Mai andare alle intenzioni…
Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
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Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
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Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
“La strada del Cielo è stretta, e pochi la percorrono: ma dipende da noi; perché Dio ci ha facilitato tutto, ed altro non chiede che noi non l’offendiamo.
Tutto quello che si fa, bisogna farlo con spirito di umiltà e, puramente, per Lui; che non cerchiamo altro che la Sua Volontà santissima; e tutto il nostro affetto sia fermo e stabile in Lui.
Facendo ciò, proviamo una grande pace ed un anticipato Paradiso, qui in Terra”.
Santa Veronica Giuliani
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Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
Alle altre passano lisce molte cose, ed in verità non vale la pena farci caso; ma a me non se ne salva una: ogni parola è analizzata, ogni passo controllato. Una suora mi disse: «Si prepari, sorella, ad accettare una piccola croce che l’attende da parte della Madre Superiora. Quanto mi dispiace per lei!». Ed io nel mio intimo sono contenta di questo e vi sono preparata già da parecchio tempo. Quando vide il mio coraggio, rimase stupita per questo. Adesso vedo che l’anima da sola può ben poco, ma con Iddio può tutto.
Santa Fuastina Kowalska
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Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
“Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui; pensiamo al Santo Popolo di Dio, un popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù; e pensiamo a tanti cristiani di buona volontà che sbagliano e che invece di aprire una porta la chiudono … E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte, trovino le porte aperte, aperte per incontrare questo amore di Gesù. Chiediamo questa grazia”.
Papa Francesco
“Il fatto che Dio ha posto una certa anima sul vostro cammino è segno che Dio vuole fare qualcosa per lei. Non è un caso… E’ stato pianificato da Dio. Dobbiamo sentirci, in coscienza, obbligati ad aiutare.
Se un’anima desidera Dio, ha diritto che gli vengano offerti i mezzi per andare a Lui. Nessuno ha il diritto di ostacolarlo. Guardate la Croce e capirete cosa significa anche una sola anima per Gesù”.
Beata Madre Teresa di Calcutta
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Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
Preghiera di Papa Francesco a Maria, Stella del mare:
“O Maria, Stella del mare,
ancora una volta ricorriamo a Te,
per trovare rifugio e serenità,
per implorare protezione e soccorso.
Madre di Dio e Madre nostra,
volgi il Tuo sguardo dolcissimo
su tutti coloro che ogni
giorno affrontano i pericoli del mare
per garantire alle proprie famiglie il
sostentamento necessario alla vita,
per tutelare il rispetto del creato, per
servire la pace tra i popoli.
Protettrice dei migranti e degli itineranti,
assisti con cura materna
gli uomini, le donne e i bambini
costretti a fuggire dalle loro terre
in cerca di avvenire e di speranza.
L’incontro con noi e con i nostri popoli
non si trasformi in
sorgente di nuove e più pesanti
schiavitù e umiliazioni.
Madre di Misericordia,
implora perdono per noi che,
resi ciechi dall’egoismo,
ripiegati sui nostri interessi
e prigionieri delle nostre paure,
siamo distratti nei confronti delle necessità
e delle sofferenze dei fratelli.
Rifugio dei peccatori,
ottieni la conversione del cuore
di quanti generano guerra, odio e povertà,
sfruttano i fratelli e le loro fragilità,
fanno indegno commercio della vita umana.
Modello di carità,
benedici gli uomini e le donne di buona volontà,
che accolgono e servono coloro che
approdano su questa terra:
l’amore ricevuto e donato sia
seme di nuovi legami fraterni
e aurora di un mondo di pace.
Amen”.
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Posté par atempodiblog le 9 juillet 2013
PREGHIERA
A SANTA FRANCESCA CABRINI
Tratta da: Preghiere per la famiglia
O Santa Francesca Saverio Cabrini, patrona di
tutti gli emigranti tu che hai preso con te il dramma della disperazione di
migliaia e migliaia di emigranti: da New York, fino all’Argentina e in altre
Nazioni del mondo. Tu che hai riversato in queste Nazioni i tesori della tua
carità, e con affetto di madre hai accolto e consolato tanti afflitti e
disperati di ogni razza e nazione, e a chi si dimostrava ammirato per il
successo di tante opere di bene, rispondevi con sincera umiltà: “Tutte queste
cose non le ha fatte forse il Signore?”.
Noi ti preghiamo, che i popoli apprendano da te
ad essere solidali, caritatevoli e accoglienti con i fratelli che sono
costretti ad abbandonare la loro Patria.
Ti preghiamo, anche che gli immigrati
rispettino le leggi e che amino il prossimo accogliente.
Supplica il Sacro Cuore di Gesú, che gli uomini
delle diverse nazioni della terra apprendano che sono fratelli e figli dello
stesso Padre celeste, e che sono chiamati a formare una sola famiglia. Allontana
da essi: le divisioni, le discriminazioni, le rivalità o inimicizie eternamente
occupate a vendicare antiche ingiurie. Fa che tutta l’umanità possa essere unita
dal tuo amorevole esempio.
Santa Francesca Saverio Cabrini, noi tutti ti
chiediamo infine, di intercedere presso la Madre di Dio, di ottenere la grazia
della pace in tutte le famiglie e tra le nazioni della terra, quella pace che
viene da Gesù Cristo, Principe della Pace.
Amen
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Posté par atempodiblog le 8 juillet 2013
«Alla Vergine affido tutti noi»
Alcune linee-guida del pensiero e dell’esperienza di Maria nella vita e nelle opere di Joseph Ratzinger.
di Giuseppe Daminelli, smm – Madre di Dio
8.9.2007: una gigantografia di Benedetto XVI in visita a Mariazell per l’850° anniversario della fondazione del più antico Santuario mariano dell’Austria (foto G. GIULIANI).
Con l’irrevocabile decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino, per ritirarsi a una «vita nascosta al mondo», è apparsa sempre più chiaramente la rilevanza e lo spessore del magistero di Joseph Ratzinger. L’indubbia profondità teologica – da tutti riconosciuta – ci obbliga, avanti tempo, a tentare di tracciare, anche se in maniera sommaria, un bilancio del pensiero ratzingeriano con particolare riferimento alla sua riflessione mariologica. Così, all’inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI ha fatto suoi i pensieri e i sentimenti che hanno animato Giovanni Paolo II all’inizio del terzo millennio. Bisogna «ripartire da Cristo», scriveva allora il Papa. «Non si tratta di inventare un nuovo programma». Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Ora, questo rinnovato slancio nella vita cristiana, Benedetto XVI ha subito affidato al costante patrocinio di colei che è Madre di Cristo e Madre della Chiesa: «Alla Vergine Madre di Dio, che ha accompagnato con la sua silenziosa presenza i passi della Chiesa nascente e ha confortato la fede degli Apostoli, affido tutti noi e le attese, le speranze e le preoccupazioni dell’intera comunità dei cristiani. Sotto la materna protezione di Maria, mater Ecclesiae, vi invito a camminare docili e obbedienti alla voce del suo divin Figlio e nostro Signore Gesù Cristo» (Benedetto XVI al Collegio cardinalizio, 22.4.2005).
Loreto, 1-2.9.2007: Agorà dei giovani italiani. Benedetto XVI stringe la mano a una bambina (foto A. GIULIANI).
Maria al centro della fede. Ma che Maria, la madre di Gesù, fosse nel cuore del Papa teologo, appare inequivocabilmente in un suo colloquio con Peter Seewald; il card. Joseph Ratzinger si sente porre questa domanda: «Che cosa significa Maria per lei personalmente?». Con tutta franchezza egli risponde così: «Personalmente sono stato dapprincipio più fortemente influenzato dal rigido cristocentrismo del movimento liturgico, ulteriormente accentuato dal dialogo con i fratelli protestanti». Poi, quasi a fugare l’impressione che quelle sue parole volessero significare poca devozione a Maria, subito aggiunge: «Ma hanno sempre significato molto per me le funzioni mariane del mese di maggio, al di là delle feste mariane liturgiche, le celebrazioni ottobrine del rosario, i pellegrinaggi nei santuari mariani, quindi le varie manifestazioni della devozione mariana popolare. E più invecchio, più mi diventa cara e importante la Madre di Dio» (J. Ratzinger, Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio, San Paolo 2001, pp. 432, H 25,00, pag. 269). Si direbbe che questa esperienza cristiana- mariana di Benedetto XVI sia analoga a quella del giovane Karol Wojtyla, il futuro papa Giovanni Paolo II. «Totus tuus. Questa formula – scrive Giovanni Paolo II (Varcare la soglia della speranza, Mondadori 2004, pp. 257, H 11,00) – non ha soltanto un carattere pietistico, non è una semplice espressione di devozione: è qualcosa di più. L’orientamento verso una tale devozione si è affermato in me nel periodo in cui, durante la seconda guerra mondiale, lavoravo come operaio in fabbrica. In un primo tempo mi era sembrato di dovermi allontanare un po’ dalla devozione mariana dell’infanzia, in favore del cristocentrismo. Grazie a san Luigi Grignion de Montfort compresi che la vera devozione alla Madre di Dio è invece proprio cristocentrica, anzi è profondissimamente radicata nel Mistero trinitario di Dio e nei misteri dell’incarnazione e della redenzione».
L’umile e sincera confessione, qui riferita, di due Sommi Pontefici rimarca la medesima matrice a cui hanno attinto, la guida autorevole di tale revisione di vita cristiana-mariana, ovvero il capitolo VIII della Costituzione dogmatica del Vaticano II sulla Chiesa, e l’insegnamento mariano di Paolo VI. La Lumen gentium ha infatti come vertice e coronamento un intero capitolo dedicato alla Madonna, mentre al retto ordinamento e sviluppo del culto della Vergine Maria, Paolo VI dedica l’intera esortazione Marialis cultus del 2 febbraio 1974. Si rintracciano così le ragioni teologiche della devozione a Maria e quindi le caratteristiche che ogni devozione a Maria deve possedere ed esprimere. Maria, la credente. All’indomani della sua elezione a Sommo Pontefice, Benedetto XVI invocava «la materna intercessione di Maria santissima», a sostegno della sua promessa di fedeltà a Cristo.
Poneva nelle sue mani il presente e il futuro della sua persona e della Chiesa. Tale affidamento del Papa alla Madre del Signore offre a noi l’esempio che ci spinge all’amore filiale verso la madre nostra Maria e all’imitazione delle sue virtù. È un’icona mariana che il Santo Padre aveva già tracciato nel 1987, in una introduzione all’enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II. Segno, questo, che tale icona di Maria era ed è profondamente scolpita nel suo animo devoto. Il Papa invita a contemplare «l’immagine della Vergine in ascolto che vive della parola di Dio; che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle (cf Lc 2,19.51). Il Pontefice rimanda quindi «alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla sua volontà». Su Maria, “la Credente”, J. Ratzinger così scriveva nel 1987 (Maria, il sì di Dio all’uomo, Queriniana, pp. 64, H 5,00): «L’essenza e il cammino di Maria sono caratterizzati in maniera decisiva dal fatto che ella è credente. “Beata colei che ha creduto”, questa acclamazione rivolta da Elisabetta a Maria diventa la parola chiave della mariologia. Maria è così inserita nella lode dei grandi credenti della storia, con cui il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei ha assegnato il suo luogo teologico alla memoria dei testimoni».
