• Accueil
  • > Archives pour octobre 2012

Socci: «L’eroica quotidianità di Chiara Corbella. La sua storia è opera della Grazia»

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2012

Socci: «L’eroica quotidianità di Chiara Corbella. La sua storia è opera della Grazia» 
 di Emmanuele Michela – tempi.it
 
«C’è un giardino nel mondo dove fioriscono queste meraviglie. È la Chiesa, che però per i giornali è tutt’altro». Intervista ad Antonio Socci, sulla storia di Chiara Corbella: «Colpisce il suo affidamento totale a Gesù»

Socci: «L’eroica quotidianità di Chiara Corbella. La sua storia è opera della Grazia» dans Antonio Socci chiaracorbellaedenrico

Di spazio per lei ce n’è stato ben poco sui giornali nazionali. L’affascinante storia di Chiara Corbella (qui la testimonianza inedita del marito Enrico raccolta da Tempi), la giovane mamma che ha preferito non curare un tumore pur di far nascere il figlio Francesco, ha stupito tante persone, ma nelle pagine dei quotidiani non trova eco. E proprio contro questa “dimenticanza” si è concentrato ieri Antonio Socci dalle colonne di Libero e del suo blog “Lo straniero”, raccontando lui della “semplice santità” di questa ragazza di 28 anni morta lo scorso 13 giugno. «C’è un giardino nel mondo dove fioriscono queste meraviglie. Dove accadono cose stupende, inimmaginabili altrove. È la Chiesa di Dio», scriveva ieri. «Nessuno dei potenti e dei sapienti lo conosce. Per loro e per i giornali la Chiesa è tutt’altro. I giornali strapazzano il Vaticano e Benedetto XVI per il Vatileaks. I riflettori dei media sono tutti per i Mancuso, i don Gallo, gli Enzo Bianchi. O per ecclesiastici da loro ritenuti “moderni”. Ma nel luminoso giardino di Dio, che Benedetto XVI ama e irriga, fioriscono silenziosamente giovani come Chiara».

Socci, cosa l’ha stupita di più della vicenda di Chiara Corbella?
Mi ha colpito la semplicità della sua santità: Chiara è una di quelle persone normali che per serietà con l’incontro fatto con Gesù riescono ad arrivare fino a questo livello di testimonianza. E a vedere e sentire i suoi familiari si capisce che la storia di Chiara è davvero opera della Grazia: mi ha stupito, per esempio, quanto raccontava il marito Enrico. «Siamo stati un po’ spettatori di noi stessi in questi anni». Ecco, anche senza che loro se ne rendessero conto sono diventati testimoni della Grazia che opera tra noi. E ha stupito molti questa storia: in tanti sono rimasti commossi da questa testimonianza di semplice santità.

antoniosoccimedjugorje dans Articoli di Giornali e News

Cos’hanno da insegnare vite così emblematiche?
Potremmo parlare per delle ore. È ciò che compie Cristo nelle nostre vite, è il segno che è vivo e agisce tra noi facendo vivere le cose di tutti giorni in maniera straordinaria, il quotidiano in modo eroico. E di Chiara colpisce una cosa: l’affidamento totale a Gesù. Grazie alla semplicità di Cristo, vivo qualcosa di grande. In più tutto questo succede in un momento in cui si parla della Chiesa solo per metterne in luce divisioni, scandali, rotture, le critiche di chi si reputa la vera Chiesa. Ma in realtà la vera Chiesa è Chiara e le persone come lei. E, guarda caso, di queste vicende non si parla sui giornali, dove l’immagine del mondo ecclesiastico è solo quella di Vatileaks. Oppure, se se ne parla, lo si fa in maniera assurda: mesi fa avevo letto un pezzo dedicato a Chiara sul sito del Corriere, nel blog “Genitori e figli”. Leggere questo post è molto istruttivo su come viene guardata questa vicenda: «Dov’è il limite tra l’amore e l’incoscienza? I genitori hanno il dovere di crescere i figli, di seguirli, di curarli. Sono cattolica, ma non mi riconosco in questo amore, sono mamma, ma rinuncerei di mettere al mondo un figlio già condannato prima di nascere».

In un tempo in cui ci viene spesso data un’immagine del mondo dei giovani vuoto e senza guide, lei titola il suo articolo “Il giardino della giovinezza che il mondo non conosce”. Dove sta l’eccezionalità di questa ragazza? Lei nel suo pezzo fa riferimento anche alla adunata di Tor Vergata per il Giubileo del 2000.
Sì, perché ricordo che allora si ironizzava molto sui giornali circa l’incapacità di capire in cosa la Chiesa potesse interessare ai giovani, e dove stesse il fascino di Gesù per la gente. La nostra società non riesce a capire perché una persona riesca a dire a 20 anni che Cristo è la sua vita, come diceva proprio Giovanni Paolo II e dice oggi Benedetto XVI.

Di storie come questa non se ne parla sui giornali, troppo impegnati a scrivere di Vatileaks e Imu sui beni ecclesiastici. Solo voglia di sparlare su temi che hanno un mercato o c’è invece un’avversione alla Chiesa?
Credo sia prima di tutto un problema di non conoscenza: il cristianesimo è un continente che si crede di aver visto fino in fondo, ma di cui in realtà si ha, tante volte, un’immagine solo superficiale. Niente come il cristianesimo è qualcosa che si pensa di conoscere ma che in realtà non si conosce fino in fondo. Non dimentichiamoci poi quello che diceva Augusto Del Noce: la cultura moderna è estranea al cristianesimo perché non lo vuole conoscere. E infine, bisogna aggiungere come spesso il discorso si ideologizzi quando si parla di Chiesa e fede.

Publié dans Antonio Socci, Articoli di Giornali e News, Chiara Corbella Petrillo, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Ignorare di essere belli

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2012

Ignorare di essere belli dans Citazioni, frasi e pensieri mongolfieracuore

“Tutta la vostra infelicità consiste nell’ignorare di essere belli! Ognuno di voi potrebbe rendere felici tutti; e questo potere è concesso a tutti, soltanto che è sepolto così profondamente dentro di voi stessi che non ci credete neppure più”.

Fëdor Dostoevskij

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Fedor Michajlovic Dostoevskij | Pas de Commentaire »

SINODO/ Luigi Negri: nel mondo anticristiano di oggi ci attende un nuovo martirio

Posté par atempodiblog le 9 octobre 2012

Il Sinodo dei Vescovi, dedicato a La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, è incominciato come un grande evento di fede e di comunione illuminato dalla presenza forte di Benedetto XVI. La Messa inaugurale, domenica scorsa, nella quale il Santo Padre ha attribuito il titolo di dottore della Chiesa a San Giovanni d’Avila e a Ildegarda di Bingen, ha connesso la celebrazione del Sinodo al grande evento del Concilio, all’anno della fede, alla riscoperta del catechismo della Chiesa cattolica come strumento fondamentale per l’approfondimento della identità della fede.
Oggi, partecipando per intero, mattina e pomeriggio, ai nostri lavori, Benedetto XVI ha dato il tono altissimo di un sinodo che in tanto saprà affrontare adeguatamente i problemi dell’evangelizzazione e della trasmissione della fede, se sarà all’altezza dell’esperienza della fede. Ha quindi richiamato tutti i padri sinodali a recuperare il senso vivo dell’evento della fede. Occorre, aveva detto nella sua omelia di domenica, “un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace la nostra esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale”. Fede è l’incontro con Cristo e la sequela di Lui, l’immedesimazione con la sua vita, con il suo temperamento, con il suo modo d’essere e di sentire, perché soltanto in questa immedesimazione e per questa immedesimazione, la nostra vita umana si compie in maniera piena e profondamente corrispondente alle esigenze fondamentali del nostro cuore.
E così questa traboccante esperienza di umanità ci mette sulla strada degli uomini nostri fratelli, con una grande capacità di giudizio, per cui evangelizzazione non può significare in nessun caso un irenismo concordistico, un andare d’accordo per andare d’accordo, un dialogo per il dialogo, ma vorrà dire una capacità di porre di fronte al cuore di ogni uomo l’avvenimento di Cristo perché, se l’uomo vuole, possa seguirlo.
I termini sono dati con estrema sintesi e con grande paternità. Il lavoro è cominciato, sono arrivate esperienze diverse di tutti i continenti, anche, come è facile immaginare, esperienze di dolore e di sofferenza.
C’è stato, infine, un inatteso richiamo al martirio come dimensione inevitabile dell’evangelizzazione in un mondo disperato e anti-cristiano come quello in cui viviamo.
È cominciata una grande esperienza ecclesiale, intellettuale, morale, e quindi di servizio pieno alla Chiesa, in tutta la materialità della nostra esistenza.

