L’intervista a Giuseppe Rusconi autore del libro inchiesta “L’Impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno”.
Un’analisi dettagliata di quanto lo Stato italiano risparmia ogni anno grazie al contributo del mondo ecclesiale pari a 11 miliardi di euro
Tratto da: Rosso Porpora
“Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà” (…) ma “la carità non avrà mai fine”. Questo scriveva San Paolo nella sua prima Lettera ai Corinzi, e questo ha continuato a fare la sua e la nostra Chiesa, nei modi più diversi, fino a oggi. La questione, semmai, (in questi ultimi tempi diventata più attuale) è stata quella di documentare, certificare e quantificare il suo “impegno” (soprattutto dal punto di vista economico) che, per alcuni, sembrava avvolto da un alone di mistero. Per aiutarci a dipanare queste nubi è arrivato il lavoro del giornalista Giuseppe Rusconi autore del libro inchiesta “L’Impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno” (ed. Rubbettino). L’autore, già docente di letteratura italiana e storia e giornalista parlamentare a Berna, si è occupato di Chiesa italiana e di Vaticano come direttore del mensile “il Consulente RE” e ora con interviste a personalità del mondo cattolico con la rubrica cardinalizia “Rossoporpora” (www.rossoporpora.org). A lui abbiamo rivolto alcune domande per approfondire ed alimentare quel sano dibattito che il suo lavoro ha contribuito ad alimentare e che a breve, utilizzando gli stessi criteri, cercheremo di riproporre per analizzare quanto viene fatto nella nostra diocesi.
Come nasce l’idea di questo libro-inchiesta?
Covavo l’idea da qualche anno, da quando cioè è incominciata con grande spiegamento di mezzi una campagna massmediatica con l’obiettivo di dipingere la Chiesa come parassita dello Stato italiano. Volevo tentare di evidenziare il grande servizio sociale reso dal mondo cattolico alla comunità nazionale. Senza toni polemici, ma facendo esempi concreti e fornendo dati precisi o almeno verosimili.
Possiamo dire che uno degli intenti del suo lavoro sia quello di sfatare la falsa credenza che la Chiesa “sfrutti” lo stato ricevendo risorse economiche (tipo l’8 per mille) utilizzandole poi per scopi non sempre dimostrabili?
No. Non sono partito con una tesi preconfezionata. Sono partito cercando di indagare sulla realtà delle cose. A indagine sviluppata è emersa la constatazione che la Chiesa era ben lungi dall’essere parassita dello Stato italiano.
Quali criteri sono stati utilizzati per fare questa ricerca e quanto tempo è stato necessario per realizzarla?
La ricerca è durata un anno, comprendendo anche gli aggiornamenti necessari subito dopo Natale, immediatamente prima che il libro andasse in stampa.
Criteri di ricerca?
Selezionare un numero consistente di ambiti d’azione sociale della Chiesa, contattare i responsabili, constatare di persona (vedi ad esempio, per la lotta contro la droga, la visita alla sede della comunità di don Chino Pezzoli in periferia di Milano), chiedere i dati numerici sul servizio, controllarne nel limite del possibile la credibilità. Poi preparare ogni capitolo, diviso in tre parti. Nella prima un’introduzione con le parole della Chiesa sull’argomento, nella seconda l’esempio concreto, nella terza la quantificazione economica dell’impegno della Chiesa italiana nel settore.
Un lavoro del genere, così vasto e dettagliato avrà avuto bisogno di dati, relazioni, notizie circostanziate fornite da diversi uffici. È stato facile ricostruire l’enorme mole di dati che fornisce nel suo libro? Ha trovato collaborazione dai soggetti interrogati?
No, non è stato facile, considerato come sulla sponda cattolica spesso troviamo dati insufficienti e/o contraddittori. Pensiamo ad esempio al volontariato che in genere guarda prima al fare con entusiasmo piuttosto che alla gestione amministrativa. La collaborazione negli ambiti contattati non è però mai mancata.
