L’Ascensione di Gesù
Posté par atempodiblog le 11 mai 2013
L’Ascensione di Gesù
Storia o fantasia? Episodio leggendario, dice qualche teologo “moderno”. Fatto storico, vero, realmente accaduto, insegna la Chiesa.
di Stefano Bivaschi – Il Timone
Tratto da: Il profeta del vento
Qualche teologo vuole demolire, dopo quella della Risurrezione, anche la storicità dell’Ascensione.
Cito, a campione di questa demolizione cui alludo, il libro Come leggere e capire la Bibbia (ed. Città Nuova) di Josef Imbach, uno dei portavoce di quella corrente di teologi che inquadra il racconto dell’Ascensione (e non solo quello) nell’ambito di un genere letterario leggendario.
“Ma quali modelli o prototipi letterari – si chiede l’autore – può avere usato Luca per le sue descrizioni?” e risponde a se stesso affermando che l’evangelista ha usato un linguaggio attinto dalla letteratura antica, ed esattamente dalle “storie di rapimenti estatici” di cui si parla per Alessandro Magno e per Augusto.
Scrive: “Dalla storia del rapimento estatico di Romolo, fondatore di Roma, si può cogliere lo schema seguito in queste narrazioni”. E così, se Luca non avesse conosciuto queste leggende (ma le ha davvero conosciute?), non avrebbe raccontato l’Ascensione di Gesù come l’ha raccontata. L’evangelista, incalza lmbach, con le sue “descrizioni abbastanza contraddittorie, non voleva tanto raccontare un avvenimento storico quanto comunicare un messaggio teologico”.
Premesso che quel messaggio è teologico nella misura in cui è anche storico, vediamo quali sarebbero queste “contraddizioni” di cui parla Imbach.
Luca riporta il racconto dell’Ascensione nel suo Vangelo (24, 50-53) e all’inizio degli Atti degli Apostoli (1, 9-11 ).
Ma questo, per Imbach, non è ancora sufficiente ad affermarne la storicità: “Se l’evento fosse accaduto veramente nel modo descritto, se ne dovrebbe trovare traccia nelle tradizioni trasmesse dagli altri evangelisti”, scrive; ma si dimentica il significativo passo di Marco riguardante l’ultimo atto del Risorto: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (16,19-20) e quel passo di Giovanni nel quale Gesù risorto dice alla Maddalena: “Non sono ancora salito al Padre: ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: lo salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (20,17).
Quindi una “traccia” c’è, anche se Luca è più ricco di particolari: “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse alloro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti che si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1, 9-11).
A parer mio non vi è alcuna enfasi in questo racconto, che mi sembra anzi assai realistico nella sua essenzialità, e nel suo quasi umoristico ricondurre con i piedi a terra quegli apostoli con il naso ancora per aria. Imbach parla inoltre di divergenze geografiche e cronologiche.
La presunta “divergenza geografica”: nel vangelo Luca dice: “verso Betania”, mentre negli Atti scrive: “Allora tornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi”. Ma basta aprire una cartina geografica per accorgersi che il monte degli Ulivi è “verso Betania”, cioè esattamente sulla strada che da Gerusalemme conduce a Betania.
Quanto alla presunta “divergenza cronologica”, starebbe tutta qui: negli Atti, l’Ascensione avviene quaranta giorni dopo la Pasqua, mentre, per Imbach, “il testo evangelico tende a collocare l’ evento nel giorno di Pasqua”.
Ora, quest’ultima affermazione si fonda su un grave errore interpretativo. Imbach pesca il complemento di tempo che si trova all’inizio del capitolo 24 di Luca (ove si parla della Risurrezione, nel giorno di Pasqua) e lo applica anche alla fine dello stesso capitolo, ove si parla dell’Ascensione. Così Resurrezione e Ascensione risultano allo stesso giorno. Ma si tratta di un applicazione arbitraria, errata.
lo preferisco schierarmi con il Magistero, con il Catechismo della Chiesa Cattolica per il quale l’Ascensione, come la Risurrezione, è un “avvenimento ad un tempo storico e trascendente” (n. 660).
Non sarebbe ora che i teologi leggessero e spiegassero questo prezioso testo del Magistero ancora tutto da scoprire?
Inoltre
Come la Risurrezione, anche l’Ascensione è evento sia fisico che metafisico. Il Magistero della Chiesa, infatti, definisce l’avvenimento «ad un tempo storico e trascendente» (CCC 660). Storico (e non mitologico) ma anche trascendente, perché il cielo che accoglie il Risorto non è quello fisico, ma quello metafisico, il regno dei cieli da cui il Verbo era venuto ed a cui ritorna nella gloria. Ecco allora che il cielo fisico, o la nuvola, pur appartenendo alla reale esperienza degli apostoli, diventano simbolo di realtà più alte ed a loro ancora invisibili.
Il vero carattere dell’Ascensione è escatologico e le Scritture stesse la collegano alla promessa del dono dello Spirito, alla venuta del Regno, ed alla Parusia finale del ritorno di Gesù (cfr At 1,1-14). Dice il Catechismo: «Il Corpo di Cristo è stato glorificato fin dall’istante della sua Risurrezione, come provano le proprietà nuove e soprannaturali di cui ormai gode in permanenza. Ma durante i quaranta giorni nei quali egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli e li istruisce sul Regno, la sua gloria resta ancora velata sotto i tratti di un’umanità ordinaria. L’ultima apparizione di Gesù termina con l’entrata irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla nube e dal cielo ove egli siede ormai alla destra di Dio» (CCC 659). Il Figlio, che con l’Incarnazione era sceso nella natura umana, ora, con l’Ascensione, la riconsegna al Padre redenta. «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo. Ora lascio il mondo e vado al Padre» (Gv 16,28).
La sua missione è compiuta e torna nella gloria vittorioso e carico di doni per noi. «Ora io vi dico la verità: è meglio per voi che io parta, perché se non parto il Paraclito non verrà a voi. Se invece me ne vado lo manderò a voi» (Gv 16,7).
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