Mons. Luigi Negri
Tratto da: ilsussidiario.net

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Mons. Luigi Negri | Pas de Commentaire »

Medjugorje, diario di un pellegrino

Posté par atempodiblog le 9 octobre 2012

« Il giorno di San Bernardo, a Medjugorje, vidi il meraviglioso giardino della “Gospa”. Un giardino particolare, bellissimo, con tanto verde, fiori lilla e alberi curati; ma il giardino più bello era quello costituito dai diecimila pellegrini che da Ferragosto “adornavano” il piazzale della Chiesa di San Giacomo. Limpidi sorrisi, cuori aperti al dialogo e alla purezza, tra preghiere spontanee e sguardi gioiosi. Bambini stretti al petto dei genitori che scrutavano, con compiaciuto stupore, il cielo azzurrissimo di quel pomeriggio mentre “sbocciavano” maestose, in mezzo alla nuvole, le punte dei due campanili … una sensazione quasi di “prodigio”! Sorpreso da tanta armonia e naturalezza con i quali “Figli” del mondo, riuniti sotto la stessa “Mamma”, vivevano in perfetta coesione e letizia. La composta complementarietà che scaturiva dai loro gesti già di suo mi parve un “miracolo”. Di fronte lo scenario  beatificante e misterioso come l’esperienza che mi apprestavo a vivere anche quest’estate: la collina delle prime apparizioni  e l’austero Monte della Croce. Rocce aspre e contundenti per una scalata lenta e insidiosa. Un po’ come la nostra esistenza terrena che ci pone davanti continue salite e ripide discese. Rocce “irte” e “pungenti” come gli sbagli e i torti che commettiamo; “taglienti” e “ruvide” come le ferite che provochiamo a noi stessi e a chi ci ama. Alcune più “solide” e “appuntite” come quelle convinzioni che non riusciamo ad abbattere. Altre più “piccole” e “instabili” come quegli errori che sottovalutiamo ma che pregiudicano nel tempo i nostri gesti e le nostre intenzioni. Un saldo bastone di appoggio ci conduce, alla pari di quei valori che ci accompagnano sempre, senza mai abbandonarci, dritti alla meta. Diverse ore di tragitto e di preghiera silenziosa, tra mille ostacoli e difficoltà, per poi alla fine accorgersi che ad accettarti e ad accoglierti, senza alcuna esitazione e per come sei davvero, restano le braccia tese e generose di tuo “Padre” e di tua “Madre”. Per me, ripercorrere le stazioni della Via Crucis su questi monti, evocava il coraggio e la capacità di affrontare e convivere con i momenti più difficili della vita.

Nella nostra Italia ci è dato spesso di vedere con rammarico famiglie distrutte, spremute dalla crisi e soffocate dalle insoddisfazioni ma a Medjugorje, in quei giorni di tardo Agosto, mi fu concesso di guardare un “paradiso” di splendidi pellegrini e di bambini gioiosi, sereni e contenti; persone unite nella semplicità e nella fede … “stelle lucenti”, e non solitarie, bensì riunite in “costellazioni”. Così le grazie che Dio concede non sono sole e isolate ma diventano costellazioni di grazie infinite! In questa terra mariana le grazie da assaporare sono tante e i sorrisi delle famiglie sono solo alcune di queste , di quei fenomeni visivi ma concreti che si succedono a Medjugorje e ai quali vale la pena credere … davvero ».

Sebastian Ciancio
Presidente della Federazione
Universitaria Cattolica Italiana (F.U.C.I.) di Catanzaro

Tratto da: catanzaroinforma.it
Fonte: Maria a Medjugorje

Publié dans Medjugorje | Pas de Commentaire »

Convegno mondiale di Radio Maria. Padre Livio: servono testimoni della fede

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2012

Convegno mondiale di Radio Maria. Padre Livio: servono testimoni della fede
di Amedeo Lomonaco – Radio Vaticana

Convegno mondiale di Radio Maria. Padre Livio: servono testimoni della fede dans Padre Livio Fanzaga radiomariapadrelivio

“Cammino di fede, missione d’amore”. E’ il tema del V Convegno mondiale della Famiglia di Radio Maria, in corso a Collevalenza presso il Santuario dell’Amore Misericordioso, fino al prossimo 12 ottobre. All’appuntamento partecipano oltre 200 delegati, provenienti da tutti i Continenti, delle 64 « Radio Maria » oggi operanti nel mondo. Quali le nuove sfide per l’emittente cattolica? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria in Italia:

R. – Noi ci rendiamo conto, come tante volte ha sottolineato il Santo Padre, che il mondo vive una crisi di fede e una crisi può essere fronteggiata soltanto con la testimonianza della fede, che deve avvenire, ovviamente, attraverso la vita personale, ma anche attraverso i mass media. Oggi, abbiamo bisogno di evangelizzatori che testimonino con la vita, ma che allo stesso tempo parlino di Dio alle persone, dopo aver però parlato loro stessi con Dio. Quindi, la prima grande sfida, a mio parere, è quella della testimonianza della fede in un mondo in cui, purtroppo, c’è la nebbia dell’incredulità e del dubbio. L’altra grande sfida è, secondo me, quella di essere presenti, sul piano tecnologico, seguendo l’evoluzione dei mass media. Da questo punto di vista, devo dire che la radio ha un grande futuro.

D. – La radio ha un grande futuro e l’Anno della Fede, che si aprirà giovedì prossimo con la Messa solenne presieduta dal Papa, è una straordinaria opportunità proprio per la grande famiglia di Radio Maria nell’affiancare la Chiesa in quest’opera di evangelizzazione. In che modo Radio Maria accompagnerà e scandirà questo Anno della Fede?

R. – Intendiamo come sempre ovviamente collaborare, anche in stretta connessione con Radio Vaticana, nel far risuonare la parola del Santo Padre ovunque, nel far risuonare le parole del Santo Padre nelle varie lingue. Poi, soprattutto per quanto riguarda l’Anno della Fede, noi abbiamo una grande tradizione alle spalle, che dobbiamo soltanto rinverdire: la tradizione del Catechismo della Chiesa Cattolica. L’Anno della Fede deve essere un anno del grande rilancio del Compendio della fede che è il Catechismo della Chiesa cattolica. Il Catechismo della Chiesa cattolica racchiude la grandezza, la bellezza e la ricchezza spirituale del Concilio. Con i direttori, abbiamo messo all’ordine del giorno che ogni direttore prenda in mano il Catechismo e faccia ogni giorno una catechesi su di esso, che è di una ricchezza non solo dottrinale, ma anche spirituale straordinaria. E’ una fonte di acqua viva, verso la quale dobbiamo portare le persone.

D. – Quali i tratti peculiari di Radio Maria?

R. – Noi non possiamo dimenticare che Radio Maria porta il nome di Maria, e quindi portando il nome di Maria deve ispirarsi alle caratteristiche della Madre di Dio, che sono la dolcezza, l’umiltà, la maternità, l’attenzione ai figli che soffrono, a quelli più diseredati, alle persone anziane, alle persone deboli, ai carcerati… Sono dei tratti fondamentali di Maria come Madre che dobbiamo portare qui a Radio Maria. Poi, dobbiamo affidarci alla Provvidenza. Noi dobbiamo vivere con le risorse dei nostri ascoltatori. Escludiamo assolutamente la pubblicità e abbiamo portato Radio Maria in 74 nazioni. In 64 di queste Radio Maria è già operativa. Nelle altre speriamo che lo siano entro la fine del prossimo anno. Abbiamo fatto tutto questo con le risorse, con le offerte della gente e senza finanziamenti esterni.

Publié dans Padre Livio Fanzaga | Pas de Commentaire »

Il Rosario

Posté par atempodiblog le 7 octobre 2012

Il Rosario dans Citazioni, frasi e pensieri Elisabetta-della-Santissima-Trinit

“Il Rosario è la catena che ci unisce a Maria. Con la pratica della recita del Rosario… Maria ci tende la mano, Maria dirige la nostra barchetta sulle onde agitate di questa vita… Siamo sicuri di arrivare al porto della salvezza eterna”.

