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La giovane Italia non pensa cattolico

Posté par atempodiblog le 11 mai 2013

Rapporti prematrimoniali, convivenza, divorzio e contraccettivi: tutto normale secondo i ragazzi del terzo millennio. Lo rivela un’inchiesta molto attendibile. Brutte sorprese anche nelle risposte dei cattolici praticanti
di Mario Palmaro – Il Timone

La giovane Italia non pensa cattolico dans Mario Palmaro mariopalmaro

Italia, 2011: che cosa pensano i giovani in materia di matrimonio, contraccezione, omosessualità, aborto, figli in provetta, eutanasia? La risposta arriva da un sondaggio – serio e per nulla fazioso – promosso dall’Associazione Difendere la Vita con Maria, e realizzato dall’Università Cattolica e dalla Fondazione ESAE. Gli intervistati sono giovani fra i 14 e i 25 anni di Novara e provincia, e sono un campione rappresentativo, che fotografa il modo di pensare di un ragazzo italiano all’inizio del terzo millennio.
C’è poco da stare allegri. Cominciamo dal matrimonio: un massiccio 69% di giovani considera normale la convivenza prematrimoniale. I decisamente contrari sono poco più di 7 su 100. “Quando è giusto avere il primo rapporto sessuale?” Un etereo 2,9 per cento risponde «dopo il matrimonio». Per il 52 per cento «solo quando si è innamorati», mentre per il 18% «qualunque momento va bene».
I ragazzi del 2011 non sembrano ostili al matrimonio, e il 60% si rifiuta di definirlo superato. Ma più del 44% è d’accordo o abbastanza d’accordo nel definire il divorzio «una possibilità normale». E circa il 50% pensa che non debba essere evitato a tutti i costi.

C’era una volta la morale
Tutta l’etica sessuale – o almeno quello che ne rimane – è coerente con questo approccio. L’ultimo tabù rimasto é “tradire il proprio partner”, giudicato come grave o inaccettabile da un massiccio 70%. D’altra parte, i giovani formano un “partito bulgaro” di favorevoli alla contraccezione: più dell’82% degli intervistati ritiene che usare metodi anticoncezionali «non è per niente grave». Solo per 8 ragazzi su 100 è invece molto grave o inaccettabile. Si registra in questo caso la quota più modesta di «non sa, non risponde», pari al 4,8%. È il trionfo della cultura contraccettiva, humus ideale nel quale prosperano la precocità delle prime esperienze sessuali, la convivenza prima o in luogo del matrimonio, la giustificazione dell’aborto «almeno in certi casi».
Secondo il 41% dei giovani, avere rapporti omosessuali rimane «molto grave o inaccettabile»; ma di poco inferiore (37,7%) è il gruppo secondo il quale «non è per niente grave». Si tratta di numeri che rivelano un epocale cambiamento di atteggiamento nei confronti dell’omosessualità. «Un figlio può avere genitori dello stesso sesso?»: più del 60% dei giovani é decisamente o almeno abbastanza in disaccordo, ma il 20% si dichiara abbastanza o decisamente d’accordo. Secondo il 38% degli intervistati una “donna sola”, se vuole, ha il diritto di avere un figlio.

