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Papa: internet per evangelizzare lontani, ma attenti a insidie

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2012

Papa: internet per evangelizzare lontani, ma attenti a insidie dans Citazioni, frasi e pensieri benedettoxvisuinternet

Internet può aiutare la Chiesa a raggiungere i giovani di oggi.
Lo scrive il Papa nel messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Rio de Janeiro in luglio. Benedetto XVI invita i giovani cattolici ad essere essi stessi i primi missionari per i loro coetanei che incontrano “nel continente digitale”, e li esorta a prpararsi a questo compito leggendo il Catechismo, per conoscere la fede “con la stessa precisione con cui uno specialista di informatica conosce il sistema operativo di un computer”.
In particolare, raccomanda il Pontefice rivolgendosi ai giovani cattolici, “sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita”. “A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo continente digitale”, ribadisce citando il messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2009.
“Sappiate dunque usare con saggezza questo mezzo, considerando anche le insidie che esso contiene, in particolare il rischio della dipendenza, di confondere il mondo reale con quello virtuale, di sostituire l’incontro e il dialogo diretto con le persone con i contatti in rete”.

di Salvatore Izzo – AGI
Tratto da: Il blog degli amici di Papa Ratzinger

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San Giuseppe Moscati

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2012

San Giuseppe Moscati

San Giuseppe Moscati dans Francesco Agnoli San-Giuseppe-Moscati

Medico e professore di prim’ordine, dedicò la sua vita ai malati ed ai poveri, consapevole che sovente “la scienza gonfia”, mentre “la carità edifica”.
Riflettendo sul lavoro del medico, nobilissimo ma incapace, in ultima analisi, di sconfiggere la morte corporale, ricordava che il medico non deve solo essere uomo di scienza, ma anche uomo di carità e amore.
Scriveva: “Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini sono passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene”.

di Francesco Agnoli

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I più importanti Santuari mariani della Regione Campania

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2012

Italia terra di Maria
I più importanti Santuari mariani della Regione Campania

La religiosità mariana popolare della “Campania felix”
Tratto dal: mensile mariano Madre di Dio – Ed. San Paolo

 I più importanti Santuari mariani della Regione Campania dans Apparizioni mariane e santuari reginanapoliatempodiblo

Già i Romani avevano constatato la particolare fertilità di questa terra, battezzandola Campania felix, cioè ‘fortunata e ridente’.
La Campania è celebre nel mondo soprattutto per la sua bellezza naturale e per il fascino della sua storia: il Golfo di Napoli e la Costiera Amalfitana, la Penisola Sorrentina e le Isole partenopee [Ischia, Capri, Procida], il Golfo di Salerno, il Cilento della “Magna Grecia”, il Beneventano e l’Irpinia: sono luoghi unici al mondo, ricchi di bellezze naturali, di storia e di cultura, d’arte e di religiosità.
“Si dica o racconti o dipinga quel che si vuole, ma qui ogni attesa è
superata. Queste rive, golfi, insenature, il Vesuvio…” – scriveva Goethe nel 1787, esprimendo le sue impressioni sul Golfo di Napoli, ma pensando soprattutto all’incredibile concentrato di storia, arte, mitologia, tradizioni e sapori racchiusi nella sua area.
Fastosità barocche si ergono accanto a realtà più semplici, nello spirito di attaccamento a un passato che ha saputo creare capolavori che tutto il mondo ci invidia: dall’artigianato di tradizione antica [si pensi per tutti al “Presepio napoletano” o alle “ceramiche di Capodimonte”] alla creatività teatrale e musicale partenopea che ancora vive con grande passione e scrupolo perpetuato.
Ma la ricchezza più grande di Napoli [e dell’intera Regione campana sta soprattutto nella profondissima umanità di questa gente; né vale qualche “accidentale” retaggio storico di matrice camorristica a renderci meno simpatici i Napoletani.

santuariomadonnapompei dans Beato Bartolo Longo
L’armonioso Santuario della Madonna di Pompei.