Riprendendo una parte del titolo “…come la chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno”; tra i tanti esempi citati, quali crede che siano i più belli ed importanti?
Difficile dire. Certo però ad esempio la lotta alla disoccupazione giovanile nel Sud incarnata nel progetto ‘Policoro’ mi sembra di grande importanza non solo psicologica. Oppure la lotta contro l’usura, condotta con tenacia dalla Consulta nazionale antiusura, oggi impegnata tenacemente anche sul fronte anti-gioco d’azzardo.
Tantissimi gli ambiti da lei analizzati per realizzare l’inchiesta che, così come precisa nella tabella riassuntiva, non ha l’ambizione di essere esaustiva ma che, secondo noi, ha già avuto il merito di contribuire ad aprire un sano dibattito sul ruolo sociale attivo svolto dalla Chiesa in Italia. Quanto questo lavoro aiuterà il dibattito e spingerà la Chiesa, a tutti i livelli, a “spiegare” quanto si fa ogni giorno per la società?
Spero di sì. La comunicazione di quanto la Chiesa fa concretamente sul terreno sociale è non solo opportuna, ma oggi – siamo in tempi di scristianizzazione accelerata tra un numero consistente di giovani e non solo – indispensabile. Il tutto con chiarezza, trasparenza, senza presunzione di essere gli unici e i migliori. Così, semplicemente.
Entriamo nel vivo della sua ricerca. A ogni “capitolo di spesa”, viene associato un esempio, una realtà dove già tutto questo accade ed è quindi possibile. Sembra quasi che lei voglia incoraggiare chi, parrocchie, diocesi, comunità, ancora non ha intrapreso quella strada chiarendo che quella è una strada possibile, praticabile, che qualcuno c’è già riuscito.
Questa è una conseguenza evidente della mia indagine. I tempi sono però socialmente drammatici e questo da una parte rende ancora più urgente il dispiegarsi ancora maggiore della ‘fantasia della carità’, dall’altra pone limiti oggettivi derivati dalla crescente mancanza di mezzi finanziari a disposizione.
Uno dei punti più interessanti da lei toccati riguarda quello dei fondi alle scuole paritarie (che per i 2/3 sono cattoliche) che ogni anno fanno risparmiare allo Stato 4,5 miliardi di euro; senza aggiungere i 370 milioni della formazione professionale. Perché allora tanta avversione e pregiudizi verso questo settore che aiuta lo Stato sia in termini economici, sia valoriali e di contenuto?
La scuola statale pubblica è secondo me fondamentale in uno Stato democratico che deve assicurare a tutti la possibilità di un’istruzione solida, indipendentemente dalle condizioni economiche della famiglia. Questo detto e riconosciuto, è giusto però che sia assicurata la libertà di educazione all’interno del sistema scolastico pubblico, anche perché non raramente oggi giungono notizie preoccupanti da certe scuole statali in cui si impongono agli studenti ideologie contrarie alla dignità umana. Ad esempio si impone la partecipazione a spettacoli o si adottano libri di propaganda omosessuale. Senza parlare di certe ‘lezioni’ in classe in cui la Chiesa viene dipinta come oscurantista e profittatrice. Allora è giusto difendere il diritto alla libertà di educazione all’interno del sistema pubblico, garantita da scuole in cui si cerchi di far crescere l’alunno dandogli la possibilità di vivere i valori cristiani, che sono nel contempo anche umani, fondamento della nostra civiltà. La lotta ideologica contro le scuole paritarie cattoliche è spesso espressione della volontà di lobby finanziarie e libertarie di emarginare la Chiesa dal dibattito pubblico, costringendola nel privato. É la lotta contro forse l’ultimo grande punto di riferimento che nel suo agire postula la dignità di ogni persona umana. Un ultimo punto: la scuola cattolica è stata fondata da ordini e congregazioni religiose, da diocesi e abbazie molto prima che sorgessero le scuole dello Stato!
