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Re: «È stato il Papa della fede amica della ragione»

Posté par atempodiblog le 2 mars 2013

Re: «È stato il Papa della fede amica della ragione» dans Articoli di Giornali e News benedettoxvij

È stato «il Papa mite», «il Papa della fede profondamente amica della ragione». Ma di «una ragione che va oltre i ristretti confini dell’intelligenza umana». E proprio per questo «è stato anche il Papa che i cultori della ragione pura e del laicismo non hanno voluto comprendere, ostacolandolo in tutti i modi». Tuttavia, per il cardinale Giovanni Battista Re, nonostante le difficoltà, «gli otto anni di Benedetto XVI rimarranno nella storia» e il Papa ora emerito deve essere considerato «un protagonista del pensiero e della coscienza». Il prefetto emerito della Congregazione per i vescovi (incarico mantenuto fino al 30 giugno 2010), 79 anni ben portati, accetta di fare in questa intervista ad Avvenire una riflessione a caldo del pontificato appena concluso. Dall’inizio della Sede vacante non sono ancora passate 24 ore e all’interno delle Mura Leonine, dove si trova la residenza del porporato, c’è uno strano silenzio. Qui sembra quasi di poter toccare con mano il Cupolone e le mura esterne della Sistina. E la Domus Sanctae Martae, che ospiterà i cardinali elettori durante il Conclave, è a meno di 100 metri. Ma il pensiero del cardinale Re per il momento è rivolto soprattutto a Benedetto XVI e alla «grande eredità spirituale che ha lasciato».

Eminenza, che cosa ha pensato alle otto di giovedì sera, quando si è chiuso il grande portone del Palazzo di Castel Gandolfo?
Ho avvertito, penso come tutti, una grande emozione. Vedere chiuso quell’imponente portone mi ha stretto il cuore, perché si è chiuso un periodo in cui Benedetto XVI ha dato molto con i suoi discorsi e con il suo insegnamento. Ma si è aperta una nuova fase nella quale il Papa si dedica al ministero della preghiera e lascia a energie nuove il governo della Chiesa. Abbiamo in sostanza anche noi un Mosè sul monte. Benedetto XVI infatti ha detto che non lascia la croce e che non ci abbandona. Egli continuerà ad esserci vicino mediante il ministero dell’intercessione a favore della Chiesa e dell’umanità. Come Mosè è salito sul monte per aiutare il suo popolo a vincere contro Amalek, così Benedetto XVI si dedicherà al bene della Chiesa con le mani alzate nella preghiera.

Come definirebbe il pontificato di Benedetto XVI?
Questi otto anni resteranno nella storia per l’alto insegnamento che egli lascia con le tre encicliche, con i suoi numerosi documenti, con i tanti discorsi e con i tre volumi dedicati a Gesù di Nazaret. Si è rivelato un protagonista sul piano del pensiero e delle coscienza, nello sforzo di aiutare tutti a dare spazio alla luce che viene da Dio e che dà senso all’umana esistenza.

Qual è a suo avviso la cifra distintiva della sua eredità?
Benedetto XVI ha detto chiaramente al mondo che senza Dio non c’è futuro. Dobbiamo infatti ricordare la sua ferma opposizione alla «dittatura del relativismo» e la continua riaffermazione dei valori morali, facendo leva sulla legge naturale, iscritta nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. Tutto il suo pontificato, inoltre, è stato orientato a ravvivare e irrobustire nei cristiani la fede in Dio, e in questo senso va anche l’indizione dell’Anno che stiamo vivendo. In pari tempo però ha cercato di valorizzare la ragione e di ampliare il suo spazio, nella profonda convinzione che «il mondo della ragione e il mondo della fede hanno bisogno l’uno dell’altro».

Perché allora si ha come l’impressione che su molte questioni egli non sia stato capito?
Effettivamente questo è un paradosso, anche perché a non volerlo capire sono stati soprattutto i cultori della ragione pura e assoluta. Amalek, in fondo, esiste anche oggi e si nasconde sotto le forme del secolarismo. Di qui l’indicazione fondamentale di questo pontificato. Il mondo, dice in pratica papa Ratzinger, ha molti problemi sociali, economici, politici, ma quello che sta alla radice di tutto è la mancanza di fede in Dio. Perciò Benedetto XVI ha mirato dritto al cuore e questo ha dato molto fastidio a chi vorrebbe cancellare Dio dall’orizzonte umano. Bisogna però dire che le sue riflessioni sui temi culturali, morali ed esistenziali sono state ascoltate anche da persone lontane e illuminate, perché Joseph Ratzinger oltre che un grande teologo, è stato un grande pensatore. E in tale veste ha cercato di capire il nostro mondo moderno nel quale la globalizzazione – come afferma nella Caritas in veritate – ha reso gli uomini più vicini, ma non più fraterni.

C’è un messaggio anche nella sua rinuncia?
Secondo me è un gesto che va apprezzato e ammirato per l’alto senso di responsabilità che l’ha ispirato. Ad esempio, so per certo che si preoccupava di non avere le forze sufficienti per fare un viaggio lungo e faticoso come quello a Rio de Janeiro per la prossima Gmg. Ma lì il Papa deve esserci, diceva. In un tempo in cui domina l’attaccamento ai centri di potere, il gesto del Papa ora emerito ci insegna che quando non si è più in grado di compiere il proprio servizio, bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro e di lasciare spazio ad altri.

Qualcuno ha visto nei discorsi degli ultimi giorni di papa Ratzinger il valore di una indicazione di prospettiva destinata ai cardinali che eleggeranno il suo successore. Lei che ne pensa?
Penso che questo discorsi vadano letti nella prospettiva di tutto il suo pontificato e ci consegnano l’immagine di una Chiesa realtà viva, che si alimenta della forza di Dio. Una Chiesa solidale con i problemi dell’uomo e che cerca ovunque di aiutare e di seminare il bene.

Ma in definitiva quando si aprirà la porta della Cappella Sistina, quale sarà il suo stato d’animo?
Sicuramente avvertirò un grande senso di responsabilità, per aiutare a scegliere il Papa di cui la Chiesa e il mondo hanno bisogno in questo momento.

di Mimmo Muolo – Avvenire

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