Il brano evangelico narra l’episodio della donna adultera in due suggestive scene: nella prima assistiamo a una disputa tra Gesù e gli scribi e i farisei riguardo a una donna sorpresa in flagrante adulterio e, secondo la prescrizione contenuta nel Libro del Levitico (cfr 20,10), condannata alla lapidazione. Nella seconda scena si snoda un breve e commovente dialogo tra Gesù e la peccatrice. Gli spietati accusatori della donna, citando la legge di Mosè provocano Gesù – lo chiamano “maestro” (Didáskale) – chiedendogli se sia giusto lapidarla. Conoscono la sua misericordia e il suo amore per i peccatori e sono curiosi di vedere come se la caverà in un caso del genere, che secondo la legge mosaica non presentava dubbi. Ma Gesù si mette subito dalla parte della donna; in primo luogo scrivendo per terra parole misteriose, che l’evangelista non rivela, e poi pronunciando quella frase diventata famosa: “Chi di voi è senza peccato (usa il termine anamártetos, che viene utilizzato nel Nuovo Testamento soltanto qui), scagli per primo la pietra contro di lei » (Gv 8,7). Nota sant’Agostino che “il Signore, rispondendo, rispetta la legge e non abbandona la sua mansuetudine”. Ed aggiunge che con queste sue parole obbliga gli accusatori a entrare dentro se stessi e guardando se stessi a scoprirsi peccatori. Per cui, “colpiti da queste parole come da una freccia grossa quanto una trave, uno dopo l’altro se ne andarono” (In Io. Ev. tract 33,5).
Uno dopo l’altro, dunque, gli accusatori che avevano voluto provocare Gesù, se ne vanno “cominciando dai più anziani fino agli ultimi”. Quando tutti sono partiti il divino Maestro resta solo con la donna. Conciso ed efficace il commento di sant’Agostino: “relicti sunt duo: misera et misericordia, restano solo loro due, la misera e la misericordia” (Ibid.). Fermiamoci, cari fratelli e sorelle, a contemplare questa scena dove si trovano a confronto la miseria dell’uomo e la misericordia divina, una donna accusata di un grande peccato e Colui, che pur essendo senza peccato, si è addossato i peccati del mondo intero. Egli, che era rimasto chinato a scrivere nella polvere, ora alza gli occhi ed incontra quelli della donna. Non chiede spiegazioni, non esige scuse. Non è ironico quando le domanda: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” (8,10). Ed è sconvolgente nella sua replica: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (8,11). Ancora sant’Agostino, nel suo commento, osserva: “Il Signore condanna il peccato, non il peccatore. Infatti, se avesse tollerato il peccato avrebbe detto: Neppure io ti condanno, va’, vivi come vuoi… per quanto grandi siano i tuoi peccati, io ti libererò da ogni pena e da ogni sofferenza. Ma non disse così” (Io. Ev. tract. 33,6).
Cari amici, dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato emergono indicazioni concrete per la nostra vita. Gesù non intavola con i suoi interlocutori una discussione teorica: non gli interessa vincere una disputa a proposito di un’interpretazione della legge mosaica, ma il suo obbiettivo è salvare un’anima e rivelare che la salvezza si trova solo nell’amore di Dio. Per questo è venuto sulla terra, per questo morirà in croce ed il Padre lo risusciterà il terzo giorno. E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore. Anche in questo episodio, dunque, comprendiamo che il vero nostro nemico è l’attaccamento al peccato, che può condurci al fallimento della nostra esistenza. Gesù congeda la donna adultera con questa consegna: “Va e d’ora in poi non peccare più”. Le concede il perdono affinché “d’ora in poi” non pecchi più.
Benedetto XVI
Per leggere il brano dell’opera di Maria Valtorta su questo Vangelo cliccare La donna adultera e l’ipocrisia dei suoi accusatori