L’avarizia spirituale

Posté par atempodiblog le 21 mai 2013

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L’avarizia spirituale consiste nel desiderare la perfezione o delle grazie straordinarie per uno spirito di proprietà, attaccandosi ai beni di Dio e non accettando di lasciarsi spogliare per entrare nell’intimità divina. Quando l’anima se ne vede spogliata, si sente smarrita e si lamenta, come se fosse stata privata del suo Signore. Vuole a ogni costo gustare di nuovo i doni divini e non si dà pace se non quando ha l’impressione di riaverli. Così dimostra di non amare Dio, ma i Suoi doni: è un’anima ancora avvolta nei desideri del suo io.

Forma classica di avarizia spirituale è l’avidità di accumulare i mezzi di perfezione con una preoccupazione più quantitativa che qualitativa: si collezionano i doni, le grazie, gli avvenimenti spirituali, le pratiche di pietà, i direttori di spirito; si tesaurizzano le indulgenze come se fossero dei conti in banca; si vive nel loro ricordo, nel loro computo minuzioso, nell’avidità di accrescerle; si tiene la contabilità delle preghiere fatte, delle comunioni, delle opere buone; si affastellano con cupidigia immagini e oggetti sacri, magari artistici…: ma se l’anima non viene purificata da questa avarizia spirituale, non potrà gustare nessun avanzamento interiore. Occorre lasciarsi spogliare di tutto per essere capaci di accogliere Dio.

di Padre Livio Fanzaga

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Per approfondire:

2e2mot5 dans Diego Manetti La ricerca dello straordinario (gola spirituale)

2e2mot5 dans Diego Manetti Le due facce dell’invidia (invidia spirituale)

2e2mot5 dans Diego Manetti L’orgoglio spirituale

2e2mot5 dans Diego Manetti La vanità spirituale

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Il Papa: nella Chiesa l’unica strada per andare avanti è il servizio non il potere

Posté par atempodiblog le 21 mai 2013

Il Papa: nella Chiesa l’unica strada per andare avanti è il servizio non il potere
Per un cristiano, progredire significa abbassarsi come ha fatto Gesù. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha inoltre ribadito che il vero potere è il servizio e che non deve esistere la lotta per il potere nella Chiesa. Alla Messa – concelebrata dal direttore dei programmi della Radio Vaticana, padre Andrzej Koprowski – hanno preso parte un gruppo di dipendenti della nostra emittente e un gruppo di dipendenti dell’Ufficio pellegrini e turisti del Governatorato vaticano. Erano inoltre presenti il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, e Maria Voce e Giancarlo Faletti, presidente e vicepresidente del Movimento dei Focolari.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa: nella Chiesa l'unica strada per andare avanti è il servizio non il potere dans Papa Francesco I ilsantopadreemaria

Gesù parla della sua Passione e i discepoli, invece, sono presi a discutere su chi sia il più grande tra loro. E’ l’amaro episodio narrato dal Vangelo odierno, che offre a Papa Francesco lo spunto per una meditazione sul potere e il servizio. “La lotta per il potere nella Chiesa – ha osservato – non è cosa di questi giorni”, è “cominciata là proprio con Gesù”. E ha sottolineato che “nella chiave evangelica di Gesù, la lotta per il potere nella Chiesa non deve esistere”, perché il vero potere, quello che il Signore “con il suo esempio ci ha insegnato”, è “il potere del servizio”:

“Il vero potere è il servizio. Come lo ha fatto Lui, che è venuto non a farsi servire, ma a servire, e il suo servizio è stato proprio un servizio della Croce. Lui si è abbassato fino alla morte, alla morte di Croce, per noi, per servire noi, per salvare noi. E non c’è nella Chiesa nessun’altra strada per andare avanti. Per il cristiano, andare avanti, progredire significa abbassarsi. Se noi non impariamo questa regola cristiana, mai, mai potremo capire il vero messaggio di Gesù sul potere”.

Progredire, ha aggiunto, “significa abbassarsi”, “essere al servizio sempre”. E nella Chiesa, ha soggiunto, “il più grande è quello che più serve, che più è al servizio degli altri”. Questa “è la regola”. E tuttavia, ha affermato Papa Francesco, dalle origini fino ad adesso ci sono state “lotte di potere nella Chiesa”, anche “nella nostra maniera di parlare”:

“Quando a una persona danno una carica che secondo gli occhi del mondo è una carica superiore, si dice: ‘Ah, questa donna è stata promossa a presidente di quell’associazione e questo uomo è stato promosso …’. Questo verbo, promuovere: sì, è un verbo bello, si deve usare nella Chiesa. Sì: questo è stato promosso alla Croce, questo è stato promosso alla umiliazione. Quella è la vera promozione, quella che ci ‘assomiglia meglio’ a Gesù!”

Il Papa ha dunque ricordato che Sant’Ignazio di Loyola, negli Esercizi spirituali, chiedeva al Signore Crocifisso “la grazia delle umiliazioni”. Questo, ha riaffermato, è “il vero potere del servizio della Chiesa”. Questa è la vera strada di Gesù, la vera promozione e non quelle mondane:

“La strada del Signore è il Suo servizio: come Lui ha fatto il Suo servizio, noi dobbiamo andare dietro a Lui, il cammino del servizio. Quello è il vero potere nella Chiesa. Io vorrei oggi pregare per tutti noi, perché il Signore ci dia la grazia di capire quello: che il vero potere nella Chiesa è il servizio. E anche per capire quella regola d’oro che Lui ci ha insegnato con il Suo esempio: per un cristiano, progredire, andare avanti significa abbassarsi, abbassarsi. Chiediamo questa grazia”.

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Mettiti in cammino con Maria e non aver paura, con Lei imparerai a pregare.

Posté par atempodiblog le 21 mai 2013

Mettiti in cammino con Maria e non aver paura con Lei imparerai a pregare.
del card. Angelo Comastri – Novena a Maria

Mettiti in cammino con Maria e non aver paura, con Lei imparerai a pregare. dans Cardinale Angelo Comastri eprbj5

Oggi molti non credono più nella preghiera: pensano che sia inutile, pensano che sia sterile, pensano che sia tempo sprecato. F. Nietsche è arrivato a lanciare una velenosa provocazione, quando ha detto: “è vergognoso pregare!”.

