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Un’immagine viva di Maria

Posté par atempodiblog le 28 février 2013

Un'immagine viva di Maria dans Medjugorje papaepadrelivio

Nel suo messaggio del 25 Febbraio la Madonna non ha fatto nessun accenno alla situazione particolare della Chiesa, riguardo alla quale scorrono fiumi di parole.
Ciò che alla Madonna sta a cuore è il cammino di preghiera e di conversione che ognuno è chiamato a compiere in questo tempo di Quaresima.
La Madre esorta i suoi figli a non cedere al peccato che trascina verso le cose terrene. Chiede di prendere una decisione ferma per la santità, in modo tale che il cammino spirituale diventi semplice e gioioso.
Ci ammonisce a non venire a patti col male, perchè è una forza che logora le nostre energie fino a distruggerci. Solo con una ferma rinuncia a satana e alle sue seduzioni ci sentiamo liberi e procediamo spediti nel cammino.
La Madonna non ha parlato del Papa, ma ha fatto molti di più. Lo ha mostrato alla Chiesa, come pochi prima lo avevano visto, un’immagine viva di Maria, che irradia bontà, sapienza e umiltà.
La Chiesa, come il suo Signore, è chiamata a fare fronte alle tentazioni e alla persecuzioni. Ma è questa la via che conduce alla gioia della Pasqua.

di Padre Livio Fanzaga

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Il relativismo etico contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea

Posté par atempodiblog le 26 février 2013

Il relativismo etico contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea dans Aborto giovannipaoloii

In ogni caso, nella cultura democratica del nostro tempo si è largamente diffusa l’opinione secondo la quale l’ordinamento giuridico di una società dovrebbe limitarsi a registrare e recepire le convinzioni della maggioranza e, pertanto, dovrebbe costruirsi solo su quanto la maggioranza stessa riconosce e vive come morale. Se poi si ritiene addirittura che una verità comune e oggettiva sia di fatto inaccessibile, il rispetto della libertà dei cittadini — che in un regime democratico sono ritenuti i veri sovrani — esigerebbe che, a livello legislativo, si riconosca l’autonomia delle singole coscienze e quindi, nello stabilire quelle norme che in ogni caso sono necessarie alla convivenza sociale, ci si adegui esclusivamente alla volontà della maggioranza, qualunque essa sia. In tal modo, ogni politico, nella sua azione, dovrebbe separare nettamente l’ambito della coscienza privata da quello del comportamento pubblico.

Si registrano, di conseguenza, due tendenze, in apparenza diametralmente opposte. Da un lato, i singoli individui rivendicano per sé la più completa autonomia morale di scelta e chiedono che lo Stato non faccia propria e non imponga nessuna concezione etica, ma si limiti a garantire lo spazio più ampio possibile alla libertà di ciascuno, con l’unico limite esterno di non ledere lo spazio di autonomia al quale anche ogni altro cittadino ha diritto. Dall’altro lato, si pensa che, nell’esercizio delle funzioni pubbliche e professionali, il rispetto dell’altrui libertà di scelta imponga a ciascuno di prescindere dalle proprie convinzioni per mettersi a servizio di ogni richiesta dei cittadini, che le leggi riconoscono e tutelano, accettando come unico criterio morale per l’esercizio delle proprie funzioni quanto è stabilito da quelle medesime leggi. In questo modo la responsabilità della persona viene delegata alla legge civile, con un’abdicazione alla propria coscienza morale almeno nell’ambito dell’azione pubblica.

Comune radice di tutte queste tendenze è il relativismo etico che contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea. Non manca chi ritiene che tale relativismo sia una condizione della democrazia, in quanto solo esso garantirebbe tolleranza, rispetto reciproco tra le persone, e adesione alle decisioni della maggioranza, mentre le norme morali, considerate oggettive e vincolanti, porterebbero all’autoritarismo e all’intolleranza.

Ma è proprio la problematica del rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni, accompagnati da terribili esiti pratici, si celino in questa posizione.

È vero che la storia registra casi in cui si sono commessi dei crimini in nome della «verità». Ma crimini non meno gravi e radicali negazioni della libertà si sono commessi e si commettono anche in nome del «relativismo etico». Quando una maggioranza parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora nata, non assume forse una decisione «tirannica» nei confronti dell’essere umano più debole e indifeso? La coscienza universale giustamente reagisce nei confronti dei crimini contro l’umanità di cui il nostro secolo ha fatto così tristi esperienze. Forse che questi crimini cesserebbero di essere tali se, invece di essere commessi da tiranni senza scrupoli, fossero legittimati dal consenso popolare?

In realtà, la democrazia non può essere mitizzata fino a farne un surrogato della moralità o un toccasana dell’immoralità. Fondamentalmente, essa è un «ordinamento» e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere «morale» non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve. Se oggi si registra un consenso pressoché universale sul valore della democrazia, ciò va considerato un positivo «segno dei tempi», come anche il Magistero della Chiesa ha più volte rilevato. Ma il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l’assunzione del «bene comune» come fine e criterio regolativo della vita politica.

Alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli «maggioranze» di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto «legge naturale» iscritta nel cuore dell’uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile. Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi.

Qualcuno potrebbe pensare che anche una tale funzione, in mancanza di meglio, sia da apprezzare ai fini della pace sociale. Pur riconoscendo un qualche aspetto di verità in una tale valutazione, è difficile non vedere che, senza un ancoraggio morale obiettivo, neppure la democrazia può assicurare una pace stabile, tanto più che la pace non misurata sui valori della dignità di ogni uomo e della solidarietà tra tutti gli uomini è non di rado illusoria. Negli stessi regimi partecipativi, infatti, la regolazione degli interessi avviene spesso a vantaggio dei più forti, essendo essi i più capaci di manovrare non soltanto le leve del potere, ma anche la formazione del consenso. In una tale situazione, la democrazia diventa facilmente una parola vuota.

Giovanni Paolo IIEvangelium Vitae

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Perché pur coperti di ferite mormoriamo?

Posté par atempodiblog le 26 février 2013

Perché pur coperti di ferite mormoriamo? dans Apoftegmi dei Padri del deserto mormorazionemaldicenza

Un fratello chiese al padre Giovanni: «Come mai la mia anima, pur essendo coperta di ferite, non si vergogna di parlare male del prossimo?». L’anziano gli raccontò questa parabola sulla maldicenza: «C’era un uomo povero; aveva moglie, ma ne vide un’altra che era attraente, e la prese. Entrambe erano ignude. In occasione di una festa in un luogo vicino, lo pregarono dicendo: – Portaci con te. Le prese tutte e due, le mise in una botte, e, imbarcatosi, giunse in quel luogo. Nell’ora del calore meridiano, mentre tutti si riposavano, una delle due guardò fuori e, non vedendo nessuno, saltò su un mucchio di rifiuti, raccolse dei vecchi stracci, se li cinse attorno alla vita, e si aggirava quindi con libertà. L’altra, rimasta seduta ignuda nella botte, diceva: – Ecco, questa donnaccia non si vergogna di andare in giro nuda! Molto afflitto di questo, suo marito le disse: – Lo strano è che lei ha coperto la sua vergogna, mentre tu, che sei tutta nuda, non ti vergogni di parlare così. Ecco cos’è la maldicenza» (208d-209a).

Apoftegma dei Padri del deserto

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Un risultato che evita il peggio

Posté par atempodiblog le 26 février 2013

Un risultato che evita il peggio
di Stefano Fontana – La nuova Bussola Quotidiana

Un risultato che evita il peggio dans Articoli di Giornali e News elezioni2013

Gli esiti delle elezioni politiche si possono valutare diversamente a seconda delle cose che si ritengono fondamentali. Per noi le cose fondamentali sono quelle che fanno il vero bene del nostro popolo e del nostro Paese. Sono le cose che toccano da vicino la costruzione dell’umano. Non sono solo le cose urgenti, ma soprattutto quelle fondamentali. E’ il lavoro, per esempio, ma prima di tutto la vita perché a chi si nega il diritto di vivere non si può garantire il diritto di lavorare. E’ la crescita economica, ma prima ancora la famiglia vera, perché senza famiglia non c’è crescita umana e la crescita umana è fondamentale rispetto alla crescita economica. E’ la riduzione del debito pubblico e la riforma della macchina statale, ma prima ancora la libertà di educazione perché solo così i nostri bambini non saranno sudditi fin dalla prima età di nessuna macchina statale. E’ la giustizia e la solidarietà verso i più deboli, ma in modo sussidiario senza assistenzializzare e togliere la dignità alle persone e ai gruppi facendoli dipendere dai sussidi di uno Stato invadente e arrogante quanto spesso insipiente.

Se partiamo da questi punti di vista, che valutazione possiamo dare del risultato elettorale? La prima osservazione è che se, come si presumeva, la vittoria fosse andata alla coalizione di centrosinistra e questa si fosse alleata con la lista Monti l’Italia sarebbe entrata in un tunnel negativo per quanto riguarda tutti i principi esposti sopra. Il risultato elettorale ha stoppato la vittoria del centro sinistra, che era invece data per scontata. Questo è dovuto ad una notevole rimonta, altrettanto imprevista, del centrodestra guidato dal Pdl. Questo è stato possibile per la volontà di tanti elettori di fare argine alle sinistre, indirizzando i voti sull’unica forza dichiaratamente alternativa alla sinistra. La mancata vittoria del centro sinistra è però dovuta anche ad una sottrazione di voti da parte del movimento di Grillo. Vendola, diventato troppo governativo, non è riuscito a catalizzare i voti di protesta nella coalizione di centro sinistra che sono andati invece al Movimento Cinque stelle, il quale ha indebolito anche Rivoluzione civile, impedendone l’ingresso in Parlamento e, con essa, anche l’Italia dei Valori scioltasi nel movimento di Ingroia. Si può dire che, da questo punto di vista, il risultato elettorale ha evitato il peggio.

