si ribella. Era questo il metodo che teneva S. Francesco di Sales e che era da lui consigliato. Egli narrava che i protestanti correvano in folla ad udirlo e dicevano che loro piaceva, perché non lo vedevano infuriarsi come i loro Ministri”.

San Giovanni Bosco

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E’ Ribery il miglior giocatore europeo 2012-13

Posté par atempodiblog le 29 août 2013

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E’ Ribery il miglior giocatore dell’ultima stagione europea. Visibilmente commosso, l’asso del Bayern Monaco ritira il premio da Platini.

Ecco alcune sue parole:
“E’ stato un anno straordinario per noi, credo che il Bayern abbiamo meritato l’ultima Champions. Il Chelsea è un’ottima squadra, cercheremo di fare di tutto per vincere il trofeo”.

Fonte: Tmw

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Il pianto di Maria, un richiamo materno

Posté par atempodiblog le 29 août 2013

29 agosto – 1 settembre 1953: da un quadretto in gesso che raffigura il Cuore Immacolato sgorgano lacrime umane. La scienza riconosce il prodigio, la Chiesa approva il miracolo.
E da allora un fiume ininterrotto di grazie.
di Vincenzo Sansonetti – Il Timone

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“I racconti evangelici non ricordano mai il pianto della Madonna. Non udiamo il suo gemito né nella notte di Betlemme, né sul Golgota. Non ci è dato conoscere neppure le sue lacrime di gioia, quando Cristo resuscitò”. Lo affermò Giovanni Paolo II il 6 novembre 1994, a Siracusa. Ma “anche se la Sacra Scrittura non accenna a questo fatto – aggiunse – parla tuttavia in favore di ciò l’intuizione della fede. Maria che piange di tristezza o di gioia è l’espressione della Chiesa, che si rallegra la notte di Natale, soffre il Venerdì santo ai piedi della croce e di nuovo gioisce all’alba della risurrezione”. Papa Wojtyla si riferiva al miracolo mariano più clamoroso accaduto in Italia nel XX secolo.

È il 29 agosto 1953, l’anno della morte di Stalin (5 marzo) e dell’arresto in Polonia del cardinal Wyszynski. In una modesta casa in via degli Orti di San Giorgio, nel quartiere di Santa Lucia, a Siracusa, dove abitano i coniugi Angelo e Antonina lannuso, da un quadretto ingesso colorato del Cuore Immacolato di Maria sgorgano lacrime umane. Il passaparola è immediato. Prima vicini e parenti, poi frotte di curiosi, affollano la piccola abitazione. La ressa è tale che il quadretto è sequestrato dalla polizia e portato via. Ma la gente lo reclama, e ben presto l’effigie miracolosa fa ritorno nella casa di via degli Orti. La lacrimazione è ad intervalli, di pochi minuti, ma anche di ore. Continua per quattro giorni, fino alle 11 del 10 settembre. Una commissione formata dal dottor Michele Cassola, direttore della sezione micrografica del laboratorio provinciale, dal suo assistente dottor Francesco Cotzia, dal professor Leopoldo La Rosa, chimico igienista, dal dottor Mario Marletta, medico chirurgo, e da padre Giuseppe Bruno, parroco della chiesa di San Tommaso Apostolo, attesta la veridicità dell’evento. Dalle analisi effettuate in un laboratorio specializzato emerge che “il liquido ha analoga composizione a quello delle lacrime umane”. Il 2 settembre l’arcivescovo di Siracusa, monsignor Ettore Baranzini, va in via degli Orti per constatare di persona l’evento. Il 25 settembre il Tribunale speciale ecclesiastico inizia i suoi lavori per l’esame della lacrimazione. Sono ascoltati sotto giuramento 201 testimoni oculari. Il 27 settembre l’arcivescovo di Siracusa è in udienza provata da Pio XII a Castel Gandolfo.

Il 12 dicembre 1953 i vescovi di Sicilia, riuniti a Bagheria (Palermo), in un documento – firmato dal cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, “ascoltata l’ampia relazione – dell’arcivescovo Baranzini, vagliate le relative testimonianze nei documenti originali, hanno concluso unanimemente che non si può mettere in dubbio la realtà della lacrimazione”. E il 17 ottobre 1954 giunge il radio-messaggio di Papa Pacelli, che così spiega il significato profetico della lacrimazione: “Senza dubbio Maria è in cielo eternamente felice, ma Ella non vi rimane insensibile, ché anzi nutre sempre amore e pietà per il misero genere umano, cui fu data per Madre. Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di quelle lacrime?”.

Il quadretto viene esposto in via degli Orti, prima vicino all’ abitazione dei Iannuso, poi di fronte. Ma lo spazio è troppo piccolo. Il 19 settembre 1953, fra il popolo osannante, l’immagine miracolosa viene trasferita in piazza Euripide e collocata in una stele. Le folle accorrono. I siracusani pregano a turno davanti alla Madonnina: sono 10, 15, 20 mila. Ma arrivano anche dal resto della Sicilia e da tutta Italia. In settembre e ottobre accorrono due milioni di pellegrini. Ne parlano la stampa italiana e quella estera. I malati sono portati a braccia, con le carrozzelle, le barelle, nei letti: di fronte al quadretto chiedono il miracolo, implorano la grazia. E le guarigioni arrivano: Nunzio Vinci, operaio, paralizzato all’arto superiore e inferiore sinistro, comincia a muovere il braccio e la mano recupera sensibilità. Ad Anna Gaudioso Vassallo avevano diagnosticato un epitelioma al retto.

Successivamente i medici constatarono la totale scomparsa del tumore. Ma il primo prodigio probabilmente è proprio quello di Antonina lannuso, che nel Nata le del 1953, superando una difficile gravidanza, dà alla luce Mariano Natale Vincenzo, il bambino che portava nel grembo durante la lacrimazione. A queste prime guarigioni ne seguono almeno un centinaio, tutte documentate, attribuite alla Madonna delle Lacrime.

Oggi il quadretto non è più esposto in piazza. È stato costruito un Santuario (da pochi mesi diventato Basilica minore): un’enorme “lacrima” alta 74 metri. In cima è stata po sta una Madonnina dorata. Il tempio mariano è stato consacrato da Giovanni Paolo II il 6 novembre 1994. Può ospitare fino a 6 mila persone sedute e 11 mila in piedi ed è meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo. Siracusa si affianca così a Fatima e a Lourdes. Ogni anno i Gruppi di Preghiera della Regina della Pace organizzano un incontro mariano con migliaia di devoti. Il 27 ottobre del 2001 il presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro, proprio durante uno di questi incontri, ha fatto atto di affidamento della sua Regione alla Madonnina, primo caso in Italia.

