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Il Papa: non dobbiamo aver paura di rinnovare le strutture della Chiesa

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013

Essere cristiano “non significa fare cose, ma lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo”: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta, l’ultima alla presenza di gruppi prima della pausa estiva. Il Papa ha sottolineato che, anche nella vita della Chiesa, ci sono “strutture antiche” da rinnovare senza avere paura. Alla Messa ha preso parte, tra gli altri, un gruppo di reclute della Guardia Svizzera Pontificia.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa: non dobbiamo aver paura di rinnovare le strutture della Chiesa dans Papa Francesco I r2ig

“Vino nuovo in otri nuovi”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sul rinnovamento che porta Gesù. “La dottrina della legge – ha osservato – viene con Gesù arricchita, rinnovata” e “Gesù fa nuove tutte le cose”. Il suo, ha detto ancora, è “un vero rinnovamento della legge, la stessa legge ma più matura, rinnovata”. E ha sottolineato che “le esigenze di Gesù erano più forti”, più “grandi di quelle della legge”. La legge permette di odiare il nemico, Gesù invece dice di pregare per lui. Questo, dunque, è “il Regno di Dio che Gesù predica”. Un rinnovamento che “è prima di tutto nel nostro cuore”. Noi, ha avvertito, “pensiamo che essere cristiani significa” fare questo o quest’altro. Ma non è così:

“Essere cristiano significa lasciarsi rinnovare da Gesù in questa nuova vita. Io sono un buon cristiano, tutte le domeniche, dalle 11 a mezzogiorno vado a Messa e faccio questo, faccio questo… Come se fosse una collezione. Ma la vita cristiana non è un collage di cose. E’ una totalità armonica, armoniosa, e la fa lo Spirito Santo! Rinnova tutto: rinnova il nostro cuore, la nostra vita e ci fa vivere in uno stile diverso, ma in uno stile che prende la totalità della vita. Non si può essere cristiano a pezzi, part-time. Il cristiano part-time non va! Tutto, la totalità, a tempo pieno. Questo rinnovamento lo fa lo Spirito. Essere cristiano alla fine non significa fare cose, ma lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo o, per usare le parole di Gesù, diventare vino nuovo”.

La novità del Vangelo, ha poi aggiunto, è “una novità, ma nella stessa legge che viene nella storia della Salvezza”. E questa novità, ha detto, “va oltre noi” ci rinnova “e rinnova le strutture”. Per questo Gesù dice che per il vino nuovo sono necessari otri nuovi:

“Nella vita cristiana, anche nella vita della Chiesa, ci sono strutture antiche, strutture caduche: è necessario rinnovarle! E la Chiesa sempre è stata attenta a quello, col dialogo con le culture… Sempre si lascia rinnovare secondo i luoghi, i tempi e le persone. Questo lavoro sempre lo ha fatto la Chiesa! Dal primo momento, ricordiamo la prima lotta teologica: per diventare cristiano è necessario fare tutta la pratica giudaica o no? No! Hanno detto di no! I gentili possono entrare come sono: gentili… Entrare in Chiesa e ricevere il Battesimo. Un primo rinnovamento della struttura… E così la Chiesa sempre è andata avanti, lasciando allo Spirito Santo che rinnovi queste strutture, strutture di chiese. Non avere paura di quello! Non avere paura della novità del Vangelo! Non avere paura della novità che lo Spirito Santo fa in noi! Non avere paura del rinnovamento delle strutture!”.

“La Chiesa – ha detto ancora – è libera: la porta avanti lo Spirito Santo”. Il Vangelo ci insegna questo: “la libertà per trovare sempre la novità del Vangelo in noi, nella nostra vita e anche nelle strutture”. Il Papa ha quindi ribadito l’importanza della “libertà per scegliere otri nuovi per questa novità”. Ed ha soggiunto che il cristiano è un uomo libero “con quella libertà” che ci dà Gesù, “non è schiavo di abitudini, di strutture…lo porta avanti lo Spirito Santo”. Il Papa ha così rammentato che il giorno di Pentecoste assieme ai discepoli c’era la Madonna:

“E dov’è la madre, i bambini sono sicuri! Tutti! Chiediamo la grazia di non aver paura della novità del Vangelo, di non aver paura del rinnovamento che fa lo Spirito Santo, di non aver paura di lasciar cadere le strutture caduche, che ci imprigionano. Se abbiamo paura, sappiamo che è con noi la Madre e come i bambini con un po’ di paura, andiamo da Lei e Lei – come dice la più antica antifona – ‘ci custodisce col suo manto, con la sua protezione di madre’. Così sia”.

