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Novena a Santa Bernadette

Posté par atempodiblog le 7 avril 2013

Novena a Santa Bernadette dans Libri Bernardette

Da tutti i santi, anche da Bernadette, ci viene un messaggio di alta e pacificante sapienza: nella sovrana libertà del suo Spirito creatore, Dio concede a ciascuno di noi quei doni che Lui sa appropriati e commisurati al nostro essere. Siamo tutti variamente privilegiati dal suo amore. Dentro un chiostro o sulle strade del mondo, è solo l’adesione totale a questo dono, solo la risposta d’amore a questo amore che ci viene incontro per primo ciò che dà senso alla nostra vita, ciò che sazia il nostro primario e inestinguibile bisogno di felicità.

Tratto da: Sui passi di Bernadette — Padre Livio Fanzaga

Freccia dans Viaggi & Vacanze  Novena a Santa Bernadette (dal 7 al 15 aprile)

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Gesù è la Misericordia incarnata

Posté par atempodiblog le 7 avril 2013

Gesù è la Misericordia incarnata dans Commenti al Vangelo papafrancesco

Cari fratelli e sorelle! Buon giorno!

In questa domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, rinnovo a tutti l’augurio pasquale con le parole stesse di Gesù Risorto: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). Non è un saluto, e nemmeno un semplice augurio: è un dono, anzi, il dono prezioso che Cristo offre ai suoi discepoli dopo essere passato attraverso la morte e gli inferi. Dona la pace, come aveva promesso: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Questa pace è il frutto della vittoria dell’amore di Dio sul male, è il frutto del perdono. Ed è proprio così: la vera pace, quella profonda, viene dal fare esperienza della misericordia di Dio. Oggi è la Domenica della Divina Misericordia, per volontà del beato Giovanni Paolo II, che chiuse gli occhi a questo mondo proprio alla vigilia di questa ricorrenza.

Il Vangelo di Giovanni ci riferisce che Gesù apparve due volte agli Apostoli chiusi nel Cenacolo: la prima, la sera stessa della Risurrezione, e quella volta non c’era Tommaso, il quale disse: se io non vedo e non tocco, non credo. La seconda volta, otto giorni dopo, c’era anche Tommaso. E Gesù si
rivolse proprio a lui, lo invitò a guardare le ferite, a toccarle; e Tommaso esclamò: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Gesù allora disse: «Perché
mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (v. 29). E chi erano questi che avevano creduto senza vedere? Altri discepoli, altri uomini e donne di Gerusalemme che, pur non avendo incontrato Gesù risorto, credettero sulla testimonianza degli Apostoli e delle donne.

Questa è una parola molto importante sulla fede, possiamo chiamarla la beatitudine della fede. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto: questa è la beatitudine della fede!

In ogni tempo e in ogni luogo sono beati coloro che, attraverso la Parola di Dio, proclamata nella Chiesa e testimoniata dai cristiani, credono 0 che Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato, la Misericordia incarnata. E questo vale per ciascuno di noi!

Agli Apostoli Gesù donò, insieme con la sua pace, lo Spirito Santo, perché potessero diffondere nel mondo il perdono dei peccati, quel perdono che solo Dio può dare, e che è costato il Sangue del Figlio (cfr Gv 20,21-23). La Chiesa è mandata da Cristo risorto a trasmettere agli uomini la remissione dei peccati, e così far crescere il Regno dell’amore, seminare la pace nei cuori, perché si affermi anche nelle relazioni, nelle società, nelle istituzioni. E lo Spirito di Cristo Risorto scaccia la paura dal cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire dal Cenacolo per portare il Vangelo.
Abbiamo anche noi più coraggio di testimoniare la fede nel Cristo Risorto! Non dobbiamo avere paura di essere cristiani e di vivere da cristiani! Noi

dobbiamo avere questo coraggio, di andare e annunciare Cristo Risorto, perché Lui è la nostra pace, Lui ha fatto la pace, con il suo amore, con il suo perdono, con il suo sangue, con la sua misericordia.

Cari amici, oggi pomeriggio celebrerò l’Eucaristia nella Basilica di San Giovanni in Laterano, che è la Cattedrale del Vescovo di Roma.
Preghiamo insieme la Vergine Maria, perché ci aiuti, Vescovo e Popolo, a camminare nella fede e nella carità, fiduciosi sempre nella misericordia
del Signore: Lui sempre ci aspetta, ci ama, ci ha perdonato con il suo sangue e ci perdona ogni volta che andiamo da Lui a chiedere il perdono. Abbiamo fiducia nella sua misericordia!


