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25 marzo del 1958: Maria rivelò di essere l’“Immacolata Concezione”

Posté par atempodiblog le 25 mars 2013

25 marzo del 1958: Maria rivelò di essere l'“Immacolata Concezione” dans Fede, morale e teologia Maria-della-Piccola-Lourdes

Non coglieremmo però tutto il valore dottrinale dell’affermazione di Maria di essere l’“Immacolata Concezione” se non tenessimo nella giusta considerazione il giorno scelto per tale rivelazione. Si tratta del 25 marzo, festa dell’Annunciazione del Signore. La Madonna spesso ci istruisce con un linguaggio simbolico. La scelta delle date non va considerata superficialmente, perché in alcuni casi può assumere il significato di un messaggio particolare. Mi ha molto colpito ad esempio la constatazione che la Madonna a Fatima abbia scelto di apparire il giorno 13, che è quello in cui, secondo il libro di Ester (cfr. Est 3,7), il popolo ebraico doveva essere sterminato, ma fu poi salvato dalla regina Ester, considerata dai Padri della Chiesa una figura profetica di Maria.
La festa dell’Annunciazione, in cui la Santa Vergine a Lourdes rivela di essere l’ Immacolata Concezione, ci richiama il mistero della divina maternità di Maria, la quale, accogliendo l’annuncio dell’angelo e pronunciando il suo “si” incondizionato, diviene la Madre di Dio. Con la semplice scelta del 25 marzo per rivelare il nome alla piccola veggente, la Madonna non solo conferma di essere l’Immacolata, ma ci dà anche la motivazione profonda per cui la Sapienza divina ha deciso di preservarla, fin dal primo istante del suo concepimento, dalla macchia del peccato originale. Maria è l’Immacolata, perché Madre di Dio. Non poteva essere sfiorata, neppure per un solo istante, dall’ombra del male colei che avrebbe dovuto ospitare nel suo cuore e nel suo grembo la stessa Santità divina, nella persona del Verbo Incarnato.
Quel giovedì 25 marzo, l’oscura grotta di Massabielle, simbolo di questo mondo immerso nelle tenebre del male, si è rischiarata della luce divina dell’Immacolata Concezione e della Madre di Dio. Lo splendore incontaminato di Maria è quello dell’Arca dell’alleanza che accoglie il Signore e lo porta fino a noi, donandocelo come nostro Salvatore.

dal libro «Sui passi di Bernadette» di Padre Livio Fanzaga

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Annunciazione: un mistero che accade nel silenzio

Posté par atempodiblog le 25 mars 2013

Annunciazione: un mistero che accade nel silenzio dans Fede, morale e teologia annunciazioneg

L’incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. E’ un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio. Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città, ma che – con le debite proporzioni – si viveva già in città importanti come la Gerusalemme di allora. Quell’attivismo che ci rende incapaci di fermarci, di stare tranquilli, di ascoltare il silenzio in cui il Signore fa sentire la sua voce discreta. Maria, quel giorno in cui ricevette l’annuncio dell’Angelo, era tutta raccolta e al tempo stesso aperta all’ascolto di Dio. In lei non c’è ostacolo, non c’è schermo, non c’è nulla che la separi da Dio. Questo è il significato del suo essere senza peccato originale: la sua relazione con Dio è libera da qualsiasi pur minima incrinatura; non c’è separazione, non c’è ombra di egoismo, ma una perfetta sintonia: il suo piccolo cuore umano è perfettamente «centrato» nel grande cuore di Dio.