Aborto, diritto intoccabile
Per quanto riguarda l’aborto, quasi il 46% dei giovani sostiene che la persona umana esiste dal concepimento: un dato incoraggiante, anche se non si deve trascurare un 34% che colloca l’inizio della persona «dopo alcuni giorni o mesi dal concepimento», e il solito piccolo esercito (20,2%) di enigmatici «non sa, non risponde». “Se tu fossi incinta, potresti pensare di abortire?” A un sorprendente 44,2% che risponde decisamente «no, mai», fa da contraltare un 16% di «sì, senz’altro», affiancato da un 39,8% di possibilisti «sì, forse». Non cambiano di molto le risposte da parte dei maschi, chiamati a misurarsi con l’ipotesi che sia la loro ragazza ad aspettare un bimbo. Il 94,4% degli intervistati dichiara con sicurezza di sapere che cosa sia «la pillola del giorno dopo», ma il 31% è convinto si tratti di un normale contraccettivo, ignorando che essa è potenzialmente anche abortiva. Risultato: per il 44,7% il ricorso alla pillola del giorno dopo «non è per niente grave», e solo un modesto 14,5% giudica molto grave o inaccettabile un simile comportamento. Se la gravidanza è indesiderata, o se vi sono delle difficoltà economiche, più del 20% ritiene che non sia per niente grave abortire, mentre il 35% è decisamente contrario. Se invece l’aborto è praticato per tutelare la salute della madre, i favorevoli passano a un massiccio 48,5%, e i contrari a un modesto 15,4%.
Un dato singolare: nonostante la diffusa mentalità eugenetica che porta a eliminare i figli «difettosi», i giovani del sondaggio sembrano meno favorevoli all’aborto per malattie del feto: il 26% ritiene che in questa situazione abortire non sia per niente grave, ma il 21,5% pensa che sia abbastanza grave, e quasi il 40% giudica molto grave o inaccettabile l’aborto eugenetico. Si tratta del dato positivamente più sorprendente dell’intera ricerca. Le resistenze all’aborto crollano di fronte ai cosiddetti «casi limite»: per la metà dei giovani intervistati (il 50,5%) l’aborto non è per niente grave in caso di violenza sessuale, mentre uno “zoccolo duro” del 13,5% lo condanna. In molte risposte emerge in filigrana il principio di autodeterminazione della donna, veicolato dalla legge 194 del 1978: il 18,6% ritiene che, se un’amica confidasse di voler abortire, non le direbbe nulla. Percentuale alla quale andrebbero sommati il 19,2% che «non sa, non risponde», e il 17% che ritiene la decisione di abortire «un problema solo suo». Peraltro, più del 55% é decisamente o abbastanza d’accordo che il padre del concepito dovrebbe potersi opporre all’aborto. L’affermazione perentoria secondo cui «nessuno ha diritto di decidere di abortire» trova decisamente d’accordo, però, solo uno striminzito 9,6% del campione.

Plebiscito per la dolce morte e i figli in provetta
L’eutanasia? Per il 42% non è per niente grave, contro un 22% che la giudica illecita. E la fecondazione artificiale? I giovani attribuiscono una imponente legittimazione al cosiddetto «figlio in provetta»: il 68% degli intervistati ritiene che «non è per niente grave». A resistere il «solito » zoccolo duro del 13,7% che giudica molto grave o inaccettabile la fecondazione artificiale. Il dato è, francamente, impressionante. La stessa popolazione che conserva remore morali comunque significative sull’aborto procurato, sugli atti omosessuali e sul divorzio, assume invece un atteggiamento totalmente assolutorio sul «figlio in provetta», in misura di 7 intervistati su 10. C’è di che riflettere sulle “strategie” adottate in materia di legge 40 del 2004.

Cattolici, praticanti e sorprendenti
E i giovani cattolici “praticanti regolari”? Forse è questa la parte più sconvolgente del sondaggio: il 33% spiega che potrebbe pensare di abortire; il 20% definisce la pillola del giorno dopo “un normale metodo anticoncezionale” e il 26% sostiene che non è per niente grave usarla. Abortire per la salute della madre non è per niente grave secondo il 37% dei giovani cattolici praticanti; in caso di violenza carnale, sono favorevoli il 31%. L’affermazione “nessuno ha diritto di decidere di abortire” trova d’accordo solo il 16% dei cattolici praticanti. Il 12% dei ragazzi che vanno in chiesa almeno ogni domenica ritiene che usare droghe leggere non sia per niente grave. Capitolo omosessualità: per il 21% dei giovani praticanti “non è per niente grave”. L’eutanasia? Per il 22% si può fare senza problemi, per il 35% è molto grave o inaccettabile, il 24% non sa o non risponde. La debacle più vistosa arriva sulla contraccezione: il 71,2% ritiene che usarla non sia per niente grave. Ma anche la fecondazione artificiale raccoglie consensi massicci, superiori al 50%. I rapporti prematrimoniali e la convivenza prematrimoniale sono condannati da un modesto 12%.
Da qualche anno si parla, anche in casa cattolica, di emergenza educativa. Leggendo questi numeri, forse sarebbe meglio parlare di una debacle: il Magistero della Chiesa insegna che convivenza e rapporti prematrimoniali sono peccato grave, ma 9 giovani su 10 che vanno alla Messa tutte le domeniche pensano esattamente il contrario. Evidentemente, in troppe chiese e parrocchie il “piatto” della dottrina cattolica piange. Urgono immediate e robuste contromisure.