 La Madonna e i Santi, “parenti stretti” dei Napoletani
Titoliamo – un po’ provocatoriamente – questo capitoletto: La Madonna e i Santi, “parenti stretti” dei Napoletani. E, in effetti, la religiosità del
popolo della Campania in genere, e dei Napoletani in specie, può suscitare reazioni diverse; ma una cosa è certa: anche se non sempre essa è in linea con la liturgia ufficiale, non si può prescindere dalla sua anima popolare e familiare, se si vuole capire la fisionomia di questa Regione.
Il culto della Vergine qui è sempre stato in primissimo piano, e questo con assoluta continuità storica lungo i secoli.
Il Cristianesimo in Campania risale alle origini stesse della Chiesa, per cui i Santuari mariani sorti prima dell’anno Mille sono relativamente numerosi [almeno una decina]. Una menzione particolare meritano la chiesa paleocristiana dell’Annunziata di Prata [Caserta], del 500 d. Cr., e “Santa Maria della Lobra” [da delubrum, tempio] di Massalubrense [Napoli], sorta in epoca imprecisata su un preesistente luogo di culto pagano.
Intorno al Mille, la Regione campana ha beneficiato dell’opera dei Benedettini che, dalla vicina Montecassino e dall’Abbazia di Cava dei Tirreni, hanno costellato questi luoghi di Badie e di Eremitaggi, molti dei quali con titolo mariano: il più noto è “Materdomini” di Nocera Superiore [Salerno], il principale Santuario mariano della Regione nell’alto Medioevo.
Poi fu la volta del Santuario di Montevergine, sopra Avellino [fondato nel 1124], che divenne ben presto addirittura il principale Santuario mariano d’Italia.
Successivamente sorgono sempre più numerosi Santuari, per lo più per iniziativa di privati e per devozione popolare. Il caso più eclatante sarà proprio quello del Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei [nell’ultimo quarto del sec. XIX]. La religiosità dei Napoletani – che nei Santuari trova il suo campo privilegiato di espressione – merita un cenno a parte. Il Napoletano privilegia da sempre i suoi rapporti personali con la gente, caricandoli di confidenza, di colore, di gesti. E questo egli esprime anche quando tratta con Dio; tanto più quando tratta con la Vergine e con i Santi [… dovrebbe saperne qualcosa San Gennaro!]. Davvero, è il caso di dire: li considera “parenti stretti”.
Importantissime e molto suggestive sono quindi, da queste parti, le feste patronali: basti ricordare il Lunedì di Pasqua alla “Madonna dell’Arco”, con il singolare fenomeno dei “fujenti » che, sostenuti dalle Associazioni delle “paranze”, compiono l’ultimo tratto del pellegrinaggio di corsa.
Tra i principali Santuari mariani della Campania, oltre al Santuario principale della “B. V. del Rosario di Pompei”, ricordiamo particolarmente i seguenti: “Maria SS. del Carmine Maggiore” e “Madonna dell’Arco” a Napoli, “Madre del Buon Consiglio” a Napoli-Capodimonte, “Santa Maria di Montevergine [AV], “Maria SS. Materdomini” di Nocera [SA], “Santa Maria Materdomini » di Caposele [AV], “Maria SS. delle Grazie” a Benevento, “Santa Maria dei Lattani” a Roccamonfina [CS].

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Espressiva immagine della B. V. del Rosario di Pompei, venerata da umili fedeli.