Certamente per chi crede soltanto nell’orgoglio… è vergognoso pregare! Per chi toglie l’orizzonte dell’eternità e mutila la vita privandola di un futuro al di là di questa vita… è vergognoso pregare! Per chi crede di essere “Dio” e di aver preso il posto di “Dio”… è vergognoso pregare!

Ma chi sente la fragilità della vita, chi avverte il bisogno di una luce che dia senso all’esistenza, chi capisce che dietro il sole e la luna e le stelle e i fiori e i monti e il mare… c’è un Creatore amante della vita e desideroso di trasmettere a tutti la sua infinita gioia, la preghiera è come il respiro che dà ossigeno all’anima e fa correre senza paura nelle strade contorte della vita quotidiana.

Ma soprattutto chi ha incontrato Maria… non può più smettere di pregare. Maria è la donna che ha sentito, più di tutti, il fascino di Dio e la sua esistenza è arrivata a lambire l’Eterno, l’Infinito, l’Onnipotente.

Maria, più di ogni altra creatura, ci può insegnare a pregare: amichevolmente ti consiglio di lasciare che la sua mano materna prenda la tua mano e ti accompagni nel viaggio che porta tra le braccia di Dio: braccia che ti aspettano per darti l’abbraccio che ti manca e che, senza saperlo, desideri da sempre.

Mettiti in cammino con Maria e non aver paura: con Lei imparerai a pregare.

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L’unica cosa seria da fare

Posté par atempodiblog le 21 mai 2013

Nella prolusione del presidente della Cei all’assemblea generale. L’unica cosa seria da fare
Fonte: L’Osservatore Romano
Tratto da: Kairòs

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«Pensare alla gente», senza «populismi inconcludenti e dannosi» è «l’unica cosa  seria» che i politici possono fare per l’Italia, in un momento in cui il Paese si trova nel «vortice dell’emergenza», tanto che, soprattutto da parte chi non ha più un lavoro, le «richieste di aiuto si moltiplicano a dismisura» nelle parrocchie, nei centri d’ascolto, nelle mense e nei  centri di recupero gestiti dalla Chiesa. È quanto afferma il cardinale  presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), Angelo Bagnasco,  nella prolusione per l’apertura a Roma dei lavori dell’Assemblea  enerale, che si concluderà venerdì prossimo.
Le  vicende che di recente hanno segnato l’Italia sul piano politico e  istituzionale, secondo il presidente della Cei, «devono fare riflettere e innescare un serio esame di coscienza» che se deve essere generalizzato non può però essere «assolutorio» soprattutto «se si portano  responsabilità pubbliche», anche perché in questi tempi, «ad alti  livelli», accanto a «gesti e disponibilità esemplari» che devono  ispirare tutti, si sono anche viste «situazioni intricate e personalismi che hanno assorbito energie e tempo degni di ben altro impiego, vista  la mole e la complessità dei problemi che assillano famiglie, giovani e  anziani».
Ai vescovi italiani, spiega il cardinale Bagnasco, «sta a cuore non una formula specifica ma i princìpi che devono ispirare la vita politica e più in generale il vivere sociale» e a questo proposito  si evidenzia «il segno triste e sconfortante» di un clima di ostinata  contrapposizione che, a momenti alterni, si deve registrare tanto a  livello privato che pubblico» mentre «dopo il responso delle urne, i  cittadini hanno il diritto che quanti sono stati investiti di  responsabilità e onore per servire il Paese, pensino al Paese senza  distrazioni, tattiche o strategiche che siano».
Per il cardinale  Bagnasco occorre un «forte e deciso piano industriale» per uscire dalla  crisi economica, perché «se tutto rallenta» — si chiede il porporato — «fino a quando» le «pesanti politiche fiscali potranno raccogliere  risorse?».
La preoccupazione è per le famiglie che, «ancora una volta  hanno dato prova di sé» come presidio «non solo della vita» ma anche «della tenuta sociale ed economica del Paese». Quella stessa famiglia  che non può essere «umiliata e indebolita» da «rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo della sua  identità».
Per il presidente della Cei è necessaria in Italia anche una «bonifica culturale», al fine di discernere «le categorie concettuali e  morali che descrivono o deformano l’alfabeto dell’umano, con i suoi  fondamentali come la persona, la vita e l’amore, la coppia e la  famiglia, il matrimonio e la libertà educativa, la giustizia» e per  affrontare fenomeni gravi come quelli del gioco d’azzardo «che divora  giovani, anziani e famiglie» e la «ricorrente violenza sulle donne». In  quest’ottica, è necessaria «una grande alleanza educativa» che passa  anche attraverso il riconoscimento del «diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni», mentre sempre di più «sono costretti a rinunciare sotto la pressione della crisi e la persistente  latitanza dello Stato». La crisi, però non deve far dimenticare «il  fronte delicatissimo e fondativo della vita umana».
La recente  raccomandazione, ricorda il cardinale Bagnasco, che la Corte dei diritti umani a Strasburgo ha fatto circa il suicidio assistito «è l’ulteriore  prova del progetto di una società senza relazioni», dove ognuno, in  definitiva, «è solo»: «impedire il cancro della solitudine» è perciò «la prima e fondamentale risposta che la società deve dare alla sofferenza  dei suoi membri».

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Le apparizioni al Santuario francese di Laus, segno della continua predilezione di Cristo per gli umili

Posté par atempodiblog le 20 mai 2013

Il mariologo, padre Stefano De Fiores: le apparizioni al Santuario francese di Laus, segno della continua predilezione di Cristo per gli umili
Benedetta Capelli – Radio Vaticana (5/05/2008)

Le apparizioni al Santuario francese di Laus, segno della  continua predilezione di Cristo per gli umili dans Apparizioni mariane e santuari 34r6nop

“Un messaggio di grande attualità centrato sulla riconciliazione”. È quanto ha detto mons. Jean-Michel di Falco-Leandri, vescovo di Gap et d’Embrum, in occasione del riconoscimento ufficiale delle apparizioni mariane nel Santuario di Notre-Dame du Laus, sulle Alpi francesi. Visioni che si verificarono a partire dal 1664 per ben 54 anni ad una pastorella di 16 anni chiamata Benedetta Rencurel. Ma qual è il significato di questo riconoscimento?