Altra icona mariana presentata dal Papa è quella dell’umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte e quella della «donna coraggiosa che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la croce». Maria, una di noi. Benedetto XVI ci offre l’immagine di Maria, presente e operante nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. «Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo. [...] Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un “essere per noi”. «Cristo, dicono i Padri, come capo è inseparabile dal suo corpo che è la Chiesa, formando con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata di se stessa; si è data interamente a Cristo e con lui viene data in dono a tutti noi. Infatti più la persona umana si dona, più trova se stessa…
Più l’uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini. Per questo può essere la madre di ogni consolazione e di ogni aiuto, una madre alla quale in qualsiasi necessità chiunque può osare rivolgersi nella propria debolezza e nel proprio peccato, perché ella ha comprensione per tutto ed è per tutti la forza aperta della bontà creativa. È in lei che Dio imprime la propria immagine, l’immagine di colui che segue la pecorella smarrita fin nelle montagne e fin tra gli spini e i pruni dei peccati di questo mondo, lasciandosi ferire dalla corona di spine di questi peccati, per prendere la pecorella sulle sue spalle e portarla a casa. Come madre che compatisce, Maria è la figura anticipata e il ritratto permanente del Figlio. E così vediamo che anche l’immagine dell’Addolorata, della madre che condivide la sofferenza e l’amore, è una vera immagine dell’Immacolata». Sulla presenza viva e operante di Maria nella vita della Chiesa, Benedetto XVI fa la seguente riflessione: «Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi persona agente. [...] Ella ci spiega la nostra ora storica. [...] Da tutta questa attività risulta chiaro chi ella è, chi siamo noi, solo se prendiamo atto del senso dinamico della sua figura».
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Posté par atempodiblog le 8 juillet 2013
Da Torre Annunziata al gol nella finale dell’Europeo under 21. La favola di Ciro Immobile continua. Scatto sul filo del fuorigioco, controllo in velocità e pallonetto che beffa De Gea: un gol degno di una finale.
[...] Nell’anno in cui era al Pescara era già una celebrità, durante la festa patronale in onore della Madonna della Neve, gli fu quasi impossibile partecipare ai festeggiamenti ed arrivare nella basilica, per la risonanza che ebbe la sua presenza e per la folla di tifosi che chiedeva una foto o di stringergli la mano ad ogni passo.
Fonte: ReSport
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Posté par atempodiblog le 7 juillet 2013
Pier Giorgio Frassati un testimone della fede in Cristo.
La vita di un giovane di 24 anni che ha illuminato e tutt’ora illumina la strada di molti altri giovani distanti nel tempo e nello spazio, ma non dal cuore.
Fonte: www.stpauls.it
Tratto da: Sursum Corda
Nasce nel 1901 a Torino da una famiglia ricca borghese. Quando, fanciullo, apprese i primi racconti del Vangelo, Pier Giorgio ne restò colpito, a volte in modo così profondo da diventare protagonista di gesti inattesi in un bimbo tanto piccolo. Dopo l’infanzia venne istruito con la sorella privatamente, e successivamente fu avviato alle scuole statali, ma Pier Giorgio in questi primi studi non mostrava molta attenzione, tanto che un anno fu bocciato. Vista la non brillante carriera scolastica, la famiglia lo affidò al salesiano don Cojazzi che oltre ad insegnargli la letteratura lo accosterà alla spiritualità cristiana.
Pier Giorgio è il primo a destra |
“Come il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita, rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti Santi, anche tra i giovani, annovera la storia della Chiesa! Tra i molti basti ricordare: Agnese di Roma, Teresa di Lisieux, Pier Giorgio Frassati… Scoprite le vostre radici cristiane, imparate la storia della Chiesa, approfondite la conoscenza dell’eredità spirituale che vi è stata trasmessa, seguite i testimoni e i maestri che vi hanno preceduto!”.
I Frassati erano una delle famiglie più in vista della città, di estrazione alto-borghese. Il padre Alfredo era proprietario del quotidiano «La Stampa», ma Pier Giorgio, che non voleva i soldi di suo padre, aveva dichiarato pubblicamente che la sua eredità l’avrebbe divisa tutta con i poveri. Per essi aveva intrapreso gli studi molto difficili di ingegneria per diventare ingegnere minerario e così potersi dedicare al servizio di Cristo fra i minatori, tra i più derelitti degli operai. Avrebbe potuto allietare la sua giovinezza con ricevimenti e feste da ballo, ma preferiva essere il “facchino” dei poveri, trascinando per le vie di Torino i carretti carichi di masserizie degli sfrattati… e come membro della Conferenza di S. Vincenzo visitare le famiglie più bisognose per portarvi conforto e aiuto materiale. Vi si recava generalmente al mattino, prima delle lezioni all’Università, oppure nelle uscite serali, carico di pacchi, vincendo con la carità l’umana ripugnanza che si accompagnava al tanfo nauseante di certi tuguri.
Un albero lo si riconosce dai suoi frutti. E i frutti di Pier Giorgio sono davvero straordinari. In tutto il mondo sono circa millecinquecento le Associazioni a lui intitolate. Il suo nome è stato dato a Scuole, Oratori, Cappelle, complessi sportivi, Patronati, Circoli di studenti universitari. Nel solco di Pier Giorgio sono sorte Cooperative, iniziative sociali e culturali, gruppi e Centri giovanili. Chiese e parrocchie a lui dedicate sono in ogni angolo della terra, dall’Italia all’America Latina, dagli Stati Uniti all’Africa.
Dinamico, volitivo, pieno di vita, Pier Giorgio amava i fiori e la poesia, le scalate in montagna. Spesso raggiungeva a piedi il Santuario della Madonna di Oropa, il grande tempio mariano del Piemonte. Arrivato al Santuario, dopo un’ora di marcia e completamente digiuno, era solito assistere alla Santa Messa, poi faceva la Comunione, quindi si raccoglieva in preghiera nel transetto di destra, davanti all’immagine della Vergine Bruna. Nel ritorno verso casa recitava il Rosario lungo la via, ad alta voce, cantando le Litanie. Pier Giorgio amava anche comporre dei rosari con i semi di una pianta di Pollone, che poi regalava agli amici. Era questo un modo per ricordare loro l’impegno della preghiera e la devozione verso la Vergine, che per lui era irrinunciabile.
Il 28 maggio 1922, nella chiesa torinese di San Domenico, ricevette l’abito di terziario domenicano: Pier Giorgio, da fervente discepolo di San Domenico, recitava ogni giorno il Rosario, che portava sempre nel taschino della giacca, non esitando a tirarlo fuori in qualsiasi momento per pregare, anche in tram o sul treno, persino per strada.
“Il mio testamento – diceva, mostrando la corona del Rosario – lo porto sempre in tasca”. Il 30 giugno 1925 Pier Giorgio accusa degli strani malesseri, emicrania e inappetenza: non è una banale influenza, ma una poliomielite fulminante che lo stronca in soli quattro giorni, il 4 luglio, tra lo sconcerto e il dolore dei suoi familiari e dei tanti amici e conoscenti, a soli 24 anni.
Sulla sua scrivania, accanto ai testi universitari, erano aperti l’Ufficio della Madonna e la vita di Santa Caterina da Siena. Nasceva alla vita del Cielo di sabato, giorno mariano, così come anche di sabato, il Sabato Santo di ventiquattro anni prima, era venuto al mondo. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990.
Pier Giorgio è stato questo, e molto altro ancora. Difficile raccontarlo in poche parole. Da tutte le testimonianze e dai ricordi di chi lo conobbe balza fuori il ritratto di un giovane limpido e forte, acceso dalla gioia, dal cuore generoso e pieno di fede.
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Posté par atempodiblog le 7 juillet 2013
Sulle tracce di Maria: Ghiaie di Bonate
di Diego Manetti
Tratto da: La nuova Bussola Quotidiana
Ogni primo sabato del mese, su Radio Maria, va in onda alle 22.45 un programma condotto da Diego Manetti e titolato « Sulle tracce di Maria ». Si tratta di un cammino che, puntata dopo puntata, porta gli ascoltatori nei tanti santuari dedicati alla Madonna. Per gentile concessione dell’autore, seguiremo anche noi questo cammino, pubblicando la trascrizione di ogni puntata del programma, non appena terminata. Dopo quella d’esordio su Notre Dame du Laus, ecco la trascrizione della seconda puntata dedicata alla Regina della Famiglia delle Ghiaie di Bonate (Bg).
Ben ritrovati a un nuovo appuntamento con “Sulle tracce di Maria”. Per quanti si fossero persi la precedente puntata, vorrei ricordare in breve le ragioni di un tale titolo. Le “tracce di Maria” sono i santuari mariani che la pietà e la devozione popolari hanno edificato nei diversi luoghi del mondo in risposta a segni, messaggi, apparizioni che la Vergine Maria ha donato all’umanità in un tempo e in un sito preciso. Segni che, beninteso, indirizzati a una comunità o parrocchia particolari, hanno però mostrato di possedere una valenza universale, come nel caso – il più noto forse – delle apparizioni di Lourdes, del 1858, nel corso delle quali l’Immacolata rivolse tramite Bernadette l’invito alla preghiera e alla penitenza non solo ai fedeli di quella sperduta località dei Pirenei, ma a tutti i fedeli che ancora oggi, a milioni, si recano in pellegrinaggio a Lourdes.
Partire da un santuario significa dunque esaminare la risposta che l’umanità ha dato a una iniziativa mariana. Dopo che Maria ha affidato un certo messaggio a un veggente che si è scelto – per lo più tra i piccoli e gli umili, come dimostrano i casi di Bernadette o dei pastorelli di Fatima – ecco infatti che i fedeli decidono di edificare un santuario per consacrare quel luogo in modo particolare alla Madonna, celebrandone le virtù con titoli specifici, legati al messaggio o a quanto la Vergine Stessa ha rivelato. Pensiamo in questo caso ancora a Lourdes, dove è Maria stessa che si presenta come “Immacolata Concezione”, confermando il relativo dogma promulgato da Pio IX appena quattro anni prima delle apparizioni della Vergine a Bernadette, nel 1854. Ecco, la Madonna prende spesso l’iniziativa di rivelare il nome o la virtù verso cui intende indirizzare la devozione dei fedeli. E per la stessa materna attenzione nei confronti di tutti noi Suoi figli è spesso proprio Lei a chiedere che si edifichi una cappella o una chiesa sul luogo delle apparizioni, affinché la si possa pregare e onorare come a Lei conviene e come necessita per l’edificazione e la salvezza degli uomini. In proposito, si può citare il caso più noto, quello già ricordato di Lourdes, oppure anche quello di Notre Dame de Laus, il santuario che abbiamo esaminato nella scorsa puntata. Se vi ricordate, quando la Vergine appare alla piccola Benedetta, ecco che le chiede proprio di costruire una chiesa sul luogo dove all’epoca sorgeva una piccola cappella dedicata a “Nostra Signora del buon incontro”. E dove oggi, invece, i pellegrini che si recano a Laus possono trovare il santuario che reca al proprio interno l’indicazione – tanto semplice quanto eclatante -: “Questa chiesa fu edificata per volontà della Madonna”.