Cinquant’anni dopo la prodigiosa lacrimazione, l’attuale arcivescovo di Siracusa, monsignor Giuseppe Costanzo, ha indetto nella sua diocesi uno speciale anno mariano, dal 29 agosto 2002 al 10 settembre 2003, accompagnato da una lettera pastorale intitolata “Con Maria discepoli in cammino”. Ancor oggi ci si interroga sul perché di quelle lacrime. Perché la Madonna piange per i suoi figli? Perché quelle lacrime nel 1953? Quale situazione stava vivendo il mondo?

Erano anni difficili, di ripresa da una guerra lacerante, con il comunismo ateo che, nella visione ecclesiale dell’epoca, appariva come un pericolo incombente.

“Siracusa”, si legge nella lettera dell’arcivescovo Costanzo, “ha un messaggio di dialogo da portare in un mondo lacerato da profonde divisioni e dove spesso predomina l’intolleranza e il fanatismo”. Commentava all’epoca dei fatti l’allora cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano: “La Madonna piange perché il Corpo Mistico del suo Figlio è stato dilaniato da una quantità di confessioni religiose; perché un rilevante numero di cattolici ignora, o quasi, l’Evangelo; perché i Governi, invece di coadiuvare la Chiesa nella repressione del vizio, lasciano libero corso alla propaganda dei cattivi; perché molti non hanno compreso la gravità dell’ora, e troppo poco si preoccupano della riforma della loro vita”.

“In realtà”, afferma padre Stefano De Flores, studioso di mariologia, “tuttora la Madonna avrebbe motivo di piangere, perché è evidente a tutti quanto si siano dilatati nel mondo i cosiddetti ‘cerchi diabolici della morte’, identificati soprattutto nella vita senza senso e nell’abbandono di Dio”.

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Il Santuario “Madonna della Guardia” di Genova – Bolzaneto

Posté par atempodiblog le 29 août 2013

La Liguria ha diversi Santuari di rilievo regionale. Qui citiamo i principali: anzitutto, la “Madonna della Guardia”, che è indubbiamente il Santuario più rappresentativo; poi: Nostra Signora della Misericordia a Savona, Santa Maria delle Vigne a Genova, Nostra Signora del Monte a Genova – San Fruttuoso, Nostra Signora di Montallegro presso Rapallo, Nostra Signora del Deserto a Millesimo (Savona).

Il Santuario “Madonna della Guardia” di Genova – Bolzaneto
Tratto da: Madre di Dio

“Santuario principe della ligure terra”, come lo chiamò il Papa genovese Benedetto XV, la “Madonna della Guardia” ha una storia tutta particolare per il fatto che è la memoria di una duplice manifestazione della Vergine: al contadino Benedetto Pareto il 29 agosto 1490 e, nel 1856, ai devoti in preghiera nella “Cappella dell’Apparizione” della prima chiesa del 1530. Questa seconda apparizione diede la spinta decisiva alla costruzione dell’attuale grandiosa Basilica (e Opere di Carità annesse), inaugurata nel 1890.

Si è calcolato che oggi, in tutto il mondo, la “Madonna della Guardia” è onorata in 278 tra Santuari, Parrocchie, Cappelle, edicole a lei dedicate.

Il Santuario “Madonna della Guardia” di Genova - Bolzaneto dans Apparizioni mariane e santuari tqv5
Visione d’insieme del Santuario della Guardia, sul Monte Figogna sopra Genova.

In un immaginario ‘racconto’ fatto dall’umile veggente di Livellato, un paesino della Val Polcevera, bella e ridente valle ad occidente di Genova, la “Madonna della Guardia” è descritta come

  • una Madonna dagli occhi aperti [proprio perché è la Vergine con il Bambino in braccio a far da guardia dall’alto del Monte Figogna (804 m.), detto già “della guardia”, perché sulla cima vi era una postazione per l’avvistamento dei nemici di ogni tipo…];
  • una Madonna che guarisce, a cominciare dallo stesso veggente Benedetto Pareto; ma sono innumerevoli le guarigioni (nello spirito e nel corpo) che qui si ottengono da sempre: gli ex-voto in argento sono stati tanti che, a più riprese, i Rettori del Santuario li fusero per ricavarci vasi sacri, grossi candelabri e varie suppellettili, per un peso calcolato in quintali;
  • una Madonna che coinvolge, intanto già i giovani che si adoperarono per la costruzione della prima Cappella; e poi, via via, una schiera di devoti raccolti nella “Compagnia della Guardia”, ‘custodi’ come la Vergine del patrimonio di fede e dei valori Cristiani in ogni tempo;
  • una Madonna missionaria, la cui devozione fu sempre affidata ai migranti che da Genova sono salpati, varcando gli Oceani per raggiungere ogni parte mondo…

La “Novena e Festa della Guardia” si tiene dal 20 al 29 Agosto (giorno dell’Apparizione), rinnovando spiritualmente il “percorso di esperienza di fede” del primo pellegrino-veggente, Benedetto Pareto.

Storia, devozione e folklore del Santuario “Madonna della Guardia”

Un antico documento giurato del 1530 riferisce, 40 anni dopo il fatto miracoloso – nell’italiano colorito dell’epoca – la storia dell’Apparizione della Vergine al contadino Benedetto Pareto:

“1530, 15 Januarii. – Memoria del principio quale hebbe la chiesa della Madonna della Guardia posta sul monte di Figonia nella valle di Poncevera. Si dice e resta à memoria e notitia appresso alli huomini di Livellato, et altrui di questa valle. Ritrovandosi circa li anni del Sig.re 1490 Benedetto da Pareto della villa di Livellato sopra il d.o monte a segare il fieno, e mentre aspettava che li fusse portato da mangiare da sua casa stava alle volte guardando se veniva alcuno de suoi vidde venire una donna pensando fusse sua moglie, et accostandosi li vidde uno splendore attorno che quasi li dette terrore, e restò spaventato alquanto accostandosi più si incominciò a parlare con simili parole dicendoli Benedeto accostati à me, e non temere che io sono la regina del cielo, e madre di Gesù Xto il d.o Benedeto respirò alquanto, e pigliò animo la d.a Sig.ra incominciò a dire sai che cosa io voglio che tu facci fabbricare una cappella à nome mio in questo luogo […].