R. – È una questione di ordine regionale, perché queste apparizioni non hanno avuto un grande successo internazionale, ma sono rimaste praticamente cisrcoscritte alla regione delle Alpi del Delfinato. Quello che impressiona in queste apparizioni è il fatto che Benedetta abbia ricevuto molte apparizioni della Vergine, dal dicembre fino all’agosto del 1664 ha assistito a 240 apparizioni di Maria. Quindi, sono in qualche modo un anticipo di quello che avverrà presumibilmente a Medjugorje, dove è apparsa per migliaia e migliaia di volte.

D. – Guardando la storia della pastorella Benedetta si evidenziano analogie con la storia di Bernardette?

R. – Le analogie sono poche, a dire la verità, perché a Lourdes Bernardette ha assistito a 18 apparizioni, mentre qui il fenomeno è continuato
molto, molto più a lungo. Quindi, non c’è analogia in questo senso, se non che è sempre apparsa Maria. Il messaggio che fa incontrare Lourdes con Laus è la costruzione del Santuario, per venire in pellegrinaggio. Una differenza è poi che la Madonna non appare a Benedetta come l’Immacolata Concezione, ma come una Regina, quindi coronata e risplendente di luce nel volto, in modo particolare tenendo sulle braccia Gesù Bambino.

D. – Questo riconoscimento avviene nel 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes. Ci può essere in questo un legame?

R. – Sono delle coincidenze. La Francia è di nuovo in primo piano per quanto riguarda queste apparizioni, che però saranno superate tutte da Lourdes dove sono avvenuti dei miracoli constatabili, ma dove si è assistito soprattutto a quel rinnovamento della vita cristiana, che certamente non ci sarebbe stato in tanti pellegrini, senza il riconoscimento di Lourdes. Si spera che anche questo riconoscimento possa far parte di un pellegrinaggio a più vasto raggio.

D. – Bernardette e Benedetta, entrambe pastorelle, entrambe depositarie nella loro semplicità di un messaggio della Vergine di riconciliazione e di misericordia…

R. – Questo fa parte delle preferenze di Gesù per i piccoli, per gli umili. Quindi, questo risponde a questa legge storico-salvifica che recupera anche i frammenti lasciati in disparte, quelli che sono considerati « zero » nella società, e che invece vengono scelti dal Signore per delle grandi cose, che nello stesso tempo obbligano il veggente o la veggente a non vantarsi, perché tutto in loro è opera di Dio, che manifesta in loro la sua potenza e la sua gloria.

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Per approfondire:

 2e2mot5 dans Diego Manetti  Le apparizioni del Laus

 2e2mot5 dans Diego Manetti  Benedetta Rencurel è un fiore umile e prezioso nel giardino della santa Chiesa

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San Bernardino, l’innamorato di Siena

Posté par atempodiblog le 20 mai 2013

L’innamorato di Siena
La vita di San Bernardino è costellata di episodi che illustrano la sua grande devozione verso la Madonna.
di Bianca Maria Veneziani – Madre di Dio
 

San Bernardino, l’innamorato di Siena dans Stile di vita sanbernardinoemaria 

San Bernardino da Siena [ricordato il 20 Maggio] ci è stato tramandato da una radicatissima tradizione come il predicatore del Santo Nome di Gesù [effigiato nel trigramma JHS, “Jesus hominum SalvatorGesù Salvatore degli uomini”che accompagna fin dalle origini l’immagine del Santo].
Possiamo essere però certi che i suoi contemporanei non lo stimarono meno come devoto e cantore innamorato di Maria. I suoi più antichi biografi ci assicurano che fra Bernardino coltivò verso la Madre del Signore un’autentica devozione filiale e confidenziale. La vita del Santo senese, infatti, è costellata di episodi che illustrano questa sua devozione; a cominciare dal fatto che tutte le più importanti date della sua vita coincidono con la Natività della Vergine, l’8 Settembre: così per la nascita [avvenuta a Massa Marittima nel 1380], il Battesimo, l’entrata in Noviziato e la Prima Professione religiosa tra i Frati Minori Francescani, la Prima Messa e il primo Discorso al popolo.
Il nome stesso gli fu imposto dai pii genitori perché egli fosse, come San Bernardo, devoto della Madonna. Rimasto presto orfano, la sua fanciullezza trascorse in casa degli zii paterni a Siena, la Città che i contemporanei si compiacevano chiamare “Vetus Civitas Mariae Virginis”, l’antica Città della Vergine Maria.
Si racconta che una sera Bernardino, ormai grandicello, uscendo per la consueta passeggiata serale, si sia limitato a dire alla buona zia Pia e alla cugina Tobia, che si prendevano cura di lui, che “sarebbe andato a trovare la sua amanza, ché gli pareva non poter riposare senza averla prima veduta!…”. Un fulmine a ciel sereno non avrebbe potuto lasciarle più sorprese, anche perché sapevano bene che quelle “pratiche di mondo” non potevano lasciare tranquille le persone per bene… Cugina Tobia venne a sapere che ogni sera Bernardino usciva da Porta Camollia, un luogo che non godeva punto buona fama. Decise quindi di pedinarlo; ed una volta lo seguì alla lontana, senza perderlo di vista. Possiamo ben immaginare quale fu la sua meraviglia al vedere il giovane cugino inginocchiato dinanzi ad una pia immagine della Vergine cui il tempo non riusciva a cancellare un angelico sorriso! Bernardino era innamorato della Regina del Cielo. 