divisore dans Medjugorje

Inoltre iconarrowti7 Una dottrina propria

Publié dans Mario Palmaro, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Un’indagine svela l’“effetto Francesco”

Posté par atempodiblog le 11 mai 2013

Un’indagine svela l’effetto Francesco”
di Massimo Introvigne – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Ascolta tua Madre

Un'indagine svela l'“effetto Francesco” dans Andrea Tornielli papafrancescomisericord

Il primo a rilevarlo è stato, tra i giornalisti, l’amico Andrea Tornielli. C’è un «effetto Francesco» e a Pasqua, commossi dagli appelli del nuovo Papa ad affidarsi senza riserve alla misericordia divina, molti «lontani» sono tornati in chiesa, spesso dopo tanti anni, e si sono confessati. Anch’io ho sentito tanti aneddoti di questo genere, non solo in Italia, raccontati da sacerdoti o religiosi, e anche da autorità ecclesiastiche, e ho verificato questo effetto in ambienti dove non me lo sarei mai aspettato.

Siccome però sono un sociologo, diffido sempre un po’ delle impressioni aneddotiche e preferisco affidarmi ai dati quantitativi. Il centro che dirigo, il CESNUR, ha dunque promosso un’indagine intesa a trasformare le impressioni aneddotiche sull’effetto Francesco in un dato statistico, per quanto primo e parziale. Impostare un’indagine dopo un solo mese di pontificato di Francesco non è stato facile, e i sacerdoti e religiosi sono un universo non sempre entusiasta di rispondere ai sociologi. Ho quindi scelto la tecnica detta a cascata, in cui da un gruppo qualificato d’intervistati si passa, sfruttando i loro contatti, a un altro gruppo.

Mi sono servito di un software che permette di raccogliere risposte a questionari a partire dai social network Facebook e Twitter, e mi
sono rivolto ai sacerdoti e religiosi presenti in una serie di gruppi e ambiti qualificati: non solo i miei amici – che sono comunque cinquemila, il
massimo consentito, su Facebook – ma i partecipanti a gruppi di ex alunni di seminari, di lettori della Nuova Bussola Quotidiana e di Avvenire,
di ascoltatori di Radio Maria, di persone interessate alle news su associazioni e movimenti cattolici.

La ricerca si è chiusa automaticamente al ricevimento della duecentesima risposta ricevuta da un sacerdote o religioso, un campione –
considerata la tecnica usata – rappresentativo e sufficiente. Sono stati intervistati, a titolo di controllo, anche laici cattolici impegnati in una
specifica comunità e un piccolo numero di religiose.
Tra i sacerdoti e religiosi il 53% ha affermato di avere riscontrato nella propria comunità un aumento delle persone che si riavvicinano alla
Chiesa o si confessano, aggiungendo che queste persone citano esplicitamente gli appelli di Papa Francesco come ragione del loro
riavvicinamento alla pratica religiosa. Nel 43,8% di questi casi l’aumento di fedeli è definito come consistente, superiore al 25%. Lo notano di
più i religiosi (66,7%) rispetto ai sacerdoti diocesani (50%). E per il 64,2% del campione l’aumento riguarda particolarmente le confessioni.

Abbiamo condotto la stessa indagine anche su un campione di oltre cinquecento laici cattolici. Percepiscono l’effetto Francesco meno dei
sacerdoti e religiosi, che sono impegnati direttamente nei confessionali. Ma un significativo 41,8% dei laici si è accorto dell’effetto di ritorno
alla Chiesa motivato dagli appelli di Papa Francesco, che sembra dunque essere visibile, per così dire, anche a occhio nudo. Il 17,7% dei laici
dichiara specificamente di avere rilevato un aumento di coloro che si confessano nella propria comunità. Per quanto poi il numero di religiose
che hanno risposto sia modesto, questo primo dato indica che le suore si sono accorte del fenomeno in modo massiccio: 81,82%.