Il Santuario di Pompei dedicato alla B. V. del Rosario
Dire ‘Pompei’ è come nominare il cuore della religiosità mariana popolare della Campania, se non di tutto il Sud d’Italia.Lo splendido Santuario [con il complesso monumentale che lo circonda] è dedicato alla “Beata Vergine del Rosario”; e forse già in questo fatto sta il segreto della numerosa presenza di devoti che tutto l’anno lo frequentano. Si calcolano non meno di 4 milioni di Pellegrini provenienti da ogni parte, e particolarmente da tutto il Meridione.
Ma, ovviamente, giova alla fama di questo luogo di culto mariano più frequentato del Sud d’Italia anche il fatto che esso sorge non lontano dalla zona degli scavi archeologici che hanno riportato alla luce la città sepolta dalle ceneri del Vesuvio nell’Agosto del 79 d.Cr.
La devozione alla “Madonna del Rosario” ebbe qui gli umili inizi il 13 Novembre 1875, quando l’immagine della Vergine fece il suo ingresso su di un carro di letame in un Villaggio di 300 abitanti che, in un secolo, si trasformerà in una Città di 30.000 persone. Ne è stato protagonista Bartolo Longo, dalla cui santa vita la storia del Santuario di Pompei – tra i più famosi della Cristianità – trae le sue origini e il suo sviluppo.
Le cronache del tempo narrano come quest’uomo eccezionale divenne nel 1872 Amministratore delle terre della Contessa Marianna De Fusco [che sarebbe poi diventata sua moglie], e fu colpito e impietosito dalla miseria umana e religiosa dei contadini. Si prodigò in mezzo a loro, insegnando il Catechismo e diffondendo la pratica del Rosario. Nel 1876 iniziò la questua di “un soldo al mese” per dare impulso alla costruzione del Tempio che diverrà ben presto il  grandioso Santuario di Pompei.
I continui prodigi operati dalla Vergine del Rosario, alla cui intercessione ricorrevano fedeli in numero sempre maggiore, diedero progressivamente vita al Santuario; a tal punto che il dipinto seicentesco, attribuito alla scuola di Luca Giordano, raffigurante la Madonna con Bambino in atto di porgere corone di Rosario ai Santi Domenico e Caterina inginocchiati ai suoi piedi, divenne l’immagine per eccellenza della “Madonna del Rosario” diffusa in tutto il mondo.
Il “miracolo Pompei” – che oltre al Santuario annovera una “Cittadella della carità”, formata da un numero prodigioso di istituzione benefiche, in cui
continua a vivere una grande famiglia di oltre mille persone bisognose di tutto – è la testimonianza vivente del fervore religioso e dell’ardore di carità che animano da sempre questo Centro mariano, elevato a Basilica pontificia già da Leone XIII.
In modo particolarmente solenne vi si celebrano le feste dell’8 Maggio e della prima Domenica di Ottobre [mese del Rosario], quando si recita la
“Supplica”, la pia pratica che si ripete contemporaneamente in tutte le Chiese del mondo dove è esposta copia della venerata immagine della B. V. del Rosario di Pompei.

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Solenne celebrazione religiosa nella Chiesa-Santuario del “Carmine Maggiore”, Napoli.


Altri importanti Santuari della Campania
Tra gli altri Santuari mariani della Campania, ricordiamo con ‘note didascaliche’ essenziali alcuni dei più noti.

1 – “Maria SS. del Carmine Maggiore” – Napoli
Antica è la devozione dei Napoletani alla “Madonna del Carmine Maggiore” [detta anche “la Bruna”, dalla sua carnagione scura], raffigurata nella
bella icona bizantina del tipo dell’eleúsa o della tenerezza, che la tradizione vuole provenga dal Monte Carmelo della Terra Santa, dove l’Ordine Carmelitano ebbe origine.
La prima notizia storica della “Chiesa del Carmine” – tra le più note di Napoli – risale al 1268: in tale data i cronisti del tempo tramandarono, infatti, il ricordo della decapitazione di Corradino di Svevia sulla Piazza del Mercato, “di fronte alla Chiesa del Carmine”.
Fra le opere d’arte custodite in questa chiesa c’è un prezioso Crocifisso ligneo del ’300. Superfluo ricordare la solennità con la quale, il 16 Luglio, si
celebra la festa della “Madonna del Carmine”, nel tripudio del grandioso spettacolo pirotecnico che simula l’incendio della chiesa con fuochi d’artificio.

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Particolare di Presepio napoletano – Santuario “Madonna dell’Arco”.

