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Nuovi Santi: Caterina Tekakwitha, la pellerossa di Dio

Posté par atempodiblog le 22 octobre 2012

NUOVI SANTI: CATERINA TEKAKWITHA, LA PELLEROSSA DI DIO

Nuovi Santi: Caterina Tekakwitha, la pellerossa di Dio dans Santa Kateri Tekakwitha Santa-Caterina-Tekakwitha

“Anche se noi indiani siamo molto poveri e miserevoli, tuttavia il nostro Creatore ha avuto grande compassione di noi e ci ha dato la religione cattolica. Oltre a ciò Egli ha avuto pietà di noi e ci ha dato Caterina Tekakwitha la nostra piccola sorella. E adesso speriamo che anche Tu, nostro Padre, che sei il Vicario di Gesù Cristo, vorrai pure concederci favore; ti supplichiamo con tutto il nostro cuore di parlare e di dire: ‘Voi indiani, miei figli, prendete Caterina come oggetto della vostra venerazione nelle chiese, perché lei è santa ed è in cielo’”.
Il 13 marzo 1885 il capo di una tribu’ di indiani del Nord America, di nome Meshkiassang, indirizzò questa richiesta a Leone XIII da Fort William, Lake Superior, Ontario. Nei giorni scorsi il testo della lettera è stato pubblicato dall’Osservatore Romano ed oggi, finalmente, Benedetto XVI ha accolto quella supplica, proclamando in piazza San Pietro la prima santa pellerossa della storia.
Nata nel 1656 a Ossernenon (nell’attuale Stato di New York) da un indiano irochese pagano e da una algonchina di nome Kahontake (che dopo aver ricevuto il battesimo era stata fatta prigioniera dagli irochesi e, nonostante le difficoltà di vivere fra pagani, era riuscita a preservare la sua fede) Santa Caterina Tekakwitha aveva ricevuto alla nascita il nome di Ioragode che significa Splendore del sole, ma a causa del vaiolo (che quando aveva 4 anni gli aveva anche ucciso la madre) ebbe il viso sfigurato e perse la vista, tanto che era costretta a camminare tenendo le mani protese in avanti per rendersi conto se c’era dinanzi a lei qualche ostacolo: da ciò il soprannome di “Tekakwi­tha”, che nel linguaggio indiano Mohawk significa appunto “una persona che procede con le mani in avanti” per allontanare gli ostacoli, ovvero, analogamente, “una persona che con le sue mani mette tutte le cose in ordine”.
Eppure, ricorda il postulatore, padre Paolo Molinari, “nonostante questi suoi limiti era sempre gioiosa, dolce, gentile e docile, industriosa e incline
alla virtù. Aveva ricevuto segretamente dalla madre i rudimenti della vita cristiana che, con l’andare del tempo e grazie all’azione di Dio in lei, maturarono facendone una ragazza singolare per la sua grande bontà nei confronti di tutti”.
Nel giorno di Pasqua 1676 venne battezzata e ricevette il nome di Kateri (Caterina). Una volta ricevuto il sacramento dell’iniziazione cristiana, la giovane pellerossa divenne in modo sempre crescente una fervente “figlia di Dio”: la sua sollecitudine per i malati, i sofferenti, i più poveri; la sua umile dolcezza e la carità verso tutti, resa ancor più trasparente dalla sua purezza, non poterono rimanere nascoste.
Non pochi, non potendo accettare la sfida che loro veniva dalla virtù e dalla bontà di una giovane della loro tribù, la schernivano, la maltrattavano e la minacciavano in molti modi. Kateri riuscì a sopportare tutto con ammirevole serenità, perdonando chi le faceva del male.
Per togliere la giovane neofita da quell’ambiente a lei ostile venne trasferita nella colonia di indiani cristiani, conosciuta come missione di San Francesco Saverio, alla prairie de la Madeleine, nel Canada, di fronte alla città di Montreal, al di là del grande fiume Saint Laurence.
I gesuiti della missione considerarono l’arrivo della Tekakwitha come quello di un’inviata da Dio per edificare tutti con la sua vita esemplare e le permisero, dopo averle dato la comunione, di fare voto di verginità, che per una squaw significava condannarsi a vivere nella misera. Quando aveva appena 24 anni, morì di malattia, lodando il Signore fino all’ultimo, nonostante fosse afflitta da grandissimi dolori.

di Salvatore Izzo – AGI
Fonte: Il blog degli amici di Papa Ratzinger

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Annunziare Cristo a tutti i popoli

Posté par atempodiblog le 22 octobre 2012

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Popoli tutti, aprite le porte a Cristo! Il suo Vangelo nulla toglie alla libertà dell’uomo, al dovuto rispetto delle culture, a quanto c’è di buono in ogni religione. Accogliendo Cristo, voi vi aprite alla parola definitiva di Dio, a colui nel quale Dio si è fatto pienamente conoscere e ci ha indicato la via per arrivare a lui.

Il numero di coloro che ignorano Cristo e non fanno parte della chiesa è in continuo aumento, anzi dalla fine del Concilio è quasi raddoppiato. Per questa umanità immensa, amata dal Padre che per essa ha inviato il suo Figlio, è evidente l’urgenza della missione.

D’altra parte, in questo campo il nostro tempo offre nuove occasioni alla chiesa: il crollo di ideologie e di sistemi politici oppressivi; l’apertura delle frontiere e il formarsi di un mondo più unito grazie all’incremento delle comunicazioni, l’affermassi tra i popoli di quei valori evangelici, che Gesù ha incarnato nella sua vita (pace, giustizia, fraternità, dedizione ai più piccoli); un tipo di sviluppo economico e tecnico senz’anima, che pur sollecita a ricercare la verità su Dio, sull’uomo, sul significato della vita.

Dio apre alla chiesa gli orizzonti di un’umanità più preparata alla semina evangelica. Sento venuto il momento di impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione ad gentes. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli.

Giovanni Paolo II – Lettera Enciclica Redemptoris Missio

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