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La pace che il Signore dona

Posté par atempodiblog le 12 juillet 2013

La pace che il Signore dona dans Diego Manetti 9ll

L’uomo non è fatto per la terra. Non ci si può accontentare di pensare che siamo fatti semplicemente per questa dimensione. C’è un brano di Sant’Agostino che mi ha sempre molto colpito, è l’apertura delle Confessioni, in cui dice: “Ci hai fatti per Te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. E’ bellissimo! Dio ci ha fatti per Lui. Non ci ha messo su questa terra per vedere come andavano le cose, per divertirsi, ci ha fatti perché tornassimo a Lui. “E il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”: inquietudine e riposo.

Dite se non è la vostra esperienza! C’è stato un momento in cui potevate dire di essere lontani da Dio? Per me si! Tanti anni lontano da Dio! Cosa ti ricordi Diego? A parte tutte le sciocchezze che ho fatto, ero inquieto. Inquieto! Non trovavo pace! Se vi dicessi adesso che cos’è che caratterizza la mia vita prima di tutto, è il fatto che vivo questa dimensione del riposo. Il riposo del cuore si chiama pace.

Se la Madonna è venuta a Medjugorje chiamandosi Regina della Pace, non lo ha fatto solo perché dieci anni dopo l’inizio delle apparizioni ci sarebbe stata la guerra balcanica, che ha fatto quattrocentomila morti… si è chiamata Regina della Pace perché ha visto che su questo pianeta ben pochi uomini hanno la pace nel cuore.

Io non vengo a vedere a casa vostra, ma ognuno si interroghi: ma a casa mia c’è la pace? Ma la mattina quando ci svegliamo e ci guardiamo in faccia, “tesoro, ti ho preparato il caffè!” o ci tireremmo le tazzine dietro?

“Non capisco perché a volte sento questa inquietudine”… è perché il demonio è così! Mica va a dormire! Alla mattina presto si sveglia sempre un po’ prima di noi e ti prepara con quella rabbia, con quella tensione, quell’angoscia, che ti fa cominciare male la giornata.

Se lo so, mi preparo e sto più attento. La Madonna l’antidoto l’ha dato, si chiama preghiera.

Hai litigato con tuo marito? Ma dì il Rosario con lui… “no ma adesso mi chiarisco”, ma cosa vuoi chiarire? Una parola sopra l’altra e l’equivoco è sempre peggiore! Incomincia a pregare. Al mattino i bambini non vogliono svegliarsi, tu comincia col dire le preghiere… “ah, ma quelle le faccio la sera”, ma cosa vuol dire? Dai da mangiare a tuo figlio soltanto alla sera? O gli fai fare colazione, pranzo e cena? E’ così con la preghiera… se no l’anima muore.

di Diego Manetti – Parrocchia San Terenzo a Lerici

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La faccia di chi ci crede

Posté par atempodiblog le 12 juillet 2013

“Al momento della Messa, bisogna sentirsi trasformati. Deve scomparire ogni preoccupazione di tempo e di scuola poiché la Messa, assieme alla Comunione e alla Meditazione, costituisce l’essenza del fine!”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

La faccia di chi ci crede dans Costanza Miriano Maria-e-Ges

La faccia di chi ci crede
di Costanza Miriano – Credere
Tratto da: Il blog di Costanza Miriano

Spesso la messa è per me l’unico momento della giornata in cui mi fermo, non posso fare niente altro che essere lì. Telefono staccato, iPad disconnesso, agenda chiusa. Ed è allora che si scatenano, gli infami.

I pensieri più remoti, assurdi, inaspettati vengono fuori di soppiatto, fanno capolino e poi si installano a un lato della mia fronte, apposta per molestarmi. Tu dimmi, ma quella zia che non vedo da almeno due anni, ma proprio adesso mi deve venire in mente?

Sì, va bene, la chiamo, e quando torno dai miei, in estate, la vado a trovare, promesso, però adesso fammi ascoltare la lettura. … No, il libretto vaccinale del figlio numero tre non so dove sia, ma è in casa, quindi per favore adesso prega, dopo lo troverai. … No, non so come stia Paola, adesso, e neanche cosa fare di contorno. Devo trovare spinaci al sapore di nutella, o una zucchina disponibile a travestirsi da cono gelato, per avere qualche speranza che Lavinia ingerisca qualcosa che un tempo ebbe un lontano contatto con una verdura. Comunque non è adesso il momento di risolvere il problema.