Benedetto XVI

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Rosa Margherita la nonna “teologa” di Francesco

Posté par atempodiblog le 25 mars 2013

“Lei mi ha insegnato molto nella fede”
di Andrea Tornielli – La Stampa

Rosa Margherita la nonna “teologa” di Francesco dans Andrea Tornielli famigliabergoliononna
La famiglia Mario Bergoglio (in piedi) con i suoi familiari;
seduti, da sinistra, il nonno Giovanni, la nonna Rosa e il papà Mario

Com’è ormai solito fare quasi sempre, da pastore abituato a predicare a braccio, anche ieri Papa Francesco ha sollevato gli occhi dal testo e dopo aver citato tra le «ferite» che «il male infligge all’umanità» anche la «sete di denaro» ha detto: «Mia nonna diceva sempre a noi bambini: il sudario non ha tasche!». Gli averi accumulati li dobbiamo lasciare, non ci accompagnano nell’ultimo viaggio. Così, fatto alquanto inusuale per una messa papale in piazza San Pietro, anche la nonna del Pontefice conquista una citazione nell’omelia della Domenica delle Palme.

Francesco si riferiva alla mamma di suo padre, Rosa Margherita Vasallo, nata nel 1884 in Valbormida, sposatasi a Torino con Giovanni Bergoglio. Dalla loro unione nel 1908 era nato il padre del Papa, Mario. Nel gennaio 1929 i Bergoglio, lasciato Portacomaro, erano sbarcati a Buenos Aires, per ricongiungersi agli altri familiari già emigrati in Argentina. La signora Rosa, nonostante l’aria calda e carica d’umidità – nell’emisfero Sud in gennaio è piena estate – portava un cappotto col collo di volpe, fuori luogo per quelle temperature. Nella fodera c’erano i proventi della vendita dei beni di famiglia.

Il piccolo Jorge, nato nel dicembre 1936, era cresciuto passando parte della giornata a casa dei nonni, che gli avevano trasmesso un po’ di piemontese e soprattutto la fede cristiana. In un’intervista radiofonica rilasciata lo scorso novembre alla radio della parrocchia della villa 21 di Barracas, una delle baraccopoli povere di Buenos Aires, il futuro Papa aveva detto: «Chi mi ha insegnato a pregare è stata mia nonna. Lei mi ha segnato molto nella fede e mi raccontava le storie dei santi».

Qualche anno fa, in un intervento televisivo sul canale EWTN, visibile ora nel sito web cantualeantonianum.com, il cardinale Bergoglio aveva ricordato: «Una volta, quando ero in seminario, mia nonna mi disse: “Non ti dimenticare mai che stai per diventare un sacerdote e la cosa più importante per un sacerdote è celebrare la messa” e mi raccontò di una madre che a suo figlio – il quale era un prete veramente santo – disse: “Celebra la messa, ogni messa, come se fosse la prima e l’ultima”».

Nel libro-intervista «El Jesuita», il cardinale Bergoglio aveva raccontato di tenere ripiegato all’interno del breviario, il libro di preghiere in due tomi che porta sempre con sé anche durante i viaggi, proprio uno scritto della nonna. Si tratta di un piccolo testamento lasciato ai nipoti Bergoglio, nel quale si legge: «Che questi miei nipoti, ai quali ho dato il meglio del mio cuore, abbiano una vita lunga e felice, ma se in qualche giorno il dolore, la malattia, o la perdita di una persona amata li riempia di sconforto, ricordino che un sospiro al Tabernacolo, dove c’è il martire più grande e augusto, e uno sguardo a Maria ai piedi della croce, possono far cadere una goccia di balsamo sopra le ferite più profonde e dolorose».

Nel suo primo Angelus, domenica 17 marzo, Papa Francesco aveva citato un’altra anziana signora, che non era sua nonna ma l’aveva chiamata così secondo l’usanza argentina. Era una vecchia che si era andata a confessare da lui, vescovo, e gli aveva detto: «Se il Signore non perdonasse tutti, il mondo non esisterebbe». Bergoglio all’Angelus aveva commentato: «Mi venne voglia di domandarle: mi dica signora, lei ha studiato alla Gregoriana?». Ci si dovrà abituare, dunque, a queste citazioni così vicine alla fede dei semplici, efficaci e comprensibili da tutti, che punteggiano i suoi discorsi e le sue omelie. E che caratterizzano lo stile di un Papa rimasto se stesso, anche nella regola di vita improntata alla sobrietà: Francesco si è fatto recapitare dall’Argentina un paio di vecchie scarpe nere appena fatte risuolare, come ha raccontato alla rubrica «A Sua immagine» di RaiUno Virgina Bonar, una collaboratrice dell’ormai ex arcivescovo di Buenos Aires.