Insomma, è la Madonna che prende l’iniziativa, offrendo segni, messaggi e apparizioni che tracciano come un cammino tra gli uomini, nel mondo. Andando a esaminare alcuni di questi santuari potremo ripercorrere insieme il cammino di Maria, rivisitandone quelle “tracce” visibili che sono proprio i luoghi di devozione mariana. E faremo questo con una particolare attenzione al messaggio e alla spiritualità che promana da tali realtà, convinti che le parole di Maria pronunciate a Laus a fine Seicento oppure i messaggi consegnati a Bernadette a metà Ottocento – solo per fare due tra i molti esempi che si potrebbero qui ricordare – hanno ancora (forse soprattutto) oggi per noi un valore e una importanza straordinari. Sono parole che attraversano il tempo, che percorrono le strade del mondo, per raggiungere sempre e ovunque i fedeli che siano disposti a mettersi alla scuola di Maria per andare, per mezzo di Lei, a Gesù.
Se l’intento è quello di fare emergere la spiritualità legata ai santuari mariani, non tralasceremo però di offrire anche quelle informazioni che sono necessarie dal punto di vista storico per la corretta collocazione dell’evento originario. Non dimentichiamoci infatti che, se il messaggio mariano possiede un valore senza tempo, ciò che lo ha originato è invece posto in un certo tempo e in un dato luogo, con una concretezza e una determinazione che rispondono in pieno alla logica della Incarnazione del Cristo che, per realizzare quel grandioso atto salvifico che è il farsi uomo da parte di Dio, ha scelto un villaggio della Palestina di duemila anni fa. Inaugurando quella splendida avventura di redenzione e salvezza che è il cristianesimo, capace in breve di raggiungere gli uomini ai confini del mondo per portare a tutti la “buona novella”.
GHIAIE DI BONATE: UN CASO ANCORA APERTO
La scelta di questa puntata cade su Ghiaie di Bonate, dove la Madonna si è presentata nel 1944 come “Regina della Famiglia”. Prima di specificare il criterio e i motivi che ci hanno condotto a una simile scelta, vorrei ricordare, come già fatto la volta scorsa, quanto il Cardinale Joseph Ratzinger, poi divenuto Papa Benedetto XVI, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, diceva a Vittorio Messori in merito alle apparizioni in “Rapporto sulla fede” (Ed. Paoline 1985): “Nessuna apparizione è indispensabile alla fede, la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo, Egli stesso è la rivelazione. Ma non possiamo certo impedire a Dio di parlare a questo nostro tempo, attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari che denunciano l’insufficienza delle culture che ci dominano, marchiate di razionalismo e di positivismo… Uno dei segni del nostro tempo è che le segnalazioni di “apparizioni” mariane si stanno moltiplicando nel mondo…”.
Nel corso della trasmissione può dunque accadere – è il caso di questa puntata dedicata a Ghiaie di Bonate – di riferirsi anche a santuari sorti in luoghi dove le apparizioni di Maria ancora attendono il riconoscimento della Chiesa. Nella piena obbedienza alla Chiesa e nella totale fedeltà al suo Magistero lo faremo dunque dandone conto in termini di pura testimonianza umana, senza richiedere alcun impegno o riconoscimento di fede né intendendo in alcun modo indirizzare, valutare o prevenire il giudizio della Chiesa stessa in merito, desiderando semplicemente illustrare la devozione e le testimonianze di fede raccolti in tali luoghi. Da parte mia, avrò la massima cura nel distinguere i diversi casi e nel mettere in luce lo stato di fatto rispetto al riconoscimento delle apparizioni che di volta in volta ci potrà accadere di dover illustrare o riportare.
Relativamente a Ghiaie di Bonate devo dunque subito precisare che le presunte apparizioni della Vergine non sono state ancora riconosciute ufficialmente dalla Chiesa. La Commissione di indagine diocesana di Bergamo alla fine del processo concluso con il decreto del 30 aprile 1948 ha infatti pronunciato il “Non consta che”, vale a dire che, all’esame dei fatti, all’epoca non vi era materia sufficiente per potersi pronunciare sulla soprannaturalità degli eventi di Ghiaie. Cosa ben diversa dall’espressione “Consta che non”, con la quale si asserisce invece di aver materia sufficiente per giudicare non soprannaturali certi avvenimenti. Nel caso di Ghiaie, dunque, si tratta di un caso ancora aperto. Questo ci spinge dunque alla massima prudenza nel trattare dell’argomento, presentandolo al momento come pura testimonianza umana, in spirito di piena obbedienza alla Chiesa, concentrandoci sulla spiritualità e il significato profondo del messaggio della Regina della Famiglia.
L’ATTUALITA’ DEL MESSAGGIO
Perché Ghiaie di Bonate, dunque? Perché in quel borgo del bergamasco, nel 1944, la Vergine appare a una bambina di sette anni, Adelaide Roncalli, presentandosi come “Regina della Famiglia”. Nel momento in cui ancora infuria la guerra, che insanguina l’Europa ormai da quasi cinque anni, dalla fine di luglio del 1939, ecco che la Vergine non si presenta come “Regina della Pace” – anche se il tema della pace non sarà assente né secondario nei messaggi di Ghiaie – bensì come Regina della Famiglia, puntando su un tema che forse poteva non apparire particolarmente urgente all’epoca, ma che allo stato attuale della famiglia – in Italia e nel mondo – rivela invece una grandissima attualità, facendo emergere la grande valenza profetica delle parole di Maria alla piccola Adelaide in quel lontano 1944.
Questo non deve sorprendere, perché rientra nella strategia con la quale Maria accompagna l’umanità, svelando in anticipo i piani di Satana quando questo si propone di distruggere l’umanità per invidia e disprezzo di Dio. Perché la crisi della famiglia nel mondo contemporaneo non può essere ascritta a semplici fattori culturali o sociali, come spesso si vuol far credere, ma è il frutto della perversa opera del Maligno che tenta di colpire la prima e più alta espressione della creazione di Dio, cioè la famiglia, la chiesa domestica. La Madonna, conoscendo per grazia di Dio i piani di Satana, è venuta dunque in anticipo a dire: state in guardia! Fate attenzione, perché la famiglia è in pericolo. E lo dice in un momento – nel 1944, in quel di Ghiaie – in cui a viste umane ci si poteva aspettare un diverso tipo di messaggi, al più riguardanti la pace, che allora sembrava il bene più minacciato. Ma la pedagogia della Madonna è di quelle che “mirano lontano”: sapeva bene, infatti, quale grande attacco il Diavolo andava preparando contro la famiglia, e si premura di venire tra gli uomini per rivelarne l’imminenza, facendo capire che senza la pace e l’armonia in famiglia non è possibile quella pace degli uomini con Dio e tra di loro che è la sola condizione per cui si realizza la vera e stabile pace nel mondo. Ecco dunque che Maria non viene a parlare di “altro”, trascurando il problema, allora quanto mai urgente, della pace: la Madonna a Ghiaie di Bonate parla proprio della pace nel mondo ma lo fa andando direttamente a quella che è la sua condizione indispensabile, ovvero la pace e l’armonia nelle famiglie.
L’INIZIO DELLE APPARIZIONI
Ghiaie di Bonate è un piccolo paese situato a una decina di chilometri da Bergamo. Come indica il nome, è una frazione di Bonate Sopra. Raggiungerlo in auto è facile: basta percorrere la autostrada A4 e uscire al casello di Capriate, seguendo poi per Ponte San Pietro. Il nome del luogo deriva da “ghiaia”, poiché quel pugno di case è sparso sul greto di un lago ormai prosciugato. La Chiesa parrocchiale – risalente al 1899 e già punto di riferimento della piccola comunità all’epoca delle apparizioni – è dedicata alla Sacra Famiglia, con quella che pare esser stata una felice e profetica intuizione dei fatti che avrebbero portato nella piccola frazione di Ghiaie milioni di pellegrini.
Nella contrada del Torchio – cosiddetta per la presenza del torchio per la spremitura dei cereali – nasce il 23 aprile 1937 Adelaide Roncalli, quinta di otto figli di Annetta ed Enrico. All’epoca delle apparizioni la piccola ha dunque sette anni. Siamo nel maggio del 1944, e l’Italia è ormai prostrata per il perdurare del secondo conflitto mondiale, scoppiato, come previsto a Fatima, “sotto il pontificato di Pio XI”.
In quel 1944, nel pomeriggio del 13 maggio, Adelaide si reca nei campi a raccoglier fiori per ornare l’altarino domestico dedicato alla Immacolata di Lourdes. Mentre sta ammirando un bellissimo fiore di sambuco, troppo in alto perché lei lo possa cogliere, ecco che scorge un punto luminoso che, disceso dal cielo, le si avvicina, ingrandendosi, fino a rivelare l’immagine della Sacra Famiglia circondata da tre cerchi di luce così abbaglianti da farle arrossare gli occhi. Spaventata per quella visione, Adelaide vorrebbe scappare – reazione simile troviamo nei molti casi in cui la Vergine appare ai piccoli veggenti – ma ecco che è la Madonna stessa a dirle: “Non scappare, ché io sono la Madonna”. E’ l’invito da cui hanno inizio i colloqui tra Maria e la piccola Adelaide, in un totale di 13 apparizioni che avranno luogo tra il 13 maggio (anniversario delle apparizioni di Fatima) e il 31 maggio 1944.
LA SACRA FAMIGLIA
Quale messaggio è venuta a dare la Madonna? Lo rivela subito Ella stessa, apparendo non da sola ma nel contesto della Sacra Famiglia, accanto cioè a San Giuseppe e con in braccio Gesù Bambino. La Vergine indossa un abito bianco e un velo azzurro, come quando si presentò nell’ultima apparizione proprio a Fatima, secondo quanto disse Lucia. Al braccio destro, la Vergine porta una corona del Rosario con grani bianchi, mentre due rose bianche sono poggiate sui piedi nudi. Sono tutti elementi che paiono mettere in continuità questa apparizione con le precedenti, soprattutto con Fatima, come se la Madonna volesse proseguire a Ghiaie il discorso là cominciato.
1^ apparizione, sabato 13 maggio – “Devi essere buona, ubbidiente, rispettosa col prossimo e sincera. Prega bene, e ritorna in questo posto per nove volte, sempre alla stessa ora”.
Come a Lourdes e a Fatima, la Madonna invita la piccola Adelaide a tornare sul luogo delle apparizioni, per svelarle poco alla volta, secondo una sapiente pedagogia rivolta ai piccoli che si è scelta, il Suo messaggio per essi e per il mondo. Il primo invito è a essere buona e obbediente, forse indicando la grande pazienza che verrà chiesta ad Adelaide nell’obbedire alle suore e ai superiori religiosi che, come nel caso di Bernadette, aiuteranno la piccola a esercitare le virtù della umiltà e della carità, sopportando fatiche e difficoltà con grande pazienza, fino a farsi ubbidiente coma Maria stessa che di sé dice: “Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1, 38).
La Madonna invita poi Adelaide a essere rispettosa del prossimo, così come Dio rispetta sempre la libertà dell’uomo, senza mai imporre nulla ma solo rivolgendo pazienti e amorosi inviti. E poi, altra esortazione, alla sincerità. Cosa che Adelaide cercherà di fare sempre, anche quando verrà messa sotto pressione da quanti non ritengono veritiero il suo racconto delle apparizioni. Ultimo invito, a “pregare bene”, cioè con il cuore, in maniera sentita, partecipata, per comprendere, accogliere e realizzare la volontà di Dio sulla sua vita. Dopo di che, la visione ha termine.
Ripresasi dall’estasi, Adelaide confida alle sue amiche di aver visto la Madonna, invitandole a serbare il segreto. Si sa come sono i bambini… in breve la mamma viene a saperlo e, pensando che si sia inventata tutto, la manda a letto senza cena.