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Un lampo di luce nelle tenebre del presente

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013

 Un lampo di luce nelle tenebre del presente dans Antonio Socci omk1

Ieri, mentre veniva presentata al mondo la nuova enciclica “Lumen fidei”, scritta a quattro mani da Benedetto XVI e da papa Francesco, i due uomini di Dio insieme hanno anche inaugurato, nei giardini vaticani, una statua di san Michele Arcangelo, consacrando la città vaticana a lui e a san Giuseppe.
Da tali fatti emerge non solo l’affetto fraterno che unisce Francesco e il predecessore, ma soprattutto la loro comunione di fede profonda. Questa unità, in un mondo segnato dal conflitto, è il miracolo della grazia, l’essenza del cristianesimo.
E va sottolineato anche perché i giornali tendono a parlare della Chiesa secondo i criteri di giudizio mondani. Senza vederne il miracolo.
Non a caso, proprio ieri mattina, su “Repubblica”, un articoletto pretendeva di proclamare invece la radicale “discontinuità” fra Benedetto XVI e papa Francesco. Un’idea clamorosamente smentita dagli stessi eventi del giorno.
Del resto sempre ieri il papa ha pure firmato i decreti di canonizzazione di altri due papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. E ha voluto datare la sua enciclica così: “29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo”.
Dunque, con una straordinaria serie di gesti, in una stessa giornata, ha potentemente sottolineato la continuità e la grandezza del papato da san Pietro ai giorni nostri.
E ha offerto a noi l’occasione di abbracciare, con un solo sguardo, la “creatività” di Dio nel nostro tempo.
Egli infatti ha parlato al mondo di oggi attraverso la testimonianza potente e affascinante di papa Wojtyla, profeta di fede e di libertà; poi attraverso la sapienza profonda e l’umiltà di Benedetto XVI, che ha fatto brillare la ragionevolezza della fede davanti allo smarrimento dei moderni; infine alla nostra generazione Dio parla attraverso la paternità tenera e accorata di papa Francesco, grande abbraccio di misericordia su tutte le miserie e le ferite umane (la visita del Papa a Lampedusa, fra i disperati della terra – lunedì prossimo – ce lo mostra in modo commovente).
L’enciclica “Lumen fidei”, dicevo, è profondamente segnata da questa continuità del giudizio della Chiesa sul mondo moderno e dalla variegata ricchezza della sua testimonianza.
Costituisce del resto un evento memorabile: non è cosa di tutti i giorni che un’enciclica sia scritta a quattro mani, concordemente, da due papi.
Ma, portando la firma dell’unico pontefice in carica che umilmente riconosce nel corpo stesso dell’enciclica la paternità del predecessore per buona parte del documento (“nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi”), con buona pace di “Repubblica”, mostra senza alcun dubbio possibile, che papa Francesco abbraccia e fa suo il magistero del predecessore.
Ovviamente lo fa donando alla vita della Chiesa di questi giorni e al mondo in rapida mutazione, ulteriori spunti di riflessione che tutti – quelli antichi di Benedetto e quelli nuovi – convergono sul volto di Gesù Cristo e la fede in Lui.
Alcuni rapidi flash. La fede è luce, mentre il mondo sprofonda sempre più nelle tenebre. E’ un giudizio sul momento presente. Il Papa contesta apertamente l’idea che lo spazio della fede si apra “lì dove la ragione non può illuminare”.
No. I secoli moderni – dai totalitarismi del Novecento alla confusione del presente – hanno dimostrato che le pretese assolute della ragione producono infelicità.
E la luce della fede non è un sentimento soggettivo, ma verità oggettiva: “quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore”. Essa dunque sa “illuminare tutta l’esistenza dell’uomo”.
E’ la prima contestazione della “dittatura del relativismo”.
Un secondo flash. Cosa è la fede? Una credenza? Una dottrina? Una morale? No. Sta tutta in questa frase: “riconosciamo che un grande Amore ci è stato offerto”.
