Il nostro culto a Maria

Posté par atempodiblog le 7 mai 2013

Il nostro culto a Maria
Tratto da: Rivista Papa Giovanni

Il nostro culto a Maria dans Mese di maggio con Maria mesemaggiomadonna

Il popolo cristiano ha voluto dedicare il mese di maggio a Maria in contrapposizione alle tradizioni pagane che festeggiavano il risveglio primaverile della natura, esprimendo il primordiale senso religioso del popolo per ringraziare le divinità all’inizio del nuovo percorso delle stagioni, volendo in questo modo chiedere aiuto per il lavoro e per ottenere abbondanti raccolti dei campi e numerosi parti dei greggi.
Ma già nei secoli XIII e XIV i cristiani, dall’attenzione alla natura e all’amore umano, passarono a lodare e venerare la creatura più bella e la madre più affettuosa quale appunto era Maria di Nazaret, la Madre di Dio, per ottenerne la protezione. In tal modo la venerazione alla Madonna diventa una venerazione filiale grande e forte. La Madonna è la Madre di Gesù e Madre nostra, è ricchissima di “doni celesti molto più di tutti gli spiriti angelici e molto più di tutti i Santi (Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus).
La Madonna è la “Piena di grazia” per eccellenza. Come scrisse San Pier Damiani: “Tutto ciò che c’è di più grande è inferiore a Maria; solo il Creatore supera questa creatura. Come non venerare questa sublime creatura uscita dalle mani di Dio per l’incanto del Cielo e della terra?

bambinifiorimadonna dans Mese di maggio con Maria

S. Tommaso d’Aquino, infatti, ci insegna che la vera devozione consiste nella “donazione pronta e completa di tutto se stesso”. La parola devozione significa quindi donazione, o meglio “donarsi”. Non un donarsi qualsiasi, naturalmente, ma un donarsi con amore, con generosità, con trasporto.
La mia devozione alla Madonna, quindi, deve consistere nella donazione amorosa di me stesso alla Madonna; ossia, faccio dono di me alla Madonna. E se di un dono si può fare quel che si vuole, la Madonna può fare di me, suo dono, quello che vuole, e io non posso fare altro se non quello che vuole Lei, quello che piace a Lei, quello che opera Lei. Tanto più sono devoto della Madonna, quanto più mi abbandono a Lei, mi conformo a Lei, vivendo in tutto e per tutto governato da Lei.
La devozione mariana così intesa, nel suo senso più pieno e più perfetto, comporta la consacrazione di sé alla Madonna, ossia l’espressa offerta a Maria di tutto il proprio essere, di tutto ciò che si è e di tutto ciò che si ha (anima, corpo, sensi; beni esterni, beni interni, beni presenti, beni futuri; la vita, la morte, l’eternità…).
In tal modo, con la consacrazione si realizza la pienezza della devozione alla Madonna, perché si è effettivamente donati in tutto e per tutto alla Madonna, si appartiene a Lei incondizionatamente, e si vuol vivere senza riserva come suoi figli o “schiavi d’amore” (S. Luigi Grignion di Montfort) o, ancor più, come “proprietà, strumenti, cose fra le sue mani” (S. Massimiliano M. Kolbe) o, ancor più, come “vittime di olocausto” del suo amore materno e misericordioso per l’avvento del Regno di Dio in tutte le anime.

Publié dans Mese di maggio con Maria | Pas de Commentaire »

Un pensiero mariano di san Giuseppe Moscati

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

Un pensiero mariano di san Giuseppe Moscati dans Citazioni, frasi e pensieri Blessed-Moscati

O Maria, ricordateVi che siamo vostri, proteggeteci Voi, rendeteci penitenti, convertiteci.

dagli scritti del Prof. G. Moscati

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, San Giuseppe Moscati | Pas de Commentaire »

Il mese di maggio con Don Bosco e Domenico Savio

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

Il mese di maggio con Don Bosco e Domenico Savio dans Mese di maggio con Maria domenicosaviodonbosco

«Sul finire del mese di aprile (1856), Domenico Savio si era presentato a don Bosco, chiedendogli come avrebbe potuto celebrare santamente il mese di Maria.

- Lo celebrerai, gli rispose don Bosco, con l’esatto adempimento dei tuoi doveri, raccontando ogni giorno ai compagni un esempio in onore di Maria e procurando di regolarti in modo da poter fare in ciascun giorno la santa comunione.

- Ciò procurerò di fare puntualmente; ma qual grazia dovrò domandare?

- Domanderai alla santa Vergine che ti ottenga da Dio sanità e grazia per farti santo.

- Sì! Che mi aiuti a farmi santo!» (cfr MB V, 462).

Tratto da: donbosco.it

Publié dans Mese di maggio con Maria, San Domenico Savio, San Giovanni Bosco | Pas de Commentaire »

Il Santo Rosario

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

Il Santo Rosario dans Citazioni, frasi e pensieri Maria-e-il-santo-Rosario

Il Rosario è un colloquio con Lei (la Madonna). Noi lo recitiamo alla Sua presenza. Se non la vediamo come Bernadette con gli occhi della carne, possiamo però vederLa con gli occhi del cuore. Se preghiamo con fede, Lei ci ascolta. Mentre scorriamo la corona, passando in rassegnai misteri della redenzione, Lei ci rafforza nella fede, purifica il nostro cuore e fortifica la nostra volontà sulla via del bene.

Padre Livio Fanzaga

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Mese di maggio con Maria, Padre Livio Fanzaga, Preghiere, Santa Bernadette Soubirous | Pas de Commentaire »

Il senso delle preghiere mariane

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

Il senso delle preghiere mariane dans Citazioni, frasi e pensieri josemariaescrivbambini

Guardate: per Maria, nostra Madre, saremo sempre piccoli, perché la Madonna  ci apre la strada del Regno dei Cieli, che sarà donato a chi si fa bambino [Cfr  Mt 19, 14]. Dalla Madonna non ci dobbiamo mai separare. E come le renderemo  onore? Frequentandola, parlandole, esprimendole il nostro affetto, meditando nel  nostro cuore le scene della sua vita terrena, raccontandole le nostre lotte, i  nostri successi e i nostri insuccessi.