Beata Elisabetta della Trinità

 

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Preghiere, Santa Elisabetta della Trinità | Pas de Commentaire »

Il Paradiso esiste: io l’ho visto

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2012

L’incredibile racconto di Luca, il tredicenne risvegliatosi dal coma
Il Paradiso esiste: io l’ho visto
“Lì stavo benissimo, ma i miei avevano bisogno di me e così sono tornato”
Di Ludovica Visconti – Di Più, Cairo Editore
Viggiù (Varese), 26 settembre 2006
Fonte: Radio Maria

Il Paradiso esiste: io l’ho visto dans Articoli di Giornali e News

“Ho avuto la fortuna di aver visto il Paradiso e San Francesco che mi ha rimandato sulla terra; io lì stavo benissimo, ma la mia famiglia aveva bisogno di me e così sono qui con voi. Ora sono molto felice di esserci perché ho scoperto quanto è bella la vita e quanti amici ho intorno a me, a cominciare dalla  mia famiglia che è la cosa più importante”.
Queste sono le parole bellissime e cariche di emozione di Luca, un ragazzino di 13 anni che ha vissuto un’esperienza straordinaria: a causa di un brutto incidente capitatogli il 7 agosto dell’anno passato [2005], è finito nel limbo sconosciuto e misterioso del coma profondo, ha  fatto un lungo viaggio nell’Aldilà e poi, quando tutti ormai non avrebbero più osato sperare che si riprendesse, è tornato alla vita.

 dans Articoli di Giornali e News
Madonna del Sacro Monte di Varese

Una testimonianza commovente
Tali frasi non le ha però pronunciate direttamente, perché lui, per i postumi del grave incidente subìto, sta recuperando piano piano l’uso della parola, ma siccome già scrive al computer alla perfezione, le ha scritte digitandole sulla tastiera. E la commovente e incredibile testimonianza di Luca è stata letta pubblicamente nel giorno della sua cresima al Sacro Monte di Varese nella chiesa del famoso santuario della Madonna Nera di Santa Maria del Monte, di cui è arciprete don Angelo Corno, e dove la cerimonia ha avuto luogo.
Ma procediamo con ordine e ascoltiamo questa toccante vicenda dal racconto dello stesso don Angelo Corno.
«L’anno scorso, avevo notato più volte, qui nel Santuario di Santa Maria del Monte, una donna, che poi ho saputo essere la madre di Luca. L’avevo vista spesso pregare. Ma, quando pregava, piangeva. Un giorno, impietosito da tanta disperazione e ammirato dalla tenacia della sua fede, mi avvicinai a lei, inginocchiata in raccoglimento. Le chiesi cosa l’affliggeva così e venni a sapere perciò, solo in quel momento, che era la mamma di Luca e invocava la Madonna perché le concedesse una grazia: compiere il miracolo di riportare il suo bambino, piombato nel buio del coma dopo un incidente in montagna, alla vita. La poveretta, con il volto rigato di lacrime e singhiozzando, mi spiegò che abitava con il marito e il suo Luca a Viggiù, un piccolo centro a nord di Varese, a pochi chilometri dal confine elvetico. Il 7 agosto 2005, lei lo aveva portato a cercare funghi in Valle di Muggio, in Svizzera. Là, un improvviso smottamento del terreno lo aveva fatto precipitare da un dirupo. Suo figlio aveva perso conoscenza ed era entrato in coma».

«Non sappiamo se riprenderà»
La drammatica condizione di Luca trascinò nell’abisso della disperazione i genitori che, angosciati ma mai rassegnati, rimasero per quaranta, interminabili giorni al capezzale del loro bambino ricoverato nell’ospedale civico di Lugano. Non volevano arrendersi, non accettavano che lui non potesse più risvegliarsi da quel lungo sonno, anche se i dottori non si erano mostrati ottimisti.
«E’ così, purtroppo», ricorda don Angelo. «I medici svizzeri lo avevano detto chiaramente a loro “non siamo sicuri che vostro figlio si riprenderà”. Pertanto, quando Luca era stato trasferito all’istituto scientifico “Eugenio Medea” di Bosisio, in provincia di Lecco, sua madre aveva cominciato a fare dolenti pellegrinaggi qui, al Santuario di Santa Maria del Monte, cui è molto devota. L’avevo incontrata l’ultima volta, disperata, a Pasqua».

«E’stato come un raggio di sole»
«Mi aveva riferito, piangendo, che pure i medici italiani dubitavano seriamente che Luca potesse migliorare», continua don Angelo. «Mi aveva implorato di pregare anch’io affinché il suo bambino rimanesse in vita, rivelandomi che lei e suo marito non avrebbero mai smesso di sperare e di pregare. Poi, pochi giorni più tardi, all’improvviso, come un raggio di sole, la bella, bellissima, eccezionale notizia: Luca si era finalmente risvegliato dal coma, dopo nove mesi. Solo poche settimane fa è tornato a casa sua, a Viggiù. E mentre cercava di riprendere lentamente l’uso della parola, per comunicare più velocemente utilizzava il computer. Così ha iniziato a raccontare, con le parole che riusciva a mettere insieme, di essere stato in Paradiso e di aver visto San Francesco, i santi, gli angeli. Una vicenda unica e meravigliosa. E’ stsato allora che Luca ha voluto scrivere la straordinaria lettera dove illustra la sua esperienza mistica nell’Aldilà, un posto che ha trovato “bellissimo”. Poi ha espresso alla mamma la volontà di cresimarsi. E io, conoscendo la donna che mi aveva confidato il desiderio che il figlio scampato di colpo e quasi per miracolo a una morte cerebrale data quasi per certa, ho fatto in modo di esaudirlo organizzando la cerimonia, che si è svolta nella chiesa del nostro santuario ed è stata concelebrata da monsignor Francesco Coccopalmerio, vicario episcopale di Milano, durante una Messa commemorativa tenutasi in un data particolare: quella cioè del ventottesimo anniversario della morte di Paolo VI, un Papa che era molto affezionato a questo santuario».

“La mia esperienza può dare speranza”
Don Angelo, visibilmente commosso, fa una pausa. Quindi riprende: «La cerimonia, che ricordava anche la Trasfigurazione di Gesù, si è aperta proprio con la lettura, da parte di monsignor Francesco Coccopalmerio, della lettera di Luca. La mamma non avrebbe voluto che venisse fatto in pubblico. Ma è stato proprio il ragazzo a insistere che fosse letta qui, nel santuario dove sua madre aveva pianto e pregato per lui, durante la celebrazione della sua Cresima, davanti ai suoi familiari, a tutti i suoi compagni di classe e a tutti coloro che vogliono bene e che non hanno mai smesso di sperare e pregare perché tornasse alla vita. “La  mia esperienza, se conosciuta, può dare speranza a chi potrebbe cadere nella mia condizione”, diceva Luca. Lo abbiamo accontentato. E lui ha concluso la lettera con un appello lucido e profondo. Rivolto ai presenti, ma pure a tutti noi, ha scritto: “vi voglio dire che dovete credere e avere fede perché il Paradiso esite davvero, importante è raggiungerlo avendo fatto del nostro meglio. Vi ringrazio per essere qui e vi saluto chiedendovi di essere buoni cristiani e di aiutare chi ha bisogno”. Sono parole forti e toccanti. E sono state accolte da un lungo ed emozionantissimo applauso».

Publié dans Articoli di Giornali e News | Pas de Commentaire »

Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore della nuova Pompei

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2012

Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore della nuova Pompei
di Corrado Gnerre – Radici Crisitiane

Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore della nuova Pompei dans Apparizioni mariane e santuari Beato-Bartolo-Longo

Il beato Bartolo Longo è stato il grande apostolo del Rosario. Ma prima di diventarlo passò attraverso prove molto dure che gli permisero di capire ancor meglio quanto sia indispensabile l’affidamento alla Madonna e la recita della preghiera mariana per eccellenza: il Rosario.
Bartolo Longo nacque a Latiano, in Puglia, nel febbraio del 1841. Nacque in una famiglia agiata e rinomata e in gioventù ricevette una solida formazione cristiana. Studiò presso le Scuole Pie, nel Collegio di Francavilla Fontana. Terminò gli studi scolastici nel 1858 con il massimo dei voti; e fu proprio nel periodo scolastico che, grazie soprattutto ad un suo maestro, iniziò a praticare una forte devozione mariana.

Gli anni del peccato
Ma dopo la scuola lo attendeva un periodo assai triste. Andò a studiare giurisprudenza prima a Lecce e poi a Napoli; e fu proprio nella città campana che iniziò a frequentare cattive compagnie, soprattutto coetanei di idee massoniche ed anticlericali. Si appassionò poi agli insegnamenti di intellettuali di formazione idealistica come Bertrando Spaventa e Luigi Settembrini e finì per scagliarsi contro la Chiesa, in particolar modo contro i domenicani.
L’anticlericalismo lo fece scivolare – come solitamente avviene – non nell’ateismo ma nell’irrazionalismo. Erano gli anni in cui aveva successo lo spiritismo e, sentendosi insoddisfatto ed infelice, iniziò a frequentarne alcuni circoli. Lui stesso raccontò di essere rimasto così invischiato in queste pratiche da essere divenuto un vero e proprio “sacerdote di satana”.
Fu così che Bartolo Longo si trovò distrutto fisicamente, ma soprattutto psichicamente: cadde in una depressione fortissima, patologia molto frequente in chi frequenta ambienti del genere e fu più volte sull’orlo del suicidio.