2^ apparizione, domenica 14 maggio – In breve la voce della presunta apparizione si diffonde nella contrada del Torchio. Nel pomeriggio, mentre Adelaide si trova presso l’oratorio delle Suore Sacramentine, ecco che sente una forte spinta interiore a raggiungere il luogo delle apparizioni. Giunta sul luogo delle apparizioni, cade in estasi dinnanzi alla visione della Sacra Famiglia. La Madonna le dice: “Devi esser buona, ubbidiente, sincera e pregare bene, rispettosa verso il prossimo. Tra il 14° e il 15° anno ti farai suora sacramentina. Soffrirai tanto e poi tanto, ma non piangere perché dopo verrai con me in Paradiso”.
Proseguendo nella sua dolce pedagogia, la Madonna, apparsale con la Sacra Famiglia, ripete ad Adelaide le esortazioni del giorno prima, affinché penetrino meglio nel cuore e nella mente della Sua piccola “allieva”. Poi ci sono le parole profetiche sulla vocazione religiosa di Adelaide (desiderio per altro già espresso in precedenza dalla piccola), che effettivamente si realizzeranno, come pure la seconda parte di tale profezia, relativa alla sofferenza che Adelaide avrebbe incontrato nel cammino religioso. Tutto questo dolore futuro è però nulla rispetto alla promessa del Paradiso che la Madonna stessa le fa, regalandole quella splendida certezza che risuonò anche alle orecchie e nel cuore a Bernadette quando l’Immacolata le disse: “Non prometto di farti felice in questo mondo, ma nell’altro”.
Terminata l’estasi, la piccola si avvia all’oratorio, con le amiche che la accompagnavano. Per strada incontrano Candido Maffeis, di 14 anni, che insiste affinché Adelaide torni sul luogo delle apparizioni per chiedere alla Madonna se potrà essere sacerdote consacrandosi alla Madonna. Adelaide, spinta da generosa disponibilità, acconsentì a tale richiesta e tornò con Candido sul luogo delle apparizioni. Dopo pochi minuti, ecco che la piccola cadde nuovamente in estasi: la Madonna, colpita dalla tenera fiducia manifestata da Adelaide, era pronta a tornare sui Suoi passi per continuare il dialogo con lei. Candido raccontò anni dopo l’accaduto: “Osservai Adelaide che aveva lo sguardo sempre fisso a una certa altezza, corrispondente al centro del ramo fiorito, non muoveva mai gli occhi, muoveva le labbra, si vedeva che parlava, ma io non sentivo nulla. Ho notato che c’era una domanda e una risposta dal movimento delle labbra, poiché ho notato delle pause. (…) Ho pensato che si dicessero le loro cose e si sarebbero dimenticate di me. Allora la richiamavo e le dicevo “diglielo” e Adelaide, senza mai spostare lo sguardo, mi faceva cenno con la testa di sì. “La Madonna è qui e ti sorride”, queste sono le uniche parole che mi disse, poi non capii più nulla.” Che cosa aveva detto la Madonna ad Adelaide? “Sì, egli si farà sacerdote missionario secondo il mio Sacro Cuore quando la guerra sarà terminata”. Appena seppe la cosa, il giovane ebbe il cuore ricolmo di gioia. Prima di andarsene, la Madonna invita Adelaide a tornare altre “sette sere” (che, sommate alle due apparizioni della domenica, portano a 9 volte il ritorno della bimba dopo la prima volta, come chiesto da Maria). Frattanto la notizia degli avvenimenti di Ghiaie comincia a diffondersi.
3^ apparizione, lunedì 15 maggio – I presenti sul luogo delle apparizioni sono ormai un centinaio e molti di loro invitano la piccola ad affidare alla Vergine i bambini ammalati e a chiedere quando finirà la guerra. La visione della Sacra Famiglia è caratterizzata da una luce ancora più intensa della prima volta. La Madonna risponde alle richieste di Adelaide: “Di’ loro che se vogliono i loro figli guariti devono fare penitenza, pregare molto ed evitare certi peccati. Se gli uomini faranno penitenza la guerra finirà in due mesi, altrimenti in poco meno di due anni”. Dopo questo, la Vergine prega con Adelaide una decina del Rosario. Sono parole in apparenza dure; che però svelano quanto stia a cuore a Maria che la famiglia allontani da sé tutti quelle situazioni di peccato che possono minarne la stabilità e l’armonia interna. Se i genitori vogliono la guarigione dei figli, devono pregare, fare penitenza e astenersi dal peccato. Questo perché la guarigione – fisica, ma soprattutto dell’anima – è subordinata al completo affidamento all’arma più potente, ovvero alla preghiera, accompagnata dalla penitenza come condizione per rafforzare l’animo e il cuore nella lotta contro il peccato.
Quale relazione corre tra questa richiesta di conversione dei genitori e la guarigione dei figli? Che rapporto c’è tra peccato e malattia? Sono domande ardue se affrontate con la misura degli uomini, mentre si rivelano stimolo forte per un deciso cambiamento se poste nell’ottica della fede: che cosa infatti può meglio favorire la crescita sana e la guarigione di un bambino se non il vivere in una famiglia incamminata verso la santità attraverso la preghiera e la penitenza? Perché non accorgersi che tante “malattie” dei bambini di oggi sono somatizzazioni delle realtà di peccato e di conflitto, di disarmonia e di disordine in cui vivono i genitori?
Altro argomento urgente toccato da Maria è la guerra: sarebbe finita entro due mesi se gli uomini avessero fatto penitenza. L’occasione in effetti ci fu perché dopo due mesi (20 luglio 1944) vi fu il fallito attentato a Hitler. Si avverò la seconda ipotesi (la guerra sarebbe finita nel settembre 1945, meno di due anni dopo le apparizioni) perché forse non si prese abbastanza sul serio il monito di Maria, come pure accadde a Fatima, dove la Vergine predisse a Lucia una seconda guerra “peggiore della prima” sotto il pontificato di Pio IX.
4^ apparizione, martedì 16 maggio – “Tante mamme hanno i bimbi disgraziati per i loro peccati gravi; non facciano più peccati, e i bimbi guariranno”: le parole della Madonna riecheggiano quelle del giorno precedente, segno che il messaggio è davvero importante. Questa volta sul luogo delle apparizioni ci sono circa 150 persone. La visione della Sacra Famiglia è preceduta dal volo di due candide colombe, forse figura della purezza del vincolo matrimoniale. La parole della Madonna sono accompagnate dal volto “addolorato”, come dirà Adelaide, segno della gravità del messaggio e della preoccupazione di Maria per i Suoi figli. Nuovamente risuona l’invito ad astenersi dai peccati per ottenere la guarigione dei figli: se la famiglia è unita nella preghiera, essa resiste agli assalti del demonio e anche i bambini sono più protetti. L’invito alla purezza e alla santità è segno della preoccupazione materna di Maria che invita tutte le famiglie a cercare rifugio sotto il Suo Manto.
Adelaide porta poi alla Vergine il messaggio della gente che chiede un segno e la Madonna risponde: “Verrà anche quello, a suo tempo”. Non può in merito non venire alla mente il “fenomeno del sole”, il prodigioso segno del cielo che si ripeté per ben 6 volte in quei giorni e fu visibile non solo a Ghiaie ma anche nei dintorni, avendo molteplici testimoni. Un fenomeno celeste che molti videro come conferma delle apparizioni, ma che non valse a convincere gli scettici, dato che non vi sono miracoli che convincano quelli che non credono, come pure non vi sono miracoli che servano a chi già crede. Un fenomeno che fu anzitutto segno della pazienza di Maria, della sua disponibilità a venire incontro alla richiesta tutta umana di una conferma visibile delle apparizioni. Cosa per nulla scontata, visto che a Banneux la “Vergine dei Poveri” alla richiesta di un segno da parte del cappellano, non lo concederà e risponderà invece, con tristezza, “Credete in me, io crederò in voi”.
Aldilà dei segni visibili nel cielo, quelli più significativi riguardano le numerosissime confessioni e conversioni accadute in quel tempo. Tanto che il parroco di Ghiaie, don Cesare Vitali, inizialmente scettico, dirà: “Bisognava essere nei confessionali per capire se in tutto quel movimento c’era o non c’era il dito di Dio”. Tantissimi cuori vengono infatti toccati in profondità, e moltissime persone decidono di tornare a Dio, cambiando radicalmente vita. Questi sono i veri miracoli che non possono essere trascurati, oltre ovviamente alle numerose guarigioni fisiche inspiegabili accadute in quel tempo di grazia.
Prima di lasciare la piccola Adelaide, la Madonna le raccomanda: “prega per i poveri peccatori che hanno bisogno della preghiera dei bimbi”. Come a Fatima, come a Lourdes, è ai bambini, ai piccoli e ai puri di cuore, che la Madonna si rivolge invitandoli a pregare per i peccatori. Il Signore predilige i piccoli e la preghiera dei bambini è potente. Insegniamo dunque, nelle nostre famiglie di oggi, ai bambini la preghiera il prima possibile, poiché Maria, che è Madre, non potrà non ascoltare le loro preghiere!
5^ apparizione, mercoledì 17 maggio – La folla arriva ormai a circa tremila persone, in una escalation che arriverà a contare tra le 350.000 e le 500.000 persone nel corso dell’ultima apparizione, il 31 maggio. Circa un milione e mezzo di pellegrini si riversarono su Ghiaie di Bonate nel mese di Maggio: un’enormità, se si considera che furono poco più di 100.000 a Lourdes durante le apparizioni, dall’11 febbraio al 16 luglio 1858, e circa 125.000 a Fatima dal 13 maggio al 13 ottobre 1917. Consideriamo poi che si era nel pieno della guerra, situazione che rendeva ancora più difficile e drammatico il viaggiare e il trasferirsi per la povera gente.
La visione di Maria è particolare: vestita di rosso, con il velo verde lungo fino ai piedi, e il rosario dai grani bianchi al braccio destro. Varie sono le interpretazioni dei colori: chi dice rappresentino la bandiera italiana – nel mese di maggio il nostro Paese visse le vicende decisive per avviare quel processo di liberazione che portò alla riconquista alleata di Roma proprio a inizio giugno 1944 -, altri dicono rappresentino le tre virtù teologali: il rosso della carità, il verde delle speranza, il bianco della fede. Sono i colori rappresentati nella immagine ormai divenuta icona “ufficiale” della Regina della Pace, cioè del quadro realizzato dal pittore Galizzi.
La Madonna confida un segreto ad Adelaide: “Di’ al vescovo e al Papa il segreto che ti confido. Ti raccomando di eseguire quanto ti dico. Ma non dirlo a nessun altro”. Il segreto verrà rivelato al vescovo di Bergamo, mons. Adriano Bernareggi, il 20 maggio 1944, mentre al Papa Pio XII solo nel 1949. Questa distanza temporale fa supporre che si tratti di due segreti diversi. Una nota. Il Vescovo tornerà a metà giugno 1944 dalla piccola per farsi ripetere il segreto, segno che di qualcosa di importante doveva trattarsi. Il Papa, dal canto suo, riceverà la piccola nel 1949, dopo la pubblicazione dell’atto vescovile del 30 aprile 1948 che diceva che “non constava” la soprannaturalità degli eventi delle Ghiaie. Se l’incontro avviene dopo tale decreto, questo può esser segno che Pio XII riteneva credibili tali apparizioni, sulla scorta forse di quanto Lucia di Fatima gli avrebbe rivelato nel febbraio 1944, dicendo che in visione la Madonna le aveva predetto che sarebbe apparsa a una povera bambina di sette anni in Italia per proteggere il Papa e aiutare il mondo. Cosa che non poteva non aver colpito il Santo Padre all’epoca dei fatti di Ghiaie…
6^ apparizione, giovedì 18 maggio – E’ la festa dell’Ascensione. La folla, ancor più numerosa del giorno prima, consegna ad Adelaide un sacco di biglietti di supplica e richieste di grazie.