I dati sono, nei limiti dell’indagine, molto significativi. Un effetto rilevato da oltre metà di un campione è un fenomeno non solo esistente
ma di grande rilievo. Non è tanto importante che il 47% dei sacerdoti e religiosi non riscontri l’effetto. I fenomeni sociali percepiti dall’unanimità
o quasi di chi risponde a un questionario sono pochissimi. Né si potrebbe sostenere che gli intervistati hanno scambiato il consueto aumento
di fedeli e penitenti a Pasqua per un effetto legato a Papa Francesco.

Agli intervistati è stato chiesto specificamente di rispondere solo con riferimento a fedeli che motivassero specificamente il loro ritorno alla
Chiesa con gli appelli del nuovo Pontefice, e il questionario era strutturato in modo da indurli a paragonare la Pasqua 2013 a quelle degli anni
precedenti, non ad altri periodi dell’anno liturgico.
Se cercassimo di tradurre il dato in termini numerici e su scala nazionale, con riferimento a metà delle parrocchie e comunità, dovremmo
parlare di centinaia di migliaia di persone che si riavvicinano alla Chiesa accogliendo gli inviti di Papa Francesco. Un effetto massiccio e
perfino spettacolare.

Naturalmente, l’effetto Francesco è anche un effetto Ratzinger: molti affermano spontaneamente di essere stati commossi e scossi anche
dalla rinuncia di Benedetto XVI. E l’effetto andrà verificato alla prova del tempo.
Potrebbe trattarsi di quella che i sociologi chiamano effervescenza religiosa, che non sempre è di lunga durata. Tuttavia, fin da ora possiamo
affermare che non si tratta di impressioni e di aneddoti, ma di numeri reali.

Publié dans Andrea Tornielli, Massimo Introvigne, Papa Francesco I | Pas de Commentaire »

L’Ascensione di Gesù

Posté par atempodiblog le 11 mai 2013

L’Ascensione di Gesù
Storia o fantasia? Episodio leggendario, dice qualche teologo “moderno”. Fatto storico, vero, realmente accaduto, insegna la Chiesa.
di Stefano Bivaschi – Il Timone
Tratto da: Il profeta del vento