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Sano di Pietro, San Bernardino da Siena

Nel nome di Maria
Si narra che, trovandosi un giorno fra Bernardino a predicare a L’Aquila, mentre spiegava dal pulpito il senso biblico della “Donna vestita di sole e coronata di stelle”, apparve sopra di lui una stella di straordinario fulgore: era la Vergine Immacolata che si compiaceva di concedere un raggio della sua luce al cantore delle sue glorie.
Ripetutamente la Vergine si degnò apparirgli; ma la grazia più singolare che Bernardino ottenne dalla “Celeste fidanzata” fu senza dubbio quella di poter vincere la resistenza dei più ostinati peccatori, parlando loro di Maria.
Predicatore instancabile, nel suo vagabondare a piedi attraverso tutta l’Italia divenne ovunque molto popolare. Gli fu offerto di diventare Vescovo per ben tre volte; ma egli rifiutò, poiché avrebbe così dovuto abbandonare ciò che egli sentiva come la sua principale vocazione, quella del missionario itinerante.
Il Santo senese si serviva nella sua predicazione di immagini popolari, in modo da incidere più efficacemente nel cuore dei suoi uditori; come quella della cipolla, tenuta insieme foglia a foglia, per spiegare la necessità dell’unione e della concordia.
Apostolo del nome di Gesù, e nel nome di Maria, San Bernardino ricorda ancora oggi come recuperare all’Italia valori cristiani e pratica religiosa che sono l’eredità più preziosa della storia millenaria del nostro Paese.

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L’unione tra lo Spirito Santo e Maria

Posté par atempodiblog le 19 mai 2013

L'unione tra lo Spirito Santo e Maria dans Citazioni, frasi e pensieri San-massimiliano-maria-kolbe

«Questa unione… è così inesprimibile e perfetta che lo Spirito Santo agisce unicamente attraverso l’Immacolata, la sua Sposa. Di conseguenza, Ella è la Mediatrice di tutte le grazie dello Spirito Santo. Dato che ogni grazia è un dono di Dio Padre attraverso il Figlio e lo Spirito Santo, perciò non esiste grazia che non appartenga all’Immacolata, offerta a Lei, a sua libera disposizione» (SK 634).

«L’unione tra lo Spirito Santo e la Vergine Immacolata è così stretta che lo Spirito Santo, che ha compenetrato profondamente l’anima dell’Immacolata, non esercita alcun influsso nelle anime se non per mezzo di Lei. Per questo appunto Ella è diventata la Mediatrice di tutte le grazie, proprio per questo Ella è veramente la madre di ogni grazia divina» (SK 1224).

San Massimiliano Maria Kolbe

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Il Papa: chiacchiere distruttive nella Chiesa, disinformazione, diffamazione e calunnia sono peccato

Posté par atempodiblog le 18 mai 2013

Il Papa: chiacchiere distruttive nella Chiesa, disinformazione, diffamazione e calunnia sono peccato
Il cristiano deve vincere la tentazione di “mischiarsi nella vita degli altri”: è l’esortazione di Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha inoltre sottolineato che chiacchiere e invidie fanno tanto male alla comunità cristiana e che non si può “dire soltanto la metà che ci conviene”. Alla Messa, concelebrata con don Daniel Grech del Vicariato di Roma, hanno preso parte un gruppo di studenti della Lateranense, guidati dal rettore mons. Enrico Dal Covolo; Kiko Argüello, Carmen Hernández e Mario Pezzi del Cammino Neocatecumenale; Roberto Fontolan e Emilia Guarnieri di Comunione e Liberazione.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa: chiacchiere distruttive nella Chiesa, disinformazione, diffamazione e calunnia sono peccato  dans Fede, morale e teologia mormorazione

“A te che importa?” Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo da questa domanda rivolta da Gesù a Pietro che si era immischiato nella vita di un altro, nella vita del discepolo Giovanni, “quello che Gesù amava”. Pietro, ha sottolineato, aveva “un dialogo d’amore” con il Signore, ma poi il dialogo “è deviato su un altro binario” e soffre anche lui una tentazione: “Mischiarsi nella vita degli altri”. Come si dice “volgarmente”, ha osservato il Papa, Pietro fa il “ficcanaso”. E si è dunque soffermato su due modalità di questo mischiarsi nella vita altrui. Innanzitutto, “la comparazione”, il “compararsi con gli altri”. Quando c’è questa comparazione, ha detto, “finiamo nell’amarezza e anche nell’invidia, ma l’invidia arrugginisce la comunità cristiana”, le “fa tanto male”, il “diavolo vuole quello”. La seconda modalità di questa tentazione, ha soggiunto, sono le chiacchiere. Si comincia con “modalità tanto educate”, ma poi finiamo “spellando il prossimo”:

“Quanto si chiacchiera nella Chiesa! Quanto chiacchieriamo noi cristiani! La chiacchiera è proprio spellarsi eh? Farsi male l’uno l’altro. Come se volesse diminuire l’altro, no? Invece di crescere io, faccio che l’altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va! Sembra bello chiacchierare… Non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele, no? Tu ne prendi una – Ah, che bello! – e poi un’altra, un’altra, un’altra e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è cosi: è dolce all’inizio e poi ti rovina, ti rovina l’anima! Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa, sono distruttive… E’ un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello!”.

Su questa strada, ha detto, “diventiamo cristiani di buone maniere e cattive abitudini!”. Ma come si presenta la chiacchiera? Normalmente, ha osservato Papa Francesco, “facciamo tre cose”:

“Facciamo la disinformazione: dire soltanto la metà che ci conviene e non l’altra metà; l’altra metà non la diciamo perché non è conveniente per noi. Alcuni sorridono… ma è vero quello o no? Hai visto che cosa? E passa.
Secondo è la diffamazione: quando una persona davvero ha un difetto, ne ha fatta una grossa, raccontarla, ‘fare il giornalista’… E la fama di questa persona è rovinata!
E la terza è la calunnia: dire cose che non sono vere. Quello è proprio ammazzare il fratello!
Tutti e tre – disinformazione, diffamazione e calunnia – sono peccato! Questo è peccato!
Questo è dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli”.

