• Accueil
  • > Archives pour le Mardi 26 février 2013

Il relativismo etico contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea

Posté par atempodiblog le 26 février 2013

Il relativismo etico contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea dans Aborto giovannipaoloii

In ogni caso, nella cultura democratica del nostro tempo si è largamente diffusa l’opinione secondo la quale l’ordinamento giuridico di una società dovrebbe limitarsi a registrare e recepire le convinzioni della maggioranza e, pertanto, dovrebbe costruirsi solo su quanto la maggioranza stessa riconosce e vive come morale. Se poi si ritiene addirittura che una verità comune e oggettiva sia di fatto inaccessibile, il rispetto della libertà dei cittadini — che in un regime democratico sono ritenuti i veri sovrani — esigerebbe che, a livello legislativo, si riconosca l’autonomia delle singole coscienze e quindi, nello stabilire quelle norme che in ogni caso sono necessarie alla convivenza sociale, ci si adegui esclusivamente alla volontà della maggioranza, qualunque essa sia. In tal modo, ogni politico, nella sua azione, dovrebbe separare nettamente l’ambito della coscienza privata da quello del comportamento pubblico.

Si registrano, di conseguenza, due tendenze, in apparenza diametralmente opposte. Da un lato, i singoli individui rivendicano per sé la più completa autonomia morale di scelta e chiedono che lo Stato non faccia propria e non imponga nessuna concezione etica, ma si limiti a garantire lo spazio più ampio possibile alla libertà di ciascuno, con l’unico limite esterno di non ledere lo spazio di autonomia al quale anche ogni altro cittadino ha diritto. Dall’altro lato, si pensa che, nell’esercizio delle funzioni pubbliche e professionali, il rispetto dell’altrui libertà di scelta imponga a ciascuno di prescindere dalle proprie convinzioni per mettersi a servizio di ogni richiesta dei cittadini, che le leggi riconoscono e tutelano, accettando come unico criterio morale per l’esercizio delle proprie funzioni quanto è stabilito da quelle medesime leggi. In questo modo la responsabilità della persona viene delegata alla legge civile, con un’abdicazione alla propria coscienza morale almeno nell’ambito dell’azione pubblica.

Comune radice di tutte queste tendenze è il relativismo etico che contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea. Non manca chi ritiene che tale relativismo sia una condizione della democrazia, in quanto solo esso garantirebbe tolleranza, rispetto reciproco tra le persone, e adesione alle decisioni della maggioranza, mentre le norme morali, considerate oggettive e vincolanti, porterebbero all’autoritarismo e all’intolleranza.

Ma è proprio la problematica del rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni, accompagnati da terribili esiti pratici, si celino in questa posizione.

È vero che la storia registra casi in cui si sono commessi dei crimini in nome della «verità». Ma crimini non meno gravi e radicali negazioni della libertà si sono commessi e si commettono anche in nome del «relativismo etico». Quando una maggioranza parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora nata, non assume forse una decisione «tirannica» nei confronti dell’essere umano più debole e indifeso? La coscienza universale giustamente reagisce nei confronti dei crimini contro l’umanità di cui il nostro secolo ha fatto così tristi esperienze. Forse che questi crimini cesserebbero di essere tali se, invece di essere commessi da tiranni senza scrupoli, fossero legittimati dal consenso popolare?

In realtà, la democrazia non può essere mitizzata fino a farne un surrogato della moralità o un toccasana dell’immoralità. Fondamentalmente, essa è un «ordinamento» e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere «morale» non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve. Se oggi si registra un consenso pressoché universale sul valore della democrazia, ciò va considerato un positivo «segno dei tempi», come anche il Magistero della Chiesa ha più volte rilevato. Ma il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l’assunzione del «bene comune» come fine e criterio regolativo della vita politica.

Alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli «maggioranze» di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto «legge naturale» iscritta nel cuore dell’uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile. Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi.

