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Maria e il mese di maggio

Posté par atempodiblog le 4 mai 2013

Maria e il mese di maggio dans Mese di maggio con Maria verginedelrosario

Oggi è il primo sabato di maggio, cioè del mese che la tradizione vuole  – insieme ad ottobre, mese del rosario – dedicato in particolare al culto della Vergine Maria. È un fatto che, se siamo cresciuti all’interno della cattolicità, abbiamo appreso fin da  bambini e che diamo ormai per scontato. Ma forse, proprio per questo, è interessante cercare di risalire alle origini della speciale attenzione per Maria in questo momento dell’anno, per renderci conto meglio di come essa è nata e si è diffusa nell’intera cristianità.

Incominciamo col dire che essa è un piccolo vanto tutto italiano come, del resto, la famosa “supplica” alla Madonna di Pompei. E questo perché, se è vero che già qualcuno come il re di Castiglia e Leòn, Alfonso X il Saggio (vissuto nel XIII sec.), in uno dei suoi Cantici aveva in qualche modo associato la figura di Maria al mese di maggio e tre secoli dopo a Monaco di Baviera il benedettino Wolfang Seidl aveva pubblicato un abbozzo di mese mariano, sarà solo in età barocca e in Italia che la devozione andrà chiaramente strutturandosi.

In realtà, occorre precisarlo subito: ciò da cui sembra che tutto abbia preso le mosse non è un aggancio con il ciclo liturgico, come in teoria si potrebbe pensare e come, per esempio, è avvenuto per il mese mariano presente nel rito bizantino fin dal XIII secolo, che viene celebrato in agosto in relazione alla festa della Assunta, la Dormitio Mariae per gli ortodossi. Il nostro “mese di maggio” si ricollega piuttosto, per un verso, al bisogno di riproporre Maria alla devozione dei fedeli dopo quella sorta di diminuzione di ruolo che le era derivata dalla Riforma. Ma anche dal rilancio che alcuni culti pagani, come quelli legati alle feste di primavera, accentrate sui Calendimaggio, stavano ritrovando spazio all’interno del Rinascimento e ciò preoccupava assai gli ambienti religiosi.

Per questo non sembra un caso che proprio attorno a Firenze, centro di questo rinascimento, e precisamente nel noviziato domenicano di Fiesole, nel 1677, sia nata la Comunella, cioè una sorta di confraternita che cominciò a dedicare alla Vergine il mese di maggio con degli esercizi di devozione. Ecco che cosa possiamo leggere negli archivi: «Essendo giunte le feste di maggio… e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominciavano a “cantar maggio”e a far festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo vantare anche noi alla Santissima Vergine Maria e che non era dovere che ci lasciassimo superare dai secolari». Dunque alla regina della primavera viene quantomeno affiancata la Regina del Cielo.

Da quel momento in poi è tutto un susseguirsi di iniziative prima sporadiche e poi sempre più organizzate fino al “Mese di Maria” pubblicato a Verona nel 1725 da un gesuita, padre Dionisi, seguito nel 1747 dal “ Mese di Maggio” di padre Saporiti e poi ancora da quelli di padre Lalomia e infine nel 1787 di padre Muzzarelli. Con quest’ultimo la devozione assume il suo aspetto definitivo. La pubblicazione che la illustra viene infatti inviata a tutti i vescovi perché la introducano nelle parrocchie della loro diocesi. Cosa che avverrà praticamente dovunque.

Durante la prima metà dell’800 il “Mese di Maggio” è già affermato in Europa e in America; progressivamente raggiungerà anche i paesi di missione. Diversi papi lo sosterranno esplicitamente: Pio VII, Gregorio XVI, Pio IX addirittura lo indulgenzieranno. Al punto che questa devozione è stata definita «l’omaggio più grandioso che i tempi moderni hanno offerto alla Santa Vergine».

Grandioso, certamente, ma per alcuni anche un po’ troppo debordante. A raccogliere critiche e proposte, inseguendo il giusto equilibrio, è certamente servita la riflessione conciliare sul ruolo di Maria che, contro ogni rischio di deviazione e di devozionalismo sentimentale l’ha riportata in pienezza all’interno della storia della salvezza. Poi, l’enciclica di Paolo VI , la Marialis cultus, ha completato il quadro. La riforma del calendario liturgico, da parte sua, ha contribuito a favorire l’aggancio con il ciclo solenne della Chiesa ponendo proprio il 31 maggio, cioè tra l’annunciazione il 25 marzo, e la nascita del Battista il 24 giugno, la Festa della Visitazione. Così oggi, il “Mese di Maggio” continua a restare, per chi lo voglia, una grande occasione pastorale capace di unire la devozione liturgica a Maria con la più genuina pietà popolare.

di Rosanna Brichetti Messori – La nuova Bussola Quotidiana

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La Basilica di Superga

Posté par atempodiblog le 4 mai 2013

La Basilica di Superga
Sorta per un voto di vittoria militare, Superga ospita il pantheon dei Savoia ed è simbolo religioso di Torino.
di Annamaria Scavo – Radici Cristiane

La Basilica di Superga dans Apparizioni mariane e santuari basilicadisuperga

Sembra quasi di vederli ancora, là sulla cima del colle di Superga, pianificare la difesa della cittadella con non poca preoccupazione. Era il 2 settembre 1706 e Vittorio Amedeo II Duca di Savoia con il cugino Eugenio di Savoia, principe di Carignano, venuto in suo soccorso al comando delle truppe imperiali austriache, cercavano una soluzione strategica per liberare Torino da un assedio dei francesi che si protraeva dal 14 maggio nel più ampio contesto della Guerra di Successione Spagnola.