La rinascita in Maria
Ma la Vergine che lui aveva tanto amato, soprattutto nel periodo scolastico, lo salvò. Una confessione con il padre domenicano Alberto Radente lo trasformò. Un padre domenicano! Lui che tanto aveva attaccato i domenicani…
Bartolo Longo aveva dunque capito la necessità di cambiare vita, ma ancora la disperazione attanagliava la sua mente, fin quando non fece un’esperienza che lo segnò. Un giorno si sentiva particolarmente disperato e stava vagando per la Valle di Pompei, possedimento della contessa De Fusco, dei cui beni era divenuto amministratore, quando… Lui stesso racconta quei momenti: «L’anima mia cercava violentemente Iddio (…). Un giorno la procella dell’animo mi bruciava il cuore più che ogni altra volta, e mi infondeva una tristezza cupa e poco men che disperata.
Uscii dalla casa De Fusco, e mi posi con passo frettoloso a camminare per la Valle senza saper dove. Sentivami scoppiare il cuore. In cotanta tenebra, una voce amica pareva mi sussurrasse all’orecchio quelle parole che io stesso avevo letto, e che di frequente mi ripeteva il santo amico dell’anima mia (il padre Radente): “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria”. Chi propaga il Rosario è salvo!
Questo pensiero fu come un baleno che rompe il buio di una notte tempestosa. Coll’audacia della disperazione sollevai le braccia e le mani al cielo, e volto alla Vergine celeste: “Se è vero” gridai “che Tu hai promesso a san Domenico che chi propaga il Rosario si salva, io mi salverò perché non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo Rosario!”.
Nessuno rispose: silenzio di tomba mi avvolgeva intorno. Ma, da una calma che repentinamente successe alla tempesta nell’animo mio, compresi che quel grido sarebbe stato un giorno esaudito. La risposta del cielo non fu tarda».

La “nuova Pompei”
In accordo con la contessa De Fusco, che divenne sua grande collaboratrice nonché sua moglie (anche se i due coniugi vollero vivere un matrimonio in completa castità), Bartolo Longo decise di trasformare quella Valle, povera e dimenticata da tutti, nella Valle da cui lanciare in tutto il mondo la grande devozione al Santo Rosario.
Dunque, il Rosario segnò la salvezza personale di Bartolo Longo; ma segnò anche la salvezza di poveri bimbi, figli di carcerati e orfani, strappati così alla vita di strada, per cui il Longo fece costruire dei grandi collegi, proprio ai piedi del Santuario.
Ma Longo volle indicare il Rosario anche come salvezza della civiltà cattolica. Nel 1883 cadeva il centenario di Lutero (1483), colui che aveva spaccato la cristianità; e ricorreva anche il centenario della vittoria cristiana sui Turchi a Vienna (1683). Fu proprio in questo anno che decise di scrivere la celebre “Supplica”, diffusa in tutto il mondo a difesa del Papato e della civiltà cattolica.
La “Supplica” fu letta per la prima volta il 14 ottobre del 1883 e da allora viene letta due volte l’anno: l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Bartolo Longo fu sempre devotamente sottomesso al Papa e dai papi fu sempre incoraggiato. Lo sostennero prima Leone XIII e poi san Pio X.
Morì il 5 ottobre del 1927, mese del Rosario.

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Beato Bartolo Longo, Corrado Gnerre, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza.
di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
Tratto da: santorosario.net


Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza dans Correzione fraterna Sacro-Cuore-di-Ges

1. Lo spirito di dolcezza è proprio di Dio: Spiritus enim meus super mel dulcis (Eccli. XXIV, 27). Quindi l’anima amante di Dio ama tutti coloro che sono amati da Dio, quali sono i nostri prossimi; onde volentieri va sempre cercando di soccorrer tutti, consolar tutti, e tutti contentar, per quanto l’è permesso. Dice S. Francesco di Sales che fu il maestro e l’esempio della santa dolcezza: «L’umile dolcezza è la virtù delle virtù che Dio tanto ci ha raccomandata; perciò bisogna praticarla sempre e da per tutto». Onde il santo ci dà poi questa regola: «Ciò che vedrete potersi far con amore, fatelo; e ciò che non può farsi senza contrasto, lasciatelo». S’intende sempre che può lasciarsi senza offesa di Dio, perchè l’offesa di Dio dee impedirsi sempre e subito che si può, da chi è tenuto ad impedirla.

2. Questa dolcezza dee specialmente praticarsi co’ poveri, i quali ordinariamente, perchè son poveri, son trattati aspramente dagli uomini. Dee usarsi particolarmente ancora cogli infermi i quali si trovano afflitti dall’infermità, e per lo più sono poco assistiti dagli altri. Più particolarmente poi dee usarsi la dolcezza coi nemici. Vince in bono malum (Rom. XII, 21). Bisogna vincer l’odio coll’amore, e la persecuzione colla dolcezza; così han fatto i santi, e si han conciliato l’affetto de’ loro più ostinati nemici.

3. «Non vi è cosa, dice S. Francesco di Sales, che tanto edifichi i prossimi, quanto la caritatevole benignità nel trattare». Il santo perciò ordinariamente facea vedersi colla bocca a riso e colla faccia che spirava benignità, accompagnata dalle parole e dai gesti. Onde dicea S. Vincenzo de’ Paoli non aver egli conosciuto uomo più benigno. Dicea di più sembrargli che monsignor di Sales avesse l’immagine espressa della benignità di Gesù Cristo. Egli anche nel negare quel che non potea concedere senza offesa della coscienza, si dimostrava talmente benigno, che gli altri, benchè non avessero l’intento, ne partivano affezionati e contenti. Era egli benigno con tutti, co’ superiori, co’ suoi eguali e cogl’inferiori, in casa e fuor di casa. A differenza di coloro, come lo stesso santo dicea, che sembrano angeli fuori di casa e demoni in casa. Anche trattando co’ servi, il santo non si lagnava mai de’ loro mancamenti; appena qualche volta gli avvertiva, ma sempre con parole benigne. Cosa molto lodevole a tutti i superiori. Il superiore dee usare tutta la benignità co’ suoi sudditi. Nell’imponere ciò che quelli hanno da eseguire, dee più presto pregare che comandare. Dicea S. Vincenzo de’ Paoli: «Non v’è modo a’ superiori di esser meglio ubbiditi da’ sudditi, che la dolcezza». E parimente S. Giovanna di Chantal dicea: «Ho sperimentato più modi nel governo, ma non ho trovato migliore che il dolce e sofferente».

4. Anche nel riprendere i difetti, il superiore dee essere benigno. Altro è il riprendere con fortezza, altro il riprendere con asprezza; bisogna talvolta riprendere con fortezza, quando il difetto è grave, e specialmente quando è replicato, dopo che il suddito n’è stato già ammonito; ma guardiamoci di riprender mai con asprezza ed ira; chi riprende con ira fa più danno che profitto. Questo è quel zelo amaro riprovato da S. Giacomo. Taluni si vantano di tener la famiglia a registro col modo aspro che usano, e dicono che così bisogna governare; ma non dice così S. Giacomo: Quod si zelum amarum habetis,… nolite gloriari (Iac. III, 14). Se mai in qualche caso raro bisognasse dire qualche parola aspra per indurre il difettoso ad apprender la gravezza del suo difetto, sempre non però all’ultimo bisogna lasciarlo colla bocca dolce, con qualche parola benigna. Bisogna sanar le ferite, come fece il Samaritano del Vangelo, col vino e coll’olio. «Ma siccome l’olio, dicea S. Francesco di Sales, va sempre di sopra tutti i liquori, così bisogna che in tutte le nostre azioni vada sopra la benignità». E quando avviene che la persona la quale dee esser corretta sta disturbata, bisogna allora trattener la riprensione ed aspettare che cessi la sua collera, altrimenti più la provocheremo a sdegnarsi. Dicea S. Giovanni canonico regolare: «Quando la casa arde non bisogna aggiunger legna al fuoco».