Restò d.o Benedeto amirato pensando sopra questo fatto, e quasi satio non sentendo più la fame quando poi la perse di vista si partì, e discese giù dal monte, e andò alla sua casa, e ricontò alla sua moglie tutto il fatto delli ragionam.ti e promessa fatta à d.a Sig.ra di fabricare la capella intendeva di dare principio il di seguente, sentendo la sua moglie questo lo riprese, e disuase lei donna altera e brava dicendoli insino à quest’hora voi sete stato tenuto p semplice da tutti come ineffetto era, et hora sarete tenuto p balordo, e matto affatto […]”.

Il documento continua narrando che il veggente, ormai convinto dalla moglie a non pensare più di erigere alla Vergine la Cappella promessa, l’indomani – mentre si stava recando nuovamente sul monte a tagliare il fieno – cadde da un albero di fico e fu quasi ridotto in fin di vita [“…cascò dall’albero che quasi era tutto fracassato e rotto, braccie, testa, gambe, e tutta la vita in modo tale che non si poteva movere…”]. La Vergine gli apparve allora in sogno, promettendogli di guarirlo, se avesse mantenuto la promessa fatta. Così fu, con buona pace della moglie che ne rimase finalmente convinta essa pure…

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La Vergine appare a Benedetto Pareto
Gruppo statuario ligneo nella nicchia di A. Canepa
del Santuario–Basilica N. S. della Guardia.

Sempre grande è stata la devozione dei Genovesi alla “Madonna della Guardia”; che la diffusero in tutto il mondo.

Figura eccezionale di devoto fu don Niccolò Olivieri, originario di queste parti, vissuto nella prima metà del sec. XIX, che tanto si adoperò per liberare poveri schiavi africani dai negrieri. Partendo da Marsiglia per l’Africa, sempre ripeteva: “Salgo prima alla ‘mia’ Madonna della Guardia, per farmi aiutare da lei…”.

Altro grande devoto fu il Servo di Dio don Francesco Montebruno (un don Bosco genovese dell’800) che univa l’amore per la ‘Madonna della Guardia’ con quello per i ragazzi a rischio, attirati in città dalla prima industrializzazione selvaggia, lasciati vaganti, senza arte né parte, in cerca di un pezzo di pane. Mentre sul Figogna animava la costruzione dell’attuale magnifico Santuario, giù a Genova metteva in moto risorse e persone per la formazione professionale di migliaia di ragazzi e ragazze. I suoi “Artigianelli” hanno diradato la schiera degli emarginati e arricchito l’umanità di uomini e donne onesti e responsabili.

Più recentemente, il neo-Santo Don Luigi Orione salì spesso a questo Santuario, ogni volta che doveva prendere importanti decisioni. Passò un’intera notte in preghiera, inginocchiato al freddo, davanti al cancello della Cappella dell’Apparizione, prima di buttarsi nella grande avventura dell’acquisto del Paverano, un grande edificio dove sognava di accogliere tanti poveri e malati. E la Madonna non l’ha abbandonato: oggi il Paverano, con i suoi 650 Ospiti e 400 Operatori, è la più grande espressione della carità presente in Genova. [Una bella statua di Don Orione, lo riproduce inginocchiato sul gradino della Cappella, come quella notte].

E conosciamo tutti come il Santo Luigi Orione abbia voluto costruire a Tortona, nell’alessandrino, un magnifico Santuario dedicato, appunto, a “Nostra Signora della Guardia”, innalzando sulla torre campanaria alta 70 metri una statua della Vergine alta 14 metri (la più grande in bronzo del mondo).

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Interno del Santuario di “Nostra Signora della Guardia”.

Nell’800 da Genova partirono molti emigranti verso il “Nuovo Mondo”, in cerca di un futuro migliore, portando con sé, sempre, la “Madonna della Guardia”. Nel ‘filone missionario’ si inserì anche Don Orione; così, dopo Bernal [= Bernol ?] (Buenos Aires, in Argentina), in tanti altri Paesi del mondo la “Madonna della Guardia” fu fatta conoscere: in Libia, in Alaska, nell’America del Nord, in India, nella Repubblica Centroafricana, in Tanzania, nel Burundi, in Costa d’Avorio, in Australia, ecc.

Una singolare nota di colore consente di aggiungere a quest’elenco il gesto del primo astronauta italiano, l’ing. Franco Malerba, che portò con sé – missione simbolica di universalismo planetario – l’immagine della “Madonna della Guardia” sullo Shuttle in orbita spaziale attorno alla terra. Tornato felicemente dal viaggio spaziale, venne alla ‘Guardia’ a ringraziare la Vergine e a deporre la sua testimonianza fra gli ex-voto…

Tra gli altri più noti Santuari mariani della Liguria vanno annoverati:

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S. Maria di Valleverde e S. Lorenzo