Adesso sono in chiesa, e fra poco Gesù Cristo si farà pane e sarà dentro di me, chiudendo un occhio, e anche tutti e due, sulla mia distrazione, poca presenza, poca comprensione (dell’indegnità non parliamo neanche).

Eppure la messa può essere un momento importante anche per fare apostolato, per essere testimoni. Qualche giorno fa, non so perché, mi è capitato di essere davvero presente a quello che stava succedendo sull’altare. Succede. Mi sembrava che tutto fosse così evidentemente vero che devo avere fatto una faccia speciale. È entrato un signore distratto, e si è girato tre o quattro volte a guardarmi (e non era per me, ero vestita orribilmente e pettinata alla mazzo di carciofi). Deve avere notato la faccia di una che crede che Dio stava entrando in quella chiesa per invadere con la sua immensità la nostra povertà. Chissà, magari ci ha riflettuto anche lui.

È così importante, per noi ma anche per i nostri fratelli, come viviamo la messa. Non serve molto, basta essere presenti in cuore, intelligenza, forza, spirito. E vi assicuro che poi il libretto vaccinale smarrito si ritrova sempre (a casa mia è sempre lì, sotto il portapenne).

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La tunica di Gesù

Posté par atempodiblog le 12 juillet 2013

La tunica di Gesù
Padre Jean-Charles Leroy – Ed. Cantagalli, Siena 2011
Tratto da: Radici Cristiane

La tunica di Gesù dans Libri wzn

Tutti conoscono la Sacra Sindone. Meno nota è un’altra reliquia riguardante un capo di vestiario appartenuto a Nostro Signore: la Tunica – quella in un pezzo solo, non cucita, che i soldati si giocarono a dadi – e che è attualmente conservata nella Chiesa di Saint-Denys di Argenteuil (a dieci chilometri da Parigi).

La storia della Tunica è di grande interesse e padre Leroy la ricostruisce in questo saggio che, per l’impaginazione e le tantissime fotografie, ha l’aspetto di una vera e propria guida ad una reliquia poco nota. Esiste, va ricordato, anche un’altra Tunica, conservata a Treviri: ma non si tratta di un “falso”, bensì di una seconda tunica che Gesù indossò recandosi al Golgota: quest’ultima fu indossata sopra l’altra: infatti la Tunica di Argenteuil presenta una serie di macchie ematiche che non sono presenti su quella di Treviri. E a proposito delle macchie, una delle prove scientifiche della sua autenticità è data da due importanti fattori: la maggior parte delle tracce di sangue corrisponde a quelle trovate sulla Sindone (e non è un caso che sulla spalla sinistra, dove pesò il legno della croce durante il tragitto, siano presenti in maggior quantità) e inoltre il gruppo sanguigno è lo stesso che si riscontra sul Lino torinese.

Numerose sono le attestazioni storiche che ricordano le vicende della Tunica, che fu donata a Carlo Magno dall’Imperatrice di Bisanzio Irene; il primo Imperatore del Sacro Romano Impero a sua volta la donò al monastero di Notre Dame d’Humilité, dove sua figlia era badessa. Menzionata da vari scrittori (almeno due secoli prima che si iniziasse a parlare della Sindone), la reliquia rischiò di essere distrutta durante la Rivoluzione Francese: il parroco fu costretto a tagliarla per nasconderne i vari pezzi, i più grandi sottoterra, i più piccoli affidandoli ad alcuni parrocchiani fidati. Purtroppo, dopo i massacri della Rivoluzione, non fu possibile rintracciare tutti i pezzi e ciò spiega l’attuale precario stato di conservazione.

Gli immancabili esperimenti al carbonio 14 hanno dato i soliti risultati, contradditori e insoddisfacenti. Più seria l’analisi del tipo di tessuto, delle spore presenti sulla tela (le stesse riscontrate sulla Sindone), l’analisi del Dna (che ha accertato l’origine medio-orientale, ma non araba, del sangue, peraltro identico non solo a quello della Sindone, ma anche del Miracolo eucaristico di Lanciano). E un’ultima, toccante notazione: la Tunica, tessuta in lana con una tecnica ormai superata nel Medioevo (altro elemento che rende impossibile la datazione del reperto a quel periodo), potrebbe essere stata realizzata in casa, come era costume presso gli Ebrei, da una donna. In altre parole, i suoi fili potrebbero essere stati, con tutta probabilità, filati al fuso e quindi intrecciati al telaio dalle mani della Madonna.

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