5. Nescitis cuius spiritus estis (Luc. IX, 55). Così disse Gesù Cristo a’ suoi discepoli Giacomo e Giovanni, allorchè essi voleano che fossero corretti con castighi i Samaritani, i quali gli aveano discacciati dal lor paese. Ah, disse loro il Signore, e quale spirito è questo? Questo non è lo spirito mio, il quale è tutto dolce e benigno; giacchè io non son venuto a perdere, ma a salvare le anime: Filius hominis non venit animas perdere sed salvare (Ibid. 56). E voi volete indurmi a perderle? Tacete, e non mi fate più simili domande, perchè non è questo lo spirito mio. — Ed in fatti con quanta dolcezza Gesù Cristo trattò l’adultera! Mulier, le disse, nemo te condemnavit? nec ego te condemnabo: Vade, et iam amplius noli peccare (Io. VIII, 10 et 11). Si contentò di solo ammonirla a non più peccare, e la mandò in pace. Con quanta benignità parimente cercò di convertire la Samaritana, e così già la convertì. Prima le domandò da bere; dipoi le disse: Oh sapessi tu chi è colui che ti cerca da bere! Indi le rivelò ch’egli era il Messia aspettato. In oltre con quanta dolcezza procurò di convertire l’empio Giuda, ammettendolo a mangiare nello stesso suo piatto, lavandogli i piedi, ed avvertendolo nell’atto stesso del suo tradimento: Giuda, così con un bacio mi tradisci? Iuda, osculo Filium hominis tradis? (Luc. XXII, 48). Come poi convertì Pietro, dopo che Pietro l’avea rinnegato? Eccolo: Conversus Dominus respexit Petrum (Ibid. 61). In uscir dalla casa del pontefice, senza rimproverargli il suo peccato, lo mirò con un tenero sguardo, e così lo convertì; e lo convertì in modo, che Pietro finchè visse non lasciò mai di piangere l’ingiuria fatta al suo maestro.

6. Oh quanto si guadagna più colla dolcezza che coll’amarezza! Dicea S. Francesco di Sales che non v’è cosa più amara della noce; ma se quella si confetta, diventa dolce ed amabile: così le correzioni, benchè sono in sè dispiacenti, nondimeno quando si fanno con amore e dolcezza, diventano gradevoli, e così riescono di maggior profitto. Narrava di sè S. Vincenzo de’ Paoli che nel governo tenuto nella sua congregazione non aveva mai corretto alcuno con asprezza, se non tre volte credendo aver avuto ragione di farlo, ma che poi sempre se n’era pentito, perchè sempre gli era riuscito male; dove il correggere con dolcezza sempre gli era riuscito bene.

7. S. Francesco di Sales colla sua benignità ottenea dagli altri quanto voleva; e così gli riusciva di tirar a Dio anche i peccatori più ostinati. Lo stesso praticava S. Vincenzo de’ Paoli, il quale insegnava a’ suoi questa massima: «L’affabilità, dicea, l’amore e l’umiltà mirabilmente si guadagnano i cuori degli uomini, e gl’inducono ad abbracciare le cose più ripugnanti alla natura». Una volta egli consegnò ad un padre de’ suoi un gran peccatore, affinchè l’avesse ridotto a penitenza; ma quel padre, per quanto avesse faticato, niente profittò; onde pregò il santo a dirgli esso qualche cosa. Allora gli parlò il santo e lo convertì. Quel peccatore disse poi che la singolar dolcezza e carità del P. Vincenzo gli aveano guadagnato il cuore. Quindi il santo non potea soffrire che i suoi missionari trattassero i penitenti con asprezza, e dicea loro che lo spirito infernale si serve del rigore di alcuni per maggiormente rovinare le anime.

8. Bisogna praticar la benignità con tutti, ed in ogni occasione, ed in ogni tempo. Avverte S. Bernardo che taluni sono mansueti finchè le cose avvengono a loro genio, ma appena poi che son toccati con qualche avversità o contraddizione, subito si accendono, e cominciano a fumare come il monte Vesuvio. Costoro posson dirsi carboni ardenti, ma nascosti sotto la cenere. Chi vuol farsi santo bisogna che in questa vita sia come un giglio tra le spine, che per quanto venga da quelle punto non lascia di esser giglio, cioè sempre egualmente soave e benigno. L’anima amante di Dio conserva sempre la pace nel cuore, e la dimostra anche nel volto, comparendo sempre eguale a se stessa negli eventi, così prosperi come avversi, siccome cantò il cardinal Petrucci:

Mira cangiarsi in variate forme

Fuori di sè le creature, e dentro

Il suo più cupo centro

Sempre unita al suo Dio vive uniforme.

9. Nelle cose avverse si conosce lo spirito di una persona. S. Francesco di Sales amava con tenerezza l’ordine della Visitazione che gli costava tante fatiche. Più volte egli lo vide in pericolo di perdersi per le persecuzioni che pativa, ma il santo non perdè mai la sua pace, sempre contento di vederlo anche distrutto, se così piaceva a Dio; ed allora fu che disse: «Da qualche tempo in qua le tante opposizioni e contraddizioni che mi sono venute mi recano una pace sì dolce che non ha pari, e mi presagiscono il prossimo stabilimento dell’anima mia in Dio ch’è l’unico mio desiderio».

10. Quando ci occorre di dover risponder a chi ci maltratta, stiamo attenti a rispondere sempre con dolcezza: Responsio mollis frangit iram (Prov. XV, 1): una risposta dolce basta a spegnere ogni fuoco di collera. E quando ci sentiamo sturbati, allora meglio è tacere, perchè allora ci sembra giusto di dir quel che ci viene in bocca; ma sedata poi la passione, vedremo che tutte le parole da noi proferite sono state difetti.

11. E quando accade che noi stessi commettiamo qualche difetto, bisogna che ancora con noi medesimi usiamo la dolcezza: l’adirarci con noi dopo il difetto commesso non è umiltà, ma è fina superbia, come se noi non fossimo quei deboli e miserabili che siamo. Dicea S. Teresa: «Umiltà che inquieta non viene mai da Dio, ma dal demonio». L’adirarci con noi stessi dopo il difetto è un difetto più grande del difetto fatto, il quale porterà seco la conseguenza di molti altri difetti: ci farà lasciare le nostre divozioni, l’orazione, la comunione; e se le faremo riusciranno poco ben fatte. Dicea S. Luigi Gonzaga che nell’acqua torbida più non si vede, ed ivi pesca il demonio. Quando l’anima sta disturbata poco conosce Dio e quel che dee fare. Bisogna dunque, allorchè cadiamo in qualche difetto, voltarsi a Dio con umiltà e confidenza, e, cercandogli perdono, dirgli come dicea S. Caterina di Genova: «Signore, queste sono l’erbe dell’orto mio». V’amo, con tutto il cuore, e mi pento di avervi dato questo disgusto. Non voglio farlo più, datemi il vostro aiuto.

Affetti e preghiere.

O beate catene che legate le anime con Dio, deh stringete me ancora, e stringetemi tanto che io non possa più sciogliermi dall’amore del mio Dio!Gesù mio, io vi amo; v’amo, o tesoro, o vita dell’anima mia; a voi mi stringo e vi dono tutto me stesso. No, che non voglio, amato mio Signore, lasciarvi più d’amare. Voi che per pagare i miei peccati avete sofferto d’esser legato qual reo, e così legato essere condotto per le vie di Gerusalemme alla morte, voi che voleste essere inchiodato alla croce, e non la lasciaste se non dopo avervi lasciata la vita, deh, per lo merito di tante pene, non permettete ch’io mai abbia a separarmi da voi!

Mi pento più d’ogni male di avervi un tempo voltate le spalle, e propongo colla grazia vostra di prima morire che darvi più disgusto nè grave nè leggiero.

O Gesù mio, in voi mi abbandono. Io v’amo con tutto il cuore, v’amo più di me stesso. Vi ho offeso per lo passato, ma ora me ne pento, e vorrei morirne di dolore. Deh tiratemi tutto a voi. Io rinunzio a tutte le consolazioni sensibili, voi solo voglio e niente più. Fate ch’io v’ami e poi fate di me quel che vi piace.

O Maria, speranza mia, ligatemi a Gesù; e fate ch’io sempre viva a lui ligato, e ligato muoia per venire un giorno al beato regno, dove non avrò più timore di vedermi sciolto del suo santo amore.

Publié dans Correzione fraterna, Riflessioni, Sant’Alfonso Maria De Liguori, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Un Dio che abbraccia l’umanità

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

padre misericordioso

Noi siamo nell’ambito della divina rivelazione… però quanti di noi riescono nel corso della loro vita a fugare la paura di Dio? Quanti riescono a rappresentarsi Dio com’è, cioè Perdono, Misericordia, Bontà. Non riusciamo, infatti, molte volte… ci arrabbiamo con Dio perché noi attribuiamo a Dio le nostre imperfezioni, ma non è Dio, ma ciò che noi ci rappresentiamo. Dio che ci punisce… ma perché le disgrazie? Perché qua e perché là? Ma con chi discutiamo? Con le nostre proiezioni. Per noi è difficile liberarci dalla paura di Dio e aprirci al sole di Dio e liberarci dalle nuvole che oscurano la nostra mente .