Ecco perché Gesù fa con noi come aveva fatto con Pietro quando lo riprende: “A te che importa? Tu segui me!” Il Signore davvero ci “segnala la strada”:

“‘Le chiacchiere non ti faranno bene, perché ti porteranno proprio a questo spirito di distruzione nella Chiesa. Segui me!’. E’ bella questa parola di Gesù, è tanto chiara, è tanto amorosa per noi. Come se dicesse: ‘Non fate fantasie, credendo che la salvezza è nella comparazione con gli altri o nelle chiacchiere. La salvezza è andare dietro di me’. Seguire Gesù! Chiediamo oggi al Signore Gesù che ci dia questa grazia di non immischiarci mai nella vita degli altri, di non diventare cristiani di buone maniere e cattive abitudini, di seguire Gesù, di andare dietro Gesù, sulla sua strada. E questo basta!”.

Durante l’omelia, Papa Francesco ha anche rammentato un episodio della vita di Santa Teresina che si chiedeva perché Gesù dava tanto a uno e poco a un altro. La sorella più grande, allora, prese un ditale e un bicchiere e li riempì di acqua e poi chiese a Teresina quali dei due fosse più pieno. “Ma tutti e due sono pieni”, rispose la futura Santa. Gesù, ha detto il Papa, fa “così con noi”, “non gli interessa se tu sei grande, sei piccolo”. Gli interessa “se tu sei pieno dell’amore di Gesù”.

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La discoteca: una falsa luce

Posté par atempodiblog le 18 mai 2013

La discoteca: una falsa luce dans Anticristo mhrqdc

Quando penso alle “false luci” mi viene subito in mente la discoteca: ci sono addirittura discoteche che si chiamano “Paradiso”, e a dispetto del nome puoi trovarci la via più sicura per l’Inferno, tutta droga, sesso e alcol. Ecco, queste sono le false luci e le false felicità con cui Satana cerca di distruggere i giovani. Intendiamoci, anche intorno a Medjugorje ci sono le discoteche, e dunque quando la Madonna parla attraverso i Suoi messaggi intende rivolgersi prima di tutto ai giovani della Parrocchia, poi a quelli di tutto il mondo. […]

A Medjugorje i comunisti avevano edificato la “Casa del Popolo”, dove si celebravano i matrimoni e le feste del villaggio. Un giorno – mi ricordo perché ero presente, era il primo anno che andavo a Medjugorje – la Madonna è apparsa proprio in quella sala al gruppo di Ivan. Io però sono rimasto fuori, perché l’apparizione era riservata soltanto a loro. Dopo un po’ di tempo, terminata l’apparizione, ho sentito che discutevano animatamente. Io ero fuori dalla porta e il croato ancora non lo sapevo bene. Hanno discusso per più di un’ora. Alla fine sono usciti. Una volta giunti a casa di Marija, dove ero ospite, Marija stessa mi ha detto: “la Madonna ci ha detto che Satana vuole utilizzare quella casa per un suo piano”. Il gruppo era rimasto a discutere per oltre un’ora per cercare di capire quale fosse il piano del Demonio. Era il mese di settembre. Successivamente, la Madonna ha chiesto ai ragazzi di fare la novena di Natale proprio in quella casa. Così hanno fatto. L’ottavo giorno, durante l’apparizione, la Madonna ha detto al gruppo di preghiera  di non ritrovarsi nella “Casa del Popolo” ma di andare sulla montagna. E infatti il giorno dopo la polizia ha circondato la casa, non trovando però nessuno. Ecco: la Madonna stessa ha protetto quei giovani, perché a quel tempo pregare al di fuori della chiesa era un reato agli occhi del regime comunista.

Tornato poi per le vacanze di Natale, mi sono trattenuto a Medjugorje fino all’epifania e proprio in quel giorno mi trovavo in casa di Vicka e ricordo che sono arrivati poliziotti da Sarajevo e hanno arrestato Vicka, Marija e altre 17 persone perché avevano pregato in quella sala prima di Natale. Quando poi sono stati rilasciati, nel pomeriggio, Vicka è tonata a casa e mi ha raccontato l’interrogatorio dicendo, con tutta l’emotività e la passione che la contraddistinguono: «Ecco. Mi hanno interrogata. Mi hanno chiesto: “chi ha organizzato la novena?”. E io ho risposto: “la Madonna” e poi mi sono rivolta a quello che scriveva, intimandogli: “scrivi! Scrivi che è statala Madonna”». Tutto sembrava finito lì e del piano di Satana non si sapeva nulla. Finché alcuni mesi dopo, si è scoperto che il sindaco di Citluk, comune limitrofo, voleva fare di quella “Casa del Popolo” una discoteca per contrastare le apparizioni. Quello che mi ha colpito è che la Madonna non aveva detto: “il sindaco di Citluk vuole fare una discoteca”, ma aveva parlato di un piano satanico, come a dire che Satana opera attraverso le persone, le ispira, le conduce, le usa come strumenti. E, in questo caso, evidentemente la discoteca faceva parte di quelle false luci, di quelle false felicità di cui Satana si serve per ingannare i giovani.

Tratto da: L’ora di Satana (L’attacco del Male al mondo contemporaneo) di Padre Livio Fanzaga con Diego Manetti, Ed. Piemme

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Qualunque virtù desideri, prega

Posté par atempodiblog le 18 mai 2013

 Qualunque virtù desideri, prega dans Beata Angela da Foligno Santa-Angela-da-Foligno

“Senza la luce di Dio nessun uomo si salva.
Essa fa muovere all’uomo i primi passi, lo conduce al vertice della perfezione.
Perciò, se vuoi cominciare a possedere questa luce di Dio, prega.
Se sei già impegnato nella salita della perfezione, se vuoi che questa luce in te aumenti, prega.
Se vuoi la fede, la speranza, la carità, prega.
Se vuoi l’umiltà, la mansuetudine, la fortezza, prega.
Qualunque virtù desideri, prega”.