In questo modo scopriremo — come  se le recitassimo per la prima volta — il senso delle preghiere mariane, che da  sempre si recitano nella Chiesa. Che cosa sono l’Ave Maria e l’Angelus se non le lodi ardenti alla Maternità divina? E nel santo  Rosario — meravigliosa devozione che non mi stancherò mai di raccomandare a  tutti i cristiani — passano per la nostra mente e per il nostro cuore i misteri  dell’esistenza mirabile di Maria, che sono anche i misteri fondamentali della  fede.

San Josemaría Escrivá de Balaguer

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Mese di maggio con Maria, San Josemaria Escriva' de Balaguer | Pas de Commentaire »

La sofferenza

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

La sofferenza dans Citazioni, frasi e pensieri bimbacroceges

O Madre di Dio, la Tua anima è stata immersa in un mare di amarezze: guarda alla Tua bambina ed insegnale a soffrire e ad amare nella sofferenza. Fortifica la mia anima, in modo che il dolore non la spezzi. O Madre della grazia, insegnami a vivere con Dio. Una volta mi venne a trovare la Madonna. Era triste, aveva gli occhi abbassati verso il suolo, mi fece capire che aveva qualche cosa da dirmi, ma nello stesso tempo si comportava come se non volesse parlarmene. Quando lo compresi, cominciai a pregare la Madonna che me lo dicesse e volgesse lo sguardo verso di me. In un attimo Maria si rivolse a me sorridendo cordialmente e disse: «Dovrai soffrire a causa di una malattia e dei medici. Inoltre avrai sofferenze per quell’immagine. Ma non aver paura di nulla». Il giorno dopo mi ammalai e soffrii molto, proprio come mi aveva detto la Madonna, ma la mia anima è preparata alle sofferenze. La sofferenza è la compagna costante della mia vita.

Santa Faustina Kowalska

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Santa Faustina Kowalska, Stile di vita | Pas de Commentaire »

I suicidi? Uno choc. Ma non nei numeri

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

I suicidi? Uno choc. Ma non nei numeri dans Articoli di Giornali e News vittoriofeltri

Ieri ci siamo occupati di omicidi e abbiamo scoperto, non senza sorpresa, che noi italiani siamo scarsi anche come criminali, benché la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra ci diano una mano per non «sfigurare» troppo nelle statistiche: i delitti diminuiscono a vista d’occhio e negli ultimi lustri siamo scesi sotto quota 3.000 l’anno. Fra l’altro abbiamo appurato che tra i morti ammazzati sono più numerosi gli uomini delle donne, quindi parla a vanvera chi invoca pene particolarmente severe per coloro i quali commettono femminicidio.
Certamente fa più notizia una ragazza sgozzata dopo uno stupro che non un pensionato fatto secco da un rapinatore: della prima si occupano le televisioni importanti; del secondo – che finendo all’altro mondo alleggerisce il deficit dell’Inps – si cura al massimo qualche gazzetta locale, un trafiletto in cronaca e pedalare. In ogni caso, chi dipinge – lo facciamo tutti – il nostro Paese come la culla della delinquenza, altro che del diritto, sbaglia sapendo di sbagliare. Transeat.
Oggi, per completare l’opera di controinformazione, ci dedichiamo ai suicidi, di cui abbiamo esaminato le cifre finora trascurate dai giornali, impegnati come sono a dare spiegazioni sociologiche degli «insani gesti» compiuti da poveracci soccombenti nelle liti con il fisco. Anche in questo tragico campo c’è l’abitudine di raccontare frottole, ma senza l’aggravante della cattiva fede.
Secondo l’Istat, gli italiani che si sono tolti la vita nel 2012 sono stati 3.048 ovvero 5,6 ogni 100mila abitanti, media nazionale. In assoluto, sono troppi, ne conveniamo. Ma se compariamo i dati di casa nostra con quelli della Francia, dove i suicidi sono stati 11mila nello stesso periodo, dobbiamo ammettere di essere un popolo strafelice, nonostante Equitalia, la disoccupazione crescente, l’economia che langue, lo spread altalenante e la penuria di euro. Si dirà che i transalpini costituiscono un’eccezione negativa. Può darsi. Ma che dire allora dell’invidiata e stimata Germania che, grazie ad Angela Merkel, domina i mercati e fa la voce grossa in Europa? I tognini che hanno optato di affidare l’anima al barcaiolo Caronte sono stati 10mila, poco meno dei francesi e oltre tre volte i nostri compatrioti.
Nulla da obiettare? Le statistiche che riportiamo non provengono dalla mutua, ma dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e dal Centro culturale Die Kulturinitiative. I tedeschi che si uccidono volontariamente superano quelli che crepano per incidenti, violenze e droghe. Si vede che non stanno meglio di noi sotto il profilo della serenità. Idem, a maggior ragione, i francesi.
Altra statistica illuminante. Rispetto agli anni Novanta, gli italiani suicidi sono calati in misura assai considerevole, passando da una media di 8,3 ogni centomila abitanti, a 5,6. Da notare che il tasso di suicidi nel mondo è salito negli ultimi 45 anni del 60 per cento. Sapete perché? Uomini e donne hanno cominciato a sopprimersi anche nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Probabilmente è il benessere che danneggia la salute mentale, non la miseria.
Nella speciale classifica internazionale di chi si è dato la morte, noi siamo al 64° posto, la Francia al 24°, la Germania al 47°. Da qui si evince che nemmeno in questa lugubre materia eccelliamo; difatti, tra i Paesi della Ue, siamo piazzati in fondo alla graduatoria. Inutile addentrarsi in complicate analisi: noi preferiamo tirare a campare in qualche modo di qua, piuttosto che trasferirci nell’aldilà con la speranza di trovarci il Paradiso. O, forse, abbiamo adottato la filosofia partenopea: piangere e fottere. A morire c’è sempre tempo. Non lo dico così per dire. In effetti, il più basso tasso di suicidi nella penisola si registra in Campania: 2,6 ogni 100 mila abitanti. Mentre in Friuli Venezia Giulia si riscontra un’impennata: 9,8; idem in Valle d’Aosta (9) e in Trentino Alto Adige (8,7). Rammento che la media nazionale è di 5,6. Nel Mezzogiorno non ci sarà lavoro, i redditi saranno da fame, si pagherà il pizzo, però non manca il buonumore che aiuta a sopportare la fatica di vivere.
C’è solo un’osservazione da aggiungere. La nostra propensione a non cedere alla depressione non è solamente caratteriale; è accertato: qui si mangia meglio che altrove, il clima è buono, non siamo ancora riusciti a distruggere l’ambiente, le case (anche le più bruttine) sono ospitali. Soprattutto, abbiamo imparato nei secoli ad arrangiarci. È un’arte che, se esercitata bene, tiene lontano dalla tomba.

