Il pellegrinaggio
Posté par atempodiblog le 15 juillet 2013
A piedi, in treno o in auto, il pellegrinaggio è una metafora della vita umana, che è un cammino dal tempo all’eternità, dalla terra al cielo, dall’effimero all’assoluto. Per pregare, purificarsi, nutrire l’anima e prepararsi alla meta finale del Cielo.
di Padre Livio Fanzaga – Il Timone
In questa prospettiva il pellegrinaggio è una metafora della vita umana, che è un cammino dal tempo all’eternità, dalla terra al cielo, dall’effimero all’assoluto. Alla radice della decisione del pellegrino di mettersi in viaggio non vi è tanto un bisogno di evasione, quanto invece il desiderio di infinito. Potremmo dire che il pellegrinaggio religioso è una testimonianza sull’uomo e sul suo destino.
L’uomo non è un animale più evoluto di altri, che si esaurisce nel ciclo finito della materia. In lui vi è una dimensione eterna, che invano si cercherebbe di sopprimere. Nella sua decisione di mettersi in viaggio verso una meta santa, il pellegrino attesta che il cuore dell’uomo è affamato di eternità e che il cielo è la meta a cui siamo stati predestinati.
Il cristianesimo ha ereditato il pellegrinaggio dalla ricca tradizione di Israele. Per ogni buon Israelita era necessario recarsi tre volte all’anno davanti al Signore nel suo santuario (Es 23, 14-19). Infatti là si trova «la casa di Dio» e «la porta del cielo», dove vi è il punto di contatto e di incontro fra Dio e l’uomo. Nel santuario ci si reca innanzi tutto per cercare «il volto di Dio». Alla partenza il cuore si ricolma di gioia: «Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore» (Sal 122,1). Anche il viaggio, per quanto faticoso e non di rado esposto a pericoli, viene percorso festosamente: «verso la casa di Dio camminavamo in festa» (Sal 55,15). Giunti al santuario ci si riposa non solo e non tanto il corpo quanto l’anima, finalmente giunta alla meta dei suoi desideri: «Questo è il mio riposo per sempre, qui abiterò perché l’ho desiderato» (Sal 132, 13-14). Gesù stesso si è fatto pellegrino, salendo a Gerusalemme con i genitori all’età di dodici anni, per obbedire alla legge (Lc 2,41ss) e, nel corso della sua missione, vi sale ancora in occasione di diverse festività.
La tradizione biblica è rimasta viva nel cristianesimo e ha avuto un impulso notevole a partire dal IV secolo, quando la religione cristiana diviene lecita. In questo periodo incomincia la costruzione di grandiosi edifici nei luoghi santi della redenzione, che inaugurano quel pellegrinaggio in Palestina che fino ai nostri giorni è rimasto il «pellegrinaggio» per eccellenza, nonostante le difficoltà dovute all’invasione mussulmana.
Nel medioevo il pellegrinaggio cristiano raggiunge il suo apogeo. Esso è l’espressione di quello straordinario fervore religioso che ha innalzato in tutta Europa della mirabili cattedrali, capolavori di arte, ma soprattutto espressione di fede granitica e di carità operosa.
Accanto a Gerusalemme sono Roma e Santiago de Compostela le mete dei pellegrini nell’ambito della «Respublica christiana», come allora veniva chiamata l’Europa, unita da un’unica fede e un’unica lingua, il latino, mentre fioriscono ovunque pellegrinaggi regionali e locali, in modo particolare laddove sono conservate le reliquie e i corpi dei santi. A partire dall’VIII fino al XVI secolo il pellegrinaggio è stata una pratica altamente espressiva della concezione cristiana dell’esistenza umana. Molti pellegrini lo vivevano come una preparazione al momento estremo della vita, quando l’anima abbandona la scena di questo mondo e compare davanti al Giudice divino. Prima di partire vi erano quelli che vendevano tutti i loro averi per darli ai poveri e iniziare in povertà il cammino purificatore verso l’eternità. Altri facevano il testamento, ben consapevoli dei pericoli che li attendevano lungo vie infestate da briganti e attraverso territori devastati dalla guerra. Nel cuore di tutti vi era un desiderio di purificazione attraverso la preghiera e la dura penitenza del viaggio, oltre al lavacro rigeneratore del luogo santo da raggiungere, con i sacramenti, l’intercessione dei santi e le loro reliquie, ritenute onnipotenti.
Lungo il corso dei secoli il pellegrinaggio era fatto a piedi, o in barca o sul dorso di animali. La fatica del viaggio era una componente penitenziale essenziale. Il pellegrinaggio a piedi ha conservato il suo fascino anche al giorno d’oggi, ma si tratta sopratutto di imprese solitarie e non di una prassi comune come nei secoli andati. Nei tempi moderni ha preso un certo vigore il pellegrinaggio in bicicletta, che ha il vantaggio di comportare anch’esso una certa dose di penitenza corporale, pure essendo assai più rapido di quello a piedi. Si è invece affermato a livello di massa il pellegrinaggio in treno o in corriera. Se ben preparato e guidato produce indubbiamente gli effetti spirituali desiderati, anche se i disagi del viaggio sono minimi.
Personalmente ho scoperto il fascino segreto e la straordinaria efficacia del pellegrinaggio in macchina. Con una quattroruote ho percorso l’Europa da un capo all’altro, visitando i santuari mariani, i luoghi delle apparizioni del Signore e della Madonna, le grandi cattedrali e le innumerevoli sorgenti di santità di cui il nostro continente è punteggiato. Mi è bastato ritagliarmi ogni anno una decina di giorni di ferie per poter tracciare itinerari ricchi di spiritualità, di arte, di cultura e di bellezze naturali. I vantaggi del pellegrinaggio su una quattroruote sono innumerevoli, sia che si compiano da soli che in compagnia. In macchina infatti si può viaggiare pregando e meditando, ottenendo così uno degli obbiettivi primari del pellegrinaggio stesso. Inoltre in macchina si può riposare, mangiare e persino dormire, coniugando le esigenze delle penitenza con quelle del risparmio. Sopratutto in macchina si può andare dove e quando si vuole, senza la schiavitù dei gruppi e degli orari e senza i limiti di distanza e di tempo imposti dal pellegrinaggio a piedi e in bicicletta.
Le componenti di un pellegrinaggio vero in ultima istanza sono: il pellegrino, la strada e la meta. Queste tre componenti sono presenti anche nel pellegrinaggio sulla quattroruote. I giovani e le famiglie in particolare possono inaugurare una stagione nuova e originale del pellegrinaggio cristiano. Le radici dell’Europa non possono restare sulla carta. Vanno riscoperte e rinverdite per una nuova stagione della fede.

Padre Livio Fanzaga,
Pellegrino a quattroruote – sulle strade d’Europa, Sugarco Edizioni
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