Dopo il Regina Coeli

Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini che hanno partecipato alla santa Messa presieduta dal Cardinale Vicario di Roma nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, centro di devozione alla Divina Misericordia. Cari fratelli e sorelle, siate messaggeri e testimoni della misericordia di Dio.

Sono lieto poi di salutare i numerosi membri di Movimenti e Associazioni presenti a questo nostro momento di preghiera, in particolare le comunità neocatecumenali di Roma, che iniziano oggi una speciale missione nelle piazze della Città. Invito tutti a portare la Buona Notizia, in ogni ambiente di vita, «con dolcezza e rispetto» (1 Pt 3,16)! Andate nelle piazze e annunciate Gesù Cristo, il Nostro Salvatore.

Saluto tutti i ragazzi e i giovani presenti, in particolare gli alunni del Collège Saint-Jean de Passy di Parigi e quelli della Scuola Giuseppe Mazzini di Marsala, come pure il gruppo di ministranti di Taranto.

Saluto il Coro della Basilica di Collemaggio dell’Aquila, i fedeli di Campoverde di Aprilia, Verolanuova e Valentano, e la comunità Scout Foulard Bianchi.

Il Signore vi benedica, e buon pranzo!

Papa Francesco - Regina Coeli
II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, 7  aprile 2013

Tratto da: Vatican.va

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Faustina e l’Amore Misericordioso di Dio

Posté par atempodiblog le 7 avril 2013

Faustina e l’Amore Misericordioso di Dio
di Maria Di Lorenzo – Madre di Dio

Nella prima domenica dopo Pasqua, la Chiesa celebra la Festa della Divina Misericordia, secondo le rivelazioni di Santa Faustina Kowalska, la mistica polacca la cui figura è legata indissolubilmente al culto dell’Amore Misericordioso di Dio e alla venerazione di Maria, Madre della Divina Misericordia.

Domenica della Divina Misericordia dans Beato Michele Sopocko Ges-Misericordioso

Un giorno, mentre era assorta in preghiera davanti al tabernacolo, sentì una voce che le ordinava di partire per Varsavia e di entrare in convento. Con grandi sacrifici andò a servizio per pagarsi un corredo e finalmente, dopo molti rifiuti, il 1° agosto 1925 fu ammessa come postulante nella Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia a Varsavia.

Vissuta all’inizio del secolo appena trascorso, a cavallo fra le due guerre mondiali, e per soli 33 anni, soltanto molto tempo dopo la sua morte se ne è potuta conoscere tutta la grandezza spirituale. Questa grande mistica, una delle più grandi nella storia della Chiesa, era nata il 25 agosto 1905 a Glogowiec, un piccolo villaggio di contadini, terza di dieci figli. Fu battezzata col nome di Elena nella chiesa parrocchiale di Swinice Warckie.

Già a 15 anni aveva chiesto il permesso di entrare in convento, ma i suoi erano stati irremovibili: lei non aveva neanche la dote necessaria, in casa sua c’erano soltanto debiti. Quando, finalmente, poté entrare nella vita religiosa visse tredici anni nella sua Congregazione, soggiornando in diverse Case e svolgendo lavori di cuoca, giardiniera e portinaia, sempre con molto zelo e osservando fedelmente la regola religiosa.

Una vita nascosta, la sua, quasi insignificante; ma il Diario in cui la santa descrisse le sue visioni è diventato un best-seller della devozione popolare, ed anche sotto il profilo teologico ha suscitato non poca sorpresa negli studiosi per la profondità dei suoi scritti, tanto più straordinaria in una suora che non aveva neppure terminato le Scuole elementari.

Questo Diario, tradotto oggi in tutto il mondo, è il resoconto fedele della sua esperienza spirituale.

Gesù, confido in te!”

Il 22 febbraio 1931, mentre stava nella sua cella, Suor Faustina ebbe una visione di Gesù vestito di bianco che teneva una mano alzata per benedire e l’altra sul petto, da cui uscivano due grandi raggi, uno rosso e l’altro bianco.

E Gesù le disse: «Dipingi un quadro secondo l’immagine che vedi, con sotto la scritta: ‘Gesù, confido in te!’. Voglio che l’immagine venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua: questa domenica deve essere la festa della Misericordia… In questo giorno saranno aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine».