La grazia che Dio ci ha fatto è che dopo il peccato delle origini, dopo che noi abbiamo scelto come dio il cornuto… siamo passati dalla parte del serpente e molti oggi sono ancora da quella parte. Dio nella sua infinita misericordia è venuto in nostro soccorso e ci ha rivelato il Suo volto, ma questa rivelazione è avvenuta soltanto nella storia sacra, solo nella Bibbia.

In nessuna altra religione trovate che Dio è Misericordia, ma è vero che l’Islam (io sono stato un anno in mezzo ai musulmani, li conosco) quando recitano il loro rosario dicono che Allah è misericordioso, è buono… ma buono e misericordioso con loro e basta. Come pure l’elemosina… a chi va fatta? Va fatta fra di loro, non al di fuori, non ai cani, non agli infedeli. In nessuna religione c’è traccia di un Dio che abbraccia il mondo con il suo amore, che abbraccia tutti gli uomini con il suo amore. Perché? Perché negli uomini c’è il male c’è l’oscurità, c’è il peccato, c’è l’oscurità della mente, c’è la cattiveria, non riescono a rappresentarsi un Dio-Amore.

Nella Sacra Scrittura, nella rivelazione biblica pian piano si rivela… perché se voi leggete i Salmi… alcuni si spaventano leggendo i salmi, perché Dio dice “Io distruggerò i nemici”, uno che legge nel Vangelo il discorso della montagna di Gesù  può pensare: ma cosa facevano quelli? Come mai i salmi si esprimono in questo modo? Ma è normale! Anzi è un gran passo avanti, perché nei salmi Dio dice io distruggerò i tuoi nemici, cosa vuol dire questo?  Che non li distruggi tu, tu lasci fare a Me, tu deponi le armi. Questo è il grande passaggio che han fatto i salmi: Dio ha disarmato gli uomini. Dio ha detto che la giustizia la fa Lui, non la facciamo noi! Ci pensa Dio a far giustizia, poi come faccia giustizia lo sa Lui come e perché governa il mondo così. Molte volte Dio fa giustizia in un modo molto semplice dopo aver dato la grazia che viene rifiutata, abbandona  quelli che si oppongono a Lui, come dice la Madonna, Regina della Pace, “Dio non manda all’Inferno, siete voi che volete andarci”. Questo solo nella Scrittura… pian piano noi vediamo che Dio si manifesta come Dio misericordioso e già nei Salmi noi vediamo che viene descritta la misericordia di Dio in tutta la creazione, in salmi bellissimi… “benedite voi tutte opere del Signore il Signore” e poi la luna, le stelle,  i mari, i fiumi, gli uccelli, i pesci  su tutta la creazione si effonde la divina misericordia per cui tutta la creazione è un inno alla Divina Misericordia. Cosa emerge dalla Bibbia? Emerge una cosa senza la quale non si può vivere e cioè chi comanda è buono!  Chi ha il potere e il potere assoluto è la Bontà e l’Amore, per fortuna! Questo è il cristianesimo: chi governa è la Giustizia, è la Luce, è la Bontà, è l’Amore, è l’Infinita Misericordia per cui se ti penti ti perdona infinitamente.

[...]

Renderete conto fino all’ultimo spicciolo, nessuno la fa franca con Dio, nessuno nasconde niente tutti devono pagare fino all’ultimo spicciolo. C’è uno che ha pagato per noi:  Gesù ha pagato per noi, per cui se la giustizia di Dio ti chiede fino all’ultimo spicciolo… tu cosa fai? Paghi con i meriti di Gesù Cristo, ti affidi alla Divina Misericordia, tu non nascondi i tuoi peccati, ma li presenti alla Divina Misericordia che li distrugge nelle fiamme del suo amore. Hai i debiti  e che te li tieni a fare? Portali al confessore che te li rimette tutti, chi vuole autoassolversi si auto inganna.

La Croce ti dice chi è l’uomo, il male che ha dentro, la cattiveria, la rabbia, l’odio contro Dio, il veleno satanico e ti dice pure chi è il diavolo, perché gli uomini sono stati suoi strumenti. Ma in quel momento in cui si manifestava l’immensa cattiveria dell’umanità e l’Inferno che la sobillava, lì si è vistala Sua infinita misericordia, perché Lui invece di dire “adesso ve la faccio pagare io”, ha offerto al Padre la Sua vita invocando il perdono. Ha usato la nostra cattiveria come strumento di espiazione e di perdono dei nostri peccati.  Solo guardando alla Croce possiamo capire quanto profonde siano le radici del male in noi e quanto grande sia la Divina Misericordia.

La devozione alla Divina Misericordia è una bella cosa però attenzione deve essere “esistenziale”, vissuta. Cosa vuol dire essere devoti alla Divina Misericordia? Aver fiducia in Gesù misericordioso e dobbiamo anche attingere alla Divina Misericordia, chiedere davanti alla Croce che bruci in noi le radici del male e ci restituisca la grazia del Battesimo. Se tu fai questo ogni giorno, se muori puoi andare direttamente in Paradiso. Però non basta aver fiducia nella divina misericordia, dobbiamo anche praticare ogni giorno la misericordia verso i fratelli.

Dobbiamo chiedere la grazia dello Spirito Santo perché ci faccia capire la Divina Misericordia e ci tolga le false rappresentazioni che abbiamo di Dio. Perché queste apparizioni di Gesù a S. Faustina e che aveva fatto qualche secolo prima a S. Margherita M. Alacoque? Perché il male cresce così tanto nel mondo, la cattiveria umana potrebbe portare alla fine del mondo. Il progetto della Madonna a Medjugorje è che ci siano persone che comprendono la Divina Misericordia, che si affidino alla Divina Misericordia e che diventino buoni e misericordiosi perché con essi vuole salvare il mondo.

ESSERE MISERICORDIOSI

Se non diventiamo misericordiosi, se non diventiamo amici, se non diventiamo fratelli, siamo una massa di serpenti che si morsicano fra di loro.

Siamo tutti peccatori, tutti abbiamo bisogno della Divina Misericordia. I cristiani sono i misericordiosi. Chi sono i misericordiosi? Quelli che hanno un cuore grato a Dio  per la misericordia ricevuta  e poiché son stati perdonati perdonano. Questi salveranno il mondo perché il mondo per essere salvato ha bisogno di gente buona di cuore, che abbiano uno sguardo misericordioso. Non possiamo guardare agli altri come se fossero degli avversari, la bontà rende buoni, la bontà disarma. Come diceva San Francesco di Sales, “attira di più una goccia di miele che un barile di aceto”, è verissimo!

Dobbiamo essere misericordiosi in tutto: nello sguardo, nella parole, nei comportamenti… Prima partecipavo all’agone delle polemiche ora non più, perché il male lo si vince col bene. Potete discutere quanto volete con un ateo e non lo convertite, un giorno lui vi chiede un favore, glielo fate e lui si è già convertito anche se non ve lo dice. Questa è la verità. E’ il bene che scardina i cuori.

Una persona misericordiosa è felice, è in pace con se stessa perché sente che Dio è in lui e in lui è presente Gesù Cristo. Questo guarisce le ferite dell’umanità e cambia i cuori.

Padre Livio Fanzaga (tratto da una catechesi audio)

Publié dans Fede, morale e teologia, Misericordia, Padre Livio Fanzaga, Perdono, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Decidere come disporre del tempo che ci è dato

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

Decidere come disporre del tempo che ci è dato dans Citazioni, frasi e pensieri

“Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!”, esclamò Frodo. “Anch’io”, annuì Gandalf, “come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato”…

J.R.R. Tolkien

Tratto da: culturacattolica.it

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, John Ronald Reuel Tolkien | Pas de Commentaire »

Persone nuove in un mondo vecchio: suor Faustina Kowalska

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

Persone nuove in un mondo vecchio: suor Faustina Kowalska dans Santa Faustina Kowalska Santa-Faustina-Kowalska

A Dio piace rivelarsi ai piccoli. Anche per rilanciare al mondo il messaggio della sua infinita bontà, Egli scelse una donna umile, silenziosa, poco istruita, ma profondamente unita a Lui: suor Faustina Kowalska.

Era nata il 25 agosto 1905 da una famiglia di contadini di Glogowiec, in Polonia, terza di dieci figli. Venne battezzata con il nome di Elena e fin da piccola si dimostrò paziente, sensibile, obbediente. La sua dolcezza era il riflesso del profondo amore che, fin dalla più tenera età, sentiva di nutrire per Gesù. Dopo appena tre anni di scuola, appena adolescente fu inviata a prestare servizio in alcune case benestanti, lontane dal villaggio natale, per mantenersi e aiutare la famiglia. Ma Elena sognava per sé un futuro diverso: voleva farsi suora, nonostante il parere contrario dei genitori.