L'Ascensione di Gesù dans Commenti al Vangelo ascensionesignoreges

Qualche teologo vuole demolire, dopo quella della Risurrezione, anche la storicità dell’Ascensione.
Cito, a campione di questa demolizione cui alludo, il libro Come leggere e capire la Bibbia (ed. Città Nuova) di Josef Imbach, uno dei portavoce di quella corrente di teologi che inquadra il racconto dell’Ascensione (e non solo quello) nell’ambito di un genere letterario leggendario.
Ma quali modelli o prototipi letterari – si chiede l’autore – può avere usato Luca per le sue descrizioni?” e risponde a se stesso affermando che l’evangelista ha usato un linguaggio attinto dalla letteratura antica, ed esattamente dalle storie di rapimenti estatici” di cui si parla per Alessandro Magno e per Augusto.
Scrive: Dalla storia del rapimento estatico di Romolo, fondatore di Roma, si può cogliere lo schema seguito in queste narrazioni”. E così, se Luca non avesse conosciuto queste leggende (ma le ha davvero conosciute?), non avrebbe raccontato l’Ascensione di Gesù come l’ha raccontata. L’evangelista, incalza lmbach, con le sue descrizioni abbastanza contraddittorie, non voleva tanto raccontare un avvenimento storico quanto comunicare un messaggio teologico”.
Premesso che quel messaggio è teologico nella misura in cui è anche storico, vediamo quali sarebbero queste contraddizioni” di cui parla Imbach.
Luca riporta il racconto dell’Ascensione nel suo Vangelo (24, 50-53) e all’inizio degli Atti degli Apostoli (1, 9-11 ).
Ma questo, per Imbach, non è ancora sufficiente ad affermarne la storicità: Se l’evento fosse accaduto veramente nel modo descritto, se ne dovrebbe trovare traccia nelle tradizioni trasmesse dagli altri evangelisti”, scrive; ma si dimentica il significativo passo di Marco riguardante l’ultimo atto del Risorto: Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (16,19-20) e quel passo di Giovanni nel quale Gesù risorto dice alla Maddalena: Non sono ancora salito al Padre: ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: lo salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (20,17).
Quindi una traccia” c’è, anche se Luca è più ricco di particolari: Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse alloro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti che si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1, 9-11).
A parer mio non vi è alcuna enfasi in questo racconto, che mi sembra anzi assai realistico nella sua essenzialità, e nel suo quasi umoristico ricondurre con i piedi a terra quegli apostoli con il naso ancora per aria. Imbach parla inoltre di divergenze geografiche e cronologiche.
La presunta divergenza geografica”: nel vangelo Luca dice: verso Betania”, mentre negli Atti scrive: Allora tornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi”. Ma basta aprire una cartina geografica per accorgersi che il monte degli Ulivi è verso Betania”, cioè esattamente sulla strada che da Gerusalemme conduce a Betania.
Quanto alla presunta divergenza cronologica”, starebbe tutta qui: negli Atti, l’Ascensione avviene quaranta giorni dopo la Pasqua, mentre, per Imbach, il testo evangelico tende a collocare l’ evento nel giorno di Pasqua”.
Ora, quest’ultima affermazione si fonda su un grave errore interpretativo. Imbach pesca il complemento di tempo che si trova all’inizio del capitolo 24 di Luca (ove si parla della Risurrezione, nel giorno di Pasqua) e lo applica anche alla fine dello stesso capitolo, ove si parla dell’Ascensione. Così Resurrezione e Ascensione risultano allo stesso giorno. Ma si tratta di un applicazione arbitraria, errata.
lo preferisco schierarmi con il Magistero, con il Catechismo della Chiesa Cattolica per il quale l’Ascensione, come la Risurrezione, è un avvenimento ad un tempo storico e trascendente” (n. 660).
Non sarebbe ora che i teologi leggessero e spiegassero questo prezioso testo del Magistero ancora tutto da scoprire?

Inoltre

Come la Risurrezione, anche l’Ascensione è evento sia fisico che metafisico. Il Magistero della Chiesa, infatti, definisce l’avvenimento «ad un tempo storico e trascendente» (CCC 660). Storico (e non mitologico) ma anche trascendente, perché il cielo che accoglie il Risorto non è quello fisico, ma quello metafisico, il regno dei cieli da cui il Verbo era venuto ed a cui ritorna nella gloria. Ecco allora che il cielo fisico, o la nuvola, pur appartenendo alla reale esperienza degli apostoli, diventano simbolo di realtà più alte ed a loro ancora invisibili.
Il vero carattere dell’Ascensione è escatologico e le Scritture stesse la collegano alla promessa del dono dello Spirito, alla venuta del Regno, ed alla Parusia finale del ritorno di Gesù (cfr At 1,1-14). Dice il Catechismo: «Il Corpo di Cristo è stato glorificato fin dall’istante della sua Risurrezione, come provano le proprietà nuove e soprannaturali di cui ormai gode in permanenza. Ma durante i quaranta giorni nei quali egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli e li istruisce sul Regno, la sua gloria resta ancora velata sotto i tratti di un’umanità ordinaria. L’ultima apparizione di Gesù termina con l’entrata irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla nube e dal cielo ove egli siede ormai alla destra di Dio» (CCC 659). Il Figlio, che con l’Incarnazione era sceso nella natura umana, ora, con l’Ascensione, la riconsegna al Padre redenta. «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo. Ora lascio il mondo e vado al Padre» (Gv 16,28).
La sua missione è compiuta e torna nella gloria vittorioso e carico di doni per noi. «Ora io vi dico la verità: è meglio per voi che io parta, perché se non parto il Paraclito non verrà a voi. Se invece me ne vado lo manderò a voi» (Gv 16,7).

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