Il mistero della morte sul Cammino di san Giacomo
Posté par atempodiblog le 26 juillet 2013
Il mistero della morte sul Cammino di san Giacomo
Molte delle vittime andavano alla festa nel capoluogo galiziano per il patrono degli spagnoli: meta da sempre dei pellegrinaggi
di Marina Corradi – Avvenire
Il rituale abbraccio alla statua del Santo
Andavano alla festa di San Giacomo, patrono di Spagna, per vedere la meraviglia della facciata barocca della cattedrale nella luce dei fuochi d’artificio. Andavano anche, su quel velocissimo treno, da pellegrini – per chiedere una grazia, o per ringraziare. La morte si è presa ottanta uomini e donne, e bambini. E la notizia della strage colpisce particolarmente quei tanti che a Santiago sono andati, a piedi, lo zaino in spalla, mettendosi ogni alba in cammino. Perchè chi è stato una volta a Santiago non si dimentica più della Galizia, e di quella cattedrale coperta sulle torri dai muschi, non più architettura di uomini ma quasi roccia di Dio.
La strage del treno ieri era già sul web, nel video registrato da una telecamera lungo la linea; e pareva, in quell’accartocciarsi di lamiere come carta, un atroce videogioco. Solo le parole dei soccorritori riconducono quelle immagini alla tragica realtà («Siamo entrati in un vagone, ho visto una madre con in braccio suo figlio: erano morti. Nel vagone erano tutti morti»). E il pensiero allora insiste su quei pellegrini che non sono arrivati. Che andavano a Santiago, e non hanno trovato, alla fine, la cattedrale. Viene da domandarsi in quale disegno sia iscritta una morte così, a quattro chilometri dalla meta, in una sera di festa. Pretenderemmo di capire perchè siano morti, e in tanti, così. Ma questa ribellione non conduce da nessuna parte; è un sentiero cieco, che respinge indietro chi ci si avventura. E allora il pensiero torna al Cammino, ai differenti Cammini che da Sud, o dall’Oceano, conducono a Santiago; tutti convergendo, nell’ultimo tratto, verso le torri che svettano da lontano.
Che cos’è il Cammino, per rimanere, nella memoria di chi l’ha fatto, un luogo caro come se ci appartenesse? Innanzitutto, come ogni pellegrinaggio, è un andare verso; un tendere, nella fatica, a una meta. Il mettersi in viaggio porta già con sé un altro sguardo, una tensione quieta che dà il ritmo al passo, e al respiro; tutt’altra cosa che andarsene in giro senza un definito obiettivo, come si fa da turisti, nella svagata moda della modernità. Poi, il Cammino è bellezza: le terre assolate del cuore della Spagna, o il giovane verde dei germogli a Pasqua, lungo il Camino Inglés, che arriva da settentrione. Bellezza centellinata nella lentezza del passo, nei profumi della terra ritrovati, viaggiando a piedi.
Il Cammino è silenzio, e preghiera; nelle Ave Maria che alleviano il peso dello zaino e la fatica. È mettersi in strada prima che sorga il sole, scoprendo come è oscura la notte nelle campagne, e quale desiderio si ha di vedere, a Est, il cielo farsi chiaro, mentre gli uccelli tacciono ancora. Il Cammino è scolpito nelle rughe sulle facce dei contadini galiziani che augurano: «Andate con Dio!» E anche nell’odore dell’oceano, che arriva insieme a grosse nuvole gonfie e morbide. L’oceano, e questo lembo estremo di terra, l’avamposto che nel Medioevo era considerato il limite del mondo, finis terrae; e il sapore di un remoto confine è rimasto, negli occhi dei vecchi nelle osterie, davanti a un bicchiere di vino. Il Cammino è dormire in un ostello affollato di sconosciuti, e sentirsi stranamente al sicuro; e imparare a camminare più adagio, per non lasciare indietro nessuno.
E infine quando da lontano vedi le torri della cattedrale, è un urto al cuore, come se non fosse solo il traguardo, ma, misteriosamente, il segno di un più grande destino; nella terra che accolse le spoglie dell’apostolo Giacomo, fratello di Giovanni, “Boanerghes”, figlio del tuono. Infine è la penombra uterina della cattedrale, lucente di ori, con il suo vero occulto tesoro là, nel tabernacolo. Santiago, è un mondo che marchia chi c’è stato, e spinge a tornare – una volta ancora almeno, ci si dice, prima che sia troppo faticoso il cammino. Per questo quel treno sfracellato è, per tanti, sbalordimento e quasi scandalo: come è possibile che non siano arrivati, quei là, quei pellegrini?
Ma il conducente piangeva, l’altra notte, e alla radio con la stazione di Santiago farfugliava: «Siamo umani! Siamo umani!», e i colleghi in centrale non capivano. Siamo umani, e sbagliamo in modo devastante, accelerando a 200 all’ora per fotografare il tachimetro e vantarcene, come pare abbia fatto mesi fa su Facebook quel ferroviere.
Poi, il destino degli ottanta del treno per Santiago è al di là di quanto noi possiamo capire. Benché guardando quella madre immota con il suo bambino in braccio anche i soccorritori, nell’affanno e nell’angoscia, forse per un attimo han pensato che quei due ormai sembravano in pace, nel luogo del nostro vero destino.
Duecentomila ogni anno
Il cammino di Santiago de Compostela – il lungo percorso che i pellegrini fin dal Medioevo intraprendono attraverso la Francia e la Spagna per giungere al santuario dove c’è la tomba di Giacomo il Maggiore – è meta di circa 200mila persone l’anno (sono stati 192.488 nel 2012) che lo precorrono per intero, ma sono tantissimi quelli che ne fanno alcune tappe. Per il 56% sono uomini, per il 44% donne, secondo i dati ufficiali de “La Oficina del Peregrino”, che rilascia la cosiddetta «credenziale» che di volta in volta andrà timbrata nelle tappe obbligatorie. Il cammino è percorso dall’85% dei pellegrini a piedi, ma c’è anche chi lo fa in bicicletta (15%), e qualcuno anche a cavallo (0,15%).
Quasi la metà è spagnolo (49,50%), seguiti dai tedeschi (16%), dagli italiani (13%), portoghesi (11%), statunitensi (7%), irlandesi (4%) e britannici (4%).
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