Il suo desiderio ebbe la meglio il 1° agosto 1925, quando fu accolta tra le Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia di Cracovia, dove prese i voti perpetui cinque anni dopo. Nelle varie sedi della congregazione le furono affidati compiti umili: fu cuoca, portinaia, giardiniera. Sempre obbediente e serena, si prestava agli altri con grande dedizione e dolcezza. Nulla, nella sua quotidianità apparentemente grigia, faceva supporre l’eccezionale portata delle esperienze mistiche che le erano concesse. Lei stessa, del resto, nel “Diario”, che su consiglio dei suoi confessori aveva cominciato a compilare, scriveva: “Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio”.

Nel segreto del suo cuore suor Faustina riceveva, in un costante colloquio mistico, il messaggio dell’infinita Misericordia di Gesù, che, a sua volta, avrebbe trasmesso all’umanità intera, secondo l’invito divino: “Oggi mando te a tutta l’umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso”.

Attraverso rivelazioni, visioni, stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell’ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico, nel suo “Diario” suor Faustina raccoglieva fedelmente il messaggio di Gesù.
Nel frattempo, si offriva come vittima per la purificazione delle anime e sopportava senza lamenti dolori fisici e spirituali. Morì il 5 ottobre 1938, a soli 33 anni. Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata e canonizzata il 30 aprile del 2000.

Fonte: Radio Maria

Publié dans Santa Faustina Kowalska, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La Madonna della Riconciliazione e della Pace

Posté par atempodiblog le 4 octobre 2012

Le apparizioni di Balestrino (Savona):

 

la Madonna della Riconciliazione
e della Pace

 

“Dolce cuore di Maria, siate la salvezza dell’anima mia”. (Giaculatoria insegnata dalla Madonna a Caterina il 5 gennaio del 1951, da recitare durante il Santo Rosario – atempodiblog.unblog.fr).

La Madonna della Riconciliazione e della Pace dans Apparizioni mariane e santuari

Caterina Richero nacque il 7 ottobre 1940 a Bergalla, la frazione più alta di Balestrino, da una umile famiglia di contadini. 

Era la prima di quattro fratelli e la sua vita trascorse nella serenità della fanciullezza sino all’età di nove anni. Il 4 ottobre 1949 qualcosa cambiò radicalmente la sua vita. Qualcosa che porterà Caterina a sacrificare umilmente la sua vita con una testimonianza di fede continua e silenziosa. Una vita rivolta alla preghiera ed alla devozione per quella figura femminile che le si presentò ben 138 volte sino al 5  novembre 1986 e che il 5 giugno 1950 alla domanda: Chi sei?”. Ella rispose: Io sono l’ Immacolata Concezione”.

La vita di caterina da quel lontano giorno del 1949 non fu affatto facile. Dovette affrontare lo scherno e la diffidenza di molti e soprattutto dovette attenersi a quello che le veniva impartito dal vescovo. Le fu anche proibito di recarsi sul monte Croce ma la Madonna le iniziò ad apparire in casa.

In tutti quegli anni la Madonna chiese di pregare molto, di convertirsi, di avere fede e di fare molte penitenze per la conversione dei peccatori. Il 5 ottobre 1971 disse: Sul monte Croce troverete la luce e la forza, ed Io, in questo luogo, vi otterrò numerose grazie”.

Ora sul monte Croce vi è una splendida cappella con un Cristo che attende i pellegrini in cima ad una scalinata. Al suo interno, intenta a sistemare i fiori sull’altare oppure assorta nelle preghiere, Caterina… che con la sua presenza silenziosa dice a tutti molte più cose di quante ne potrebbero dire migliaia di articoli e libri.

Fonte: Maria di Nazareth

Publié dans Apparizioni mariane e santuari | Pas de Commentaire »

Una straordinaria conversione dovuta alla Madonna di Fatima e a Santa Teresina del Bambin Gesù

Posté par atempodiblog le 2 octobre 2012

Jacques Fesch

Prima “angelo”, dopo schiavo dei vizi, assassino condannato alla ghigliottina, con un pentimento sincero, Jacques Fesch diventa fervente apostolo e muore da santo. Infatti, mezzo secolo dopo la Chiesa francese propone di portarlo dal patibolo agli altari.

La storia di Jacques Fesch (6-4-1930 + 1-10-1957) è adatta a riempirci di fiducia nella misericordia divina, ottenuta per la mediazione della Vergine Rifugio dei Peccatori.
Nato a Parigi, questo giovane brillante, figlio di una famiglia agiata – da genitori belgi più precisamente – Fesch ha una infanzia serena e una prima adolescenza molto promettente. I testimoni della sua Prima Comunione ci dicono di aver visto quel giorno “un angelo”.

Fede perduta, cattive influenze e la rapina frustrata…

Eppure a 17 anni perde la fede e l’idealismo, volendo soltanto i piaceri. Incomincia una vita sbandata, ha un figlio naturale da una donna che abbandonerà, sposandosi poi civilmente ad un’altra giovane che ha messo incinta. Si ribella refrattario ai lavori che i suoi genitori gli trovano, ed ad un certo punto non pensa ad altro che a futili avventure in compagnia di cattive amicizie. Abbandona la seconda ragazza e vuole partire alla volta dei mari tropicali, chiedendo ai suoi genitori di finanziargli questa oziosa impresa. I soldi gli saranno negati e, Fesch ribollente di risentimento, diverrà il protagonista del dramma che segnerà nel bene e nel male la sua storia.
Decide di assaltare, nei dintorni del Teatro dell’Opera di Parigi, un cambiavalute amico di suo padre, con la certezza che quest’ultimo avrebbe poi restituito i soldi rubati. Allo scopo di spaventare il malcapitato commerciante si arma di una pistola scarica, ma i suoi complici lo convincono di infilarvi qualche pallottola.
Fesch, ormai schiavo delle sue passioni e delle cattive influenze, dà loro retta. Compie maldestramente la rapina. Il cambiavalute reagisce, parte un colpo e Fesch riesce soltanto a ferire se stesso. Accecato dalla paura, si mette a correre per la strada. Un drappello di persone guidato da un agente della polizia gli corre dietro. Fesch si infila in un cortile senza uscita, cambia senso di marcia e tenta, tanto inutilmente quanto disperatamente, di rompere la barriera dei suoi inseguitori. Senza mirare nessuno, con la mano ferita all’interno dell’impermeabile preme istintivamente il grilletto, uccidendo un poliziotto. Gli altri lo intercettano ed è fortemente malmenato, rischiando di morire linciato.

Nella prigione, lettura delle apparizioni di Fatima: il miscredente diventa uomo di fede!

Ecco Jacques Fesch a soli 22 anni, brillante ragazzo di buona famiglia, segnalato a tutta la nazione quale vile assassino. Il sindacato di polizia, inferocito dal crimine, chiede ed ottiene la pena di morte: Fesch dovrà essere decapitato nella ghigliottina cinque anni dopo. Ma sono cinque anni di mirabile conversione e stupefacente crescita spirituale, delle quali Fesch ci lascerà scritti che toccano alte vette di vita mistica.
Fesch, nei suoi scritti autobiografici e nelle sue lettere, ci racconta che agli inizi del suo periodo in carcere, restando ateo come all’epoca del delitto, prendeva in giro lo zelo del suo buon avvocato che faceva di tutto per strapparlo alla morte e, prima ancora, per avvicinarlo a Dio. Un bel giorno riceve un libro su Fatima: “… Soprattutto Le apparizioni di Fatima lette e rilette – gli hanno chiarito la coscienza e i doni della grazia hanno compiuto il lavoro”. A partire da Fatima, Fesch incomincia a ripensare la sua vita, a trovare il senso del suo calvario accanto al Signore “come il buon ladrone messo in croce”. Offre i suoi sacrifici, sulla scia dei pastorelli, per la conversione dei peccatori, coltivando la devozione al Cuore Immacolato di Maria come mezzo sicuro per immergersi nell’Amore divino. Egli ci ripete più volte l’importanza che ebbe Fatima nella sua conversione. In otto mesi di carcere, profondamente pentito dei suoi trascorsi, il giovane immaturo e miscredente diviene un uomo di grande fede.