L’esito modesto della lista Monti merita qualche commento. Su di essa si era concentrata anche l’attenzione di una parte del mondo cattolico. Ad un certo punto si era addirittura diffusa la leggenda metropolitana di un “appoggio” della Conferenza episcopale italiana. Con Monti si erano impegnati numerosi personaggi provenienti dall’associazionismo cattolico … spesso autosospendendosi dai loro incarichi di vertice senza avere la sensibilità di dimettersi. Monti, però, ha sempre negato di assumere come riferimento i valori della natura umana e della famiglia e, negli ultimi giorni della campagna elettorale, ha espresso addirittura un parere favorevole su Emma Bonino alla presidenza della Repubblica.

E’ stata un nuova storia dell’avventurismo cattolico in politica finito poi malamente. Non si dimentichi che dentro la lista Monti si è sciolta l’Udc, i cui dirigenti avevano affermato che i principi non negoziabili non dovevano entrare nel programma di governo. Invece sono stati loro a non entrare non solo nel governo ma neanche in Parlamento.

I numeri dei partiti in parlamento dicono che governare l’Italia sarà molto difficile se non impossibile. Anche se una minore governabilità può essere in certi casi meglio che una governabilità dannosa, non ci si può nascondere la necessità di una guida per il Paese. Non è chiaro, allo stato attuale, quali alleanze saranno possibili e se saranno possibili dato che, comunque, una maggioranza omogenea alla Camera e al Senato non si potrà avere. Dovremo porre grande attenzione non solo al significato politico delle alleanze ma anche al loro valore culturale.

Dal punto di vista della cultura politica, possiamo dire di avere tre aree. Un’area di cultura di protesta in cui allignano sia elementi di conservazione (come lo statalismo nella scuola e in economia) che di progressismo radicale (come nella lotta alla famiglia tradizionale) conditi da ecologismo e sostenibilità: il movimento di Grillo. Un’area di centro sinistra classica di tipo socialdemocratico, ideologicamente più robusta ed omogenea e, infine, un’area di centro destra di tipo liberale con all’interno elementi conservatori e cattolici. Si può dire quindi che esista un’ampia area di cultura radicale – anche se i Radicali, sembra, non saranno in parlamento – presente certamente nelle prime due aree e parzialmente nella terza. Una alleanza parlamentare tra Partito democratico e movimento Cinque stelle sarebbe completamente dominata da questa cultura radicale. Un governissimo Pd-Pdl di unità nazionale, di difficilissima attuazione, darebbe adito forse a pericoli minori, ma non per questo da sottovalutare.

Nella campagna elettorale abbiamo assistito ad una vasta gamma di atteggiamenti da parte cattolica, molti dei quali sorprendenti. La dipendenza della politica dalla cultura non è stata adeguatamente considerata e non si è partiti dalla produzione di una propria cultura politica. Davanti a questo scenario l’arcivescovo Crepaldi, a nome dell’Osservatorio Van Thuân, aveva proposto di ripartire dal 26 febbraio. Il peggio è stato evitato in queste elezioni, pur se a prezzo di un quadro politico instabile. Ma la presenza di una vasta area di cultura politica radicale conferma che i cattolici devono proprio ripartire dal 26 febbraio.

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Il senso della Consacrazione alla Vergine Maria

Posté par atempodiblog le 25 février 2013

A Cristo per Maria
Il senso della Consacrazione alla Vergine Maria
Consacrarsi alla Madonna vuol dire consegnarsi docilmente a Lei, affinché ci aiuti a camminare nella via di Cristo, che Ella ha percorso tutta.
del Card. Angelo Comastri – Mensile Mariano Madre di Dio

Il senso della Consacrazione alla Vergine Maria dans Cardinale Angelo Comastri cardinaleangelocomastri

La Consacrazione o l’Affidamento a Maria è una dichiarata disponibilità a lasciarsi condurre da Maria. Dove? A Cristo. Maria, infatti, conduce a Cristo perché tutta la sua vita è relativa a Lui e non ha senso senza di Lui.

Ecco perché la Consacrazione a Maria è un atto dinamico; cioè, è un impegno a camminare. Consacrarsi a Maria, infatti, non significa demandare a Lei quel che dovremmo fare noi: no, non è così. Consacrarsi a Maria vuol dire consegnarsi docilmente a Lei, affinché ci aiuti a camminare nella via di Cristo, che Ella ben conosce perché l’ha percorsa tutta. Ecco perché non esiste consacrazione vera, se non c’è disponibilità al cammino di fede.