La festa della Divina Misericordia deve essere preceduta da una novena da iniziarsi il Venerdì Santo assieme alla coroncina della Misericordia. Il Signore le dice: «Figlia mia, esorta le anime a recitare la coroncina che ti ho dato. Per la recita di questa coroncina mi piace concedere tutto ciò che mi chiederanno».

Nessuno però, inizialmente, prende sul serio Suor Faustina: intorno a lei c’è solo incredulità. Ma Gesù stesso la sprona e incoraggia a farsi strumento per la diffusione di questa devozione, facendo di lei, un’umile e sconosciuta suorina polacca, l’apostola dell’Amore Misericordioso di Dio.

Dice Gesù a Suor Faustina: «Io porgo agli uomini il recipiente con il quale devono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia. Il recipiente è quest’immagine con la scritta: Gesù confido in te!… Scrivi queste parole, figlia mia, parla al mondo della mia misericordia. Questo è un segno per gli ultimi tempi, dopo i quali arriverà il giorno della giustizia… Figlia mia, di’ al genere umano sofferente che si stringa alla Misericordia del mio Cuore ed Io lo colmerò di pace… La piaga del mio Cuore è la sorgente della Misericordia senza limiti».

Nel Vangelo di Giovanni si legge molto chiaramente come il Cuore di Cristo venne trafitto e come da esso fuoriuscirono il sangue e l’acqua (cfr. Gv 19,34). Ciò richiama la visione avuta da S. Faustina sui due raggi, uno rosso e l’altro pallido, scaturiti dal Cuore di Gesù: essi stanno a significare il sangue e l’acqua sgorgati dal suo petto aperto dalla lancia sulla Croce, e sono l’acqua che ‘giustifica’ le anime con il Battesimo ed il sangue che è vita per l’anima, l’Eucarestia.

Faustina Kowalska, bisogna dire, fu per tutta la sua vita un’anima eminentemente eucaristica e mariana. La Vergine Maria le apparve molte volte, per confortarla e istruirla nel suo cammino di fede: «Figlia Mia, per raccomandazione di Dio debbo esserti Madre in modo esclusivo e speciale, ma desidero che anche tu mi sia figlia in modo particolare», le raccomandava. «Desidero, figlia mia carissima, che ti eserciti in tre virtù che per me sono le più care e a Dio le più gradite. La prima è l’umiltà, l’umiltà, e ancora una volta l’umiltà. La seconda virtù è la purezza. La terza virtù è l’amore per Dio. In qualità di figlia mia devi risplendere in modo particolare per queste virtù».

Maria Madre di Misericordia

Il Giovedì Santo del 1934 Suor Faustina si offre vittima, secondo la richiesta divina, per i peccatori che non conoscono ancora la misericordia di Dio. Le vessazioni diaboliche fanno violentemente irruzione nella sua vita.

Ripetutamente punzecchiata dalle consorelle, incompresa dai superiori, fra sospetti e tribolazioni, l’umile conversa destinata sempre alle mansioni più infime riuscì comunque a sviluppare una straordinaria unione mistica con Dio che l’arricchì di doni eccezionali: visioni, stimmate nascoste, partecipazione alla Passione di Cristo, profezia e discernimento delle anime, carisma di intercessione per gli spiriti purganti.

In preparazione alla festa del Natale del 1936 la Madonna le disse: «Figlia mia, procura di essere mite ed umile affinché Gesù che dimora continuamente nel tuo cuore possa riposare. Adoralo nel tuo cuore. Non uscire dal tuo raccoglimento interiore. Ti otterrò, figlia mia, la grazia di questo genere di vita interiore di modo che, senza che abbandoni la tua intimità, possa adempiere all’esterno tutti i tuoi doveri con maggior precisione. Rimani continuamente con Lui nel tuo cuore. Egli sarà la tua forza. Sei un’abitazione gradita del Dio vivente, nella quale Egli dimora continuamente con amore e compiacimento; e la viva presenza di Dio che senti in maniera più viva ed evidente ti confermerà, figlia mia, in ciò che ti ho detto. Cerca di comportarti così fino al giorno di Natale, ed in seguito Egli ti farà conoscere come tu dovrai trattare con Lui e come unirti a Lui…».

Continuamente vessata dal Maligno, bollata in convento come isterica e visionaria, Faustina patisce molte accuse e incomprensioni, ma non si lamenta mai. Nel suo Diario scrive di volersi consumare totalmente per la salvezza delle anime. Prega molto e coltiva un’intensa vita interiore.