Beata Angela da Foligno

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La potenza della preghiera

Posté par atempodiblog le 18 mai 2013

“Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.
Don Luigi Giussani

La potenza della preghiera dans Antonio Socci antoniosocci

L’Italia è dentro una crisi economica e finanziaria e c’è una parolina magica che tutti ripetono ma in maniera quasi impotente, possono soltanto ripeterla come un mantra, evocarla, ma non si realizza mai. Tutti parlano della famosa “crescita”. Tutti si arrabattono a dare una ricetta, ma sembrano girare a vuoto perché ciò che manca al nostro paese è l’anima, in senso cristiano. L’anima cristiana di un popolo che da anni l’elite intellettuale è impegnata a deridere.
Alcuni filosofi ritenevano che la violenza fosse generatrice di costruzione, invece è solo generatrice di male. La violenza sta nel cuore dell’uomo e farla tracimare all’esterno significa contribuire personalmente al male nel mondo.
Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia era al tappeto, non c’erano risorse, non c’erano capitali, era ed è un paese poverissimo di materie prime, non c’erano fonti energetiche, c’erano rovine da ricostruire e bocche da sfamare… quindi nessuna prospettiva… e invece l’Italia divenne una delle principali potenze mondiali…ciò che tenne unite tutte le persone superstiti fu la fede. Infatti, con la preghiera si è risolto tutto.
Oggi, però, ci siamo dimenticati della potenza della preghiera. Dopo la guerra, l’Italia era devastata sul piano umano e morale, oltre che materiale. Usciva come paese sconfitto e quindi non contava quasi niente nelle relazioni internazionali. Andando ancora indietro di qualche anno ci accorgiamo che dopo l’unità d’Italia a milioni partirono per l’America perché c’era, già a quel tempo, fame e miseria. Umanamente non è spiegabile che un paese senza speranza in pochi anni si è risollevato ed è diventato una potenza economica.

Un popolo che ama Dio rinasce da ogni catastrofe e supera qualunque crisi. Un esempio storico è dato dal Duomo di Milano, simbolo di questa prospera città.

Sunto di una conferenza di Antonio Socci

divisore dans Medjugorje

Per approfondire la storia del Duomo di Milano iconarrowti7 Un popolo e il suo Duomo

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La storia dei lavoratori a giornata

Posté par atempodiblog le 18 mai 2013

La storia dei lavoratori a giornata dans Commenti al Vangelo bbdqvSi, questo è il brano classico della paga uguale per i diversi tempi di lavoro. Ovverosia la storia di una serie di operai che vengono presi la mattina, a metà giornata, quando la giornata è inoltrata, a fine giornata e tutti vengono pagati nella stessa maniera. E questa è sembra ingiustizia sociale e c’è la lamentela dei primi lavoratori.

Questo testo non lo possiamo capire compiutamente finché non lo contestualizziamo, ovverosia mentre il testo liturgico comincia con il dire “in quel tempo” Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola, è l’inizio, classico, liturgico di una parabola, di una proclamazione… c’è, invece, nel racconto evangelico l’apertura del testo “il Regno dei Cieli è simile a un padrone di casa che uscii all’alba per prendere a giornata i lavoratori”… allora, in realtà noi dobbiamo leggere il versetto precedente e capire questo capitolo 20 a partire dal capitolo 19. Il capitolo 19 ha delle parole fondamentali sul discepolato, è il capitolo del giovane ricco, è il capitolo di colui che è chiamato a seguire Gesù e il momento in cui i discepoli dicono: “ma noi abbiamo lasciato tutto, cosa ne otterremo” e si parla dell’eredità del discepolo e del lasciare tante cose per seguire il Signore, e si termina con questa frase, che è il versetto 30° del capitolo 19, “molti dei primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi” e quindi comincia questa parabola. Dove veramente gli ultimi diventeranno i primi e i primi, curiosamente, ultimi secondo una forma un po’ peculiare.

La storia in sé è la storia di un padrone di casa che esce all’alba per prendere a giornata i lavoratori per la sua vigna e si accorda per la paga normale, ordinaria che era un denaro al giorno. Poi esce verso le nove del mattino ne vede altri e li prende e dice: “il giusto ve lo darò”. E’ curioso perché il giusto sarebbe già meno di quanto gli altri che hanno iniziato, ormai da ore, prenderanno. Esce ancora  verso mezzogiorno e fece altrettanto che vuol dire che dice: “quello che è giusto ve lo darò”. Esce verso le cinque e dice: “perché siete qui senza far niente?”. La parola greca che c’è sotto ‘senza far niente’ è proprio un altro abbreviativo rispetto a ‘non lavorare’, a ‘operare’… “senza lavoro”, “perché siete qui senza lavoro?”. La vecchia traduzione della Cei metteva addirittura ‘oziosi’, ma era una caratura morale inesistente nel testo. La nuova traduzione dice “senza far niente” come è più esatto. Rispondono: “perché nessuno ci ha presi a giornata”… il padrone dice: “andate anche voi nella vigna”, non ha aggiunto altro.

Quando viene la sera dovremmo scoprire quanto darà a questi operai di un’ora di lavoro, quanto darà agli altri a cui ha detto “ti darò il giusto” e quindi quanto darà a quanti hanno pattuito con lui un denaro.
Che succede? Che il padrone appositamente, intenzionalmente, chiama i lavoratori a prendere la paga incominciando dagli ultimi. Perché? Perché i primi vedano gli ultimi lavoratori. Infondo, c’è un po’ una provocazione, vuole apposta creare questa realtà, cioè se gli dava il denaro prima non si rendevano conto del ‘problema’. Allora che cosa dicono i lavoratori di tutta la giornata, quelli che pensano di ricevere di più e mormorano contro il padrone perché dicono: “ha trattato come noi questi che hanno lavorato un’ora sola e noi abbiamo invece sopportato il peso della giornata e il caldo”. Il problema è che è stata introdotta questa parola: “ciò che è giusto te lo darò” e qui la giustizia ai nostri occhi non viene rispettata. “Ciò che è giusto” sarebbe stato dagli di meno rispetto agli altri lavoratori e via dicendo… e dare un contentino a quelli che erano arrivati all’ultimo.