Posté par atempodiblog le 29 août 2013

S. Maria di Valleverde e S. Lorenzo
Tratto da: Arcidiocesi di Foggia-Bovino

S. Maria di Valleverde e S. Lorenzo dans Apparizioni mariane e santuari j3zc

L’origine del Santuario della “Madre del Figlio di Dio” o di Valleverde è strettamente connessa con l’ apparizione della Vergine SS.ma avvenuta in sogno al boscaiolo Niccolò nella primavera del 1266, regnante Carlo d’Angiò, Duca di Puglia.
Dal Codice Vaticano si legge che il Niccolò sognò che, recatosi con altri suoi compagni a tagliar la legna nel bosco di Mengaga, dove ora sorge il Santuario, gli apparve una donna vestita di bianche vesti che gli chiedeva di riempirle un recipiente d’acqua, attingendo a una vicina fonte.
Niccolò soddisfece al desiderio della donna, solo quando questa gli assicurava che al suo ritorno avrebbe trovato l’asinello carico della legna; riscontrato quanto promesso, Niccolò domandò chi fosse e la donna rispose: “Sono la Madre del Figlio di Dio… finora sono stata in una terra dove gli uomini conducono una vita peccaminosa … sono venuta qui per stare a difesa dei pugliesi e particolarmente del popolo di Bovino.
Va subito in città e riferisci al Vescovo, al clero e a tutti i cittadini che voglio sia costruito in questo luogo una chiesa col titolo di Santa Maria di Valleverde”.
Racconta ancora il Codice che Niccolò non dette importanza al sogno e non eseguì quanto chiesto dalla Madre del Figlio di Dio.
Per quattro notti ancora sognò la Vergine che lo esortava a obbedirle.
Pagò la disobbedienza trovandosi un mattino tutto storpio, col viso contraffatto e pieno di dolori, ma guarì miracolosamente quando decise di recarsi dal Vescovo.
La proposta della Vergine SS. fu favorevolmente accolta dal Presule e dal Clero, ma in cambio si chiedeva a Niccolò che la Vergine indicasse il sito dove costruire la chiesa.
In sogno, la Vergine con fascetti d’erbe segnò il perimetro della chiesa, il posto dell’altare e delle porte.
Al mattino seguente, su invito di Niccolò, Vescovo, clero e cittadini si recarono sul posto indicato e riscontrarono nella realtà quanto descritto in sogno.
Ben 12 Vescovi, compreso Giovanni Battista Vescovo di Bovino, presero parte alla benedizione e alla Vergine SS. doveva essere una semplice chiesetta di campagna, che in seguito subì ampliamenti e fu resa decorosa e accogliente per i tanti pellegrini che ogni anno affluivano al Santuario.
Accanto alla Chiesa fu costruito un piccolo Convento che ospitò una comunità di Monaci Cistercensi, a cui il Vescovo Manerio II nel 1286 affidò la cura del Santuario e l’assistenza spirituale ai pellegrini.
I Cistercensi rimasero a Valleverde fino al 1608, poi il Santuario fu affidato a qualche eremita agostiniano e nel 1658 fu eretto Abbazia laicale.
Nel 1745, il Vescovo Antonio Lucci unì i beni dell’ Abbazia di Valleverde al Collegio dei Mansionari della Cattedrale e ad esso affidò la custodia del Santuario.
Con decreto della Congregazione dei Riti del 15.7.1817, la festa del 29 agosto in onore di Maria SS. di Valleverde divenne festa liturgica.
Dal 1842 furono i Frati Minori Osservanti ad abitare il Convento e a gestire l’attività del Santuario fino al 190l, poi tornò alle cure del clero diocesano.
1129 Agosto del 1876, Mons. Cantoli, accolta dal Capitolo Vaticano la richiesta di incoronazione del simulacro di Maria SS. di Valleverde, assistito da Mons. Cotelessa, Vescovo di Lucera e da Mons. Cosenza,Vescovo di Foggia, con solenne rito e alla presenza di autorità e numeroso popolo di fedeli, pose sul capo della Vergine e del Bambino le corone d’oro, benedette dal Papa Pio IX, opere dell’orefice Tanfani di Roma.
La notte del 23.1.1893 i ladri portarono via le corone e gli oggetti votivi e strapparono la mano destra al simulacro della Vergine. La mano fu ritrovata provvidenzialmente qualche giorno dopo, 1’8 febbraio, e, portata processionalmente al Santuario, fu riattaccata al braccio.
Nel 1912 Chiesa e Convento passarono ai Padri Passionisti, che ingrandirono il Convento e resero più decorosa la Chiesa, eliminando diversi altari e sgombrandola da quadri e oggetti ex voto.
Dopo necessari lavori di restauro, la Chiesa fu riconsacrata il 27.8.1914 da Mons. Uberto Maria Fiodo, che a sue spese ne realizzò il restauro.
Nel 1921 i Passionisti lasciarono Santuario e Convento, che tornarono alla cura dei Canonici della Cattedrale. Mons. Sebastiano Cuccarollo nel marzodel 1927 propose ai Padri Missionari Combonianila gestione del Santuario e l’eventuale possibilità di erigere un seminario missionario per l’Africa.
Rimase solo un tentativo, giacché P. Sartori trovò più favorevoli le condizioni per impiantare il seminario missionario nella vicina città di Troia. Sfumata questa possibilità, Mons. Cuccarollo continuò a bussare altrove.
Nel 1928 incontrò a Troia, presso Mons. Farina, D. Giustino Maria Russolillo, che da qualche anno aveva fondata la “Società Divine Vocazioni”, una nuova Congregazione religiosa interessata a suscitare e coltivare le vocazioni, a cui propose l’affidamento del Santuario di Valleverde con la prospettiva di erigervi un seminario vocazionario.
La proposta fu accolta e dal 1929 a tutt’oggi reggono il Santuario i Padri Vocazionisti.
Nel 1930, a causa del terremoto del Vulture la Chiesa andò in rovina e gravi lesioni subì il Convento.
Nel giro di poco tempo, grazie anche all’appoggio del Podestà dell’ epoca, Antonio Manuppelli, la Chiesa fu ricostruita e fu riparato il Convento.
Negli anni successivi all’ultimo conflitto mondiale, promotore D. Giuseppe Salerno, furono realizzate due opere: il Seminario vocazionario che funzionò finché non fu reso inagibile a causa dei terremoti ed eliminato del tutto, e la Casa del Pellegrino tuttora funzionante.
Nel 1965, Mons. Antonio Pirotto, Vescovo di Troia e Amministratore apostolico di Bovino, indisse il 29 agosto, Festa di S. Maria di Valleverde, l’Anno Mariano per la ricorrenza del 7° Centenario delle Apparizioni della Vergine al boscaiolo Niccolò.
11 3 ottobre 1965 fu collocata nel Santuario l’antica statua della Madonna col Bambino, di ignoto autore del XIII secolo, fatta restaurare a spese della Soprintendenza alle Belle Arti di Firenze, il cui direttore, Dr. Baldini, interessato personalmente dal Can. Angelo Trombacco, inviò al Santuario il restauratore fiorentino Prof. Pellegrino Banella, che vi lavorò due mesi per riportarla alla sua originale bellezza.