2 – “Madonna dell’Arco” – Napoli
Il Santuario, che gode di straordinaria popolarità, sorge ai piedi del versante Nord del Vesuvio dove, presso un arco dell’acquedotto romano [da qui il nome], era stata edificata un’edicola sulla cui parete era l’immagine della Vergine con Bambino.
La tradizione narra che, il Lunedì di Pasqua del 1450, durante una festa popolare, un giovane che gareggiava nel lancio della palla di legno col maglio,
irato per aver perso la partita, bestemmiando scagliò la boccia contro l’edicola, colpendo la Madonna sulla guancia sinistra. Come fosse di carne, la Vergine cominciò prodigiosamente a sanguinare dove fu colpita. Il popolo si avventò sul sacrilego e stava per linciarlo, quando passò casualmente il Conte di Sarno, Gran Giustiziere del Regno di Napoli, che dissuase la folla e fece liberare il malcapitato. Dopo di che, constatato il miracolo, lo fece processare e impiccare all’albero di tiglio lì vicino che in 24 ore si seccò.
Il volto della Vergine tornò a sanguinare nel Marzo 1638, come fu redatto in un Atto notarile alla presenza del Vicerè di Napoli. Diversi altri prodigi si
ebbero in tempi successivi, puntualmente documentati in tavole votive esposte sulle pareti del Tempio e nella ‘Sala delle offerte’; a tal punto che il
Santuario è diventato famoso per la più grande collezione di ex-voto nel mondo: non meno di seimila, comprese le ‘siringhe’ di ex-drogati che hanno inteso così ringraziare la Madonna per la liberazione dalla loro terribile dipendenza.
Tra la molte festività che vi si celebrano, famosa – e molto originale – è quella dei ‘fujenti’ del Lunedì di Pasqua.

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L’Incoronata del “Buon Consiglio” di Capodimonte, riprodotta sul modello architettonico della Basilica Vaticana.

3 – “Madre del Buon Consiglio” a Capodimonte (Napoli)
La “Madre del Buon Consiglio”, la cui prodigiosa effigie fu incoronata nell’Epifania del 1912, è stata qui oggetto di grande venerazione prima ancora che la mistica Sr. Maria Landi le facesse costruire un tempio in tutto simile alla Basilica Vaticana di San Pietro.
Iniziata nel 1920, l’opera fu portata a compimento soltanto nel 1960, grazie alle contribuzioni e alla prestazione di manodopera gratuita dei Napoletani che, forse anche per questo, lo sentono giustamente come un Santuario tutto loro. Nel 1980 fu proclamato “Santuario mariano diocesano”.

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Suggestiva visione del Santuario e del complesso monastico di Montevergine (Avellino).

4 – “Santa Maria di Montevergine” – Avellino
Nei primi decenni del sec. XII San Guglielmo da Vercelli fece costruire sul massiccio del Monte Partenio, a 1270 mt di altezza, una chiesa “ad onore di
Maria, Madre di Dio e sempre Vergine”
e, accanto a questa, un Cenobio benedettino.

Il Santuario – che assunse via via importanza eccezionale per tutta la Penisola – fu assai frequentato da Pellegrini fin dalla sua fondazione.
Oltre all’intensa vita religiosa che vi si conduce, va ricordato che il complesso monumentale di questo Santuario [con il ricco Museo dell’Abbazia,
l’Archivio con settemila pergamene e la Biblioteca di 150mila volumi] è considerato di grande interesse anche sotto il profilo storico e artistico.

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L’elegante tempietto con l’icona della “Materdomini” nel Santuario di Nocera Superiore (Salerno).

5 – “Maria SS. Materdomini” a Nocera Superiore (Salerno)
Il Santuario è sorto sul luogo del rinvenimento, avvenuto nel 1041, di una icona di origine bizantina che reca le sigle iniziali del titolo “Mater
Domini”
.

La primitiva Chiesa e annessa Abbadia benedettina ebbero grande importanza per oltre due secoli. Ai Benedettini succedettero i Basiliani e, infine, i Padri Minori Francescani che officiano tuttora questo Santuario, che è forse il più antico fra i Santuari mariani della Campania.

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Interno dell’antico Santuario della “Materdomini” di Caposele (Avellino).

6 – “Santa Maria Materdomini” Caposele (Avellino)
Di curioso c’è il fatto che questo Santuario di Caposele, nell’Avellinese [originariamente dedicato alla “Madre del Signore”], è celebre più perché in esso sono custodite le reliquie di San Gerardo Maiella, Santo molto venerato da queste parti, che per la sua identità mariana. Dell’antico Santuario va ricordata soprattutto la bella statua d’Altare della Vergine inginocchiata in atto di preghiera, con le mani giunte e gli occhi rivolti al Cielo.

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Santuario “Nostra Signora delle Grazie” – Benevento.