La Madonna appare ancora con il vestito rosso e il manto verde e dice: “Preghiera e penitenza! Preghiera e penitenza! Preghiera e penitenza! Prega per i peccatori più ostinati che stanno morendo in questo momento e che trafiggono il mio Cuore. La preghiera a me più gradita è l’Ave Maria”.
Il triplice invito alla preghiera e alla penitenza – simile a quello risuonato a Lourdes e a Fatima, ma anche a Laus (1664), a La Salette (1846), a Beauraing (1932) e a Banneux (1933) – fa capire come la Madonna non si stanchi mai di richiamare ciò che considera essenziale per i Suoi figli. La preghiera e la penitenza sono le condizioni indispensabili per ottenere la pace, quella vera, radicata nel cuore degli uomini e capace di costruire un mondo nuovo. Non basta guardare con speranza alla fine della guerra, ma occorre puntare alla pace vera, più forte di ogni tregua provvisoria. Non basta accontentarsi della serenità in famiglia, ma occorre costruire sulla base della preghiera e della penitenza una famiglia forte, unita, incamminata verso la santità, capace di guardare al futuro con la serenità che viene dalla fede in Dio.
Torna poi il tema della preghiera (dei piccoli) rivolta in particolare ai peccatori, coloro che non stanno solo offendendo il Cuore di Maria ma addirittura lo trafiggono con i loro peccati. Risuona quel grande invito alla preghiera di intercessione che spalanca il mistero della Divina Misericordia, secondo lo splendido messaggio rivelato da Gesù a Suor Faustina Kowalska alcuni anni prima, in Polonia.
Infine, Adelaide chiede alla Madonna – come molti le hanno raccomandato di fare – quale sia la preghiera preferita. Ed Ella risponde: è l’Ave Maria! La preghiera più semplice, quella che raccoglie le parole dell’annuncio dell’Angelo e l’esultanza di Santa Elisabetta, unitamente alla richiesta di intercessione a Maria, per ogni peccatore, in punto di morte.
7^ apparizione, venerdì 19 maggio – Sul luogo delle apparizioni, gremito ormai di nutrita folla di fedeli, viene posta una grande pietra di arenaria (tutt’oggi conservata sotto vetro dietro la cappellina che ricorda gli eventi di Ghiaie di quel maggio 1944 e che fu costruita pochi mesi dopo quei fatti) affinché Adelaide possa essere meglio visibile. In questo giorno giungono sul luogo delle apparizioni anche la dottoressa Eliana Maggi, che condurrà analisi e prove mediche su Adelaide con grande serietà professionale e apertura di cuore, e il professore bergamasco di filosofia, don Luigi Cortesi, che scriverà tre libri sui fatti di Ghiaie e sarà protagonista indiscusso della vita della piccola Adelaide fino al settembre 1945. Spendiamo qui alcune parole per parlare di quanto più non diremo, ovvero della questione della autenticità delle apparizioni.
Sarà infatti questo professor Cortesi a fare pressioni sulla piccola Adelaide affinché ella neghi di aver avuto le apparizioni. Dapprima la sottrarrà alla famiglia, isolandola in diverse case religiose per oltre un anno e mezzo, fino a condurla a scrivere sotto dettatura – così dirà la stessa Adelaide ormai adulta – il biglietto del 15 settembre 1945 nel quale la piccola dirà di essersi inventata tutto. Salvo poi firmare una dichiarazione di senso opposto il 12 luglio 1946. Guadagnata la fiducia della bambina, don Cortesi ne sarà l’unico punto di riferimento nel periodo decisivo per allestire il processo diocesano sugli avvenimenti di Ghiaie e pare difficile negare che il suo atteggiamento sospettoso e indagatore non abbia influito negativamente sulla serenità e sulla testimonianza resa dalla piccola Adelaide, indotta da quello a ritenere che l’affermare di aver visto la Madonna – quantunque corrispondesse al vero -costituisse di per sé un peccato. A don Cortesi, causa di un lungo periodo di sofferenza psicologica della piccola, Adelaide, ormai adulta, non negò il perdono, pregando anzi a suffragio della sua anima.
Torniamo dunque all’apparizione del 19 maggio. Questa volta è Adelaide, intraprendente e generosa, a prendere la parola; chiedendo alla Madonna, per conto dei pellegrini, se è necessario che portino là i malati per ottenere la guarigione. La Madonna risponde: “No, non è necessario che vengano proprio tutti qui. Quelli che possono vengano ché, secondo i loro sacrifici, saranno guariti o resteranno ammalati; però non si facciano più peccati gravi!”.
Colpisce la confidenza di Adelaide, che osa prender la parola per prima; e colpisce la dolcezza di Maria, che prontamente le risponde. Dicendole una cosa di fondamentale importanza: non conta tanto la presenza fisica, quanto piuttosto lo spirito di sacrificio che accompagna la richiesta di guarigione, laddove “sacrificio” letteralmente è la capacità di “render sacro” il tempo della propria vita; è l’atteggiamento del cuore di chi decide di esser tutto per Dio, affidando a lui con fiducia filiale ogni povertà, ogni problema, ogni malattia – fisica e dell’animo – sapendo che in Dio solo c’è vera guarigione e vera salvezza. Ecco svelata una grande verità: il vero male è nell’anima. Condizione unica per guarire è che non si facciano più peccati gravi, quelli che offendono Dio.
Alla richiesta di segni, Maria risponde: “Verranno anche quelli, molti si convertiranno ed io sarò riconosciuta dalla Chiesa. Medita queste parole ogni giorno della tua vita, fatti coraggio in tutte le pene. Mi rivedrai ancora nell’ora della tua morte. Ti terrò sotto il mio manto e ti porterò in Cielo”. E’ la Madonna stessa che precisa come i segni più importanti saranno proprio le molte conversioni che là avverranno. Per spingersi poi a profetizzare il riconoscimento delle apparizioni da parte della Chiesa. Infine, la grande promessa ad Adelaide: la promessa del Cielo, dinnanzi alla quale nulla sono le pene e le sofferenze che pure la Vergine predice alla piccola. L’invito di Maria è poi quello del fare memoria, del meditare – come Maria stessa, fanciulla di Nazareth, che serbava nel cuore le cose accadutele, meditandole - le parole della Vergine, per comprenderle e in profondità e trovare in esse il conforto per la vita di ogni giorno.
Terminata l’apparizione, a tarda sera don Vitali fa sapere che la piccola è attesa per l’indomani dal Vescovo di Bergamo, mons. Bernareggi.
8^ apparizione, sabato 20 maggio – La folla dei pellegrini ammonta ormai a 30.000 persone, radunatesi dalle prime ore del mattino. Anche per Adelaide la giornata si preannuncia lunga e faticosa, poiché all’alba è in partenza per Bergamo, per andare in vescovado a incontrare mons. Bernareggi. Il vescovo rimane colpito dalla spontaneità della piccola – “non c’è una cucina qui? Andiamo là, noi due, ché ti rivelo il segreto” – e ne accoglie il segreto rivelatole dalla Vergine.
Rientrata a Ghiaie, poco dopo le 18.00 si reca sul luogo delle apparizioni dove, cominciata la recita del Rosario, cade in estasi. La visione è accompagnata da segni esterni visibili ai presenti: un raggio di sole illumina la piccola e poco dopo una croce luminosa appare al centro del sole, fattosi bianco come una grande Ostia. La folla vide il sole muoversi e il fenomeno si ripeté anche il giorno successivo (due volte), poi il 28 e il 31 maggio (ancora due volte). Questo segno celeste, di cui già abbiamo detto, ha accompagnato anche l’anniversario delle apparizioni del 13 maggio 1959.
Torniamo alla apparizione del 20 maggio. La Madonna dice ad Adelaide: “Domani sarà l’ultima volta che ti parlo, poi per sette giorni ti lascio pensare bene quanto ti ho detto. Cerca di capirlo bene, perché fatta più grandicella ti servirà molto se vorrai essere tutta mia. Dopo questi sette giorni ritornerò altre quattro volte.”
Ecco che Maria chiede alla piccola di prepararsi al commiato, invitandola – come il giorno precedente – a meditare bene tutte le parole dettele, per comprendere quanto rivelato dalla Madonna rispetto alla sua vita, cioè le prove e le sofferenze che avrebbe dovuto affrontare, unitamente alla promessa del paradiso. Dopo questo, l’invito a “essere tutta” di Maria. E’ l’invito che la Madonna rivolge ad Adelaide, e in lei lo estende a tutti noi, secondo quanto già scrisse san Luigi Grignion de Montfort: essere tutti di Maria è la vera devozione alla Vergine, e consiste nel fare tutto in Maria, con Maria, per Maria. Riecheggia qui il motto che Giovanni Paolo II ha reso famoso: “Totus tuus”, tutto tuo, come suprema forma di consacrazione a Gesù tramite affidamento totale a Maria. Come scriveva nel “Trattato della vera devozione a Maria” il Montfort: “Poiché Maria è, fra le creature, la più conforme a Gesù Cristo, ne consegue che, fra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma maggiormente un’anima a Nostro Signore è la devozione alla Santissima Vergine… Questa è appunto la devozione che io insegno, che si può anche chiamare una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del Santo Battesimo”.
9^ apparizione, 21 maggio 1944 – E’ una sera speciale, questa. I pellegrini sanno che le apparizioni stanno per concludersi (“torna qui altre nove volte” aveva detto Maria alla piccola Adelaide il 13 maggio) e sono in attesa del segno promesso dalla Vergine. Non stupisce dunque che nella piccola frazione di Ghiaie si riversino oltre 200.000 pellegrini. Alle 18.00 si ripete il fenomeno del sole che gira (accadrà ancora verso le 20.00). La ressa della folla è impressionante, al punto che la piccola Adelaide è spaventata da tanto clamore e inizia a piangere. Ritrovata la calma, entra in estasi verso le 18.40 per quella che sarà l’apparizione più lunga, durata circa 20 minuti.
L’apparizione di questa sera è particolare: non vi sono parole, ma solo una visione. Leggiamo direttamente dal diario della piccola Adelaide:
“Anche questa apparizione fu preceduta dai colombi e nel punto luminoso si manifestò la Sacra Famiglia vestita come ieri in una chiesa. Verso la porta principale c’era: un asino color grigiastro, una pecora bianca, un cane dal pelo bianco con macchie marroni, un cavallo del solito color marrone. Tutte le quattro bestie erano inginocchiate e muovevano la bocca come se pregassero. Ad un tratto il cavallo si alzò e, passando vicino alle spalle della Madonna, uscì dalla porta aperta e s’incamminò nell’unica strada che conduceva ad un campo di gigli, ma non fece in tempo a calpestarne quanti voleva perché San Giuseppe lo seguì e lo riprese. Il cavallo, appena vide San Giuseppe, cercò di nascondersi vicino a un muricciolo che serviva da cinta al campo di gigli. Qui si lasciò prendere con docilità e, accompagnato da San Giuseppe, ritornò in chiesa, ove si inginocchiò e riprese la preghiera”.