di Vittorio Feltri – Il Giornale

Publié dans Articoli di Giornali e News, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Voci su Ratzinger a Medjugorje. Il mio sogno

Posté par atempodiblog le 6 mai 2013

Voci su Ratzinger a Medjugorje. Il mio sogno
di Antonio Socci – Libero

Voci su Ratzinger a Medjugorje. Il mio sogno dans Antonio Socci gospamadonnamedjugorje

Col ritorno del papa emerito in Vaticano ho fatto una sorta di sogno, uno di quei sogni a occhi aperti che sono talora ispirati da voci e boatos che circolano in diversi ambienti.
Ho dunque “sognato” di ricevere la notizia secondo cui Joseph Ratzinger intende recarsi a Medjugorje.
Un simile clamoroso evento sarebbe considerato bellissimo da milioni di pellegrini e devoti della “Regina della pace”. Ma – è ovvio – solleverebbe anche molte opposizioni.
Perché tanto clamore? Anzitutto perché una simile visita potrebbe essere considerata da alcuni come un’implicita approvazione delle apparizioni della Madonna che da trent’anni avvengono nel villaggio della Bosnia Erzegovina.
Già questo susciterebbe alcuni malumori. Tuttavia c’è una risposta che confuta tali obiezioni: Ratzinger infatti non è più il Pontefice in carica e Medjugorje è pur sempre una parrocchia della Chiesa Cattolica, anzi un Santuario mariano, che vede arrivare tantissimi sacerdoti, pellegrini e anche diversi vescovi.
Quindi la visita privata del vescovo emerito di Roma di per sé non significherebbe uno “strappo”. Da Papa non avrebbe potuto farlo con un viaggio ufficiale. Come non poté farlo Giovanni Paolo II. E’ noto che papa Wojtyla credeva all’autenticità delle apparizioni di Medjugorje (lo ha dichiarato più volte, durante colloqui personali, a tanti interlocutori diversi).
Tuttavia – pur desiderandolo – non si è mai recato nel villaggio proprio perché il suo arrivo lì come Papa avrebbe significato una sorta di riconoscimento formale, mentre gli eventi erano (e sono) tuttora in corso.
Un giorno ad alcuni vescovi e sacerdoti da lui ricevuti in udienza, che dopo sarebbero andati in pellegrinaggio a Medjugorje, papa Wojtyla disse: “Medjugorje, Medjugorje. E’ il centro spirituale del mondo”. Tante volte manifestò il suo desiderio di recarvisi.
Ratzinger è sempre stato più cauto su queste apparizioni. Io stesso nell’ottobre 2004 ne parlai a lungo, personalmente, con lui. Mi sembrò che non avesse pregiudizi, ma fosse anche molto attento a valutare tutte le testimonianze e le diverse posizioni (positive e negative) in campo.
Mi parve molto toccato dalle tante conversioni. Ma il suo atteggiamento era improntato a grande cautela.
Proprio per questa prudenza, per questo suo atteggiamento che vuole capire, da papa aveva istituito una commissione di studio su quegli eventi. Commissione che ha lavorato e sta lavorando con molta serietà e attenzione.
Ripensando a queste premesse il “sogno” di un suo eventuale viaggio, se si realizzasse, sorprenderebbe. E si potrebbe interpretare in diversi modi.
Una prima ipotesi: andare a vedere di persona, a verificare con i propri occhi, nel luogo dove – ancor prima dei miracoli – si verificano tantissime conversioni.
Oppure – seconda ipotesi – Ratzinger potrebbe voler ringraziare là dove la Madonna ha incessantemente chiesto ai fedeli digiuni e preghiere per i pastori della Chiesa, in primis per i pontefici.
Tuttavia questo potrebbe significare che qualcosa di clamoroso è accaduto. Infatti cosa potrebbe provocare una svolta e una decisione così stupefacente se non un segno soprannaturale inequivocabile che Joseph Ratzinger potrebbe aver ricevuto, cioè una ‘chiamata’ che non si può non ascoltare”?
Riflettendoci mi sono tornate in mente le parole del suo ultimo Angelus da papa, il 24 febbraio 2013, che – alla luce di questo mio “sogno” – acquisterebbero una risonanza tutta particolare.
Spiegando ai fedeli a cosa si sentiva chiamato, dopo la rinuncia al pontificato, prendendo spunto dal Vangelo di quella domenica, sulla Trasfigurazione, Benedetto XVI disse:

“Meditando questo brano del Vangelo, possiamo trarne un insegnamento molto importante. Innanzitutto, il primato della preghiera, senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo… Inoltre, la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione. ‘L’esistenza cristiana – ho scritto nel Messaggio per questa Quaresima – consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio’ (n. 3)”.

Poi concluse:

“Cari fratelli e sorelle, questa Parola di Dio la sento in modo particolare rivolta a me, in questo momento della mia vita. Il Signore mi chiama a ‘salire sul monte’, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze. Invochiamo l’intercessione della Vergine Maria: lei ci aiuti tutti a seguire sempre il Signore Gesù, nella preghiera e nella carità operosa”.