7 – “Nostra Signora delle Grazie” – Benevento
In questo Santuario si è verificato il caso opposto al precedente: chiesa inizialmente dedicata a San Lorenzo, si è qui progressivamente affermato il
culto alla “Madonna delle Grazie”, fin da quando, nel XV secolo, vi fu portata l’immagine, venerata già dalla seconda metà del VI secolo nella Chiesa di San Luca.
Ma è nel secolo XIX che la vita del Santuario si consolida [Benevento apparteneva allora allo Stato Pontificio]: la nuova grande Basilica, iniziata nel 1839, venne consacrata solo nel 1901. Nell’Anno Mariano 1954, Papa Pio XII proclamò la “Madonna delle Grazie” Patrona e Regina di tutto il Sannio.

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Santuario “Santa Maria dei Lattani” e annesso Convento, a Roccamonfina.

8 – “Santa Maria dei Lattani” a Roccamonfina (Caserta)
Il Santuario e l’annessa Oasi « Regina Mundi » [titolo dato nel 1950 alla Vergine che qui si venera, quando fu incoronata], sorgono sul Monte Lattani, uno
dei tanti crateri del vasto comprensorio vulcanico di Roccamonfina, nel Casertano.
La storia del Santuario inizia verso la fine del sec. XIV, quando un pastore trovò, nascosta in una grotta, una statua della Vergine, detta poi “dei Lattani”.
Pellegrino illustre a questo Santuario fu San Bernardino da Siena che,  volendo qui fondare un Convento per ospitare religiosi addetti al culto della Vergine, al fine di conoscere se questa fosse la volontà di Dio, secondo la  tradizione, piantò in terra il suo bastone di castagno secco, e questo subito germogliò.

 

Cartina topo-geografica dei Santuari della Campania

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I nuovi martiri: viaggio nella “cristianofobia”

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2012

I nuovi martiri
Chiese distrutte e scuole chiuse, esodi forzati, condanne a morte: il viaggio globale di un giornalista inglese nella “cristianofobia”. C’è il rischio altissimo che le chiese scompaiano dalle terre bibliche. I numeri sono impressionanti. I cristiani erano il 95% della popolazione mediorientale nel Settimo secolo, il 20% nel 1945, il 6% oggi. Si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora.
di Giulio Meotti – Il Foglio
Tratto da: Ascolta tua Madre

I nuovi martiri: viaggio nella “cristianofobia” dans Articoli di Giornali e News cristianofobia

“Immaginate la furia indescrivibile che scoppierebbe nel mondo islamico se un governo cristiano a Khartoum fosse responsabile della morte di centinaia di migliaia di musulmani negli ultimi trent’anni. O se terroristi cristiani lanciassero delle bombe sulle moschee in Iraq. O se ragazze musulmane in Indonesia venissero rapite e decapitate sulla strada per andare a scuola, a causa della loro fede. Questi orrori sono impensabili, ovviamente. Ma sono capitati al contrario, con i cristiani vittime dell’aggressione islamista”. Una denuncia che non ti aspetteresti da chi ha ricevuto “il massimo onore al quale si possa aspirare nel campo della critica letteraria”, come Thomas Stearns Eliot aveva definito il fatto di figurare fra i collaboratori del Times Literary Supplement, la rivista inglese in cui sono apparsi via via autori del calibro di Henry James, Edmund White, Aldous Huxley e George Orwell. Eppure Rupert Shortt fa parte di questa piccola cupola di eccelsi, in quanto figura fra i managing editor della celebre rivista. Della “Christianophobia” parla il nuovo libro di Shortt uscito per Random House. Si tratta di un viaggio globale dentro alla persecuzione dei cristiani, “una fede sotto attacco”. Un saggio in dieci capitoli che ci porta fra i cristiani del Maghreb, dell’Africa subsahariana e del medio oriente, dove sono perseguitati, muoiono o scompaiono in una lenta emorragia. Vittime appunto della “cristianofobia”.
Shortt è andato a Jos, in Nigeria, gigantesco patchwork di religioni che ha preso fuoco da un anno; a Karachi, nel profondo Pakistan; fra le chiese protestanti della “moderata” Indonesia, ma anche nell’Orissa indiano e in Cina, dove la repressione contro il cristianesimo, da feroce che era, negli anni si è fatta più dissimulata (ogni tanto il regime decide che la legge ateistica è ancora in vigore e qualcuno ci rimette la vita, a cominciare dagli anziani sacerdoti, che a decine periscono e languono nelle prigioni di stato). E poi ancora in Egitto, dove i copti subiscono discriminazioni, minacce e aggressioni collettive e da quando è scoppiata la “primavera araba” sono scesi in trincea; in Siria, dove nella città di Rable, culla del cristianesimo paolino, terroristi hanno appena distrutto il santuario del profeta Elia; in Algeria, dove i cristiani sono costretti a subire discriminazioni continue. La situazione più drammatica è quella dell’Iraq, dove i cristiani sono vittime di estorsioni, rapimenti, torture e omicidi. Le chiese sono incendiate; molti sacerdoti, persino il vescovo caldeo di Mossul, monsignor Paulos Faraj Rahho, sono stati assassinati.