Qualcuno potrebbe pensare che anche una tale funzione, in mancanza di meglio, sia da apprezzare ai fini della pace sociale. Pur riconoscendo un qualche aspetto di verità in una tale valutazione, è difficile non vedere che, senza un ancoraggio morale obiettivo, neppure la democrazia può assicurare una pace stabile, tanto più che la pace non misurata sui valori della dignità di ogni uomo e della solidarietà tra tutti gli uomini è non di rado illusoria. Negli stessi regimi partecipativi, infatti, la regolazione degli interessi avviene spesso a vantaggio dei più forti, essendo essi i più capaci di manovrare non soltanto le leve del potere, ma anche la formazione del consenso. In una tale situazione, la democrazia diventa facilmente una parola vuota.

Giovanni Paolo IIEvangelium Vitae

Publié dans Aborto, Fede, morale e teologia, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Perché pur coperti di ferite mormoriamo?

Posté par atempodiblog le 26 février 2013

Perché pur coperti di ferite mormoriamo? dans Apoftegmi dei Padri del deserto mormorazionemaldicenza

Un fratello chiese al padre Giovanni: «Come mai la mia anima, pur essendo coperta di ferite, non si vergogna di parlare male del prossimo?». L’anziano gli raccontò questa parabola sulla maldicenza: «C’era un uomo povero; aveva moglie, ma ne vide un’altra che era attraente, e la prese. Entrambe erano ignude. In occasione di una festa in un luogo vicino, lo pregarono dicendo: – Portaci con te. Le prese tutte e due, le mise in una botte, e, imbarcatosi, giunse in quel luogo. Nell’ora del calore meridiano, mentre tutti si riposavano, una delle due guardò fuori e, non vedendo nessuno, saltò su un mucchio di rifiuti, raccolse dei vecchi stracci, se li cinse attorno alla vita, e si aggirava quindi con libertà. L’altra, rimasta seduta ignuda nella botte, diceva: – Ecco, questa donnaccia non si vergogna di andare in giro nuda! Molto afflitto di questo, suo marito le disse: – Lo strano è che lei ha coperto la sua vergogna, mentre tu, che sei tutta nuda, non ti vergogni di parlare così. Ecco cos’è la maldicenza» (208d-209a).

Apoftegma dei Padri del deserto

Publié dans Apoftegmi dei Padri del deserto, Mormorazione | Pas de Commentaire »

Un risultato che evita il peggio

Posté par atempodiblog le 26 février 2013

Un risultato che evita il peggio
di Stefano Fontana – La nuova Bussola Quotidiana

Un risultato che evita il peggio dans Articoli di Giornali e News elezioni2013

Gli esiti delle elezioni politiche si possono valutare diversamente a seconda delle cose che si ritengono fondamentali. Per noi le cose fondamentali sono quelle che fanno il vero bene del nostro popolo e del nostro Paese. Sono le cose che toccano da vicino la costruzione dell’umano. Non sono solo le cose urgenti, ma soprattutto quelle fondamentali. E’ il lavoro, per esempio, ma prima di tutto la vita perché a chi si nega il diritto di vivere non si può garantire il diritto di lavorare. E’ la crescita economica, ma prima ancora la famiglia vera, perché senza famiglia non c’è crescita umana e la crescita umana è fondamentale rispetto alla crescita economica. E’ la riduzione del debito pubblico e la riforma della macchina statale, ma prima ancora la libertà di educazione perché solo così i nostri bambini non saranno sudditi fin dalla prima età di nessuna macchina statale. E’ la giustizia e la solidarietà verso i più deboli, ma in modo sussidiario senza assistenzializzare e togliere la dignità alle persone e ai gruppi facendoli dipendere dai sussidi di uno Stato invadente e arrogante quanto spesso insipiente.