C’è anzitutto il tema della preghiera, il suo primato, che è pure il cuore del messaggio di Medjugorje. In secondo luogo c’è  quell’espressione “il Signore mi chiama a salire sul monte”, che già fece riflettere quando fu pronunciata.
L’eventuale pellegrinaggio a Medjugorje e la salita del papa emerito sul monte delle apparizioni darebbero un significato ancora più profondo a quelle parole. E farebbero riflettere seriamente tutti sulle apparizioni della “Regina della pace”.
Di certo possiamo dire ciò che pensano i milioni di fedeli che vanno in pellegrinaggio in questo paesino della ex Jugoslavia: la presenza quotidiana della Madonna fra noi da più di trent’anni può avere un solo significato, un soccorso straordinario alla Chiesa per un tempo terribile.
Un soccorso che forse già era stato preannunciato nel 1830 dalla Madonna stessa a santa Caterina Labouré, all’inizio delle grandi apparizioni pubbliche che hanno caratterizzato gli ultimi duecento anni.
Lì a Parigi, a Rue du Bac, disse testualmente: “Il momento verrà, il pericolo sarà grande. Tutto sembrerà perduto. Allora io sarò con voi”.
Non sembra una prefigurazione di questo nostro tempo?
Che si realizzi o meno il mio “sogno” sul viaggio del papa emerito, che si dimostrino fondate o no quelle voci, i fatti di Medjugorje e le parole che lì pronuncia la Vergine sono reali, straordinari, e inducono a meditare su noi stessi, sulla nostra vita e sull’ora presente dell’umanità.

Publié dans Antonio Socci, Medjugorje | Pas de Commentaire »

Maria e il mese di maggio

Posté par atempodiblog le 4 mai 2013

Maria e il mese di maggio dans Mese di maggio con Maria verginedelrosario

Oggi è il primo sabato di maggio, cioè del mese che la tradizione vuole  – insieme ad ottobre, mese del rosario – dedicato in particolare al culto della Vergine Maria. È un fatto che, se siamo cresciuti all’interno della cattolicità, abbiamo appreso fin da  bambini e che diamo ormai per scontato. Ma forse, proprio per questo, è interessante cercare di risalire alle origini della speciale attenzione per Maria in questo momento dell’anno, per renderci conto meglio di come essa è nata e si è diffusa nell’intera cristianità.

Incominciamo col dire che essa è un piccolo vanto tutto italiano come, del resto, la famosa “supplica” alla Madonna di Pompei. E questo perché, se è vero che già qualcuno come il re di Castiglia e Leòn, Alfonso X il Saggio (vissuto nel XIII sec.), in uno dei suoi Cantici aveva in qualche modo associato la figura di Maria al mese di maggio e tre secoli dopo a Monaco di Baviera il benedettino Wolfang Seidl aveva pubblicato un abbozzo di mese mariano, sarà solo in età barocca e in Italia che la devozione andrà chiaramente strutturandosi.

In realtà, occorre precisarlo subito: ciò da cui sembra che tutto abbia preso le mosse non è un aggancio con il ciclo liturgico, come in teoria si potrebbe pensare e come, per esempio, è avvenuto per il mese mariano presente nel rito bizantino fin dal XIII secolo, che viene celebrato in agosto in relazione alla festa della Assunta, la Dormitio Mariae per gli ortodossi. Il nostro “mese di maggio” si ricollega piuttosto, per un verso, al bisogno di riproporre Maria alla devozione dei fedeli dopo quella sorta di diminuzione di ruolo che le era derivata dalla Riforma. Ma anche dal rilancio che alcuni culti pagani, come quelli legati alle feste di primavera, accentrate sui Calendimaggio, stavano ritrovando spazio all’interno del Rinascimento e ciò preoccupava assai gli ambienti religiosi.

Per questo non sembra un caso che proprio attorno a Firenze, centro di questo rinascimento, e precisamente nel noviziato domenicano di Fiesole, nel 1677, sia nata la Comunella, cioè una sorta di confraternita che cominciò a dedicare alla Vergine il mese di maggio con degli esercizi di devozione. Ecco che cosa possiamo leggere negli archivi: «Essendo giunte le feste di maggio… e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominciavano a “cantar maggio”e a far festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo vantare anche noi alla Santissima Vergine Maria e che non era dovere che ci lasciassimo superare dai secolari». Dunque alla regina della primavera viene quantomeno affiancata la Regina del Cielo.

Da quel momento in poi è tutto un susseguirsi di iniziative prima sporadiche e poi sempre più organizzate fino al “Mese di Maria” pubblicato a Verona nel 1725 da un gesuita, padre Dionisi, seguito nel 1747 dal “ Mese di Maggio” di padre Saporiti e poi ancora da quelli di padre Lalomia e infine nel 1787 di padre Muzzarelli. Con quest’ultimo la devozione assume il suo aspetto definitivo. La pubblicazione che la illustra viene infatti inviata a tutti i vescovi perché la introducano nelle parrocchie della loro diocesi. Cosa che avverrà praticamente dovunque.

Durante la prima metà dell’800 il “Mese di Maggio” è già affermato in Europa e in America; progressivamente raggiungerà anche i paesi di missione. Diversi papi lo sosterranno esplicitamente: Pio VII, Gregorio XVI, Pio IX addirittura lo indulgenzieranno. Al punto che questa devozione è stata definita «l’omaggio più grandioso che i tempi moderni hanno offerto alla Santa Vergine».