Il medio oriente convive con la distruzione di popoli a partire dall’VIII secolo, ha spiegato l’armeno Herman Vahramian, scomparso nel 2009. La rassegnazione allo sterminio di massa è palpabile nella regione con un immaginario collettivo segnato dalle fila di crani umani innalzate dal feroce Tamerlano sul suo impero: “Col soccorso della memoria storica il modus vivendi dei variegati popoli mediorientali di oggi è diventato l’attesa di essere in qualche modo vittima di genocidio”. Eppure il libro di Shortt, che non grida allo “scontro di civiltà” ma spezza la sindrome del silenzio su queste masse di assassinati ed esiliati, si apre su uno scenario ancora tutto da decifrare: un medio oriente senza cristiani.
“C’è il rischio altissimo che le chiese scompaiano dalle terre bibliche”, scrive Shortt. I numeri sono impressionanti, un verdetto. I cristiani erano il 95 per cento della popolazione mediorientale nel Settimo secolo, il venti per cento nel 1945, il sei per cento oggi e si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora. “Ci saranno ancora dei cristiani in medio oriente nel Terzo millennio?”, si chiedeva il diplomatico francese Jean-Pierre Valognes nel libro “Vie et mort des chrétiens d’Orient”, pubblicato nel 1994. No, secondo Shortt.
Dalla Seconda guerra mondiale a oggi, dieci milioni di cristiani hanno preso la via dell’esilio dal mondo arabo-islamico. “La cristianità in Iraq può essere sradicata durante questa generazione”, ha detto di recente Leonard Leo, a capo della commissione statunitense sulla libertà religiosa. Novecentomila cristiani hanno già lasciato l’Iraq dal 2003, stando a uno studio del Minority Rights Group International. Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad, ha predetto “l’estinzione della cristianità dal medio oriente”. E pensare che la tradizione vuole che sia stato l’apostolo Tommaso a portare il cristianesimo in Iraq durante uno dei suoi viaggi verso la Persia nel I secolo.

La tanto decantata eterogeneità mediorientale si sta riducendo alla monotonia di una sola religione, l’islam, e a una manciata di idiomi e sparute comunità cristiane. Un rapporto del dipartimento di stato americano conferma l’analisi di Shortt. In Turchia da due milioni di cristiani si è passati agli attuali 85 mila, lo 0,2 per cento della popolazione. In Libano, il paese arabo dove i cristiani maroniti per decenni hanno avuto il comando della nazione, si è passati dal 55 per cento della popolazione al trenta. In Egitto la popolazione cristiana si è sempre attestata sul venti per cento del totale: oggi è scesa sotto il dieci. Erano il diciotto per cento in Giordania, ma oggi sono il due per cento. In Siria le comunità cristiane rappresentavano un quarto della popolazione ma oggi sono scese al cinque per cento, cifre che si stanno sempre più dimezzando a causa della guerra civile in corso (il patriarca russo Kirill I ha appena evocato niente meno che la Rivoluzione bolscevica del 1917, con le sue sterminate “carcasse di chiese”, per spiegare il futuro del patriarcato di Antiochia).
In Iran è in corso “la fase più oscurantista dei rapporti fra cristianesimo e Rivoluzione islamica”, da quando nel 1979 l’ayatollah Khomeini chiese la chiusura delle scuole cattoliche e concesse a tutti i sacerdoti un mese di tempo per lasciare il paese. Considerati “amici dello scià” e “classe sociale d’élite”, i cristiani sono stati arrestati a centinaia e gettati in carcere. Cristiani, cioè “impuri” perché non musulmani, a proposito dei quali Khomeini (il cui volto campeggia sul frontespizio del Ketob-e Ta’limate Dini, il manuale di religione usato dalle minoranze), metteva in guardia gli iraniani con suggerimenti del tipo “non toccate i loro oggetti” e “non mangiate con loro”.
Secondo l’organizzazione non profit americana Open Doors, che ogni anno stila una preziosa World Watch List, il secondo paese classificato come più pericoloso per i cristiani dopo la Corea del nord è proprio l’Iran. Tanti i pastori assassinati, di cui Shortt rende conto. Il primo fu nel 1979 Arastoo Sayyah, un anglicano a cui fu tagliata la gola. Nel 1980 fu la volta di Bahram Deghani-Tafti, a cui spararono. Hossein Soodman venne ucciso nel 1990, Mehdi Dibaj nel 1994, il pastore Haik Hovsepian venne ucciso e sepolto in una fossa comune con un musulmano convertito al cristianesimo e Mohammad Bagheri Yousefi fu trovato impiccato a un albero nel 1996. Da allora numerosi cristiani sono stati arrestati e condannati a morte per attività legate al proselitismo, ma mai giustiziati. Molte chiese oggi sono state chiuse, decine di giovani iraniani, gran parte convertiti dall’islam, sono stati imprigionati e torturati, così come molti pastori sono finiti sotto stretta sorveglianza.