La Madre della Misericordia, che Faustina amava profondamente, le fu guida e sicuro conforto nelle molte sofferenze fisiche e spirituali della sua brevissima vita. «Lo so quanto soffri, ma non temere, io partecipo e parteciperò sempre alle tue sofferenze… Sappi che, sebbene io sia stata innalzata alla dignità di Madre di Dio, sette spade dolorose mi hanno trafitto il cuore. Non far nulla a tua difesa; sopporta tutto con umiltà. Dio stesso prenderà le tue difese… Oh, quanto è cara a Dio l’anima che segue fedelmente l’ispirazione della sua grazia!… Non aver paura di nulla: sii fedele fino alla fine. Io ti accompagno con la mia tenerezza».

Una missione che non finisce

Consumata dalla tisi, Faustina muore a Lagiewniki, presso Cracovia, il 5 ottobre 1938, all’età di 33 anni, come Gesù a cui desiderava essere conforme. Sul letto di morte aveva detto: «Io sento chiaramente che la mia missione non finisce con la morte, ma comincia…».

La fama della santità della sua vita crebbe insieme alla diffusione del culto alla Divina Misericordia sulla scia delle grazie ottenute tramite la sua intercessione.

Negli anni 1963-67 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù e nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. La sua causa fu promossa dall’allora Vescovo Ausiliare di Cracovia Karol Wojtyla, che da giovane operaio e seminarista clandestino negli anni ’40 si fermava a pregare sovente, andando al lavoro nella fabbrica Solvay, nel Monastero, oggi Santuario, di Lagiewniki.

Ed è stato proprio lui, salito al soglio pontificio col nome di Giovanni Paolo II, a scrivere una enciclica, Dives in Misericordia, la seconda del suo pontificato (1980), interamente dedicata alla devozione appresa dall’umile suora polacca. Ed è stato sempre lui che l’ha prima proclamata Beata, il 18 aprile 1993, e successivamente Santa, il 30 aprile 2000, davanti a una folla di oltre duecentomila pellegrini convenuti a piazza San Pietro. In quell’occasione il Papa ha stabilito che la Festa della Divina Misericordia sia celebrata ogni anno nella prima domenica dopo Pasqua.

Sempre a Roma, proprio a due passi da San Pietro, in via dei Penitenzieri 12, è attivo il Centro di Spiritualità della Divina Misericordia, retto da don Jozef Bart, un dinamico sacerdote polacco che opera nella vicina Chiesa di Santo Spirito in Sassia (per informazioni, rivolgersi a mezzo tel. 06.6879310 o per e-mail: s.spiritoinsassia@tin.it). Il Centro, creato nel 1994, è un vero polo di irradiazione spirituale, fucina di molteplici iniziative legate al culto della Divina Misericordia ed è, per così dire, il «cuore pulsante» della devozione di tante migliaia di fedeli, in Italia e nel mondo, a Santa Faustina Kowalska.

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La confessione. Dove il cuore trova pace

Posté par atempodiblog le 7 avril 2013

“La confessione. Dove il cuore trova la pace”
Recensione del libro di padre Livio Fanzaga

Roma, 26 Marzo 2013 (Zenit.org) Stefano Chiappalone

La confessione. Dove il cuore trova pace dans Fede, morale e teologia Ges-misericordioso

Tra le tante crisi di cui soffre il nostro mondo, un posto di rilievo spetta alla crisi della confessione, strettamente connessa a quella perdita del senso del peccato di cui già parlava il venerabile papa Giovanni Paolo II, individuando tra le cause principali di questa epocale «eclissi della coscienza», il secolarismo e il relativismo, nonché alcune tendenze ecclesiali che hanno generano una certa confusione nella predicazione, nella catechesi e nella direzione spirituale. In effetti, bisogna constatare che spesso i confessionali sono vuoti da entrambe le parti: sia quella del penitente sia quella del confessore.

La gente si confessa sempre più di rado, ma è anche vero che chi vuole confessarsi, raramente riesce a trovare in confessionale, o almeno in chiesa, un sacerdote disponibile – impegnato magari in attività che potrebbero benissimo svolgere i laici… L’esempio di sacerdoti santi, quali san Pio da Pietrelcina, san Leopoldo Mandic, o il santo Curato d’Ars – per non citare che i più noti – mostra però lo stretto legame tra l’aureola di cui ora godono in cielo, e le ore passate in confessionale quando erano ancora in questo mondo. Senza contare che un buon confessore, a sua volta è anche un assiduo penitente…

Questo libro di padre Livio Fanzaga, popolare direttore di Radio Maria, costituisce dunque una lettura utilissima per tutti – chierici e laici -, particolarmente in quest’ultimo scorcio dell’Anno Sacerdotale fortemente voluto da papa Benedetto XVI.