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Per una sana devozione: intervista a padre Angelo Maria Tentori, voce di Radio Maria

Posté par atempodiblog le 25 mars 2013

Per una sana devozione
La preghiera alla Vergine Maria, specialmente il rosario, ha una radice inestirpabile nel Vangelo. Anche durante la crisi del post-concilio, il popolo cattolico non ha dimenticato di invocare la Madre di Dio. Intervista a padre Angelo Maria Tentori, voce di Radio Maria

di Roberto Beretta – Il Timone, maggio 2011

Per una sana devozione: intervista a padre Angelo Maria Tentori, voce di Radio Maria dans Apparizioni mariane e santuari angelomariatentori

È da vent’anni il mariologo di «Radio Maria»: che è come dire un esperto della Vergine elevato al cubo. Padre Angelo Tentori, del resto, lo deve anche alla veste che porta, quella appunto dei Serviti o – più correttamente – dei Servi di Maria. E lui tiene fede alla sua missione dai microfoni dell’emittente erbese, senza rinunciare a indicare agli ascoltatori anche un’immagine della Madonna che non si limiti agli aspetti sdolcinati o miracolistici.

Ecco, padre: uno degli aspetti teologicamente più deboli del culto mariano è il suo lato affettivo, «meraviglioso»… Certo, l’uomo ha bisogno di nutrire il sentimento e di poter chiedere aiuto a qualcuno, ma spesso – anche da parte del clero – è solo questo l’aspetto che si enfatizza nei confronti della Madonna. Che ne pensa?
«Penso che si debba tornare ad annunciare il Vangelo nella sua completezza, compreso il ruolo, la missione di Maria nella vita della Chiesa e il suo influsso sul mondo intero. Mancando una sufficiente conoscenza della persona di Maria e della sua funzione (me ne rendo conto grazie alla mia rubrica mariana settimanale su Radio Maria), è normale che i fedeli si aggrappino agli aspetti più appariscenti della sua azione materna in soccorso dei figli più tribolati… Purtroppo manca anche nei sacerdoti, in genere, una formazione teologica mariana. La gente ha bisogno di sapere chi è la Madre di Gesù e Madre nostra, ha bisogno di capire per potersi affidare a lei e perché li conduca alla fede e all’amore di Dio. Le persone, almeno quelle più sensibili, sono coscienti della propria debolezza e fragilità e hanno bisogno di non sentirsi orfani, in balia degli eventi sconcertanti del mondo».

Dopo la crisi del passato, padre, quali segnali intravede per quanto riguarda il culto della Madonna oggi?
«Sì, dopo il Concilio c’è stata una specie di crisi del culto alla Vergine. Nel tentativo di purificarlo e impostarlo diversamente, rifuggendo da certe devozioni popolari che potevano a volte rasentare il fanatismo, si era purtroppo giunti ad abolire anche le pratiche che invece erano corrette. Si veda l’accanimento contro il rosario come preghiera ripetitiva, distratta e non sostanziosa. Si era persino giunti a considerare la figura di Maria come un disturbo nell’accedere a Cristo. D’altra parte, però, sono rimasti vivi nel cuore della gente semplice l’attaccamento, la fiducia e la speranza nel ricorrere a Maria, come a una madre cui confidare tutte le pene e richiedere l’aiuto; lo prova la persistenza dei pellegrinaggi ai santuari mariani, che tuttora attirano molti fedeli: anche quelli che magari non vanno più in chiesa».