Se partiamo da questi punti di vista, che valutazione possiamo dare del risultato elettorale? La prima osservazione è che se, come si presumeva, la vittoria fosse andata alla coalizione di centrosinistra e questa si fosse alleata con la lista Monti l’Italia sarebbe entrata in un tunnel negativo per quanto riguarda tutti i principi esposti sopra. Il risultato elettorale ha stoppato la vittoria del centro sinistra, che era invece data per scontata. Questo è dovuto ad una notevole rimonta, altrettanto imprevista, del centrodestra guidato dal Pdl. Questo è stato possibile per la volontà di tanti elettori di fare argine alle sinistre, indirizzando i voti sull’unica forza dichiaratamente alternativa alla sinistra. La mancata vittoria del centro sinistra è però dovuta anche ad una sottrazione di voti da parte del movimento di Grillo. Vendola, diventato troppo governativo, non è riuscito a catalizzare i voti di protesta nella coalizione di centro sinistra che sono andati invece al Movimento Cinque stelle, il quale ha indebolito anche Rivoluzione civile, impedendone l’ingresso in Parlamento e, con essa, anche l’Italia dei Valori scioltasi nel movimento di Ingroia. Si può dire che, da questo punto di vista, il risultato elettorale ha evitato il peggio.

L’esito modesto della lista Monti merita qualche commento. Su di essa si era concentrata anche l’attenzione di una parte del mondo cattolico. Ad un certo punto si era addirittura diffusa la leggenda metropolitana di un “appoggio” della Conferenza episcopale italiana. Con Monti si erano impegnati numerosi personaggi provenienti dall’associazionismo cattolico … spesso autosospendendosi dai loro incarichi di vertice senza avere la sensibilità di dimettersi. Monti, però, ha sempre negato di assumere come riferimento i valori della natura umana e della famiglia e, negli ultimi giorni della campagna elettorale, ha espresso addirittura un parere favorevole su Emma Bonino alla presidenza della Repubblica.

E’ stata un nuova storia dell’avventurismo cattolico in politica finito poi malamente. Non si dimentichi che dentro la lista Monti si è sciolta l’Udc, i cui dirigenti avevano affermato che i principi non negoziabili non dovevano entrare nel programma di governo. Invece sono stati loro a non entrare non solo nel governo ma neanche in Parlamento.

I numeri dei partiti in parlamento dicono che governare l’Italia sarà molto difficile se non impossibile. Anche se una minore governabilità può essere in certi casi meglio che una governabilità dannosa, non ci si può nascondere la necessità di una guida per il Paese. Non è chiaro, allo stato attuale, quali alleanze saranno possibili e se saranno possibili dato che, comunque, una maggioranza omogenea alla Camera e al Senato non si potrà avere. Dovremo porre grande attenzione non solo al significato politico delle alleanze ma anche al loro valore culturale.

Dal punto di vista della cultura politica, possiamo dire di avere tre aree. Un’area di cultura di protesta in cui allignano sia elementi di conservazione (come lo statalismo nella scuola e in economia) che di progressismo radicale (come nella lotta alla famiglia tradizionale) conditi da ecologismo e sostenibilità: il movimento di Grillo. Un’area di centro sinistra classica di tipo socialdemocratico, ideologicamente più robusta ed omogenea e, infine, un’area di centro destra di tipo liberale con all’interno elementi conservatori e cattolici. Si può dire quindi che esista un’ampia area di cultura radicale – anche se i Radicali, sembra, non saranno in parlamento – presente certamente nelle prime due aree e parzialmente nella terza. Una alleanza parlamentare tra Partito democratico e movimento Cinque stelle sarebbe completamente dominata da questa cultura radicale. Un governissimo Pd-Pdl di unità nazionale, di difficilissima attuazione, darebbe adito forse a pericoli minori, ma non per questo da sottovalutare.

Nella campagna elettorale abbiamo assistito ad una vasta gamma di atteggiamenti da parte cattolica, molti dei quali sorprendenti. La dipendenza della politica dalla cultura non è stata adeguatamente considerata e non si è partiti dalla produzione di una propria cultura politica. Davanti a questo scenario l’arcivescovo Crepaldi, a nome dell’Osservatorio Van Thuân, aveva proposto di ripartire dal 26 febbraio. Il peggio è stato evitato in queste elezioni, pur se a prezzo di un quadro politico instabile. Ma la presenza di una vasta area di cultura politica radicale conferma che i cattolici devono proprio ripartire dal 26 febbraio.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Riflessioni | Pas de Commentaire »