Grandioso, certamente, ma per alcuni anche un po’ troppo debordante. A raccogliere critiche e proposte, inseguendo il giusto equilibrio, è certamente servita la riflessione conciliare sul ruolo di Maria che, contro ogni rischio di deviazione e di devozionalismo sentimentale l’ha riportata in pienezza all’interno della storia della salvezza. Poi, l’enciclica di Paolo VI , la Marialis cultus, ha completato il quadro. La riforma del calendario liturgico, da parte sua, ha contribuito a favorire l’aggancio con il ciclo solenne della Chiesa ponendo proprio il 31 maggio, cioè tra l’annunciazione il 25 marzo, e la nascita del Battista il 24 giugno, la Festa della Visitazione. Così oggi, il “Mese di Maggio” continua a restare, per chi lo voglia, una grande occasione pastorale capace di unire la devozione liturgica a Maria con la più genuina pietà popolare.

di Rosanna Brichetti Messori – La nuova Bussola Quotidiana

Publié dans Mese di maggio con Maria, Pompei, Rosanna Brichetti Messori | Pas de Commentaire »

La Basilica di Superga

Posté par atempodiblog le 4 mai 2013

La Basilica di Superga
Sorta per un voto di vittoria militare, Superga ospita il pantheon dei Savoia ed è simbolo religioso di Torino.
di Annamaria Scavo – Radici Cristiane

La Basilica di Superga dans Apparizioni mariane e santuari basilicadisuperga

Sembra quasi di vederli ancora, là sulla cima del colle di Superga, pianificare la difesa della cittadella con non poca preoccupazione. Era il 2 settembre 1706 e Vittorio Amedeo II Duca di Savoia con il cugino Eugenio di Savoia, principe di Carignano, venuto in suo soccorso al comando delle truppe imperiali austriache, cercavano una soluzione strategica per liberare Torino da un assedio dei francesi che si protraeva dal 14 maggio nel più ampio contesto della Guerra di Successione Spagnola.

Il grande voto
La decisione presa quel giorno si sarebbe rivelata vincente, pur se rischiosa. Vittorio Amedeo II, compresa la gravità della situazione, prometteva che, in caso di vittoria, avrebbe costruito su quel colle una Basilica dedicata alla Vergine Maria in segno di ringraziamento.
I piemontesi ne uscirono vittoriosi e, ancora prima della fine della guerra vera e propria, l’architetto messinese Filippo Juvara riceveva l’incarico di occuparsi del progetto della nuova chiesa, nel 1711.
La costruzione iniziò il 20 luglio 1717 e si protrasse per quattordici anni, affrontando, fra l’altro, la difficoltà di portare i materiali a dorso d’asino per un sentiero sassoso su questo colle alto più di 600 metri. Il 1° novembre 1731 il tempio fu solennemente consacrato alla presenza di Re Carlo Emanuele III di Savoia.
Successivamente, nel 1799, in piena occupazione francese, si è corso il rischio di trasformare la Basilica in un “Tempio della Riconoscenza” dedicato alle ceneri dei piemontesi caduti al fianco dei giacobini, mentre le tombe dei Savoia sarebbero state traslate altrove. Con la sconfitta dei francesi occupanti, anche questo problema fu eliminato.

Pantheon dei Savoia
La Basilica si articola attorno a una chiesa dalla pianta circolare, sormontata da una grande cupola di gusto barocco e preceduta da un pronao sorretto da otto colonne corinzie a imitazione del Pantheon romano. Ai lati del corpo centrale si innalzano due bei campanili, che, per eleganza, ricordano il grande Borromini.
L’interno, a croce greca, è decorato da lucenti sculture eseguite dai fratelli Filippo e Ignazio Collino.
Nei sotterranei, sotto il presbiterio, Juvara aveva previsto da subito un luogo per la sepoltura dei Savoia ma, forse per mancanza di soldi, l’incarico effettivo per la realizzazione della Cripta Reale fu dato da Vittorio Amedeo III al nipote dello Juvara e ad altri architetti, solo dopo il 1774.
Il mausoleo era destinato a contenere le spoglie di quasi tutti i Savoia, con l’eccezione dei regnanti d’Italia tumulati poi nel Pantheon di Roma e di pochi altri. Così nel 1778 Vittorio Amedeo III, dopo aver inaugurato il mausoleo, iniziava il trasferimento e la tumulazione dei Savoia sepolti altrove.
Si accede alla Cripta dal lato sinistro esterno della Basilica attraverso uno scalone di marmo e un lungo corridoio. Al termine dello scalone una splendida statua di san Michele Arcangelo, che sconfigge un demonio antropomorfo, è stata voluta da Vittorio Emanuele II, quasi a difesa delle tombe e scolpita da Finelli, un allievo del Canova.
La cripta è a croce latina e l’interno, in stile barocco, è riccamente decorato da stucchi e sculture monumentali con abbondanza di simboli alchemici ed esoterici. I colori dei marmi sono molto vivaci con prevalenza di bianco, nero e rosso, ma anche con marmi verdi, alabastro e volte stuccate in oro.
Al centro della croce latina, la Sala dei Re, con il sarcofago più grande, quello di Carlo Alberto di Savoia. In questa posizione, secondo le intenzioni iniziali, avrebbe dovuto sempre essere sepolto l’ultimo regnante deceduto, trasferendo il precedente in un loculo laterale. In realtà, i successivi regnanti sono stati poi tumulati nel Pantheon e Carlo Alberto è ancora al suo posto.
Attorno al sarcofago, quattro nicchie in marmo nero con le statue candide delle tre virtù teologali e del Genio delle Arti che reca in mano un triangolo con la punta rivolta verso il basso, appoggiato su una sfera, il tutto opera di Ignazio e Filippo Collino. Dal sarcofago centrale partono i quattro bracci della croce con cinque sale, fra cui quella delle Regine e degli Infanti.
Non è certo se la Sala Reale ospiti anche il cuore del principe Eugenio, sepolto a Vienna nella cattedrale di Santo Stefano, mentre Mafalda di Savoia, morta nel campo di concentramento di Buchenwald nel 1944 e sepolta nel cimitero del castello degli Assia a Kronberg im Taunus, è ricordata nella cripta reale da un cenotafio.

ritrattipapi dans Apparizioni mariane e santuari

A Superga è conservata l’unica raccolta al mondo di ritratti su tela di tutti i pontefici della storia a partire da San Pietro. La sala li espone in ordine non cronologico lungo tutte le pareti. Negli appartamenti reali della stessa Basilica, sono esposti anche i ritratti degli antipapi, e tra essi Felice V, vale a dire Amedeo VIII di Savoia.
Per raggiungere la Basilica, oltre alla normale strada, si realizzò nel 1884 una funicolare basata sul sistema Agudio che collegava la sommità della collina di Superga con il quartiere Sassi in Torino. La linea, lunga circa tre chilometri, è stata elettrificata e trasformata in tranvia a cremagliera nel 1934, ed è ad oggi in funzione con le motrici del 1934 e i vagoni del 1884.
Sul piazzale a destra della Basilica un monumento, dedicato alla memoria di Re Umberto I di Savoia, ne ricorda il tragico assassinio del 1900. Il monumento, dello scultore milanese Tancredi Pozzi, consiste in una colonna corinzia di granito con un capitello in bronzo sulla quale si trova un’aquila trafitta da una freccia. Alla base della colonna un guerriero celtico, che simboleggia la città di Torino, punta una mano verso il cielo e la spada verso uno scudo dei Savoia.