In quell’ occasione il Banella prese a scolpire la nuova statua del Bambino in sostituzione dell’altra che non aveva nulla di originale e di artistico.
Per circa quattro secoli la statua della Madonna appariva ai pellegrini coperta con abiti adorni di decorazioni auree; lo stesso capo della Vergine era abbellito – si fa per dire – da una parrucca con capelli inanellati.
Il 3 ottobre 1965, alla solenne inaugurazione dell’ Anno Mariano, oltre Mons. Pirotto, partecipò anche Carol Wojtyla, allora Arcivescovo di Cracovia, con altri due Prelati polacchi.
Il 23 maggio 1966, per la benedizione e la posa della prima pietra del nuovo Santuario parteciparono dodici Vescovi.
Alla costruzione del nuovo Santuario concorsero il popolo di Bovino, i pellegrini e i devoti d’ogni parte d’Italia e tantissimi emigrati all’estero.
Il 25 Maggio 1987, in occasione della sua visita pastorale alle diocesi della Metropolia di Foggia-Bovino, il Santo Padre Giovanni Paolo II per la seconda volta veniva a prostrarsi dinanzi alla Madre del Figlio di Dio e benediceva il nuovo Santuario, continuando così la serie di insigni pellegrini e illustri visitatori: Maria Teresa d’Austria, il Pontefice Benedetto XIII, S.Alfonso De Liguori, P.Ludovico da Casoria.
La Chiesa fu eretta a sede della Parrocchia omonima da Mons. Innocenzo Russo con bolla vescovile del 12.9.1959, dopo aver ottenuto dal Ministero Fondo Culto la retrocessione dell’ex Convento (l’atto di retrocessione della Chiesa e dei locali annessi avvenne il 12.9.1960, approvato con Decreto Ministeriale n. 25973 del 15.12.1960).
Dopo la posa della prima pietra, si dette inizio, con i cantieri di lavoro finanziati dallo Stato, allo scavo dell’area destinata a succorpo della nuova chiesa.
Intanto, negli anni ’60 fu costruita la Casa del Pellegrino con i fondi di privati benefattori.
Negli anni del decennio successivo, a spese della Congregazione religiosa dei Vocazionistie con l’aiuto libero dei fedeli pellegrini e dei devoti di Bovino, veniva realizzato l’imponente edificio destinato ad ospitare ragazzi poveri e orfani.
Fu demolito nel 1996 reso inagibile per dissesto del suolo e per il sisma del 1980.
Nel 1976, approvato il progetto della Commissione di Arte Sacra e ottenute le necessarie licenze per l’edilizia, ancora a spese della Congregazione dei Vocazionistie col generoso incessante contributo dei fedeli devoti, iniziarono finalmente i lavori di costruzione del nuovo Santuario.
Il progetto firmato dall’ Ing. Martino Raffaele Magnatta di Ascoli Satriano, fu affidato per l’ esecuzione a liberi operai edili.
Fu demolito il convento attiguo alla vecchia chiesa, mentre il vecchio Santuario rimase in attività fino al 1987.
La nuova Chiesa fu portata a termine verso la fine del 1986 e nei primi mesi del 1987 si provvide ad adornare e ad arredare l’interno.
Il 25 maggio 1987 il nuovo Santuario, come già detto, ebbe l’onore della Visita del S. Padre e il 7 giugno 1987 la Chiesa venne consacrata da mons. S. De Giorgi.
Pervenne alla Parrocchia l’immobile di Via Nazionale, 6 di Bovino, proprietà del def.to Guido Savino, che, per testamento rogato il 12.2.1981, lo destinava al Santuario di Maria SS. di Valleverde a scopo religioso e sociale.
Attualmente l’immobile è stato ceduto in fitto a privati.

Orari SS.Messe:
Feriale: 17.00 (leg.18.00)

Festivo: 10.30-17.00 (leg. 18.00)

divisore dans Medjugorje

Visita Pastorale in Puglia di Giovanni Paolo II  iconarrowti7 dans Canti  Discorso ai fedeli riuniti nel santuario mariano di Valleverde di Bovino (25 maggio 1987)

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Il Corriere cancella la storia

Posté par atempodiblog le 28 août 2013

Il Corriere cancella la storia dans Angela Pellicciari 3woy

Telegiornali, giornali e politici non fanno che ripetere una cosa ovvia: le sentenze si eseguono. Quindi, questa la conclusione, Berlusconi è morto. Punto. Questa logica conseguenza, però, normalmente viene passata sotto silenzio. Si ripete solo come un mantra che le sentenze vanno rispettate, che siamo tutti uguali davanti alla legge, che non si possono fare eccezioni di sorta perché crollerebbero le basi dello stato di diritto.

Vero? Falso. Falso perché è falsa la premessa: non siamo tutti uguali. Tanto è così che nessun personaggio pubblico (per non dire nessun industriale) in Italia è mai stato sottoposto a processi senza fine come è capitato a Berlusconi da quando fa politica. Berlusconi è stato accusato di ogni possibile misfatto, compreso quello, davvero inimmaginabile, di aver divulgato sul giornale di famiglia il contenuto di UNA battuta relativa ad una banca (anche noi abbiamo una banca! pressappoco così diceva Fassino) ottenuta tramite intercettazioni telefoniche. Inimmaginabile per chi non ricordasse quante migliaia di battute su e di Berlusconi siano state pubblicate dai giornali grazie alle intercettazioni telefoniche cui è stato sistematicamente sottoposto. O per chi non ricordasse come il nostro presidente del Consiglio sia stato scrupolosamente spiato non per verificare la veridicità di illeciti da lui commessi, ma solo per scovare qualche comportamento (privato!) censurabile. Il caso Ruby insegna.

Che dire? Il Vangelo di ieri aveva parole sferzanti per i farisei. Quelli che parlano bene e agiscono male. I sepolcri imbiancati. In questa categoria primeggia, sembra a me, il Corriere della sera. Nell’editoriale di ieri Galli della Loggia spiegava come il centro destra non esista, non sia mai esistito e mai, di questo passo, esisterà. Partendo dalla constatazione -ovvia dal suo punto di vista- che al Cavaliere non restino che due strade: o l’Apocalisse (scritta con la maiuscola) o il Tramonto (anche questo scritto con la maiuscola), Galli faceva una diagnosi cupa: al centro destra con il Sole (maiuscolo) al tramonto non resta che la dissoluzione. Ergo: la parte “moderata” della nazione va incontro ad una profonda crisi di rappresentanza politica.

E qui viene il bello: Galli arriva a dire che la crisi dell’ala moderata viene da lontano e caratterizza “l’intera storia della Repubblica”. E così: “se ci si pensa con attenzione una tale area in settant’anni non ha espresso che due formazioni significative: l’Uomo Qualunque (che visse una brevissima stagione dal 1944 al 1947) e Forza Italia”. Davvero strabiliante! Galli non solo paragona Forza Italia, largamente maggioritaria per due decenni, ad un movimento marginale durato tre anni. Galli semplicemente ignora la storia di larghissima influenza, prestigio e risultati ottenuta dall’ala moderata al potere per un cinquantennio: la Democrazia Cristiana.

Galli mette la DC semplicemente fra parentesi. Parlando della crisi che –questa la tesi- caratterizzerebbe da sempre i moderati italiani, sostiene che questa crisi “per mezzo secolo è stata tenuta celata dalla presenza surrogata del partito cattolico, dalla Democrazia cristiana”. La DC infatti “aveva natura e origini diverse”. Delle due l’una: o il partito dei cattolici non è stato un partito moderato, affermazione che sembrerebbe azzardata, oppure il partito cattolico non va considerato parte dell’area moderata per l’anomalia di essere cattolico.

Il Corriere scorda non la storia repubblicana di settant’anni, ma la storia italiana di centocinquanta anni. L’Italia liberale e fascista –entrambe anticattoliche o, perlomeno, rette da anticattolici- non hanno nemmeno lontanamente procurato alla popolazione italiana le conquiste di libertà e benessere che hanno saputo garantire i cattolici in politica. Ma i cattolici, si sa, sono “surrogati” che per definizione non devono essere presi in considerazione.