Un altro «punto debole» è il mancato aggancio tra la parola di Dio e le devozioni a Maria, tra cultura biblica e rosario, per esempio. Qual è la sua proposta in merito?
«Se c’è questo distacco, la responsabilità non è delle devozioni mariane, ma della trascuratezza di chi dovrebbe illustrarne il contenuto biblico. Facciamo proprio l’esempio del rosario: non esiste in questa pratica nessun elemento che non derivi dalla parola di Dio; il rosario è completamente biblico! Non per niente Giovanni Paolo II ha cercato di eliminare l’equivoco che la corona sia solo una forma devozionale e debba quindi lasciare il posto a una preghiera liturgica, scrivendo un’apposita lettera apostolica diretta a vescovi, clero e fedeli, la Rosarium Virginis Mariae (2002). In quel testo il Papa spiegava bene il senso e il contenuto teologico e scritturistico del rosario come preghiera riferita a Cristo, riassunto profondo dell’intero messaggio evangelico, eco del perenne Magnificat di Maria, strumento attraverso il quale il popolo cristiano si mette alla scuola della Vergine per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Dio. Anche Paolo VI, nell’enciclica Marialis cultus (1974), aveva sottolineato il carattere evangelico del rosario: sullo sfondo dell’Ave Maria passano davanti agli occhi dell’anima i principali episodi della vita di Gesù, e nello stesso tempo il cuore può racchiudere nelle decine tutti i fatti della vita, della famiglia, della società, della Chiesa… Insomma: non solo il rosario batte il ritmo della vita umana; non solo non si oppone alla liturgia; non solo si colloca nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana; ma – se riscoperto nel suo pieno significato – offre un’opportunità spirituale di formazione e nuova evangelizzazione. Se invece non viene compreso, è solo perché è mancata la cura di chi doveva portare a conoscenza dei fedeli la vera “cultura” del rosario».

La facilità di viaggiare ha moltiplicato la pratica del pellegrinaggio ai santuari mariani, ma forse facendola un po’ scadere a livello di turismo… O no?
«Mi sembra che oggi come oggi sia impossibile sfuggire a un certo contesto turistico. Le esigenze dei pellegrini sono aumentate e il movimento di gruppi numerosi esige un’organizzazione da operatori turistici… Ma la gente, almeno quella che accorre con fede, sa distinguere lo scopo del pellegrinaggio dai contorni commerciali. Se poi ci sono alcuni accompagnatori cui non importa il fatto religioso, c’è da sperare che anch’essi – giunti sul posto – si lascino toccare dalla grazia. È successo molte volte che agnostici e scettici siano tornati alle loro case convertiti, avendo percepito la presenza di Maria».

Ci sono nuove pratiche devozionali mariane che attirano la sua attenzione e che meritano di essere diffuse?
E magari invece altre che andrebbero tralasciate? «Occorre fare una distinzione di categorie. C’è gente che per tanti motivi non può partecipare ad alcune pratiche mariane “nuove”, ma resta affezionata a quelle antiche, e ci sono fedeli che invece – più abituati alla partecipazione alla liturgia – hanno interesse per altre forme di devozione mariana. Quanto alle pratiche da tralasciare, non saprei quali. Infatti a che cosa si riduce oggi il culto mariano? Al rosario principalmente, a qualche processione, ai pellegrinaggi. Quali sopprimere? Nessuna. Tutt’al più “purificare” certe processioni, che però sono un fenomeno molto limitato».

Ha qualche proposta per rilanciare il rosario come preghiera «moderna», adatta all’uomo d’oggi e ai nostri giorni?
«Personalmente vorrei che la struttura del rosario restasse quella che è, in quanto è adatta a tutte le categorie: dai bambini agli anziani, ai malati, alle persone che durante le normali occupazioni vogliono santificare il loro lavoro. Perché però non diventi una preghiera meccanica, almeno per quanti possono recarsi in chiesa, si potrebbe adottare una recita comunitaria che preveda di volta in volta l’approfondimento di un mistero, strutturando la meditazione con la lettura del brano di Vangelo che lo riguarda. Il rosario si può anche inframmezzare con la recita di un salmo, o con preghiere di intercessione, o con una breve spiegazione o esortazione. Ci sono molte possibilità di approfondimento e tutte possono servire a non inaridire la preghiera».

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