Per questo l’enciclica usa l’espressione giussaniana “incontro che accade nella storia” e sottolinea che il Salvatore ci ha raggiunto attraverso una “catena umana” che ha attraversato i millenni, cioè la Chiesa, la tradizione.
Un altro prezioso spunto. Nella mentalità dominante si oppone di solito alla fede l’agnosticismo o l’ateismo. Invece la “Lumen fidei”, in base alla lezione biblica, oppone alla fede “l’idolatria”.
In effetti l’ateismo non esiste. Nessun uomo può vivere, anche un solo istante, senza affermare qualcosa o qualcuno. E’ ciò che la Sacra Scrittura chiama “idolo”.
Dunque l’unica grande opzione della vita sta in questo: fidarsi di Gesù Cristo o di qualche idolo. Non è possibile per nessuno sottrarsi a questa scelta. Chi è più affidabile? Chi merita veramente fiducia? Gesù di Nazaret, colui che è morto per me e per te, o un qualunque idolo?
Questa enciclica ci libera da tanti luoghi comuni. Per esempio la cultura dominante pensa Dio come qualcuno che “si trovi solo al di là”, quindi “incapace di agire nel mondo”, perciò “il suo amore non sarebbe veramente potente, capace di compiere la felicità che promette”. Così “credere o non credere in Lui sarebbe del tutto indifferente”.
Invece è vero il contrario. E sono i fatti – i concretissimi fatti – a gridarlo. E’ tutta una storia ricchissima di fatti a provarlo.
Del resto “quando l’uomo pensa che allontanandosi da Dio troverà se stesso, la sua esistenza fallisce”.
Ma come inizia la fede? Incontrando Gesù, oggi come duemila anni fa. In un incontro con i cristiani che sono una cosa sola con Lui. Chi non vorrebbe vedere gli occhi di Gesù?
Ebbene, citando Guardini, l’enciclica spiega che la Chiesa è la portatrice storica dello sguardo di Cristo sul mondo. In essa si sperimenta una vita comune. Così noi scopriamo che non siamo più soli.
Si aderisce a quello sguardo, fino a farlo nostro, dando credito a alla compagnia di Gesù e cominciando a seguirlo concretamente: “se non crederete non comprenderete”. Perciò “la fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione soggettiva”.
Questa è la profonda ragionevolezza della fede. Chi ritiene invece che essa sia “una bella fiaba” o “un bel sentimento”, indichi qualcuno che sia più credibile di Cristo da seguire.
La prova sperimentale – dice l’enciclica – mostra a ciascuno che l’amicizia di Cristo illumina la vita come nessuna cosa al mondo e apre il cuore umano all’amore che tutti desideriamo.
Per questo possiamo riconoscere che Egli è la verità: “richiamare la connessione della fede con la verità” dice l’enciclica “è oggi più che mai necessario proprio per la crisi di verità in cui viviamo” perché “nella cultura contemporanea si tende spesso ad accettare come verità solo quella della tecnologia” o “della scienza”.
Il cristiano non pretende con arroganza di essere il padrone della verità. Anzi “la verità lo fa umile” perché non è lui a esserne padrone, ma è la verità a possederlo. Infatti è compagno di cammino di tutti.
L’enciclica ha molti spunti antirelativisti. Per esempio sulla teologia (che è “al servizio della fede dei cristiani” e alla sequela del magistero). Sulla fede “fai-da-te” (la fede è una, non si può prendere una cosa e rifiutarne un’altra). Sulla rilevanza pubblica della fede cristiana. Sulla “fraternità” che non è possibile senza riconoscere un Padre di tutti.
La fede proclama il primato dell’uomo nell’universo e al tempo stesso “ci fa rispettare maggiormente la natura”. Con buona pace di “Repubblica” esalta il matrimonio come “unione stabile dell’uomo e della donna… capaci di generare una nuova vita”, riconoscendo “la bontà della differenza sessuale”.
E fa abbracciare tutte le sofferenze del mondo: “all’uomo che soffre Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto”, ma offre la sua presenza che accompagna e che si carica di tutti i dolori umani.
La fede cristiana annuncia la “città di Dio” che ci è preparata per sempre. E si affida a colei che è “la Madre della nostra fede”.
Decisamente queste pagine sono una grande luce nelle tenebre del presente.