Quello legato ai risparmi che lo Stato matura grazie alla sanità cattolica (circa 1,2 miliardi ogni anno), sembra essere uno dei dati più difficili da ricavare. Quali sono state le difficoltà?
Il settore della sanità cattolica è molto complesso, considerati i suoi contenuti. É in grave crisi (come del resto tutta la sanità) a causa di vari fattori: il taglio dei posti-letto, il calo continuo del personale religioso (che è in gran parte volontario), lo scandaloso continuo rinvio dei rimborsi dovuti da parte delle Regioni. In alcuni casi, clamorosi e ben noti, poi, sono gli stessi gestori della sanità cattolica a essere caratterizzati da incompetenza e voracità. Cercare di calcolare la cifra complessiva di risparmio per lo Stato grazie alla presenza della sanità cattolica non è stato facile. La cifra di 1,2 miliardi annui è però verosimile. Anzi, qualcuno ha già fatto osservare che è inferiore alla realtà. Preferisco però che mi si dica di aver sottovalutato che non di aver gonfiato e millantato, malattia molto diffusa nella nostra società dell’apparire.
Restiamo ancora su alcuni dei “risparmi” che segnala nel suo libro. Quello del volontariato risulta essere uno dei “calcoli” più complessi e che alla fine, però, dà un valore di 2,8 mld. Perchè ha voluto comunque inserirlo nella sua inchiesta nonostante la difficoltà nel ricavarlo?
Il motivo è semplice: la tendenza internazionale ormai affermata a quantificare economicamente tale servizio, sebbene si possa anche pensare che volontariato e quantificazione economica facciano a pugni. Anche in Italia però tale tendenza è ormai consolidata, come dimostra ad esempio il Rapporto Cnel-Istat del 2011.
A tutta una serie di interventi “strutturali” lei ha aggiunto alcuni casi, come le emergenze nei terremoti in Emilia e Abruzzo, dove la Chiesa ha dimostrato la sua prontezza e reattività di intervento. In cosa si differenzia l’aiuto dato in questi casi dalla Chiesa rispetto a quello istituzionale?
L’aiuto, se incisivo, è sempre valido, indipendente dal fatto che venga da cattolici o non cattolici. Certo, ad esempio nel caso dei terremoti citati, la Chiesa – soprattutto attraverso la Caritas – ha dimostrato ancora una volta di preferire i fatti, cioè la cura della singola persona e della singola comunità, ai grandi discorsi che non sempre si concretizzano.
Alla fine della sua ricerca – che tiene a precisare non esaustiva – sente di aver “tralasciato” qualcosa?
La ricerca non è appunto esaustiva, né poteva esserlo. Per gli esempi è stata fatta da me, per forza, una scelta, che ha escluso tante altre realtà benemerite che conosco o che non conosco (e sono moltissime!). Se si decidesse tra qualche tempo un’edizione aggiornata del libro, sarei volentieri disposto ad ascoltare anche realtà che non ho potuto inserire nelle 140 pagine de ‘L’impegno’.
In definitiva possiamo affermare che la Chiesa, “sostenuta da Qualcun altro”, ma “anche così umana e imperfetta” – come scrive nelle conclusioni del suo libro – è una risorsa insostituibile per lo Stato e per noi cittadini?
Immaginate un po’ che la Chiesa per assurdo chiudesse immediatamente le sue opere sociali. Cosa ne sarebbe dell’Italia? Avremmo come minimo milioni di poveri per le strade. Allora: sarebbe tempo che chi di dovere comprendesse il vantaggio per lo Stato della presenza operosa di una Chiesa vicina ai cittadini, soprattutto ai più bisognosi d’aiuto. É una rete solidale essenziale quella del mondo cattolico, che sarebbe ingiusto punire con una fiscalità pesante e balzelli insopportabili. Lo Stato lo capirà o preferirà invece tirarsi la zappa sui piedi suoi e nostri?