Il grande voto
La decisione presa quel giorno si sarebbe rivelata vincente, pur se rischiosa. Vittorio Amedeo II, compresa la gravità della situazione, prometteva che, in caso di vittoria, avrebbe costruito su quel colle una Basilica dedicata alla Vergine Maria in segno di ringraziamento.
I piemontesi ne uscirono vittoriosi e, ancora prima della fine della guerra vera e propria, l’architetto messinese Filippo Juvara riceveva l’incarico di occuparsi del progetto della nuova chiesa, nel 1711.
La costruzione iniziò il 20 luglio 1717 e si protrasse per quattordici anni, affrontando, fra l’altro, la difficoltà di portare i materiali a dorso d’asino per un sentiero sassoso su questo colle alto più di 600 metri. Il 1° novembre 1731 il tempio fu solennemente consacrato alla presenza di Re Carlo Emanuele III di Savoia.
Successivamente, nel 1799, in piena occupazione francese, si è corso il rischio di trasformare la Basilica in un “Tempio della Riconoscenza” dedicato alle ceneri dei piemontesi caduti al fianco dei giacobini, mentre le tombe dei Savoia sarebbero state traslate altrove. Con la sconfitta dei francesi occupanti, anche questo problema fu eliminato.

Pantheon dei Savoia
La Basilica si articola attorno a una chiesa dalla pianta circolare, sormontata da una grande cupola di gusto barocco e preceduta da un pronao sorretto da otto colonne corinzie a imitazione del Pantheon romano. Ai lati del corpo centrale si innalzano due bei campanili, che, per eleganza, ricordano il grande Borromini.
L’interno, a croce greca, è decorato da lucenti sculture eseguite dai fratelli Filippo e Ignazio Collino.
Nei sotterranei, sotto il presbiterio, Juvara aveva previsto da subito un luogo per la sepoltura dei Savoia ma, forse per mancanza di soldi, l’incarico effettivo per la realizzazione della Cripta Reale fu dato da Vittorio Amedeo III al nipote dello Juvara e ad altri architetti, solo dopo il 1774.
Il mausoleo era destinato a contenere le spoglie di quasi tutti i Savoia, con l’eccezione dei regnanti d’Italia tumulati poi nel Pantheon di Roma e di pochi altri. Così nel 1778 Vittorio Amedeo III, dopo aver inaugurato il mausoleo, iniziava il trasferimento e la tumulazione dei Savoia sepolti altrove.
Si accede alla Cripta dal lato sinistro esterno della Basilica attraverso uno scalone di marmo e un lungo corridoio. Al termine dello scalone una splendida statua di san Michele Arcangelo, che sconfigge un demonio antropomorfo, è stata voluta da Vittorio Emanuele II, quasi a difesa delle tombe e scolpita da Finelli, un allievo del Canova.
La cripta è a croce latina e l’interno, in stile barocco, è riccamente decorato da stucchi e sculture monumentali con abbondanza di simboli alchemici ed esoterici. I colori dei marmi sono molto vivaci con prevalenza di bianco, nero e rosso, ma anche con marmi verdi, alabastro e volte stuccate in oro.
Al centro della croce latina, la Sala dei Re, con il sarcofago più grande, quello di Carlo Alberto di Savoia. In questa posizione, secondo le intenzioni iniziali, avrebbe dovuto sempre essere sepolto l’ultimo regnante deceduto, trasferendo il precedente in un loculo laterale. In realtà, i successivi regnanti sono stati poi tumulati nel Pantheon e Carlo Alberto è ancora al suo posto.
Attorno al sarcofago, quattro nicchie in marmo nero con le statue candide delle tre virtù teologali e del Genio delle Arti che reca in mano un triangolo con la punta rivolta verso il basso, appoggiato su una sfera, il tutto opera di Ignazio e Filippo Collino. Dal sarcofago centrale partono i quattro bracci della croce con cinque sale, fra cui quella delle Regine e degli Infanti.
Non è certo se la Sala Reale ospiti anche il cuore del principe Eugenio, sepolto a Vienna nella cattedrale di Santo Stefano, mentre Mafalda di Savoia, morta nel campo di concentramento di Buchenwald nel 1944 e sepolta nel cimitero del castello degli Assia a Kronberg im Taunus, è ricordata nella cripta reale da un cenotafio.

ritrattipapi dans Apparizioni mariane e santuari

A Superga è conservata l’unica raccolta al mondo di ritratti su tela di tutti i pontefici della storia a partire da San Pietro. La sala li espone in ordine non cronologico lungo tutte le pareti. Negli appartamenti reali della stessa Basilica, sono esposti anche i ritratti degli antipapi, e tra essi Felice V, vale a dire Amedeo VIII di Savoia.
Per raggiungere la Basilica, oltre alla normale strada, si realizzò nel 1884 una funicolare basata sul sistema Agudio che collegava la sommità della collina di Superga con il quartiere Sassi in Torino. La linea, lunga circa tre chilometri, è stata elettrificata e trasformata in tranvia a cremagliera nel 1934, ed è ad oggi in funzione con le motrici del 1934 e i vagoni del 1884.
Sul piazzale a destra della Basilica un monumento, dedicato alla memoria di Re Umberto I di Savoia, ne ricorda il tragico assassinio del 1900. Il monumento, dello scultore milanese Tancredi Pozzi, consiste in una colonna corinzia di granito con un capitello in bronzo sulla quale si trova un’aquila trafitta da una freccia. Alla base della colonna un guerriero celtico, che simboleggia la città di Torino, punta una mano verso il cielo e la spada verso uno scudo dei Savoia.

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