Ammiriamo anzitutto la sapiente pedagogia di Maria che ricorre alle immagini per meglio imprimere nella mente e nel cuore della piccola Adelaide il suo insegnamento. E’ un messaggio “non parlato” ma di grandissima importanza, poiché in esso si svelano – come ebbe a scrivere la stessa Adelaide nel suo diario – le virtù necessarie per una santa famiglia: la pazienza (l’asino), la fedeltà (il cane), la mitezza (la pecora), il silenzio (il cavallo). La famiglia che voglia essere stabile, unita, santa deve ispirarsi al modello supremo, quella Sacra Famiglia che Adelaide ha visto più volte nel corso delle apparizioni, e irrobustire il proprio cammino con le virtù esemplificate dai quattro animali. Non è un obbligo, ma un dolce invito che Maria rivolge a tutte le famiglie la cui libertà resta intatta (la porta della chiesa è infatti aperta).
Il cavallo in particolare rappresenta il capo-famiglia, la cui forza ed esuberanza diviene ribellione e disordine quando si distacca dalla preghiera. E’ molto bello notare che durante la fuga del cavallo – che con malizia tenta di nascondersi da San Giuseppe – gli altri animali non smettono di pregare: quante problematiche familiari troverebbero soluzione se invece di opporsi gli uni agli altri e sfinirsi in estenuanti discussioni si affidasse tutto alla preghiera, chiedendo l’aiuto del Cielo per i nostri cari che soffrono e si dibattono nel dubbio o nell’errore! Il cavallo ribelle è esattamente speculare a San Giuseppe, sposo giusto, l’uomo del silenzio e dell’obbedienza. A lui si oppone il cavallo che cerca di nascondersi, in un silenzio che diventa inganno diabolico. E a questo si oppone ancora il “santo silenzio” di San Giuseppe che, guardano il cavallo con aria di dolce rimprovero, lo riconduce nella casa di preghiera. Ecco: la preghiera silenziosa è lo strumento più forte per ottenere la conversione e la guarigione del cuore di quanti ci stanno accanto, e questo messaggio si rivela quanto mai decisivo per affrontare l’attuale crisi della famiglia.
La visione silenziosa offerta ad Adelaide esalta dunque l’attualità del messaggio di Ghiaie: la famiglia, espressione suprema della divina creazione, è minacciata dal Maligno il quale tenta di distruggerla per disprezzo e invidia nei confronti di Dio. E sappiamo bene come la distruzione della famiglia porterebbe con sé la distruzione della società stessa, di cui la famiglia è cellula fondamentale. Ecco il perché di attacchi così feroci da parte di Satana contro le famiglie di oggi!
Come opporsi a questi attacchi? Anzitutto affidandosi totalmente (totus tuus) a Gesù per Maria, nella preghiera. E poi esercitando le virtù proprie di una santa famiglia:
- la pazienza, come capacità di “patire” con l’altro, condividendone i pesi, rispettandone i tempi secondo quella carità che è anzitutto “paziente” come ricorda San Paolo (1Cor 13, 4ss);
- la fedeltà, come immagine della fedeltà di Dio al suo popolo, come fedeltà tra gli sposi quale specchio della fedeltà nei confronti di Dio;
- la mitezza, a immagine di Gesù “mite e umile di cuore”, come capacità di accogliere con docilità e affrontare con dolcezza ogni tensione e screzio familiare, l’esasperato ingigantirsi dei quali produce quella spirale di violenza domestica che ha portato ai delitti familiari più atroci;
- il silenzio familiare, come specchio del silenzio di Maria e di Giuseppe, come disponibilità ad ascoltare la Parola di Dio e ascoltare i bisogni e le richieste di quanti sono accanto a noi: quante crisi familiari si risolverebbero se ci fosse maggiore disponibilità all’ascolto reciproco da parte dei coniugi!
Terminata l’apparizione, la piccola Adelaide torna a casa. Il timore dei genitori rispetto alla grandezza degli eventi che hanno fatto riversare una fiumana su Ghiaie li porta a decidere di affidare la figlia alle suore Sacramentine dell’asilo di Ghiaie. Immediatamente si farà carico di occuparsi della bambina don Cortesi, il professore giunto da Bergamo, che disporrà il trasferimento della piccola in diverse case religiose per circa due anni, al fine di sottrarla al clamore della folla e per risolvere i problemi di “ordine pubblico” causati dalle grandi masse di pellegrini accorsi a Ghiaie. Di fatto, sarà una separazione dalla famiglia che sia la piccola sia i genitori si troveranno a dover subire.
10^ apparizione, domenica 28 maggio. – E’ un giorno di grande festa: è la Pentecoste, e inoltre Adelaide fa la sua prima Comunione. Sparsasi la voce di ulteriori apparizioni dopo la settimana di “silenzio” dal 21 al 27 maggio, ecco che migliaia di pellegrini sono accorsi nuovamente a Ghiaie. Dopo la funzione della Prima Comunione, la piccola è condotta in convento dalle Orsoline. Ma a metà pomeriggio torna, fortissimo, il richiamo a tornare al luogo delle apparizioni. Fattasi portare là, verso le sei di sera, ecco che alle 18.50 cade in estasi. Nuovamente il fenomeno del sole che si muove in cielo accompagna la visione.
La Madonna le dice: “Prega per i peccatori più ostinati che fanno soffrire il mio Cuore perché non pensano alla morte. Prega pure per il Santo Padre che passa momenti brutti: da tutti è maltrattato e molti attentano alla sua vita. Io lo proteggerò ed egli non uscirà dal Vaticano. La pace non tarderà, ma al mio Cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli. Solo così il papa avrà meno da soffrire”.
Questo messaggio è molto significativo poiché la Vergine si presenta con due colombi scuri tra le mani, con le teste rivolte in opposte direzioni, simbolo di quella divisione tra gli sposi cui solo la Madonna sa porre rimedio, accogliendo tra le Sue mani la famiglia stessa per ridonarle amore e unità. E’ da questa immagine che trasse l’ispirazione il pittore Galizzi per realizzare il quadro della Regina della Famiglia che oggi è l’icona per antonomasia della Madonna delle Ghiaie, con il caratteristico abito rosso e manto verde.
Ma torniamo al messaggio. Maria invita Adelaide, come già fatto in precedenza, a pregare per i peccatori. Ma soprattutto per il Papa, alla cui vita molti attentano. Questo risponde a verità storica: in quei giorni avrebbe dovuto essere attuato il piano – ordito da Hitler – di sequestrare e deportare in Germania Pio XII e il collegio cardinalizio, premessa di un delirante disegno di distruzione della religione cristiana per sostituirla con una nuova religione nazista ispirata al culto del Führer, che si sarebbe così sostituito al Cristo Salvatore. Questo progetto folle e diabolico mostra perché nella figura e opera di Hitler non si fa fatica a scorgere una prefigurazione della impostura antichistica che caratterizzerà i tempi dell’Anticristo, secondo quanto rivela l’Apocalisse. Comunque, il progetto non andò in porto poiché il generale Wolff, incaricato del sequestro, svelò i piani allo stesso Pio XII, esortandolo a stare riparato in Vaticano. E sappiamo come proprio nel maggio 1944 si compirono le vicende che furono decisive per la liberazione di Roma, all’inizio del mese successivo.
Ancora in guerra, la Madonna chiarisce subito come l’obiettivo del suo Cuore non sia una tregua provvisoria, ma la vera pace, quella che dura perché fondata sull’armonia degli uomini con Dio e tra di loro.
11^ apparizione, lunedì 29 maggio – “Gli ammalati che vogliono guarire debbono avere maggior fiducia e santificare la loro sofferenza se vogliono guadagnare il Paradiso. Se non faranno questo, non avranno premio e saranno severamente castigati. Spero che tutti quelli che conosceranno la mia parola faranno ogni sforzo per meritarsi il Paradiso. Quelli che soffriranno senza lamento otterranno da me e dal Figlio mio qualunque cosa chiederanno. Prega molto per coloro che hanno l’anima ammalata: il mio Figlio Gesù è morto sulla croce per salvarli. Molti non capiscono queste mie parole e per questo io soffro”.
Il messaggio del 29 maggio è una vera e propria catechesi sulla sofferenza. Ogni dolore ha senso solo se offerto a Gesù, cioè santificato, elevato come offerta e preghiera al Cielo. Sembrano parole dure, pensando ai malati che affrontano prove spesso terribili. Ma appaiono di altro sapore se pensiamo che la vera malattia è quella dell’anima, come dice la Madonna, quindi tutti noi siamo compresi negli ammalati cui Ella si rivolge. E tutti noi siamo chiamati a santificare ogni sofferenza e dolore – non solo fisica, ma anche e soprattutto spirituale – se vogliamo ottenere la guarigione dell’anima, che solo Gesù può dare. Siamo davvero chiamati in causa direttamente: “spero che tutti quelli che conosceranno la mia parola faranno ogni sforzo per meritarsi il Paradiso”. Ecco, le parole di Maria sono rivolte a noi, a me e a voi che ascoltate in questo momento. E’ l’invito più serio che ci possa essere rivolto dalla Madre celeste: a fare ogni sforzo per guadagnarsi il Cielo, il Paradiso.
Come iniziare questo cammino di guarigione? Anzitutto cercando di non lamentarsi: qui non si parla del lamento causato dal dolore fisico, ma da quel continuo lamentarsi con cui molti accusano il Cielo di ogni difficoltà o problema si trovino ad affrontare, incolpando Dio di quanto non va secondo gli umani progetti, chiedendo conto al Signore della propria vita e del Suo operato, novelli Giobbe pronti a un rapporto di sfida e inimicizia nei confronti del Creatore. Ecco che Maria ci invita a dire basta a tutto questo, recuperando quei sentimenti di fiducia e abbandono filiali con i quali potremo ottenere “qualunque cosa” chiederemo a Gesù e a Maria, abbracciando totalmente la volontà di Gesù su di noi.
12^ apparizione, martedì 30 maggio – “Cara bambina, sei tutta mia; ma, pur essendo cara al mio Cuore, domani ti lascerò in questa valle di pianto e di dolore. Mi rivedrai nell’ora della tua morte e, avvolta nel mio manto, ti porterò in Cielo. Con te prenderò pure quelli che ti comprendono e soffrono”.
Con questo messaggio Maria prepara Adelaide al momento del saluto, della separazione, fino a quando si rivedranno in Cielo. E’ un giorno particolare, questo: a don Cortesi, che nel pomeriggio la interrogava dicendo: “Che c’entri tu? La Madonna poteva anche comparire ad un altro. Ci sono tante bambine anche più buone di te…”, Adelaide ha replicato: “La Madonna è apparsa a me perché sono povera”. Con che semplicità la bambina riconosce che non ha merito alcuno per la grazia che il Cielo le ha concesso, ma semplicemente gode della predilezione che Maria riserva ai Suoi poveri, come già mostrato per Bernadette e i pastorelli di Fatima! Ed ecco che, poche ore dopo, la Madonna conferma questa sua semplicità dicendole “Sei tutta mia”. Da queste poche parole emerge tutta la tenerezza della Madonna, pronta a confermare il suo amore per questa piccola bambina che presto sarà sola in una valle di lacrime e di dolore. Maria conferma ancora una volta che Adelaide avrà molto a soffrire – le invidie, le incomprensioni, la lontananza dalla famiglia, le pressioni psicologiche che la spingeranno a ritrattare, l’allontanamento dall’ordine religioso – ma al tempo stesso conferma la grande promessa del Cielo, del Paradiso.