Publié dans Apparizioni mariane e santuari | Pas de Commentaire »

“Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e a non giudicare”

Posté par atempodiblog le 3 mai 2013

“Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e a non giudicare” dans Medjugorje gospa

La Regina della Pace nel messaggio a Mirjana del 2 maggio ci fa riflettere sulle parole di Gesù: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato” (Lc 6, 37) e ammonisce. “Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e a non giudicare”.
Al riguardo ci porta l’esempio di Gesù: “Mio Figlio, per volontà celeste, è stato in mezzo a voi per salvarvi e non per giudicarvi. Se volete seguire mio Figlio, non giudicherete ma amerete”.
A fare diversamente rischiamo di “correre verso la perdizione”. Come è possibile questo? Dove sta la gravità nel giudicare gli altri?
A questo riguardo occorre precisare che qui si tratta di giudicare le persone e non le idee o i comportamenti oggettivi, la cui conformità o difformità con la legge di Dio deve esserci chiara.
Le persone invece non vanno mai né giudicate, né condannate, perché ciò spetta a Dio soltanto, l’unico che conosce i cuori di ognuno.
Chi giudica e condanna gli altri è in grave pericolo perché non pensa alla sua personale conversione. E’ come il Fariseo che giudicava il pubblicano un peccatore. E’ un presuntuoso che crede di essere giusto e che non vede i suoi peccati. Come potrà pentirsi e convertirsi?
La Madonna invece ci chiede di amare, specialmente quelli che vediamo sulla via della rovina. Non hanno bisogno della nostra condanna, ma dell’esempio della nostra fede e del nostro amore, “affinché la vostra vita benedica coloro che incontrate”. Tutte queste povere anime “non sanno che cosa significhi amare”.
In particolare la Madonna ci proibisce insistentemente di giudicare i Pastori della Chiesa. Essi non hanno bisogno delle nostre critiche e delle nostre pietre: “Custoditeli e pregate per loro”.

Padre Livio Fanzaga

Publié dans Medjugorje, Misericordia, Padre Livio Fanzaga, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Campioni della Fede

Posté par atempodiblog le 2 mai 2013

Campioni della Fede
Da Gino Bartali a Paolo Bettini, da felice Gimondi a Eddy Merckx, da Francesco Moser a Vincenzo Torrioni: un filo doppio lega molti protagonisti del ciclismo al cattolicesimo. Perché per muovere una bicicletta le gambe non bastano.
di Alessandro Gnocchi – Il Timone