Il Corriere insiste nel suggerire educatamente, dolcemente, insistentemente, la propria visione di come dovrebbe essere l’Italia. Diversa da quella che è. Guidata da chi e per fare gli interessi di chi?

di Angela Pellicciari – Il Tempo

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La questione morale della diffamazione

Posté par atempodiblog le 28 août 2013

La questione morale della diffamazione dans Mormorazione gevp

Mezzi della diffamazione sono la menzogna, la notizia falsa o tendenziosa, la calunnia, la malignità, la bassa insinuazione, il sospetto infondato, il gusto nel rilevare i difetti, la critica facile, il sarcasmo, l’ironia sferzante, il motto pungente, la mormorazione, la derisione, la beffa. Via alla diffamazione possono essere il giudizio affrettato, la chiacchiera perditempo, il pettegolezzo, la parola leggera o imprudente, il discorso inutile.

[...]

La diffamazione si può considerare un vero e proprio omicidio, se non fisico, certo morale e psicologico, come dice bene il proverbio: “ne uccide più la lingua che la spada”. In tal senso la Scrittura dice del diffamatore: “veleno d’aspide sotto la lingua”.

Cristo è molto severo contro il diffamatore, al quale minaccia la geenna, Egli che è stato in tutta la storia dell’uomo la vittima più innocente, santa ed illustre dei diffamatori, che erano coloro che avrebbero dovuto accoglierlo con la maggior riconoscenza.

Il peccato di diffamazione è molto grave perché è calcolato, premeditato e studiato e quindi pienamente cosciente, volontario e deliberato. Si potrebbe dire un peccato diabolico, anche se non si può escludere che il diffamatore agisca solo per leggerezza o perché sobillato da qualcuno o perché non si rende conto del danno che fa.

Non di rado avviene che persone diffamate restano talmente traumatizzate che, per debolezza di carattere o per la vergogna o per la poca fede o forse anche per orgoglio, non reggono all’insulto, e si uccidono. E’ proprio quello che hanno voluto i diffamatori, che a volte forse spargono lacrime di coccodrillo.

E a volte è talmente abile l’opera del diffamatore che, se la vittima è influenzabile ed insicura, comincia essa stessa ad autodenigrarsi secondo le calunnie del diffamatore, soprattutto se costui è un preposto o un superiore della vittima.

L’essere diffamati, soprattutto in materia grave o interessi vitali, è un colpo gravissimo, perché noi viviamo normalmente di buona fama, perché ciò ci consente di ricevere quella stima, quella considerazione e quelle comunicazioni rispettose e fiduciose che costituiscono il presupposto delle nostre normali relazioni sociali.

Per questo è comprensibile anche se non giustificabile che certi diffamati giungano alla convinzione che la loro vita non ha più senso. In questi casi ciò che può sorreggere è la nettezza della propria coscienza e il sapersi innocenti davanti a Dio. E’ di consolazione e di conforto l’esempio dei santi ed in particolare quello di Cristo. Tuttavia, tale consolazione possono averla solo coloro che hanno sofferto per Cristo, almeno implicitamente, perché se siamo diffamati perché a nostra volta abbiamo diffamato chi ci diffama, ben ci sta e chi è causa del suo mal pianga se stesso.

di Padre Giovanni Cavalcoli – Libertà e Persona

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Il sogno di Martin Luther King

Posté par atempodiblog le 28 août 2013

Cinquant’anni dopo, le parole «I have a dream» dello storico a Washington continuano ad essere vive
Il sogno di Martin Luther King
I cinquant’anni del grido I have a dream di Martin Luther King vengono ricordati dal cardinale arcivescovo di Washington in un articolo pubblicato sul “National Catholic Reporter”, di cui riportiamo il testo integrale.
di Donald William Wuerl
Tratto da: L’Osservatore Romano