Corea del nord e Laos sono tirannie comuniste e ateistiche in cui l’anticristianesimo è dogma di stato. A Pyongyang, da quando si è instaurato il regime nel 1953, sono scomparsi 300 mila cristiani e adesso si stima che vi siano 70 mila cristiani che soffrono nei terribili campi-prigione a causa della loro fede. L’Afghanistan è al secondo posto essendo un paese dove non esistono ufficialmente chiese (soltanto cappelle private dentro alle ambasciate). Segue l’Arabia Saudita, custode della Mecca e di Medina, che vieta ufficialmente ogni culto non islamico e di cristiani si parla ufficialmente soltanto nelle ambasciate.
“Si tratta di un genocidio in corso che meriterebbe un allarme globale”, aveva scritto di recente sulla copertina di Newsweek Ayaan Hirsi Ali. Negli ultimi dieci anni la guerra di religione ha fatto duemila morti soltanto nello stato nigeriano del Plateau, tredicimila in tutta la Nigeria. “Cifre ottimistiche”, dicono le organizzazioni umanitarie che parlano di eccidi ben peggiori. L’obiettivo delle stragi è cambiare la geografia religiosa del continente africano. Dal 2001 nello stato di Kano sono morte più di 10 mila persone, quasi tutte cristiane. Trecento chiese e proprietà sono andate distrutte. Gli sfollati non si contano. Dal 2009 a ora almeno cinquanta chiese sono state distrutte e dieci pastori sono stati uccisi dalla Boko Haram.
In Pakistan Asia Bibi, in carcere da due anni con una condanna a morte, è il simbolo più noto della guerra ai cristiani, strangolati nel grande paese asiatico di retaggio britannico sotto il tallone della legge sulla blasfemia. Molti cadono crivellati dai proiettili dei terroristi, come l’unico ministro cristiano, Shahbaz Bhatti (“questa è la fine del bestemmiatore”, recita il volantino rinvenuto sul suo corpo). Un assassinio, racconta Shortt, preceduto da quello del governatore del Punjab, il musulmano liberale Salmaan Taseer, ucciso da una delle sue guardie del corpo per essersi espresso anche lui contro la legge sulla blasfemia.
La cronaca nera di questa strage è lunghissima. Il 18 novembre 1998 nove cattolici vengono sgozzati a Noushera. Nel novembre 2001 quindici fedeli uccisi nella chiesa di San Domenico a Bahawalpur. L’immagine di quei corpi avvolti in sudari bianchi fece il giro del mondo. Il 9 agosto 2002, tre infermiere sono massacrate nella chiesa dell’ospedale cristiano di Islamabad. Il 25 settembre 2002, sette dipendenti di una organizzazione di carità di Karachi sono rapiti, legati, imbavagliati e uccisi con un colpo di pistola alla nuca. Nella notte di Natale del 2002, tre ragazze sono maciullate all’interno della chiesa protestante di Chuyyanwali e il 5 luglio 2003 un sacerdote cattolico viene assassinato nella parrocchia di Okara. Fra le molte persone uccise a causa di questa legge c’è un altro Bhatti, il giudice islamico Arif Iqbal Bhatti, che avendo prosciolto due cristiani falsamente accusati di blasfemia venne assassinato da fanatici islamici nel 1996. I due cristiani vennero bruciati vivi davanti all’Alta corte di Lahore dove affrontavano il processo per blasfemia. Naimat Ahmer, insegnante, poeta e scrittore, è stato ucciso sempre con l’accusa di blasfemia.