Campioni della Fede dans Alessandro Gnocchi Corridori

Quando gli sono stati chiesti lumi sulla lunghezza di questo pezzo, il direttore ha detto senza indugi «Novemila battute, non una di più». Se conoscete un direttore che al numero delle battute aggiunge «non una di meno», passate parola.
Punto a capo, per dire che, di quelle novemila battute, seicentonovanta vanno cedute alla seguente perla firmata Gianni Brera: «Il Redefossi nasceva dal Naviglio. Era un canale di scarico e di protezione insieme, perché lambiva le mura. Oggi è tutto coperto e ci sferraglia sopra il tram di circonvallazione. Ritorna alla luce molti chilometri oltre Porta Romana.
Vi sbocca la fogna, impossibile sognarci. Ma quando nacqui vi si specchiava il cielo. Ed era il mio oceano.
Le donne di corso Lodi vi andavano a lavare i panni e le stoviglie, sgurandole con la sabbia quarzosa. I lavatoi erano fatti con una semplice tavola di pioppo che quattro gambe da panchetto reggevano fissandosi al fondo. Ho in mente una lunga fila di dorsi ricurvi, di sottane rimboccate e di piedi rossi. Ma le donne cantavano ed era assai bello».
Un gioiello così sta bene proprio in questo posto e non altrove per il semplice motivo che il Gioanbrerafucarlo non sta facendo il sentimentale, ma sta parlando di ciclismo. Vedere alla voce Biciletta, addio, gran libro, annata 1964.
Bicicletta, addio suona un po’ come “Addio monti” dei Promessi sposi. È pur vero che Manzoni a Brera non garbava così tanto: gli dava del coniglio perché si era rifugiato nel romanzo storico. Ma, ciò nonostante, ei due addii, si legge lo stesso sentimento di qualcosa che se ne sta andando e chissà, forse, potrebbe tornare, ma solo se lo vorrà Qualcuno che non ha da rendere conto agli uomini. Ovvio quindi che Eberardo Pavesi, classe 1883, protagonista dell’addio breriano, sia stato un ciclista naturaliter religioso cattolico, così come è naturaliter cattolica Lucia Mondella, protagonista dell’addio manzoniano. Magari un po’ malgarbato, Pavesi, ma cattolico. Solo un accidentaccio d’uomo simile, una volta detto addio alla bicicletta, avrebbe potuto fare il direttore sportivo di Gino Bartali. Del Bartali baciapile, si intende. Del Bartali che mandava fuori dai gangheri i comunisti mangiapreti per quanto amava la Madonna e per la sua predilezione per i santi del Carmelo. Vuoi mettere un santino di Santa Teresina nel portafogli incollato alla coscia sudata mentre pedali in salita contro uno di Togliatti in cabina elettorale? E i comunisti mangiapreti, là dove Dio li vedeva e Stalin no, erano costretti a riconoscerlo.
Per tornare a Pavesi, solo uno come lui poteva sopportare un Bartali inginocchiato sui gradini freddi delle chiese a dire le orazioni mandando a ramengo un’ora abbondante di massaggi e di riscaldamento. «Brutt bojon, Gino se te fet?» gli urlava. Chi non comprende il milanese vada a senso perché la traduzione laicizzerebbe irrimediabilmente l’amore per l’uomo inginocchiato e il rispetto per Colui che stava al di là del portone.
Il “brutt bojon” se ne è andato nel 2000 portando indosso il mantello bianco dei Carmelitani Scalzi. Era un terziario dell’ordine di Santa Teresa, di San Giovanni della Croce e di Santa Teresina. E qualcosa della piccola Teresa lo aveva replicato nella sua vita. Lei a girare il mondo dopo morta, testimone di Cristo con il suo corpo senza vita. Lui a girare il mondo ciclisticamente conosciuto, testimone di Cristo con ciò che un vero atleta può esibire senza vergogna, il suo corpo vivo.
Solo i santi e solo i ciclisti possono farlo. Un bacio della reliquia e una pacca sulla schiena, una giaculatoria e un “vai Gino che sei solo”, l’invocazione di una grazia e la domanda di un sorriso.
Quanto è dura la salita del Carmelo, Gino? Si vede che tocca ai toscani rispondere. Paolo Bettini, campione olimpico nel 2004, campione mondiale nel 2006 e 2007, un fratello morto a 42 anni in un incidente di macchina, dice che è dura. È dura come la vita, ma a lui lo aiuta padre Raffaele, un carmelitano che non disdegna di andargli dietro qualche volta in bicicletta. Bettini è venuto su lungo la vecchia Aurelia, dove arriva senza fatica il sale del mare. Non diresti che si possa essere cattolici in questo incrocio di anticlericalismo toscano e di sogno americano che ha per nome La California, una manciata di case buttate giù in qualche maniera poco lontano dai cipressi di Bolgheri alti e schietti. Invece lui è cattolico e dice che gli piace Papa Benedetto XVI, un regolarista come Gimondi.
Già, Felice Gimondi da Sedrina, terra bergamasca all’imbocco della Val Brembana. Terra dura che si sfalda a contatto con il Brembo, là dove il fiume si inserpentisce in giravolte che paiono tornanti del Passo San Marco e liscia i sassi e i rami di castagno che porta verso valle, e li tira bianchi come la veste di un domenicano.
Terra cattolica e, fino a due o tre decenni fa, bastava nascerci per venir su con la vera fede nei polmoni.
Felice ne aveva negli Anni Sessanta e Settanta, quando andava in bicicletta e Brera scriveva che, di profilo, pareva un capo indiano. E ne ha ancora oggi, in un mondo matto dove anche il ciclismo sembra fatto per far perdere la pazienza a un santo.
Dicono che pare ostrogoto, ma, a parlarlo in fretta, il bergamasco sembra quasi latino. Lingua liturgica alla portata di tutti, una giaculatoria un soldo, per dire la fatica lungo la strada, nei campi, in fabbrica. Lingua liturgica buona nei giorni feriali, fin sul sagrato, perché, ai tempi in cui Felice correva per le salite di Sedrina ad aiutare la mamma a portare la posta, in chiesa usava il latino.
Il bergamasco introduceva al mistero e il latino lo celebrava. E il mistero entrava fin nelle ossa. Non si spiega diversamente che Felice, sul palchetto di un Giro d’Italia dei primi Anni Settanta, invece che salutare la mamma e gli amici del Bar Sport, dicesse senza neanche riprendere fiato che per lui, anche quando si arriva primi, in realtà si è sempre secondi perché davanti a tutti c’è Qualcuno di più grande. E all’intervistatore deciso ad avere lumi perché non aveva capito che nel parlato latino-bergamasco di Gimondi Qualcuno aveva la “Q” maiuscola, lui rispose semplicemente «Non so, è un mistero».
Forse, il povero intervistatore, avrà pensato a Eddy Merckx, il fiammingo con gli occhi a mandorla, il Cannibale, l’incubo di un Gimondi che, pure, riuscì a vincere tutto, mondiale compreso. Non ci fosse stato Merckx, chissà quanto sarebbe lungo il suo albo d’oro. Ma Merckx c’era, e anche lui andava ad Ave Maria. Muscoli, testa, cuore e fegato, certo. Ma anche Ave Maria. E ogni vittoria dedicata alla Madonna. 525 corse vinte di cui 426 da professionista. Fate il conto di quanti Rosari ci ha cavato il Cannibale, e tutti fatti con rose di prima scelta, tappe del Giro, del Tour, della Vuelta, Mondiali, Lombardia, Sanremo, Rubaix. Questi sì, che sono Rosari.
Quando cominciava a menare pedate sui pedali, incurvava la schiena, abbassava la testa ed era talmente prostrato che pareva una vecchia inginocchiata all’ultimo banco in chiesa per chiedere una grazia. E lui chi era per non chiedere nulla? Non bastava essere Eddy Merckx per farcela sempre.
Nel 1969, venne squalificato dal Giro per un sospetto di doping dopo la tappa di Savona. Ma aveva bisogno di doping uno così? La tv andò a pescarlo in albergo. Il Cannibale piangeva, steso sul letto, con addosso ancora i pantaloncini da ciclista marchiati Faema e la canottiera. «Mi sono ripreso solo perché ho fede» disse dopo essere tornato il Cannibale.
«Perché ho fede e perché i fiamminghi non cedono».
Non cedono i fiamminghi, non cedono i bergamaschi, non cedono i toscani.
Nessuno cede, quando sa di portare la bandiera della sua terra. Ma è chiaro che non tutti i ciclisti sono fatti così. Quelli che lasciano il segno, però, sono quelli che parlano la lingua della loro terra. Per questo, difficilmente dicono stupidaggini davanti a un microfono spianato.
Francesco Moser, razza trentina e cattolica, ne diede dimostrazione durante uno dei tanti Giri d’Italia in cui battagliava con Giuseppe Saronni. A cavallo tra gli Anni Settanta e Ottanta, la Rai mandò un paraintellettuale, nel senso di intellettuale di apparato, a democratizzare una bestia rustica come la carovana capitanata dal cattolico Vincenzo Torriani. E lui, il paraintellettuale, si diede da fare smontando un linguaggio formato in decenni di fatica, di gioia, di dolore: di sapienza, insomma. Si inventò una neolingua e la propose agli interessati. Perché, chiedeva, continuare a usare il termine “gregario”, così discriminatorio, così razzista? Proviamo ad usare “aiutatore”, che è molto più democratico. Si stenta a credere, ma giuro che è tutto vero.
Per farla corta, Saronni il cittadino quasi milanese e progressista disse che, sì, si poteva fare. Il contadino Moser disse che, no, meglio lasciar perdere, perché si è sempre detto gregario e il gregario deve chiamarsi gregario, altrimenti diventa un’altra cosa. E senza citare Orwell.
I ciclisti, quelli veri, hanno sempre qualcosa di cattolico. Grazie a Dio.
Novemila battute. Fine.