Dalla maternità divina di Maria parte un cammino: Maria, infatti, è Madre del Redentore e umile ancella del Signore. E vivendo da umile ancella del Signore, Maria è diventata nostra Madre nell’ordine della grazia. Il Concilio Vaticano II, nella ‘Lumen gentium’, approfondisce il senso di queste affermazioni quando scrive: « Anche la Beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede » (cfr. LG, n. 58).

Sono parole molto dense: partendo dal dono della maternità divina, Maria ha fatto un vero viaggio di fede; al termine di questo viaggio, Gesù La chiama dall’alto della Croce e La addita come Madre dei credenti, affinché accompagni tutti i discepoli nella stesso cammino di fede.

È doveroso concludere: Maria è una scelta di Dio! La presenza di Maria è ben precisata nella storia della salvezza; per cui, rifiutare Maria è rifiutare una parte della storia della salvezza, così come è custodita e raccontata dalla Scrittura.

Ecco perché consacrarsi a Maria non significherà mai creare un’alternativa a Dio: no, perché Maria è la via percorsa da Cristo per arrivare a noi ed è la via donata da Cristo per arrivare a Lui.

Tutto questo non è meravigliosamente bello, affascinante, incoraggiante?

madonnasacrocingolo dans Fede, morale e teologia
G. Pisano, Madonna del Sacro Cingolo – Cattedrale di Prato.

La ‘cintura’ di lino

Lasciamoci, ancora una volta, aiutare dalla Scrittura, ed esattamente da una pagina di Geremia, dove si parla di una singolare cintura. Scrive il profeta: « Il Signore mi parlò così: ‘Va’ a comprarti una cintura di lino e mettila ai fianchi senza immergerla nell’acqua’. Io comprai la cintura secondo il comando del Signore e me la misi ai fianchi.

Poi la parola del Signore mi fu rivolta una seconda volta: ‘Prendi la cintura che hai comprato e che porti ai fianchi e va’ subito verso l’Eufrate e nascondila nella fessura di una pietra’. Io andai e la nascosi presso l’Eufrate, come mi aveva ordinato il Signore. Ora, dopo molto tempo, il Signore mi disse: ‘Alzati, va’ verso l’Eufrate e prendi di là la cintura che ti avevo comandato di nascondervi’. Io andai verso l’Eufrate, cercai e presi la cintura dal luogo dove l’avevo nascosta: ed ecco, la cintura era marcita, non era più buona a nulla.

Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: ‘Dice il Signore: in questo modo ridurrò in marciume la grande gloria di Giuda e di Gerusalemme. Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole, che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore e segue altri dèi per servirli e per adorarli, diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla. Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda – parola del Signore – perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria; ma non mi ascoltarono’  » (Ger 13, 1-11).

Maria è stata una cintura che non si è marcita, perché Ella ha sempre aderito al Signore, pur essendo immersa nelle acque dell’Eufrate, cioè nelle acque limacciose di questo mondo. La fede della Santa Vergine è rimasta integra; anzi, ha progredito e camminato continuamente: Maria è una cintura pienamente aderente alla volontà di Dio.

Che la cintura della nostra fede, seguendo Maria, non marcisca mai!

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“Lettera a mia figlia”. Il nuovo libro di Antonio Socci

Posté par atempodiblog le 25 février 2013

“Lettera a mia figlia”. Il nuovo libro di Antonio Socci dans Antonio Socci lettaraamiafiglia

Perché il mondo ha tanta paura della sofferenza? Perché ha così bisogno di chiudere una ferita?” si domanda l’autore. “Forse perché sconvolge la vita, le nostre visioni, i nostri progetti. La sofferenza chiede amore, tanto amore, e non è facile amare così.”
La vita di Antonio Socci e della sua famiglia viene travolta nel 2009 dal dramma improvviso della primogenita Caterina, entrata in coma dopo un inspiegabile arresto cardiaco. Tutto sembra perduto, resta solo il grido di una preghiera che coinvolge un mare di persone. E Caterina si risveglia dal coma. Ma la gioia per questo miracolo viene messa alla prova dall’enormità dei problemi che la ragazza si trova ad affrontare. Tuttavia la forza e la fede con cui Caterina percorre un cammino così duro sono travolgenti per il padre, che scopre anche la bellezza di un mondo sconosciuto, eroico e affascinante, fatto soprattutto di giovani, che sono per l’autore la “meglio gioventù”.
È l’incontro con volti di persone normali che l’amore di Gesù Cristo rende capaci perfino di sacrificare silenziosamente la propria esistenza. Storie che testimoniano un coraggio e una letizia più forti del dolore e della morte. Ne scaturisce una lunga lettera in cui l’autore, cristiano controcorrente da sempre, scrive alla figlia non solo per accompagnarne la rinascita, ma anche per raccontare a tutti il miracolo che una giovinezza piena di fede può compiere. “Abbiamo bisogno di uomini e donne indomiti” scrive Socci “che ci mostrano che non si deve aver paura del cammino della vita, delle sue fatiche e delle sue prove. Perché è questo brevissimo cammino che ci fa guadagnare la felicità per sempre.”