13^ e ultima apparizione, giovedì 31 maggio – “Cara figliolina, mi spiace doverti lasciare, ma la mia ora è passata. Non sgomentarti se per un po’ non mi vedrai. Pensa a quello che ti ho detto: nell’ora della tua morte verrò ancora. In questa valle di dolori sarai una piccola martire. Non scoraggiarti: desidero presto il mio trionfo. Prega per il Papa e digli che faccia presto, perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo. Qualunque cosa mi si chiederà la intercederò presso mio Figlio. Sarò la tua ricompensa e il tuo martirio sarà degno. Queste mie parole ti saranno di conforto nella prova. Sopporta tutto con pazienza, ché verrai con me in Paradiso. Quelli che volontariamente ti faranno soffrire non verranno in Paradiso se prima non avranno riparato e si saranno pentiti profondamente. Sta’ allegra, ché ci vedremo ancora, piccola martire.
E’ la sera dell’ultimo incontro terreno tra Maria e Adelaide. Il messaggio è di una ricchezza straordinaria. Ricordata ad Adelaide, la “piccola martire”, la vita di sofferenza che la attende, le rinnova la promessa del Paradiso. E le ricorda la potenza della preghiera di intercessione per i peccatori, ribadendo la grandezza della Divina Misericordia che è pronta a spalancare le porte del Regno per quanti invochino Gesù Misericordioso anche in punto di morte.
All’apparizione hanno presenziato da 350.000 a 500.000 persone, accorse in quella piccola frazione per sentire, tramite Adelaide, la parola della Madonna. Terminata l’estasi, è diffusa la consapevolezza che il termine delle visioni coincida con l’inizio di una grande avventura spirituale, legata al rinnovamento del cuore e alla guarigione dell’anima di quanti, da quel giorno in poi, cercheranno di vivere i messaggi della Regina della Famiglia.
GHIAIE, UN MESSAGGIO PER L’OGGI
Come proseguirono le vicende legate al riconoscimento delle apparizioni? Dopo il biglietto del 15 settembre 1945, sconfessato da un altro del 12 luglio 1946, nel maggio 1947 Adelaide negherà le apparizioni nel corso della audizione di fronte alla commissione diocesana, probabilmente per l’eccessiva pressione da parte di quanti non volevano dare credito ai suo racconti. Si giunse così al decreto del 30 aprile 1948 che lascia però il caso aperto. E’ infatti mons. Bernareggi a indicare la formula “Non consta che…” invece di “Costa che non…”, aggiungendo poi: “Con questo non intendiamo escludere che la Madonna, fiduciosamente invocata da quanti in buona fede la ritenevano apparsa a Ghiaie, possa aver concesso grazie speciali e non ordinarie guarigioni, premiando in tal modo la loro devozione verso di lei”. La fiducia che mons. Bernareggi nutrì nei confronti di Adelaide si ricava dal fatto che fu lui a permetterle di vestire l’abito delle religiose Sacramentine. E fu pure lui, nel proprio testamento spirituale, a lasciar scritto di volere che il suo decreto fosse “sottoposto al giudizio del Santo Padre”, cosa che però non accadrà.
A tutto questo si aggiunge una dichiarazione notarile resa spontaneamente da Adelaide Roncalli il 20 febbraio 1989 nella quale la donna – ormai sposata e madre di due figlie – si dichiara “assolutamente convinta di avere avuto le apparizioni della Madonna a Ghiaie di Bonate dal 13 maggio 1944 al 31 maggio 1944”. Aggiungendo: “Le vicende da me dolorosamente vissute da allora le offro a Dio e alla legittima Autorità della Chiesa, alla quale sola appartiene di riconoscere o no quanto in tranquilla coscienza e in sicuro possesso delle mie facoltà mentali ritengo essere verità.”
Di fronte a tutto questo, qual è il nostro compito? Direi duplice. Da una parte, ricordarsi dell’invito di Maria rivolto a quanti hanno ascoltato la sua parola – quindi anche noi! – a fare ogni sforzo per guadagnare il Paradiso, cioè impegnarsi quotidianamente per vivere i messaggi e gli insegnamenti di Maria sulla unità della famiglia, la preghiera, la penitenza, la santificazione del dolore. Dall’altra, facciamo memoria delle parole dette ad Adelaide nell’ultima apparizione: “prega il Papa perché faccia presto”, cioè uniamoci anche noi a questa preghiera perché si possa presto riconoscere il valore di questa “traccia” che Maria ha voluto lasciare nel mondo, tra gli uomini, per condurli più facilmente a Gesù, rivolgendo un pensiero particolare per la famiglia, vertice della creazione di Dio. Alla Regina della Famiglia ci rivolgiamo dunque anche noi, facendo nostra la preghiera di Giovanni Paolo II:
Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra,
Padre, che sei Amore e Vita,
fa’ che ogni famiglia umana sulla terra diventi,
mediante il tuo Figlio, Gesù Cristo, « nato da Donna »,
e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità,
un vero santuario della vita e dell’amore
per le generazioni che sempre si rinnovano.
Fa’ che la tua grazia guidi i pensieri e le pene dei coniugi
verso il bene delle loro famiglie e di tutte le famiglie del mondo.
Fa’ che le giovani generazioni trovino nella famiglia un forte sostegno
per la loro umanità e la loro crescita nella verità e nell’amore.
Fa’ che l’amore, rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio,
si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi,
attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie.
Fa’ infine, te lo chiediamo per intercessione della Sacra Famiglia di Nazareth,
che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra possa
compiere fruttuosamente la sua missione nella famiglia e mediante la famiglia.
Tu che sei la Vita, la Verità e l’Amore, nell’unità del Figlio e dello Spirito Santo
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Posté par atempodiblog le 7 juillet 2013
[…] Scopro che Santa Faustina è stata proclamata cofondatrice della sua Congregazione, il cui inizio risaliva a mezzo secolo prima. La cosa mi meraviglia non poco perché, secondo la testimonianza del Diario, Gesù le aveva preannunciato che avrebbe lasciato l’attuale Congregazione per fondarne una nuova, di cui le aveva dettato la Regola che avrebbe dovuto ispirarla.
Questa profezia non si avverò mai, anche se poi la nuova Congregazione nacque davvero, per iniziativa di don Sopocko, direttore spirituale di suor Faustina, quando la santa si trovava nel convento di Vilnius in Lituania.
Mi aveva sempre colpito l’inadempienza di questa profezia e mi aveva fatto riflettere sugli insegnamenti di San Giovanni della Croce al riguardo. Il Dottore mistico nella Salita al monte Carmelo invita alla cautele per quanto riguarda le rivelazioni, che non di rado si realizzano in un modo molto diverso dalle nostre aspettative.
Qui in effetti non si tratta di una profezia non realizzata, ma di un agire divino che attua la sua parola andando molto oltre le nostre prospettive. Infatti ora Santa Faustina non è considerata fondatrice di una sola congregazione, ma di due: quella in cui è entrata e quella in cui ha concluso il suo pellegrinaggio terreno, e quella che lei ha progettato e di cui Gesù le ha dato i princìpi ispiratori. Il mio pensiero va spontaneo ai dieci segreti di Medjugorje e mi chiedo se Dio si divertirà ancora un a volta a scompigliare le nostre anguste vedute.
Tratto da: Pellegrino a quattro ruote — Padre Livio Fanzaga
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Posté par atempodiblog le 7 juillet 2013
L’unico fenomeno mistico che il Diavolo non riesce a imitare
di Padre Livio Fanzaga
In merito al discernimento degli spiriti e dei segni, bisogna sempre tener presente un insegnamento che ricaviamo da san Giovanni della Croce, nella Salita al monte Carmelo. Questo dottore della Chiesa conduce un attento esame di tutti i fenomeni mistici e arriva a dire che tutti possono essere imitati da Satana – che, in quanto imitatore è detto anche la “scimmia” di Dio –, tutti tranne uno: l’unico fenomeno mistico che il Diavolo non riesce a imitare sono i tocchi dello Spirito Santo sulla punta dell’anima, sono i tocchi divini, sono i baci d’amore interiori, fenomeno mistico così profondo che il Maligno non riesce a riprodurlo. Però ricordiamo che tutti gli altri fenomeni mistici posso essere perfette imitazioni diaboliche.
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Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013
Essere cristiano “non significa fare cose, ma lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo”: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta, l’ultima alla presenza di gruppi prima della pausa estiva. Il Papa ha sottolineato che, anche nella vita della Chiesa, ci sono “strutture antiche” da rinnovare senza avere paura. Alla Messa ha preso parte, tra gli altri, un gruppo di reclute della Guardia Svizzera Pontificia.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana
“Vino nuovo in otri nuovi”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sul rinnovamento che porta Gesù. “La dottrina della legge – ha osservato – viene con Gesù arricchita, rinnovata” e “Gesù fa nuove tutte le cose”. Il suo, ha detto ancora, è “un vero rinnovamento della legge, la stessa legge ma più matura, rinnovata”. E ha sottolineato che “le esigenze di Gesù erano più forti”, più “grandi di quelle della legge”. La legge permette di odiare il nemico, Gesù invece dice di pregare per lui. Questo, dunque, è “il Regno di Dio che Gesù predica”. Un rinnovamento che “è prima di tutto nel nostro cuore”. Noi, ha avvertito, “pensiamo che essere cristiani significa” fare questo o quest’altro. Ma non è così:
“Essere cristiano significa lasciarsi rinnovare da Gesù in questa nuova vita. Io sono un buon cristiano, tutte le domeniche, dalle 11 a mezzogiorno vado a Messa e faccio questo, faccio questo… Come se fosse una collezione. Ma la vita cristiana non è un collage di cose. E’ una totalità armonica, armoniosa, e la fa lo Spirito Santo! Rinnova tutto: rinnova il nostro cuore, la nostra vita e ci fa vivere in uno stile diverso, ma in uno stile che prende la totalità della vita. Non si può essere cristiano a pezzi, part-time. Il cristiano part-time non va! Tutto, la totalità, a tempo pieno. Questo rinnovamento lo fa lo Spirito. Essere cristiano alla fine non significa fare cose, ma lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo o, per usare le parole di Gesù, diventare vino nuovo”.
La novità del Vangelo, ha poi aggiunto, è “una novità, ma nella stessa legge che viene nella storia della Salvezza”. E questa novità, ha detto, “va oltre noi” ci rinnova “e rinnova le strutture”. Per questo Gesù dice che per il vino nuovo sono necessari otri nuovi:
“Nella vita cristiana, anche nella vita della Chiesa, ci sono strutture antiche, strutture caduche: è necessario rinnovarle! E la Chiesa sempre è stata attenta a quello, col dialogo con le culture… Sempre si lascia rinnovare secondo i luoghi, i tempi e le persone. Questo lavoro sempre lo ha fatto la Chiesa! Dal primo momento, ricordiamo la prima lotta teologica: per diventare cristiano è necessario fare tutta la pratica giudaica o no? No! Hanno detto di no! I gentili possono entrare come sono: gentili… Entrare in Chiesa e ricevere il Battesimo. Un primo rinnovamento della struttura… E così la Chiesa sempre è andata avanti, lasciando allo Spirito Santo che rinnovi queste strutture, strutture di chiese. Non avere paura di quello! Non avere paura della novità del Vangelo! Non avere paura della novità che lo Spirito Santo fa in noi! Non avere paura del rinnovamento delle strutture!”.