Il sogno di Martin Luther King dans Riflessioni fek6

I manifestanti, circa un milione, provenivano da tutti gli Stati Uniti e da ogni angolo di Washington. In quella indimenticabile giornata del 28 agosto 1963, i partecipanti alla marcia su Washington ascoltarono le storiche parole del reverendo Martin Luther King Jr.: “Ho un sogno”.
Questo sogno continua a essere vivo anche dopo cinquant’anni. La maestosa statua di King, nel nuovo memoriale a Washington, ci ricorda il suo imponente impegno nel guidare la nostra nazione verso la piena consapevolezza dell’uguaglianza di tutte le persone dinanzi a Dio. Il suo sogno, profondamente radicato nella preghiera e nella sacra Scrittura, continua a incoraggiarci a vederci gli uni gli altri come fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio amorevole.
 E rivolgendosi alla folla proveniente da ambienti, esperienze di vita e tradizioni religiose diverse, King aggiunse: “Non possiamo camminare soli”. Con lui, nel Lincoln Memorial, c’era monsignor Patrick O’Boyle, mio predecessore come arcivescovo di Washington, che pronunciò l’invocazione, pregando affinché “gli ideali della libertà, benedetti sia dalla nostra fede religiosa, sia dalla nostra eredità democratica, prevalgano nel nostro Paese”.
O’Boyle aveva incoraggiato i gruppi cattolici locali, le parrocchie e le università a partecipare alla marcia, offrendo ospitalità a quanti venivano da fuori e facendo sfilare striscioni con i nomi delle rispettive parrocchie e organizzazioni. Impegnarsi per la giustizia razziale e sociale era naturale per O’ Boyle, creato cardinale nel 1967. Poco dopo aver ricevuto il pastorale come primo arcivescovo residenziale di Washington nel 1948, aveva iniziato a lavorare per l’integrazione nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche, molti anni prima che la sentenza della Corte Suprema Brown v. Board of Education (1954) dichiarasse illegali le strutture educative segregazioniste. Si unì anche ai leader religiosi della città domandando uguali opportunità in tema di alloggi, lavoro e istruzione pubblica. Al concilio Vaticano II esortò i padri conciliari a emanare una esplicita dichiarazione di condanna verso i pregiudizi razziali.
Nel suo discorso, King lanciò un fervido appello affinché fosse costruita una società giusta per i bambini di tutte le razze e di ogni ambiente. “Ora è il momento di fare della giustizia una realtà per tutti i figli di Dio”, disse esortando la folla e l’America tutta. Come persone di fede e come americani non possiamo restare indolenti o compiacenti quando ci troviamo dinanzi al peccato del razzismo o a qualsiasi forma di ingiustizia. King chiese una risposta alla “urgenza impetuosa del momento presente”.
Rendiamo onore alle eredità di King e di O’Boyle proseguendo il loro lavoro. Un impegno questo che oggi implica anche fornire opportunità educative a tutti i bambini, e in particolare a quelli che altrimenti sarebbero destinati a scuole troppo spesso definite “scarse”. Le 96 scuole cattoliche nell’arcidiocesi di Washington servono quasi 30.000 bambini della capitale e del Maryland. Molti di questi studenti appartengono alle minoranze e non sono cattolici. Per il prossimo anno accademico 2013-2014 l’arcidiocesi ha stanziato 5,5 milioni di dollari quale contributo alle tasse scolastiche, cifra che è quasi sestuplicata negli ultimi anni. I bambini che frequentano le scuole cattoliche, nelle vie della città, nelle zone periferiche e nelle aree rurali, provengono da tutti gli ambienti e, attraverso programmi accademici impegnativi radicati nei valori cristiani, imparano a essere i futuri leader della nostra Chiesa, delle nostre comunità, della nostra nazione e del nostro mondo.
L’invito di King si realizza anche nel nostro Consorzio di Accademie Cattoliche, un gruppo di scuole cattoliche che servono i bambini più poveri nel Distretto di Columbia, offrendo un faro di speranza alle famiglie nelle aree difficili di Washington. [anche nella Sacred Heart School, con il suo programma bilingue in inglese e spagnolo. Queste porte dell'opportunità si aprono anche nella Archbishop Carroll High School, in centro, con il suo numero elevato di iscrizioni di studenti appartenenti alle minoranze e il suo programma di maturità internazionale, e attraverso l'innovativo programma di studio lavoro della Don Bosco Cristo Rey High School a Takoma Park, Md.. La St. Francis International School di Silver Spring, Md., propone un programma di apprendimento globale per bambini che hanno radici in oltre cinquanta paesi.]
La nostra arcidiocesi ha sostenuto altri sforzi innovativi per ampliare le opportunità educative. Nel 2004, alcuni leader del Congresso, rappresentanti diversi partiti e punti di vista, si sono riuniti per istituire il D.C. Opportunity Scholarship Program, che ha assegnato circa 6.000 borse di studio per i bambini della città, il 98 percento dei quali appartiene alle minoranze e avrebbe dunque ricevuto un’istruzione carente. [Lo scorso anno, il 97 percento degli studenti della 12a classe che hanno usufruito di questa borsa di studio si sono diplomati - e la percentuale di quanti avevano scelto scuole cattoliche è stata persino più alta - rispetto al 60 percento registrato nelle scuole pubbliche del Distretto di Columbia]. Uno di questi diplomati, una immigrante etiope, ha tenuto il discorso di commiato della sua classe della Archbishop Carroll High School, e sogna di diventare medico e di servire i poveri. Un altro che ha usufruito della borsa, uno studente di origine salvadoregna, ha ricevuto un riconoscimento dall’amministrazione Obama ed è stato nominato White House Champion of Change.
Come arcivescovo di Washington, sono stato testimone del sogno di King di vedere gli americani pregare e marciare insieme per la giustizia. Ogni anno, durante le marce, i raduni e le messe per la vita, centinaia di migliaia di persone provenienti da tutto il Paese si riuniscono per pregare e marciare insieme in difesa della dignità della vita umana in ogni sua fase.
La nostra fede non potrà mai essere relegata a quell’ora in chiesa la domenica. Come ci ha invitato a fare Papa Francesco, dobbiamo “uscire” e portare l’amore e la speranza di Cristo alle nostre comunità e al mondo. È per questo che i programmi delle Catholic Charities e gli ospedali cattolici continuano a portare l’amore e la speranza di Cristo a tutti coloro che ne hanno bisogno, a prescindere da razza, religione, sesso, nazionalità o orientamento sessuale. Per questo dobbiamo continuare a sostenere la dignità della vita umana, la libertà religiosa e la giustizia per gli immigranti. La nuova enciclica del nostro Papa, Lumen fidei, ci ricorda che la fede è la luce che dovrebbe guidare la nostra vita. Certamente lo è stata per King.
Parlando dai gradini dell’Islamic Center a Washinton durante un incontro interconfessionale nel 2006, ho invitato le persone ad affidarsi alla luce della loro fede per dissipare il buio, le paure e l’odio nel mondo, e a costruire insieme ponti di solidarietà e di pace. È questa l’unità che King non solo ha sognato, ma che ha creduto sarebbe diventata realtà.
“Con questa fede potremo trasformare il suono dissonante della nostra nazione in un armoniosa sinfonia di fraternità”, disse. Verrà il giorno “in cui tutti i figli di Dio, uomo negro e uomo bianco, ebreo e cristiano, Protestante e Cattolico, potremo unire le nostre mani a cantare le parole del vecchio spiritual Negro: Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo finalmente liberi”.

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La fede rende l’uomo più leggero

Posté par atempodiblog le 27 août 2013

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La fede rende l’uomo più leggero, lo si può vedere nei Padri della Chiesa, soprattutto nella teologia monastica: credere si­gnifica diventare come angeli, come dicono i Padri. Possiamo volare perché non siamo più un peso a noi stessi, perché non ci prendiamo così drammaticamente sul serio. Diventare credenti significa diventare leggeri, uscire da un baricentro che ci fa tendere in basso, e salire alla libertà e alla leggerezza della fede.

Joseph Ratzinger - Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa cattolica nel XXI secolo, Ed. San Paolo

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San Poemen Abate

Posté par atempodiblog le 27 août 2013

San Poemen Abate dans Apoftegmi dei Padri del deserto r4iy

Martirologio Romano: Nella Tebaide in Egitto, san Pemeno, abate, del quale, ammirato anacoreta, si tramandano molti detti pervasi di saggezza.