La situazione non è disperata, come dimostra la felice eccezione dei santuari,  i cui confessionali sembrano colmare il vuoto dell’ordinaria vita parrocchiale. E comunque, spiega padre Livio, la crisi c’è stata sin dall’inizio, quando Gesù fu accusato di bestemmia soltanto per aver dichiarato di avere il potere di rimettere i peccati (Marco 2,7). «Da allora le ondate minacciose del mysterium iniquitatis si sono abbattute innumerevoli volte. Basti ricordare la dolorosa deriva della riforma protestante che, con la motivazione che basta confessarsi a Dio, ha spazzato via i confessionali da una buona parte dell’Europa. Tuttavia la confessione è sempre risorta, dimostrando di essere un albero dalle radici inattaccabili» (pp. 10-11), poiché essa «trae la sua forza da Gesù Cristo stesso. Questa è la ragione della sua perenne giovinezza» (p. 11).

La confessione è un sacramento apparentemente semplice, eppure «prima che il penitente si accosti al confessionale per ricevere l’assoluzione, nel suo intimo è stata combattuta una battaglia. La luce  e le tenebre, il bene e il male, la disperazione e la speranza si sono contesi il dominio del cuore» (p. 14). Nel confessionale avviene un miracolo che non può verificarsi in nessun laboratorio: «oggi la scienza compie progressi, fino a qualche tempo fa inconcepibili, per quanto riguarda la salute psicofisica dell’uomo. Tuttavia non potrà mai trovare la medicina che trasformi un uomo cattivo in un uomo buono e che dia la pace e la gioia a chi è nel tormento e nella tristezza» (p. 17). Eppure non tutti sembrano voler ricorrere a questa medicina, poiché molti pensano di non essere malati: «ciò che mette in crisi il sacramento della confessione è il crescente offuscamento del senso del peccato. La maggior parte dei cristiani pensa di non avere dei peccati di cui accusarsi. Non c’è quindi da meravigliarsi se non solo si abbandona la pratica del sacramento, ma si finisce per non chiedere perdono a Dio neppure nelle proprie preghiere personali» (p. 19).

Sin dall’inizio il peccato inganna, manifestandosi sotto apparenza di bene. Nella sua falsa imitazione di Dio, «Satana punta a trasformare le sue prede a sua immagine e somiglianza» (p. 22). All’inizio presenta i suoi frutti come graditi agli occhi e desiderabili (cfr. Genesi 3,6), altrimenti chiunque li rifiuterebbe. In realtà però, appena mangiato il frutto, questo si rivela incapace di saziare, generando arsura mai placata e sete mai soddisfatta: «l’incanto si rompe e quella che era un’illusione di felicità si trasforma in delusione» (p. 25) e schiavitù, poiché essendo incapace di appagare, ogni peccato conduce alla vana e interminabile ricerca di sempre nuovi piaceri e, di conseguenza, alla continua necessità di reprimere la voce della coscienza.

Illudendosi di diventare «come Dio» (Genesi 3,5) l’uomo in realtà si riduce spiritualmente ad una larva; la malattia e la rovina sono temporali, prima ancora che eterne, e il degrado verso l’animalità è visibile già su questa terra. «Allora l’uomo, creato per essere abitato da Dio, diviene l’oscura dimora del serpente infernale» (p. 33). Questa malattia, prima o poi conduce inesorabilmente alla morte. L’unico modo per guarirla e spezzare la catena è mettersi in ginocchio davanti alla croce.

«Non ti sei mai chiesto per quale motivo, quando ti confessi, vieni assolto da ogni peccato di cui ti sei pentito? Anche se avessi compiuto i delitti più abominevoli, se ti presenti con un cuore contrito, ricevi un’assoluzione completa. [...] La ragione per cui il sacerdote assolve sempre chi si pente dei suoi peccati è da ricercare nel sacrificio della croce, dove Gesù ha già espiato al nostro posto e a nostro favore. Per essere liberati dal male spirituale che ci affligge, basta accogliere il perdono che il Crocifisso ci offre attraverso la persona del sacerdote»(p. 53). La confessione dunque opera una vera e propria risurrezione dell’anima morta, che passa dal tormento alla pace, prima con Dio, quindi con i fratelli. Alla paura subentra la fiducia.