di Antonio Socci – Libero

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I cinquanta giorni di Via Crucis di Santa Veronica Giuliani

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013

I cinquanta giorni di Via Crucis di Santa Veronica Giuliani dans Libri Via-Crucis

Più presto che subito eccola sottoposta ai severi ordini del Santo Uffizio di Roma. Per ben cinquanta giorni ella rimane, come carcerata, chiusa in infermeria. Deve vivere separata dalle consorelle, nel silenzio e nella solitudine più rigorosa, sorvegliata ed osservata nei suoi minimi gesti e atteggiamenti. Solo raramente le è concesso, e sempre pedinata da una conversa, scendere in coro, assistere alla Santa Messa. Due volte solo riceve l’Ostia eucaristica. Tanto di giorno che di notte tutte le religiose possono spiarla a loro agio, lei sola deve rimanere nel silenzio più assoluto e nell’abbandono più terrificante. Neppure il conforto del confessore! Cinquanta giorni, durante i quali viene trattata con durezza, specialmente da Mons. Eustachi, come si rivela dai processi e come si può capire da alcune parole sfuggitele di penna nel suo Diario. Per farsene un’idea, basta ed avanza la deposizione di Padre Giovanni Maria Civelli d.C.d.G. (da Un Tesoro Nascosto, Vol. II, pag. 497, nota): Le mortificazioni che le furono date, erano così terribili, da far morire di dolore: essa però si mostrava sempre umile e sommessa e tutto sopportava con intera pace e tranquillità d’animo, che si scorgeva anche nel suo esterno”.
Lei ci racconta:
Quando vennemi la nuova che non dovevo ucire più dall’infermeria, ma, come incarcerata, ivi dovevo stare, giorno e notte: Oh! questo si che mi scottò! L’umanità voleva piangere, e lo spirito si rallegrava, ché sentisse, così dal vivo, il patire. Infatti, cercavo che, subito, il primo luogo lo pigliasse la parte superiore. Del resto, mi trovavo subito a terra con vari combattimenti. O Dio! Che pene ho passate! Sia tutto per amore di Dio!”.

S. Veronica Giuliani – Il Diario, Ed. Cantagalli. A cura di Maria Teresa Carloni

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Soltanto la preghiera può illuminare quell’anima

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013

Soltanto la preghiera può illuminare quell’anima dans Citazioni, frasi e pensieri S-Faustina-Kowalska

Oggi Gesù mi ha illuminato sul modo di comportarmi con una delle suore che mi aveva interrogata su molte questioni spirituali, sulle quali aveva dei dubbi. In fondo però non era questo che le interessava, ma voleva sapere il mio parere su di esse per avere qualche cosa da raccontare su di me alle altre suore. Oh, se almeno avesse ripetuto le medesime parole che le avevo detto, senza alterarle e senza aggiungervi altro! Gesù mi ha messo in guardia nei confronti di quell’anima. Ho deciso di pregare per lei, poiché soltanto la preghiera può illuminare quell’anima.

Santa Faustina Kowalska

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Triduo a Santa Veronica Giuliani (dal 6 all’8 luglio)

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013

Triduo a Santa Veronica Giuliani (dal 6 all'8 luglio) dans Preghiere santa-Veronica-Giuliani

Questa preghiera può essere recitata come triduo in preparazione della festa della Santa, il 9 luglio, dal 6 all’8 luglio, o in qualsiasi momento per le proprie necessità.

Dal trono di gloria ove per la pienezza dei meriti foste sublimata, nostra amabile Santa Veronica, degnatevi ascoltare la umile e fervente preghiera che, stretti dalla tribolazione, vi rivolgiamo.
Lo Sposo divino che tanto amaste e per il quale tanto soffriste ascolterà un solo palpito del vostro cuore che tante volte avvicinò al Suo e un semplice gesto della vostra mano, come la Sua, ferita dalle stimmate della passione.
Dite voi al Signore le grandi necessità dell’anima nostra, tanto spesso arida, tentata e indolente. Dite quello che ci angustia in questo momento… Ditegli come un giorno: “Signore, con le vostre stesse ferite v’invoco; con il vostro stesso amore; se le grazie chieste verranno ad accrescere questo Vostro amore in chi lo aspetta, ascoltatemi, o Signore, esauditemi, o Signore”.
O cara Santa, vera immagine del Crocefisso, la vostra preghiera non sarà delusa, e noi, ancora una volta, potremo benedire il vostro nome ed il vostro patire che vi dette tanta luce di gloria e tanta potenza d’intercessione.

Tre Pater, Ave, Gloria.

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Pregare per ottenere le virtù di Santa Maria Goretti

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2013

Messaggio della Madonna di Medjugorje del 6 luglio 1984 (messaggio dato al gruppo di preghiera):

“Leggete la vita di santa Maria Goretti. Pregate con lei il Signore perché vi ottenga le sue virtù”.

Pregare per ottenere le virtù di Santa Maria Goretti dans Madre Teresa di Calcutta Santa-Maria-Goretti

Il silenzio riguardo alla purezza è un silenzio impuro!”.

Madre Teresa di Calcutta

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