Poemen fu un celebre padre del deserto. Ritiratosi nel deserto egiziano di Scete con un fratello più giovane ed uno più anziano, nel 408 i tre furono obbligati dalle incursioni dei Berberi ad abbandonare il loro primo insediamento ed a cercare rifugio fra le rovine di un tempio presso Terenuthis. Anubis, il fratello maggiore, e Poemen si alternavano alla guida della minuscola comunità.
Durante il giorno lavoravano sino a mezzodì, leggevano sino alle tre del pomeriggio, dopodichè si dedicavano alla raccolta di legna, cibo ed ogni altra eventuale necessità. Delle dodici ore notturne solo quattro erano destinate al riposo, mentre le rimanenti erano divise tra il lavoro ed il canto dell’Ufficio.
Spesso e volentieri Poemen trascorreva giorni o perfino settimane intere senza mangiare nulla. Ai suoi compagni raccomandava però di digiunare con moderazione e di nutrirsi a sufficienza quotidianamente. I monaci non potevano bere vino, né compiere alcun atto che avesse potuto gratificare in qualsiasi modo i sensi. Poemen temeva fortemente le possibili interruzioni alla sua vita solitaria ed una volta rifiutò persino di vedere sua madre, affermando di rinunciare al piacere dell’incontro sulla terra per provare più gioia quando si sarebbero poi rivisti nell’aldilà. Il santo viene ricordato principalmente per la sua pietà e per i detti proverbiali che contraddistinsero il suo insegnamento, come per esempio: “Il silenzio non è una virtù quando la carità necessita la parola”. Incoraggiava gli altri monaci a ricevere frequentemente la comunione eucaristica.
Quando Anubis morì, Poemen perdette il controllo della comunità e dovette fare ritorno a Scete. Qui però nuove incursioni lo obbligarono a fuggire. La liturgia bizantina definisce San Poemen “la lampada dell’universo e modello per i monaci”, mentre il Martyrologium Romanum lo commemora in data odierna 27 agosto.

di Fabio Arduino – Santi e beati

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26 agosto: Madonna di Czestochowa

Posté par atempodiblog le 26 août 2013

26 agosto: Madonna di Czestochowa dans Apparizioni mariane e santuari 6q34

MADONNA DI CZESTOCHOWA
Tratto da: Preghiere per la famiglia

Il Santuario di Częstochowa è uno dei più  importanti centri di culto cattolico.
Il santuario si trova in Polonia, sui pendii del monte Jasna Góra (Monte chiaro, luminoso): qui
è conservata l’icona della Madonna di Częstochowa (Madonna Nera).

La tradizione vuole che sia stata dipinta
da san Luca e che, essendo contemporaneo alla Madonna, ne abbia dipinto il vero
volto. Secondo i critici d’arte il Quadro di Jasna Gòra sarebbe stato in origine
un’icona bizantina, del genere “Odigitria” (“Colei che indica e guida lungo la
strada”), databile tra il VI e il IX secolo. Dipinta su una tavola di legno,
raffigura il busto della Vergine con Gesù in braccio. Il volto di Maria
domina tutto il quadro, con l’effetto che chi lo guarda si trova immerso nello
sguardo di Maria. Anche il volto del Bambino è rivolto al pellegrino, ma non
il suo sguardo, risulta in qualche modo fisso altrove. Gesù, vestito di una
tunica scarlatta, riposa sul braccio sinistro della Madre. La mano sinistra
tiene il libro, la destra è sollevata in gesto di sovranità e benedizione. La
mano destra della Madonna sembra indicare il Bambino. Sulla fronte di Maria è
raffigurata una stella a sei punte. Attorno ai volti della Madonna e di Gesù
risaltano le aureole, la cui luminosità contrasta con l’incarnato dei loro visi.
La guancia destra della Madonna è segnata da due sfregi paralleli e da un terzo
che li attraversa; il collo presenta altre sei scalfitture, due delle quali
visibili, quattro appena percettibili.

Questi segni sono presenti perchè nel 1430 alcuni seguaci dell’eretico Hus,
durante le guerre degli Ussiti, attaccarono e  predarono il convento.

Il quadro fu strappato dall’altare e portato
fuori dinanzi alla cappella, tagliato con la sciabola in più parti e la
sacra icona trapassata da una spada. Gravemente danneggiato, fu perciò
trasferito nella sede municipale di Cracovia e  sottoposto ad un intervento del
tutto eccezionale per quei tempi, in cui l’arte del restauro era ancora agli
inizi. Ecco allora come si spiega che ancora oggi siano visibili nel quadro
della Madonna Nera gli sfregi arrecati al volto della Santa Vergine.

Fin dal medioevo da tutta la Polonia si
svolge il Pellegrinaggio a piedi verso il Santuario di Częstochowa che si snoda
da Giugno a Settembre, ma normalmente il periodo scelto è quello attorno a
ferragosto. Il Pellegrinaggio a piedi dura diversi giorni ed i
pellegrini percorrono anche centinaia di chilometri lungo oltre 50 percorsi da
tutta la Polonia, il più lungo dei quali è di 600 km.

Questo pellegrinaggio è stato fatto anche
da Karol Wojtyła (Giovanni Paolo II) nel 1936 partendo da Cracovia.

gsj dans Canti

 PREGHIERA alla Madonna di Czestochowa
(Madonna nera)

O Chiaromontana Madre della Chiesa,
con i cori degli angeli e i nostri santi patroni,
umilmente ci prostriamo di fronte al Tuo trono.
Da secoli Tu risplendi di miracoli e di grazie qui a
Jasna Gòra, sede della Tua infinita misericordia.
Guarda i nostri cuori che ti presentano l’omaggio
di venerazione e di amore.
Risveglia dentro di noi il desiderio della santità;
formaci veri apostoli di fede; rafforza il nostro amore verso la Chiesa.
Ottienici questa grazia che tanto desideriamo: (esporre la grazia)
O Madre dal volto sfregiato,
nelle Tue mani pongo me stesso e tutti i miei cari.
In Te confido, sicuro della Tua intercessione presso il Tuo figlio,
a gloria della Santissima Trinità.
(3 Ave Maria).
Sotto la Tua protezione ci  rifugiamo,
o Santa Madre di Dio: guarda a noi che siamo  nella necessità.
Nostra Signora della Montagna Luminosa, prega per noi.

gsj dans Preghiere

 CANTO: MADONNA NERA

C’è una terra silenziosa dove ognuno vuol tornare,
una terra e un dolce volto con due segni di violenza:
sguardo intenso e premuroso, che ti chiede di affidare,
la tua vita e il tuo mondo in mano a lei.

RIT. Madonna, Madonna nera è dolce esser tuo figlio.
Oh lascia Madonna nera ch’io viva vicino a te.

Lei ti calma e rasserena, lei ti libera dal male,
perché sempre ha un cuore grande per ciascuno dei suoi figli.
Lei ti illumina il cammino, se le offri un po’ d’amore,
se ogni giorno parlerai a lei così.

RIT. Madonna,
Madonna nera è dolce esser tuo figlio.
Oh lascia Madonna nera ch’io viva vicino a te.

Questo mondo in subbuglio cosa all’uomo potrà offrire?
Solo il volto di una Madre pace vera può donare.
Nel tuo sguardo noi cerchiamo quel sorriso del Signore,
che ridesta un po’ di bene in fondo al cuor.

 RIT. Madonna,
Madonna nera è dolce esser tuo figlio.
Oh lascia Madonna nera ch’io viva vicino a te.

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