Fonte: lo Straniero – Il blog di Antonio Socci

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La torre già vacilla

Posté par atempodiblog le 25 février 2013

La torre già vacilla dans Citazioni, frasi e pensieri gkchesterton

“Tutto il mondo moderno è in guerra con la ragione, e la torre già vacilla”.

-Gilbert Keith Chesterton-

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Quando si vuol distruggere la religione…

Posté par atempodiblog le 24 février 2013

Quando si vuol distruggere la religione... dans Citazioni, frasi e pensieri Curato-d-Ars

“Quando si vuol distruggere la religione, si comincia con l’attaccare il sacerdote, perché là dove non c’è più sacerdote, non c’è più sacrificio né religione”.

S. Giovanni M. Vianney – Curato d’Ars

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Il testamento di Alessandro Serenelli

Posté par atempodiblog le 23 février 2013

In ricordo di Maria Goretti
Il testamento di Alessandro
L’assassino ravveduto della martire innocente e l’umile, anziana madre analfabeta della vittima avevano appreso tutto del
Cristianesimo. – Una lezione da imparare.
del Card. Angelo Comastri – Mensile Mariano Madre di Dio

Il testamento di Alessandro Serenelli dans Cardinale Angelo Comastri Card-Angelo-Comastri

Alessandro Serenelli, a motivo dell’età (allora si era considerati adulti a 21 anni), non venne condannato all’ergastolo, ma a trent’anni di reclusione.

Il suo cammino spirituale fu duro. Egli fu tentato di disperazione, anche di togliersi la vita; lo salvarono la certezza del perdono di Marietta e le sue ultime consolanti parole: « Lo voglio con me in Paradiso! ».

Alessandro morì a Macerata, nell’Infermeria dei Padri Cappuccini, il 6 maggio 1970.

Questo il suo testamento, da meditare e far conoscere: « Sono vecchio di quasi 80 anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando uno sguardo al passato, riconosco che nella mia giovinezza infilai una strada falsa: la via del male che mi condusse alla rovina. Vedevo attraverso la stampa, gli spettacoli e i cattivi esempi che la maggior parte dei giovani segue quella via, senza darsi pensiero: ed io pure non me ne preoccupai. Persone credenti e praticanti le avevo vicino a me, ma non ci badavo, accecato da una forza bruta che mi sospingeva per una strada cattiva. Consumai a vent’anni il delitto passionale, del quale oggi inorridisco al solo ricordo.

Maria Goretti, ora Santa, fu l’Angelo buono che la Provvidenza aveva messo avanti ai miei passi. Ho impresse ancora nel cuore le sue parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me, intercedette per me, suo uccisore.

Maria-Assunta-e-Alessandro-Serenelli dans Riflessioni
Mamma Assunta e Alessandro Serenelli, nel giugno 1954.

Seguirono trent’anni di prigione. Se non fossi stato minorenne, sarei stato condannato a vita. Accettai la sentenza meritata; rassegnato espiai la mia colpa. Maria fu veramente la mia luce, la mia Protettrice; col suo aiuto mi diportai bene e cercai di vivere onestamente, quando la società mi riaccettò tra i suoi membri. I figli di San Francesco, i Minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto fra loro, non come servo, ma come fratello. Con loro convivo dal 1936.

Ed ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio, di riabbracciare i miei cari, di essere vicino al mio Angelo protettore e alla sua cara mamma, Assunta.

Coloro che leggeranno questa mia lettera-testamento vogliano trarre il felice insegnamento di fuggire il male, di seguire il bene, sempre, fin da fanciulli. Pensino che la religione coi suoi precetti non è una cosa di cui si può fare a meno, ma è il vero conforto, l’unica via sicura in tutte le circostanze, anche le più dolorose della vita. Pace e bene! – f.to: Alessandro Serenelli ».

E mamma Assunta? Tornata a Corinaldo, prese alloggio presso il buon Parroco don Francesco Bernacchia.

Di lei si ricorda in particolare l’episodio del suo incontro con Alessandro, nel Natale del 1934, dopo più di cinque anni da quando lui era uscito dal carcere di Alghero, l’11 marzo 1929, vivendo come ramingo poiché la vita da ex-carcerato non è mai stata facile per nessuno.

All’assassino di sua figlia che, tremante, le si presentò in casa del Parroco a Corinaldo e le chiese: « Mi riconoscete, Assunta? » – rispose: « Certo, figlio mio! ». E alla richiesta di perdono: « Mi perdonate, Assunta? » – rispose ancora: « Ti ha perdonato Marietta! Ti ha perdonato Dio! Vuoi che non ti perdoni io? ». E si abbracciarono.

Questa è una scena di assoluta grandezza: l’uccisore di una bambina innocente e l’umile, anziana madre analfabeta della vittima avevano imparato tutto del Cristianesimo e del segreto della vita.

Ce ne fossero tante di mamme così!