Questo padrone ha un’altra giustizia. Qui è lo scontro di due giustizie, di due visioni… Chiamati ad essere discepoli di Cristo e chiamati a vivere secondo un’altra logica, perché la frase “gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi” è paradossale. Questa è la logica rovesciata: nel mondo i primi sono i primi e gli ultimi sono gli ultimi, punto. Infatti, in questa parabola si rovescerà la prospettiva perché secondo quella che è la vita normale noi possiamo ragionare secondo utilità, secondo rendimento, secondo efficacia. Proviamo ad applicare questa logica.

Secondo questa logica chi è utile, efficace, lavora… fa le cose… ha diritto a essere ricompensato; chi ha queste caratteristiche deve essere scartato.
Se noi applichiamo fino in fondo questa logica di giustizia ci potremmo trovare a che fare con cose piuttosto imbarazzanti. ‘Che ce ne facciamo noi di un vecchio? Di una persona che non ha più la capacità di aiutarci?’, non è che ci troviamo ad affrontare una mentalità che è lontana da noi… no, no. E’ una mentalità che ci è molto vicina. ‘Che ce ne facciamo noi di una persona malata? Che ce ne facciamo noi di uno che non può lavorare?’, mi sembra che sia consequenziale fare la amniocentesi e scartare chi non ci fornirà quello che noi ci possiamo aspettare da lui e da lei.
Va da sé che entriamo in un mondo cinico di vantaggio, di guadagno, un mondo terrificante, è un mondo spaventoso.

La giustizia… c’è qualcuno di noi che può vivere veramente misurandosi con la giustizia, senza paura? Io che parlo non posso, non me lo posso certamente permettere. Vivere di fronte al parametro della semplice esattezza… chi di noi può mettersi davanti a Dio, davanti al padrone e dire: “mi devi dare ciò che mi spetta senza sperare in una misericordia, in una pazienza, in una benevolenza, senza una magnanimità da parte di Dio?”.
Se la vita, se i rapporti, se la nostra esistenza si misura con ciò che è dovuto e quanto ci è dovuto e conti veramente, noi ci possiamo permettere di metterli così in chiaro completamente con Dio, io non me lo posso permettere, non so gli ascoltatori. Noi siamo tutte persone che abbiamo bisogno di un’altra logica. Abbiamo bisogno che l’ultimo non sia scartato, che l’ultimo sia accolto… perché c’è un ultimo in tutti noi.

Se noi andiamo a vedere la storia sotto un’altra prospettiva, noi possiamo vedere molta cattiveria nella frase dei primi lavoratori… ‘questi signori che hanno lavorato un’ora soltanto e noi siamo stati tutto il giorno sotto il peso del caldo e con la fatica del lavoro’. Ma se questi sono lavoratori a giornata… oggi come oggi capiamo sempre di più con la drammatica realtà della disoccupazione che cos’è lavorare e che cos’è non lavorare. Da quando in qua si considera più leggero il non lavorare del lavorare?
E’ molto più pesante non lavorare. Il poter lavorare, il poter essere ‘presi a giornata’ dal padrone, vuol dire aver risolto quella  giornata, avere del pane per i propri figli. Aver trovato qualcuno che ti da qualcosa da fare, una delle cose più terribili della nostra vita è sentirsi inutili.
Una delle sofferenze che possiamo vivere nel nostro percorso esistenziale è sentire che nessuno ci prende nella sua vigna, nessuno ci chiede niente, sentirsi senza un esito, sentirsi senza un frutto, sentirsi sterili nell’esistenza. Ecco ma chi è lo sfortunato? Colui che ha lavorato tanto o chi non ha trovato lavoro tutto il giorno? “Perché state qui senza lavoro?”, “perché nessuno ci ha preso a giornata”. Ecco, l’uomo può vivere questa realtà, vivere senza avere un lavoro vero da fare, senza avere qualche cosa di buono da fare, d’importante. Senza essere stato preso nella vigna del padrone buono. Aver sprecato la propria esistenza. Quante volte le persone incontrano il Vangelo e dicono: “ma che cosa ho fatto fino ad oggi?”, “come ho sprecato la mia esistenza fino ad oggi?”, “ma che cosa ho fatto d’importante?”. Ecco: lavorare è un dono e non lavorare è una sofferenza. Le fasi di ozio, le fasi di esser nel vuoto, nell’adolescenza o in un’adolescenza prolungata (che oggi è un fenomeno non piccolo di giovani, di persone che ormai già adulte 30-45 anni a vuoto, che non hanno finito l’università e che non riescono a quagliare nella vita qualcosa di serio, è una vita fallita, è una vita morta, è una vita dove il fortunato è colui che è riuscito a trovare la strada della propria esistenza, è riuscito a trovare la vigna buona e non ha sprecato la sua esistenza.

Ed ecco che c’è l’altra logica: “io sono buono. Tu sei invidioso di me perché sono buono”, dice il padrone. Iddio non è giusto della nostra giustizia, ma della sua. Secondo Dio è giusto essere buoni con noi, come per ogni padre, come per ogni persona che ami un figlio… la giustizia è la cura, è la salvezza, è dare la possibilità, è guadagnare il figliuolo, è prenderlo e trovargli la via perché lui sia felice. Questa è la giustizia di Dio. Che cos’è più importante ricevere di più perché ho fatto di più degli altri o essere felice di aver trovato il mio denaro? Avere la gioia di essere nella vigna buona e di avere oggi la moneta di Dio.
Questo appunto non ha un ambito di tipo sociale, ma ha un ambito di tipo esistenziale, di fede; è un problema di rapporto con Dio. Speriamo di avere tanti fratelli che anche all’ultimo trovino il Padre, trovino il denaro di Dio.
Non so, ma penso che tutti sperino di trovare tante persone in Paradiso, di trovare quel denaro, quella ricompensa di Dio, la ricompensa eterna che troveremo alla fine della nostra giornata. Abbiamo lavorato poco o abbiamo lavorato molto, ma sempre speriamo di andarci tutti in Paradiso, speriamo di trovarci tutti i nostri cari, anche quelli che ci sembrano che proprio stanno sprecando la vita, che all’ultimo minuto si convertano e Dio gli dia la stessa moneta.