“La Chiesa – ha detto ancora – è libera: la porta avanti lo Spirito Santo”. Il Vangelo ci insegna questo: “la libertà per trovare sempre la novità del Vangelo in noi, nella nostra vita e anche nelle strutture”. Il Papa ha quindi ribadito l’importanza della “libertà per scegliere otri nuovi per questa novità”. Ed ha soggiunto che il cristiano è un uomo libero “con quella libertà” che ci dà Gesù, “non è schiavo di abitudini, di strutture…lo porta avanti lo Spirito Santo”. Il Papa ha così rammentato che il giorno di Pentecoste assieme ai discepoli c’era la Madonna:
“E dov’è la madre, i bambini sono sicuri! Tutti! Chiediamo la grazia di non aver paura della novità del Vangelo, di non aver paura del rinnovamento che fa lo Spirito Santo, di non aver paura di lasciar cadere le strutture caduche, che ci imprigionano. Se abbiamo paura, sappiamo che è con noi la Madre e come i bambini con un po’ di paura, andiamo da Lei e Lei – come dice la più antica antifona – ‘ci custodisce col suo manto, con la sua protezione di madre’. Così sia”.
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Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013
Ieri, mentre veniva presentata al mondo la nuova enciclica “Lumen fidei”, scritta a quattro mani da Benedetto XVI e da papa Francesco, i due uomini di Dio insieme hanno anche inaugurato, nei giardini vaticani, una statua di san Michele Arcangelo, consacrando la città vaticana a lui e a san Giuseppe.
Da tali fatti emerge non solo l’affetto fraterno che unisce Francesco e il predecessore, ma soprattutto la loro comunione di fede profonda. Questa unità, in un mondo segnato dal conflitto, è il miracolo della grazia, l’essenza del cristianesimo.
E va sottolineato anche perché i giornali tendono a parlare della Chiesa secondo i criteri di giudizio mondani. Senza vederne il miracolo.
Non a caso, proprio ieri mattina, su “Repubblica”, un articoletto pretendeva di proclamare invece la radicale “discontinuità” fra Benedetto XVI e papa Francesco. Un’idea clamorosamente smentita dagli stessi eventi del giorno.
Del resto sempre ieri il papa ha pure firmato i decreti di canonizzazione di altri due papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. E ha voluto datare la sua enciclica così: “29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo”.
Dunque, con una straordinaria serie di gesti, in una stessa giornata, ha potentemente sottolineato la continuità e la grandezza del papato da san Pietro ai giorni nostri.
E ha offerto a noi l’occasione di abbracciare, con un solo sguardo, la “creatività” di Dio nel nostro tempo.
Egli infatti ha parlato al mondo di oggi attraverso la testimonianza potente e affascinante di papa Wojtyla, profeta di fede e di libertà; poi attraverso la sapienza profonda e l’umiltà di Benedetto XVI, che ha fatto brillare la ragionevolezza della fede davanti allo smarrimento dei moderni; infine alla nostra generazione Dio parla attraverso la paternità tenera e accorata di papa Francesco, grande abbraccio di misericordia su tutte le miserie e le ferite umane (la visita del Papa a Lampedusa, fra i disperati della terra – lunedì prossimo – ce lo mostra in modo commovente).
L’enciclica “Lumen fidei”, dicevo, è profondamente segnata da questa continuità del giudizio della Chiesa sul mondo moderno e dalla variegata ricchezza della sua testimonianza.
Costituisce del resto un evento memorabile: non è cosa di tutti i giorni che un’enciclica sia scritta a quattro mani, concordemente, da due papi.
Ma, portando la firma dell’unico pontefice in carica che umilmente riconosce nel corpo stesso dell’enciclica la paternità del predecessore per buona parte del documento (“nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi”), con buona pace di “Repubblica”, mostra senza alcun dubbio possibile, che papa Francesco abbraccia e fa suo il magistero del predecessore.
Ovviamente lo fa donando alla vita della Chiesa di questi giorni e al mondo in rapida mutazione, ulteriori spunti di riflessione che tutti – quelli antichi di Benedetto e quelli nuovi – convergono sul volto di Gesù Cristo e la fede in Lui.
Alcuni rapidi flash. La fede è luce, mentre il mondo sprofonda sempre più nelle tenebre. E’ un giudizio sul momento presente. Il Papa contesta apertamente l’idea che lo spazio della fede si apra “lì dove la ragione non può illuminare”.
No. I secoli moderni – dai totalitarismi del Novecento alla confusione del presente – hanno dimostrato che le pretese assolute della ragione producono infelicità.
E la luce della fede non è un sentimento soggettivo, ma verità oggettiva: “quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore”. Essa dunque sa “illuminare tutta l’esistenza dell’uomo”.
E’ la prima contestazione della “dittatura del relativismo”.
Un secondo flash. Cosa è la fede? Una credenza? Una dottrina? Una morale? No. Sta tutta in questa frase: “riconosciamo che un grande Amore ci è stato offerto”.
Per questo l’enciclica usa l’espressione giussaniana “incontro che accade nella storia” e sottolinea che il Salvatore ci ha raggiunto attraverso una “catena umana” che ha attraversato i millenni, cioè la Chiesa, la tradizione.
Un altro prezioso spunto. Nella mentalità dominante si oppone di solito alla fede l’agnosticismo o l’ateismo. Invece la “Lumen fidei”, in base alla lezione biblica, oppone alla fede “l’idolatria”.
In effetti l’ateismo non esiste. Nessun uomo può vivere, anche un solo istante, senza affermare qualcosa o qualcuno. E’ ciò che la Sacra Scrittura chiama “idolo”.
Dunque l’unica grande opzione della vita sta in questo: fidarsi di Gesù Cristo o di qualche idolo. Non è possibile per nessuno sottrarsi a questa scelta. Chi è più affidabile? Chi merita veramente fiducia? Gesù di Nazaret, colui che è morto per me e per te, o un qualunque idolo?
Questa enciclica ci libera da tanti luoghi comuni. Per esempio la cultura dominante pensa Dio come qualcuno che “si trovi solo al di là”, quindi “incapace di agire nel mondo”, perciò “il suo amore non sarebbe veramente potente, capace di compiere la felicità che promette”. Così “credere o non credere in Lui sarebbe del tutto indifferente”.
Invece è vero il contrario. E sono i fatti – i concretissimi fatti – a gridarlo. E’ tutta una storia ricchissima di fatti a provarlo.
Del resto “quando l’uomo pensa che allontanandosi da Dio troverà se stesso, la sua esistenza fallisce”.
Ma come inizia la fede? Incontrando Gesù, oggi come duemila anni fa. In un incontro con i cristiani che sono una cosa sola con Lui. Chi non vorrebbe vedere gli occhi di Gesù?
Ebbene, citando Guardini, l’enciclica spiega che la Chiesa è la portatrice storica dello sguardo di Cristo sul mondo. In essa si sperimenta una vita comune. Così noi scopriamo che non siamo più soli.
Si aderisce a quello sguardo, fino a farlo nostro, dando credito a alla compagnia di Gesù e cominciando a seguirlo concretamente: “se non crederete non comprenderete”. Perciò “la fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione soggettiva”.
Questa è la profonda ragionevolezza della fede. Chi ritiene invece che essa sia “una bella fiaba” o “un bel sentimento”, indichi qualcuno che sia più credibile di Cristo da seguire.
La prova sperimentale – dice l’enciclica – mostra a ciascuno che l’amicizia di Cristo illumina la vita come nessuna cosa al mondo e apre il cuore umano all’amore che tutti desideriamo.
Per questo possiamo riconoscere che Egli è la verità: “richiamare la connessione della fede con la verità” dice l’enciclica “è oggi più che mai necessario proprio per la crisi di verità in cui viviamo” perché “nella cultura contemporanea si tende spesso ad accettare come verità solo quella della tecnologia” o “della scienza”.
Il cristiano non pretende con arroganza di essere il padrone della verità. Anzi “la verità lo fa umile” perché non è lui a esserne padrone, ma è la verità a possederlo. Infatti è compagno di cammino di tutti.
L’enciclica ha molti spunti antirelativisti. Per esempio sulla teologia (che è “al servizio della fede dei cristiani” e alla sequela del magistero). Sulla fede “fai-da-te” (la fede è una, non si può prendere una cosa e rifiutarne un’altra). Sulla rilevanza pubblica della fede cristiana. Sulla “fraternità” che non è possibile senza riconoscere un Padre di tutti.
La fede proclama il primato dell’uomo nell’universo e al tempo stesso “ci fa rispettare maggiormente la natura”. Con buona pace di “Repubblica” esalta il matrimonio come “unione stabile dell’uomo e della donna… capaci di generare una nuova vita”, riconoscendo “la bontà della differenza sessuale”.
E fa abbracciare tutte le sofferenze del mondo: “all’uomo che soffre Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto”, ma offre la sua presenza che accompagna e che si carica di tutti i dolori umani.
La fede cristiana annuncia la “città di Dio” che ci è preparata per sempre. E si affida a colei che è “la Madre della nostra fede”.
Decisamente queste pagine sono una grande luce nelle tenebre del presente.
di Antonio Socci – Libero
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Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013
Più presto che subito eccola sottoposta ai severi ordini del Santo Uffizio di Roma. Per ben cinquanta giorni ella rimane, come carcerata, chiusa in infermeria. Deve vivere separata dalle consorelle, nel silenzio e nella solitudine più rigorosa, sorvegliata ed osservata nei suoi minimi gesti e atteggiamenti. Solo raramente le è concesso, e sempre pedinata da una conversa, scendere in coro, assistere alla Santa Messa. Due volte solo riceve l’Ostia eucaristica. Tanto di giorno che di notte tutte le religiose possono spiarla a loro agio, lei sola deve rimanere nel silenzio più assoluto e nell’abbandono più terrificante. Neppure il conforto del confessore! Cinquanta giorni, durante i quali viene trattata con durezza, specialmente da Mons. Eustachi, come si rivela dai processi e come si può capire da alcune parole sfuggitele di penna nel suo Diario. Per farsene un’idea, basta ed avanza la deposizione di Padre Giovanni Maria Civelli d.C.d.G. (da Un Tesoro Nascosto, Vol. II, pag. 497, nota): “Le mortificazioni che le furono date, erano così terribili, da far morire di dolore: essa però si mostrava sempre umile e sommessa e tutto sopportava con intera pace e tranquillità d’animo, che si scorgeva anche nel suo esterno”.
Lei ci racconta:
“Quando vennemi la nuova che non dovevo ucire più dall’infermeria, ma, come incarcerata, ivi dovevo stare, giorno e notte: Oh! questo si che mi scottò! L’umanità voleva piangere, e lo spirito si rallegrava, ché sentisse, così dal vivo, il patire. Infatti, cercavo che, subito, il primo luogo lo pigliasse la parte superiore. Del resto, mi trovavo subito a terra con vari combattimenti. O Dio! Che pene ho passate! Sia tutto per amore di Dio!”.
S. Veronica Giuliani – Il Diario, Ed. Cantagalli. A cura di Maria Teresa Carloni
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