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Il cattolicesimo è vero

Posté par atempodiblog le 23 février 2013

Il cattolicesimo è vero dans Citazioni, frasi e pensieri gkchesterton

La difficoltà nello spiegare “perché sono cattolico” consiste nel fatto che vi sono diecimila ragioni, tutte riconducibili ad un’unica ragione: che il cattolicesimo è vero.

-Gilbert Keith Chesterton-

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…per tutti abbracciare

Posté par atempodiblog le 23 février 2013

Offertorio del Prez.mo Sangue di N. S. per le anime purganti dans Don Giustino Maria Russolillo 28wcrqh

“Sulla sua croce, Gesù non ha steso né il solo braccio sinistro né solo il destro. Ma entrambi, per tutti abbracciare”.

San Josemaría Escrivá de Balaguer

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Sul petto degli altri

Posté par atempodiblog le 23 février 2013

Sul petto degli altri dans Citazioni, frasi e pensieri tseliot

“L’uomo di oggi è uno che recita volentieri il mea culpa: battendo sempre, però, sul petto degli altri”.

Thomas Stearns Eliot

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“Nel ‘passaggio’ da un Papa all’altro si vedrà chi sono i veri Cristiani e chi no”

Posté par atempodiblog le 23 février 2013

“Nel 'passaggio' da un Papa all’altro si vedrà chi sono i veri Cristiani e chi no” dans Medjugorje marijamedjugorje

[...] tornano in mente le parole pronunciate dalla veggente Marija in occasione di una sua visita negli studi di Radio Maria: “Nel ‘passaggio’ da un Papa all’altro si vedrà chi sono i veri Cristiani e chi no”.

Tratto da: Il tempo di primavera di Pasquale Amato, Pellegrini Editore

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I precursori dell’Anticristo

Posté par atempodiblog le 22 février 2013

I precursori dell’Anticristo dans Anticristo tabernacolodeilinaioli

E’ possibile ipotizzare la manifestazione dell’Anticristo in una fase anteriore alla fine del mondo, pur confermando la dottrina secondo la quale la massima manifestazione del male precede immediatamente la venuta del Signore? In altre parole che dire di quelle raffigurazioni del futuro, a volte presentate sotto forma di rivelazioni private, secondo le quali i tempi che stiamo vivendo sarebbe quelli della manifestazione dell’Anticristo, mentre l’esplosione finale del male avrebbe come protagonista satana in persona? Questa prospettiva, già ipotizzata da Soloviev, la si può trovare in Maria Valtorta, che colloca l’ascesa e l’affermazione dell’Anticristo alla frontiera del terzo millennio, mentre il secolo precedente, segnato da due guerre mondiali e dall’imperversare delle ideologie del male, sarebbe solo preparatorio.

L’illustre scrittrice ci tiene a presentare la sua opera sotto la forma di una rivelazione privata. In particolare la raccolta degli Scritti contiene molti riferimenti alla tematica dell’Anticristo. In uno dei ‘dettati’ di Gesù si legge: “Ora siamo nel periodo (27 agosto 1943) che Io chiamo dei precursori dell’Anticristo. Poi verrà il periodo dell’Anticristo che è il precursore di satana. Questo sarà aiutato dalle manifestazioni di satana: le due bestie nominate nell’Apocalisse. Sarà un periodo peggiore dell’attuale. Il male cresce sempre più. Vinto l’Anticristo, verrà il periodo di pace per dare tempo agli uomini, percossi dallo stupore delle sette piaghe e della caduta di Babilonia, di raccogliersi sotto il segno mio. L’epoca anticristiana assurgerà alla  massima potenza nella sua terza manifestazione, ossia quando vi sarà l’ultima manifestazione di satana.(I Quaderni del 1943, p. 288, Centro Editoriale Valtortiano).

Per la Valtorta il secolo ventesimo è stato contrassegnato dai precursori dell’Anticristo; quello nel quale siamo ora entrati vedrà invece la sua tremenda manifestazione (cfr. Apocalisse 13); seguirà un tempo di pace prima della ribellione finale del’umanità, guidata da satana in persona (cfr. Apocalisse 20, 7-10) Si tratta di uno schema diverso da quello proposta dal Catechismo della Chiesa Cattolica, secondo il quale l’Anticristo è collocato nel contesto della fine del mondo. Qui invece è posto prima del tempo di pace concesso all’umanità. Tuttavia nella sostanza non sembra un’ipotesi incompatibile con l’insegnamento della fede.