Don Fabio Rosini (catechesi audio)

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Papa Francesco: il problema non è essere peccatori, ma non lasciarsi trasformare dall’amore di Cristo

Posté par atempodiblog le 17 mai 2013

Il problema non è essere peccatori, il problema è non lasciarsi trasformare nell’amore dall’incontro con Cristo: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa nell’omelia presieduta stamani a Santa Marta. Hanno partecipato alla celebrazione alcuni dipendenti dei Musei Vaticani.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa Francesco: il problema non è essere peccatori, ma non lasciarsi trasformare dall'amore di Cristo dans Fede, morale e teologia papaemammadelcielo

Al centro dell’omelia, il Vangelo odierno in cui Gesù risorto per tre volte chiede a Pietro se lo ama. “E’ un dialogo d’amore, fra il Signore e il suo discepolo”, spiega Papa Francesco che ripercorre la storia degli incontri di Pietro con Gesù: da quel primo “Seguimi” al nome nuovo “Ti chiamerai Cefa, Pietra”, ovvero la sua missione e – sottolinea – anche se “Pietro non aveva capito niente … la missione c’era”. Poi, quando Pietro lo riconosce come il Cristo e subito dopo dice no alla via della croce, con Gesù che risponde: “Allontanati, Satana!” e “lui accetta questa umiliazione”. Pietro – afferma il Papa – spesso “credeva di essere uno bravo”, nel Getsemani è “focoso” e “prende la spada” per difendere Gesù, ma poi lo rinnega tre volte. E quando Gesù lo fissa con quello sguardo “tanto bello” – nota il Papa – Pietro piange. “Gesù in questi incontri va come maturando l’anima di Pietro, il cuore di Pietro”, lo matura nell’amore. Così Pietro quando sente che Gesù per tre volte gli chiede: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”, si vergogna, perché si ricorda di quando per tre volte ha detto di non conoscerlo:

“Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse ‘Mi vuoi bene?’. Questo dolore, questa vergogna … Un uomo grande, questo Pietro … peccatore, peccatore. Ma il Signore gli fa sentire, a lui e anche a noi, che tutti siamo peccatori. Il problema non è essere peccatori: il problema è non pentirsi del peccato, non avere vergogna di quello che abbiamo fatto. Quello è il problema. E Pietro ha questa vergogna, questa umiltà, no? Il peccato, il peccato di Pietro, è un fatto che con il cuore grande che aveva Pietro, lo porta ad un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono”.

Il Signore non abbandona la sua promessa, quando gli aveva detto “Tu sei pietra”, e ora gli dice: “Pasci il mio gregge” e “consegna il suo gregge ad un peccatore”:

“Ma Pietro era peccatore, ma non corrotto, eh? Peccatori, sì, tutti: corrotti, no. Una volta ho saputo di un prete, un buon parroco che lavorava bene; è stato nominato vescovo, e lui aveva vergogna perché non si sentiva degno, aveva un tormento spirituale. E se n’è andato dal confessore. Il confessore lo ha sentito e gli ha detto: ‘Ma non ti spaventare. Se con quella grossa che ha fatto Pietro, lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!’. E’ che il Signore è così. Il Signore è così. Il Signore ci fa maturare con tanti incontri con Lui, anche con le nostre debolezze, quando le riconosciamo, con i nostri peccati …”.

Pietro “si è lasciato proprio modellare” dai “tanti incontri con Gesù” e questo – afferma il Papa – “serve a tutti noi, perché noi siamo sulla stessa strada”. “Pietro è un grande” – ribadisce – non “perché sia uno bravo” ma perché “è un nobile, ha un cuore nobile, e questa nobiltà lo porta al pianto, lo porta a questo dolore, a questa vergogna e anche a prendere il suo lavoro di pascere il gregge”:

“Chiediamo al Signore, oggi, che questo esempio della vita di un uomo che si incontra continuamente con il Signore e il Signore lo purifica, lo fa più maturo con questi incontri, ci aiuti a noi ad andare avanti, cercando il Signore e incontrandolo, facendo un incontro con Lui. Ma più di questo è importante lasciarci incontrare dal Signore: Lui sempre ci cerca, Lui è sempre vicino a noi. Ma tante volte, noi guardiamo dall’altra parte perché non abbiamo voglia di parlare con il Signore o di lasciarci incontrare con il Signore. Incontrare il Signore, ma più importante è lasciarci incontrare dal Signore: questa è una grazia. Ecco la grazia che ci insegna Pietro. Chiediamo oggi questa grazia. Così sia”.

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Con Maria nel Cenacolo

Posté par atempodiblog le 17 mai 2013

Con Maria nel Cenacolo dans Citazioni, frasi e pensieri Beato-Giustino-Russolillo-della-santissima-Trinit-Visitazione

“Se Gesù vuole comunicarci il Santo Spirito, ci preparerà con Maria nel Cenacolo”.

Santo Spirito, mio Dio e mio tutto,
prendimi come la Tua SS. Maria
per fare in me Gesù Cristo,
fare Gesù Cristo di tutto me stesso,
nella mia mente e cuore e opere.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo 

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La gioia della gratuità

Posté par atempodiblog le 17 mai 2013

La gioia della gratuità dans Chiara Amirante lagioiadellagratuit

Quando le relazioni sono inquinate dalle nostre pretese ed attese su come gli altri dovrebbero comportarsi nei nostri confronti ci sentiamo continuamente feriti perché le nostre aspettative vengono per lo più disilluse; diventiamo incapaci di vedere e apprezzare altri gesti di amore nei nostri confronti. Quando non ci aspettiamo più niente dagli altri impariamo finalmente a dare valore a tutto quanto le persone ci donano e sappiamo gioirne sinceramente.

Chiara Amirante

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