Publié dans Alessandro Gnocchi, Sport, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Ve ne sono di così farisaici che…

Posté par atempodiblog le 2 mai 2013

Ve ne sono di così farisaici che... dans Citazioni, frasi e pensieri josemariaescriva

Ve ne sono di così farisaici che… si scandalizzano nel sentire che altre persone ripetono esattamente le stesse cose precedentemente ascoltate dalle loro labbra.

San Josemaría Escrivá de Balaguer

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, San Josemaria Escriva' de Balaguer | Pas de Commentaire »

Il Papa: la Chiesa è una comunità del “sì”, perché nasce dall’amore di Cristo

Posté par atempodiblog le 2 mai 2013

La Chiesa è una comunità del “sì” perché nasce dall’amore di Cristo. E’ quanto affermato, stamani, da Papa Francesco nella Messa celebrata nella Cappella della Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che quando i cristiani non fanno lavorare lo Spirito Santo allora cominciano le divisioni nella Chiesa. Alla Messa, concelebrata con il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige, ha preso parte un gruppo di dipendenti dei Musei Vaticani.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa: la Chiesa è una comunità del “sì”, perché nasce dall'amore di Cristo dans Misericordia papafrancesco

Papa Francesco si è soffermato sui primi passi della Chiesa che, dopo Pentecoste, è uscita per andare nelle “periferie della fede” ad annunciare il Vangelo. Il Papa ha osservato che lo Spirito Santo fa due cose: “prima spinge” e crea anche dei “problemi” e poi “fa l’armonia della Chiesa”. A Gerusalemme dunque, tra i primi discepoli, “c’erano tante opinioni” sull’accoglienza dei pagani nella Chiesa. C’è chi diceva “no” ad un accordo, e chi invece era aperto:

“C’era una Chiesa del ‘No, non si può; no, no, si deve, si deve, si deve’, e una Chiesa del ‘Sì: ma … pensiamo alla cosa, apriamoci, c’è lo Spirito che ci apre la porta’. Lo Spirito Santo doveva fare il suo secondo lavoro: fare l’armonia di queste posizioni, l’armonia della Chiesa, fra loro a Gerusalemme e fra loro e i pagani. E’ un bel lavoro che fa sempre, lo Spirito Santo, nella storia. E quando noi non lo lasciamo lavorare, incominciano le divisioni nella Chiesa, le sètte, tutte queste cose … perché siamo chiusi alla verità dello Spirito”.

Ma qual è dunque la parola chiave in questa disputa alle origini della Chiesa? Papa Francesco ha ricordato le parole ispirate di Giacomo, del vescovo di Gerusalemme, che sottolinea come non si debba imporre sul collo dei discepoli un giogo che gli stessi padri non sono stati in grado di portare:

“Quando il servizio del Signore diventa un giogo così pesante, le porte delle comunità cristiane sono chiuse: nessuno vuole venire dal Signore. Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati. Prima questa gioia del carisma di annunciare la grazia, poi vediamo cosa facciamo. Questa parola, giogo, mi viene al cuore, mi viene in mente”.

Il Papa si è soffermato su cosa significhi oggi nella Chiesa portare un giogo. Gesù, ricorda, chiede a tutti noi di rimanere nel suo amore. Ecco allora che proprio da questo amore nasce l’osservanza dei suoi comandamenti. Questa, ha ribadito, è “la comunità cristiana del sì” che rimane nell’amore di Cristo e dice dei ‘no’ “perché c’è quel sì”. E’ questo amore, ha affermato ancora il Papa, che “ci porta alla fedeltà al Signore”… “perché io amo il Signore non faccio questo” o quest’altro:

“E’ una comunità del ‘sì’ e i ‘no’ sono conseguenza di questo ‘sì’. Chiediamo al Signore che lo Spirito Santo ci assista sempre per diventare comunità di amore, di amore a Gesù che ci ha amato tanto. Comunità di questo ‘sì’. E da questo ‘sì’ compiere i comandamenti. Comunità di porte aperte. E ci difenda dalla tentazione di diventare forse puritani, nel senso etimologico della parola, di cercare una purezza para-evangelica, una comunità del ‘no’. Perché Gesù ci chiede prima l’amore, l’amore per Lui, e di rimanere nel Suo amore”.

Ed ecco allora, conclude il Papa, che “quando una comunità cristiana vive nell’amore confessa i suoi peccati, adora il Signore, perdona le offese”. E, ancora, “ha carità con gli altri” e “la manifestazione dell’amore” e così “sente l’obbligo di fedeltà al Signore di fare come i comandamenti”.

Publié dans Misericordia, Papa Francesco I | Pas de Commentaire »

Buon mese di maggio!!

Posté par atempodiblog le 1 mai 2013

Sii tu l’Angelo del mio Rosario, fa che ogni “Ave Maria” sia un fiore immortale, e ogni “posta” una conquista di Cielo!

Buon mese di maggio!! dans Citazioni, frasi e pensieri Madonna

O Maria facci sempre sperimentare i benefici del Tuo Cuore di Madre, della Tua sovrana protezione.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Don Giustino Maria Russolillo, Mese di maggio con Maria | Pas de Commentaire »

1...34567