Tratto da: Profezie sull’Anticristo. Verrà nella potenza di satana – di Padre Livio Fanzaga, SugarCo Edizioni

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I pastorelli di Fatima

Posté par atempodiblog le 21 février 2013

I pastorelli di Fatima dans Articoli di Giornali e News Fatima

Uno dei divertimenti preferiti da Francesco, Giacinta e Lucia era quello di gridare ad alta voce, dall’alto dei monti, seduti sulla roccia. Il nome che più echeggiava era quello della Madonna. A volte Giacinta, «quella a cui la Vergine Santissima ha comunicato maggior abbondanza di grazie e maggior conoscenza di Dio e della virtù», come scriverà Suor Lucia, recitava tutta l’Ave Maria, pronunciando la parola seguente soltanto quando l’eco riproduceva per intero quella precedente. Tale innocentissima preghiera di bambina, quasi surreale, dove il soprannaturale si sovrapponeva al naturale, doveva essere di sublime bellezza. Ebbene, la Madonna scelse proprio lei, suo fratello e la cugina per rivelare a Fatima, nel 1917, i rimedi che l’umanità e la Chiesa avrebbero dovuto prendere per combattere errori e guerre: la recita del Santo Rosario, la lotta contro il peccato, la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria per arrestare l’ideologia comunista.

Il 12 settembre 1935 le spoglie di Giacinta furono trasportate da Vila Nova de Ourém a Fatima. Quando la bara fu aperta si attestò che il volto della piccola veggente era incorrotto. Venne scattata una fotografia e il Vescovo di Leiria, Monsignor José Alves Correia da Silva (1872-1957) ne inviò una copia a suor Lucia che, nei ringraziamenti, accennò alle virtù della cugina. Tale fatto indusse il Monsignore ad ordinare alla monaca di scrivere tutto ciò che sapeva della vita di Giacinta, ecco che nacque la Prima Memoria, che l’autrice terminò nel Natale dello stesso 1935.

Trascorsero due anni dalla Prima Memoria e il Vescovo di Leiria ordinò a Suor Lucia di scrivere, in tutta verità, la sua vita e le apparizioni mariane, così come erano avvenute. Suor Lucia obbedì, scrivendo la Seconda Memoria dal 7 al 21 novembre 1937.

In una lettera del 31 agosto 1941, indirizzata a padre Giuseppe Bernardo Gonçalves Sj, Lucia spiega come nacque la Terza Memoria: «Mons. Vescovo… mi ordinò di ricordare qualsiasi altra cosa che avesse relazione con Giacinta, per una nuova edizione che vogliono stampare. Quest’ordine mi penetrò nell’anima come un raggio di luce …». Fu proprio con questo scritto che Fatima raggiunse dimensioni internazionali. Sorpresi dai racconti della Terza Memoria, Monsignor Giuseppe Alves Correia da Silva e don Galamba conclusero che Lucia, nelle relazioni anteriori, non aveva detto tutto e che nascondeva ancora degli elementi. Dunque, il 7 ottobre 1941, la monaca riceve il nuovo ordine di scrivere qualsiasi altra cosa che avesse potuto emergere dagli accadimenti di Fatima. Fu così che l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, dello stesso anno, l’autrice consegnò il manoscritto affermando: «Fin qui, ho fatto il possibile per nascondere quel che le apparizioni della Madonna nella Cova d’Iria avevano di più intimo. Ogni volta che mi vidi obbligata a parlare, cercai di accennarvi di sfuggita, per non  scoprire quello che tanto desideravo tener in serbo. Ma ora, che l’obbedienza mi comandò, ho detto tutto! E io rimango come lo scheletro, spogliato di tutto e perfino della vita stessa, messo nel Museo Nazionale, per ricordare ai visitatori la miseria e il niente di tutto quel che passa. Così spogliata, resterò nel Museo del Mondo ricordando a quelli che passano, non la miseria e il niente, ma la grandezza delle Misericordie Divine».

Con schiettezza e semplicità Suor Lucia narra in queste pagine le “magiche” beltà della loro infanzia. Tutti e tre i bambini nacquero ad Aljustrel, in Portogallo. Lucia dos Santos, poi suor Lucia di Gesù, il 22 marzo 1907, morirà a Coimbra il 13 febbraio 2005; Francesco Marto l’11 giugno 1908, morirà a Fatima il 4 aprile 1919 (beatificato, con la sorella il 13 maggio 2000); Giacinta Marto l’11 marzo 1910, morirà a Lisbona il 20 febbraio 1920.

Era la primavera del 1916 quando l’Angelo del Portogallo (così si identificò) comparve loro, anticipando l’arrivo di Nostra Signora di Fatima. Lucia e Giacinta (come accadrà anche con la Madonna), potevano vedere e sentire; la prima poteva anche colloquiare, mentre Francesco vedeva soltanto. L’Angelo, che portò l’Eucaristia e li comunicò, per tre volte pregò: «Mio Dio! Io credo, adoro, spero e Vi amo. Vi chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano». Poi disse: «Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria stanno attenti alla voce delle vostre suppliche».