Ovviamente un cadavere non è in grado di risollevarsi da sé: è Dio a compiere il primo passo verso la confessione, andando in cerca della pecorella smarrita (cfr. Luca 15,4). È una grazia che «sgorga dal Cuore trafitto di Gesù e dal suo amore per ogni anima, ma anche per i meriti di tante anime che pregano e si sacrificano per i peccatori. [...] Questo significa che molte grazie di conversione hanno degli anonimi benefattori i quali hanno interceduto a nostro favore e senza che noi lo sapessimo. La grazia della conversione è un grande mistero di amore e ognuno di noi un giorno saprà chi ha pregato per lui, ottenendogli l’intervento dell’Amore misericordioso» (p. 69).

Dio si fa sentire inizialmente con il rimorso della coscienza: buon segno, poiché significa che qualcosa sta riprendendo vita. Tuttavia non è un rimorso che conduce allo scoraggiamento, in quanto Gesù oltre alla diagnosi ci annuncia anche la guarigione. Non resta che lasciarsi curare, a patto però di affidarsi umilmente al medico: «Pensi che le cose sarebbero più semplici se potessimo confessarci da soli, mettendoci direttamente in contatto con Dio? [...] Ma è quando ti metti in ginocchio davanti al sacerdote che la tua umiltà viene provata  e trovata autentica. Gesù, nella sua divina pedagogia, ha trovato un modo molto semplice per spezzare alla radice il nostro orgoglio, che è la causa della perdizione di molte anime» (p. 78).

La scuola più efficace per imparare a confessarsi è il Crocifisso, un libro vivo dove si apprendono tanto la malizia del peccato, quanto la grandezza della misericordia divina. Non a caso la prima confessione, quella del buon ladrone, avvenne proprio sul Calvario. La croce rivela l’iniquità del mondo e la nostra personale iniquità: «guardando alla croce, ognuno deve imparare a vedere gli effetti del proprio peccato. Soprattutto deve considerare che le sofferenze fisiche del Crocifisso sono poca cosa se paragonate alle trafitture del suo Cuore divino, provocate dall’ingratitudine, dall’indifferenza, dal disamore e dal disprezzo nei confronti della sua sconfinata carità» (pp. 81-82). La croce è un invito a contraccambiare quell’amore: «S. Caterina da Siena lo afferma con parole di fuoco: “Chi è quello stolto bestiale che vedendosi così amato non ami?”» (p. 83).

Dopo aver parlato della bruttezza del peccato e della bellezza del perdono, padre Livio dedica gli ultimi capitoli ai «sette passi» di questo cammino. Innanzitutto la preghiera e l’esame di coscienza, proseguendo fin dentro il cuore del sacramento, con il dolore di aver offeso Dio, il proponimento di non offenderLo più, l’accusa dei peccati, l’assoluzione e infine la penitenza. Il primo passo, la preghiera, è in realtà l’inizio e la fine del perdono – “la fonte e il culmine” potremmo dire, parafrasando quanto afferma il Concilio a proposito della liturgia: «Prima di incominciare il tuo esame di coscienza, raccogliti in preghiera e chiedi a Dio la luce necessaria. Infatti è la grazia che ci aiuta a vedere i peccati, anche i più riposti, e a evitare le forme di autoinganno e di auto giustificazione» (p. 84).

«La preghiera non solo apre il cammino della confessione, ma ne è la logica conclusione. All’inizio è una preghiera di invocazione, alla fine di ringraziamento» (p. 85). Attingendo al Catechismo e al magistero dei Pontefici, oltre che alla propria esperienza, padre Livio ci guida concretamente nei vari passaggi di questo percorso, alla fine del quale «ci viene restituita la grazia santificante e la comunione con Dio. Tuttavia rimangono le pene temporali del peccato, che si devono scontare in questa vita o in purgatorio» (p. 135).

Ancora una volta il penitente non è solo, poiché può beneficiare dell’aiuto e dei meriti dei santi, mediante il grande – quanto dimenticato – tesoro delle indulgenze. «In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato…» (p. 137).

Prima di lasciarci, padre Livio ci fornisce qualche ulteriore consiglio per la battaglia spirituale: l’avversario, infatti, non si arrende e tornerà a bussare alla nostra porta. Dopo il miracolo della conversione e della confessione, il passo successivo è quello della perseveranza. La battaglia durerà per tutta la vita.

Padre Livio Fanzaga, La confessione. Dove il cuore trova la pace, Sugarco Edizioni, Milano 2008, € 15,50

(Recensione pubblicata a maggio 2010 in: Totus tuus Network)

Divisore dans San Francesco di Sales

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