“Devo affidarmi interamente  al Cuore Immacolato di Maria”

L’amore alla Madonna diventa ardente: “… io mi sento piuttosto chiamato ad avere una particolare devozione per la Vergine Maria. Se posso così esprimermi, ho l’impressione che Ella mi sia più accessibile, d’avere con lei relazioni più intime, e non sento mai meglio gli effetti della preghiera che quando recito un’Ave… La Vergine è più vicina alla nostra umanità col Suo Cuore di Madre che ha sofferto mille torture… Ella ha in mano la mia salvezza, devo affidarmi interamente al suo Cuore Immacolato.”.
E, davanti al disprezzo degli uomini e nell’isolamento del carcere, la Madonna lo consola. Allora egli scrive: “Non vi sono più ingiustizie, non più problemi, ma soltanto un formidabile slancio verso l’amore di Dio. Tu diventi fratello di tutti quelli che soffrono e sai che le tue pene non sono che una forma di croce altrettanto preziosa agli occhi del Signore di quelle che portano il monaco nel suo chiostro o il missionario tra i suoi selvaggi”. A tutti sorprende la serenità con cui questo ragazzo, che una volta era inebriato di piaceri, abbraccia il suo tragico destino: “Ho un grande desiderio di donare qualcosa a Gesù, prima di donargli la testa… nonostante le mie pene, io sono felice, perché mi è dato di potermi purificare e di presentarmi davanti a Lui un po’ meno indegno…”.
Si ritiene vittima di un’ingiustizia perché “davanti a Dio non ho previsto né voluto le conseguenze del mio primo atto. Ho agito assolutamente senza consapevolezza e pertanto involontariamente”, eppure si rassegna così risolutamente alla sentenza del tribunale, che afferma di non voler essere graziato, perché teme di non raggiungere più le vette spirituali attinte nella sofferenza: “… se ne avessi la possibilità, non cambierei la mia sorte con quella di un re del petrolio…”.

Il convertito e fervente apostolo conosce la “piccola via”  di Santa Teresina del Bambin Gesù

Prima figlio scapestrato e marito infedele, ora Fesch fa di tutto per convertire i suoi familiari. Le lettere per loro dal carcere sono tanto piene di zelo quanto prive di rispetto umano: “Papà lo scompiglio, lo incalzo, lo minaccio, non disdegnando la profezia con gli accenti degni del grande Isaia, e deve esserne sbalordito.” Alla fine vedrà i suoi sforzi in larga misura coronati dal successo. “Ecco in fondo quale era il mio destino, illustrare magnificamente le conseguenze dei peccati di una famiglia incredula”.
Dopo Fatima, Jacques Fesch scopre nel carcere gli scritti di Santa Teresa di Gesù Bambino, e la “piccola via” insegnata dalla santa di Lisieux lo trasformerà ancora di più nel “buon ladrone”. “Amo la sua piccola via e la sua fiducia in Dio, il suo zelo… “. A tratti le riflessioni che ci ha lasciato sembrano veramente simili a quelle della dottoressa della Chiesa: “Devo dare la mano alla Santa Vergine e lasciarmi condurre là dove vuole portarmi. Con lei non ho paura; per quanto amaro sia il calice, sono davvero sicuro che, da buona mamma qual è, vi metterà qualche goccia di miele”. “Ho fatto delicatamente scivolare la mia destra nella mano della Santa Vergine e la sinistra in quella della piccola Santa Teresa.”
Chiederà segretamente di morire l’1 ottobre 1957, sessantesimo della morte di Santa Teresina, e verrà accontentato dalla inconsapevole Giustizia francese.

“Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve” (Sl. 51, 9)

Offrendo la sua vita come umile purificazione per amore di Dio, Fesch stupisce tutti. Anche il presidente della Francia René Cotty vuole complimentarsi con lui per quello che è divenuto. Il suo confidente spirituale (l’avvocato) e il cappellano del carcere, sono sempre più sorpresi. Alcuni testimoni dei suoi ultimi sofferti ma sereni giorni, dicono che Fesch giunse al patibolo avendo recuperato l’innocenza e che “morì da santo”.
Lo scrittore Plinio Corrêa de Oliveira compose una bella preghiera per chiedere la grazia del ripristino dell’innocenza: “Madre mia, fai di me la piena realizzazione di quel figlio senza macchia che sarei stato se non ci fosse stata tanta miseria. Ricordati di quel Davide e di tutta la dolcezza che vi avevi depositato…”. Ecco una lezione, quella di Jacques Fesch, che mostra come Dio esaudisca sempre “un cuore pentito ed umiliato”, fino a farlo diventare un nuovo Davide rinato dalla morte del peccato, e che ci fa vedere pure come, aprendoci fiduciosi alla misericordia divina anche nella più triste situazione, troviamo spalancate le porte di Colui che afferma di essere venuto più per i peccatori che per i giusti.

Nota: Le notizie e citazioni di questo articolo sono tratte dal libro “Jacques Fesch racconta la sua vita”, di Giacomo Maria Medica, Ed. Elle Di Ci, 1988.

Fonte: Associazione Luci sull’Est

Publié dans Fatima, Santa Teresa di Lisieux, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La bellezza dell’autunno

Posté par atempodiblog le 2 octobre 2012

La bellezza dell'autunno dans Medjugorje

[...] La  Madonna ci paragona spesso ai fiori, perché? Perché i fiori si aprono alla luce  del sole e aprendosi alla luce del sole, manifestano tutta la loro bellezza, la  bellezza dei loro colori, “cosi  noi”, dice la Madonna, “aprendoci alla Luce di Dio, al calore di  Dio, manifestiamo tutta la nostra bellezza”.
Ma  nel medesimo tempo ci paragona ai fiori perché, dice la Madonna, la nostra vita qui sulla terra è  passeggera e quindi siamo come i fiori che oggi sono meravigliosi, ma di  essi domani non c’è traccia. Perciò ogni  volta che la Madonna ci paragona ai fiori, ci invita a guardare  all’Eternità.
Adesso  la Madonna guarda all’Autunno  con un occhio diverso dal nostro.
Sappiamo  che i poeti hanno parlato dell’Autunno su due versanti: l’Autunno come “cade la  pioggia”, “cadono le foglie”, quindi la vita che passa, la tristezza, la  vecchiaia insomma. Ma c’è anche un altro risvolto dell’Autunno, ci sono molti  capolavori della pittura che manifestano la bellezza dei colori dell’Autunno.
La  Madonna dice: “guardate la ricchezza dei colori che  l’Altissimo vi dona”, la Madonna ci invita a guardare i colori  dell’Autunno e della natura ed a vedere  in essi un dono del Creatore, cioè la natura, le cose della terra e i colori  della natura narrano la gloria di Dio, riflettono la bellezza di Dio, sono un  bagliore dell’Eternità che si riflette nelle cose e nel tempo che passa. La  Madonna ci invita a guardare  misticamente la natura come un riflesso del Creatore, in modo tale che  vedendo la bellezza fugace così affascinante e così appetibile, come sarà la  bellezza eterna, di cui la bellezza fugace è soltanto un bagliore che subito  passa?
Per  cui ci dice: “guardate la natura, la bellezza dei  suoi colori e ringraziate Dio per questo meraviglioso dono che vi fa” e“aprite il cuore” al desiderio dell’“Eternità e bramate le cose  celesti”. “Se vi piacciono, se siete affascinati, se siete attratti  dalle cose che passano, tanto più dovete essere attratti, affascinati dai beni  eterni, dalle cose Celesti che sono le sole, le uniche che possono  soddisfare il vostro cuore che è assetato di  Assoluto.”
Poi  la Madonna dice: “se la natura è un riflesso dell’Eternità, ringraziate Dio che  vi dà questo segno”. Ma c’è un segno più grande che è la stessa  presenza della Madonna. Noi non vediamo la Madonna, però la vediamo  attraverso i veggenti, cogliamo la bellezza e il riflesso di Maria nel momento  dell’Apparizione e ci rendiamo conto  della presenza meravigliosa di Maria attraverso i suoi messaggi e attraverso la pace che sentiamo nel nostro  cuore.
È  proprio Maria il segno e il Paradiso su questa terra!  È il segno che Dio ci manda di ciò che ci attende! Non ci attende la morte, non  ci attende la corruzione, non ci attende un pugno di polvere, non ci attende il  nulla, ma ci attende la Gloria  Eterna ed è lì che va rivolto il nostro cuore, la vera gioia e la vera pace.
Nei  messaggi della Regina della Pace, sia quelli dati a Marija che a Mirjana in  questi ultimi due anni, quasi ogni volta viene richiamato il Cielo che è la meta a cui dobbiamo  tendere, perché la nostra  generazione è una generazione che ha puntato tutto sulla terra, adesso si rende  conto che tutto passa, che tutto crolla e rischia non solo lo scoraggiamento, ma  anche la disperazione, quella disperazione che può causare cose gravi. La  disperazione è l’antica arma del nichilismo, dell’autodistruzione. Ecco perché  la Madonna ci richiama costantemente all’aldilà!

Commento al messaggio di Medjugorje del 25 settembre di Padre Livio di Radio Maria
Trascrizione dall’originale audio ricavata dal sito: www.medjugorjeliguria.it

Publié dans Medjugorje, Padre Livio Fanzaga | Pas de Commentaire »

12345