Francesco aveva un carattere mite, umile, paziente. Nel gioco accettava la sconfitta benevolmente e tendeva ad isolarsi, non si dava cura e pensiero se veniva emarginato. Era sempre sorridente, gentile, condiscendente. Quando qualcuno si ostinava a negargli i suoi diritti di vincitore, si piegava senza resistere: «Credi di aver vinto tu?! E va bene! A me non me n’importa!» e se qualcuno degli altri bambini insisteva nel togliergli qualcosa che gli apparteneva, diceva: “Fa’ pure… a me che me n’importa?!”». E davvero nulla gli importava, se non le realtà celesti. Amava il silenzio e non mancava occasione per mortificarsi con atti di eroismo.

Dopo il pascolo, la sera, Francesco e Giacinta andavano nell’aia della famiglia di Lucia per giocare e, insieme, aspettavano che la Madonna e gli Angeli accendessero le loro «lucerne», così definivano la luna e le stelle, e allora Francesco si animava nel contarle, ma nulla lo entusiasmava di più che l’osservare il sorgere e il tramontare del sole, che identificava come la lucerna del Signore, mentre Giacinta amava maggiormente quella della Madonna.

La sensibilità di animo di Francesco e di Giacinta, che traspariva dalla naturalezza dei loro gesti, con le apparizioni, raggiunse un livello di straordinario misticismo: la grazia corrisposta diede vita ad altezze di virtù. Quella di Francesco fu anima di profonda preghiera. Quando prese ad andare a scuola a volte diceva a Lucia: «Senti, tu va’ a scuola. Io resto qui, in chiesa, vicino a Gesù nascosto. Per me non vale la pena di imparare a leggere; fra poco vado in Cielo. Quando torni, vieni a chiamarmi». Allora si metteva vicino al Tabernacolo e, interrogato su cosa facesse tutte quelle ore, egli affermava: «Io guardo Lui e Lui guarda me».

Mentre Giacinta faceva penitenze per salvare anime peccatrici dall’Inferno, Francesco pensava a consolare il Signore e la Madonna. Ricordando la promessa di Maria Vergine, della quale aveva sempre un’immensa nostalgia, di portarlo presto in Cielo con Giacinta, gioiva dicendo: «lassù almeno potrò meglio consolare il Cuore di Gesù e di Nostra Signora».

Sapeva accettare e sopportare la sofferenza con esemplare rassegnazione e accolse la «Spagnola», che lo portò via, come un dono immenso per consolare Cristo, per riscattare i peccati delle anime e per raggiungere il Paradiso.

La breve vita di Giacinta trascorse in maniera parallela a quella del fratello, legata da un’identica serenità spirituale grazie al clima di profonda Fede che si respirava in casa. Il suo temperamento era però forte e volitivo e aveva una predisposizione per il ballo e la poesia. Era il numero uno dell’entusiasmo e della spensieratezza. Saranno gli accadimenti del 1917 a mutare i suoi interessi e più non ballerà, assumendo un aspetto serio, modesto, amabile. Il profilo che Lucia tratteggia della cuginetta è straordinario: è il ritratto dei puri di cuore, i cui occhi parlano di Dio.

Giacinta era insaziabile nella pratica del sacrificio e delle mortificazioni. Le penitenze più aspre per Lucia erano invece dettate dalle ostilità familiari e in particolare di sua madre, che la considerava una bugiarda e un’impostora. Lucia, essendo la più grande, fu la veggente più vessata e più interrogata (fino allo sfinimento) sia dalle autorità religiose che civili. A coronare questo clima intriso di tensioni e diffide c’era pure la situazione economica precaria dei dos Santos, provocata anche dal fatto che nel luogo delle apparizioni mariane, di proprietà della famiglia, non era più possibile coltivare nulla: la gente andava con asini e cavalli, calpestando tutto.

Agli inizi del mese di luglio del 1919 Giacinta entrò in ospedale, anche lei colpita dalla «Spagnola». Sua madre le chiese che cosa desiderasse e la piccola chiese la presenza dell’amata Lucia. La visita fu tutto un parlare delle sofferenze offerte per i peccatori al fine di allontanarli dall’Inferno – che con grande sgomento era stato loro mostrato dalla Madonna – e per il Sommo Pontefice: «Tu rimani qua per dire che Dio vuole istituire nel mondo la devozione al Cuore Immacolato di Maria. Quando ce ne sarà l’occasione, non ti nascondere. Di’ a tutti che Dio ci concede le grazie per mezzo del Cuore Immacolato di Maria; che le domandino a Lei, che il Cuore di Gesù vuole che vicino a Lui, sia venerato il Cuore Immacolato di Maria. Chiediamo la pace al Cuore Immacolato di Maria; Dio la mise nelle mani di Lei. S’io potessi mettere nel cuore di tutti, il fuoco che mi brucia qui nel petto e mi fa amare tanto il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria!”».

Quando Lucia perse i cugini fu abissale il suo dolore, infatti, come lei stessa ebbe a dichiarare, non ebbe in terra altra più amata compagnia che quella di Francesco e di Giacinta.

Cristina Siccardi

Fonte: Il Timone, gennaio 2013
Tratto dal sito di Cristina Siccardi

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