Nel Sudan la cristianofobia assume forme molto diverse. Da decenni il governo autoritario dei musulmani sunniti nel nord tormenta le minoranze cristiane e animiste che vivono nel sud. Quella che è spesso stata definita una “guerra civile” altro non era in realtà che il tentativo del governo sudanese di annientare le minoranze religiose. La persecuzione è culminata nel genocidio del Darfur, che ha avuto inizio nel 2003. Nel Kordofan meridionale, i cristiani subiscono tuttora bombardamenti aerei, omicidi mirati, il rapimento dei loro bambini e altre atrocità.
Da essere il venti per cento nei Territori palestinesi, con epicentri Betlemme e Qalkilya, oggi i cristiani sono appena lo 0,8 per cento del totale. Con l’avvento dell’Autorità nazionale palestinese nel 1994 si è registrata la fuga di tre quarti dei cristiani. “Le sempre più piccole comunità cristiane che vivono nei territori di Cisgiordania e Gaza sono probabilmente destinate a dileguarsi del tutto nei prossimi quindici anni a causa di crescenti angherie e sopraffazioni da parte musulmana”, ha scritto Justus Reid Weiner, avvocato specializzato in diritti umani al Jerusalem Center for Public Affairs.
I cristiani stanno scomparendo vittime di matrimoni forzati, conversioni, percosse, furti di terreni, bombe incendiarie, boicottaggio commerciale, torture, rapimenti, molestie ed estorsioni. L’ultima vittima è stata la chiesa Battista di Betlemme, che l’Autorità palestinese ha appena dichiarato “illegittima”, dal momento che il suo messaggio di riconciliazione che viene dagli Stati Uniti sfida la propaganda d’odio.
In Turchia la persecuzione anticristiana, che c’è sempre stata, ha assunto oggi il volto di una sistematica intolleranza, con la mancanza di seminari, il divieto per gli stranieri di diventare sacerdoti e la discriminazione spicciola che rende difficile trovare un lavoro, una casa, ottenere un documento. Come ha spiegato Joseph Alichoran, uno dei maggiori specialisti di storia dei cristiani d’oriente, “la maggior parte dei cristiani di Turchia ha subito un genocidio tra il 1896 e il 1923, e tra quelli che non sono morti la maggioranza ha scelto l’esilio piuttosto che restare in un paese negazionista”. I cristiani turchi sono dei “sopravvissuti”. Ne è un simbolo la borgata di Idil, un tempo completamente cristiana, oggi ridotta a una città fantasma.

L’esilio, l’alienazione e l’estraneità di questi cristiani d’oriente, pegno della più antica memoria cristiana del mondo, è rappresentato dal funerale dei tre cristiani assassinati a Malatya, in Turchia, un tedesco e due turchi, legati, incaprettati e sgozzati dagli islamisti nel 2007 soltanto perché stampavano delle Bibbie. Il funerale si è svolto nella chiesa Battista di Buca, nell’indifferenza totale della popolazione. I musulmani presenti erano solo i giornalisti e i delegati del sindaco. Dopo due ore di rito, i feretri sono stati trasportati al cimitero di Karalabas, inumati fra canti e sermoni all’ombra di due cipressi. Al posto della lapide un grande cuore rosso di metallo con sopra dipinte le parole “Yamasak Mesihtir Ölmekse Kazanç”, tratte da san Paolo: “Per me vivere è Cristo, e morire un guadagno”. Triste epitaffio alle ultime comunità che parlano la lingua di Gesù.

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