Il combattimento spirituale
Posté par atempodiblog le 20 octobre 2012
L’inclinazione al male ci è stata lasciata per farci capire che solo in Cristo troviamo la salvezza. E sempre da Lui ci arriva la forza della Grazia attraverso la preghiera e i Sacramenti. A noi rimane il compito del combattimento.
di Padre Livio Fanzaga – Il Timone
La presenza del male nel mondo e l’esperienza che se ne fa nella propria vita rendono, in un certo senso, accessibile alla luce naturale della ragione il dogma del peccato originale. La potenza delle tenebre è una realtà palpabile, anche se solo alla luce della Parola di Dio si manifesta in tutta la sua spaventosa realtà. L’uomo nasce malato e la presenza del peccato e della morte accompagnano l’umanità lungo tutto il suo cammino. È stato affermato, con qualche ragione, che le varie religioni e filosofie sono nate per rispondere all’interrogativo angoscioso della presenza della morte. Oggi, in modo particolare, quando l’umanità è a rischio di autodistruzione, viene spontaneo interrogarsi sulla potenza dell’impero delle tenebre. Il dilagare dell’iniquità, nonostante l’evento della Redenzione, pone l’interrogativo sul perché Dio permetta l’attività diabolica (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 395). La risposta non può che essere una riflessione di fede sul mistero della redenzione e sul modo con il quale la vittoria di Gesù Cristo si realizza nella vita dei credenti.
Innanzitutto va affermato che i mali dai quali l’umanità è afflitta sono inguaribili. Lo sono nel senso che nessun uomo potrà mai salvare se stesso e gli altri dal peccato e dalla morte. Le varie religioni al riguardo rappresentano dei tentativi di salvezza, destinati però a un sostanziale fallimento. Chi potrà guarire il cuore dell’uomo incline all’iniquità?
Per quanto siano notevoli le conquiste dell’umanità nel campo della scienza e della tecnica, non si vedono dei passi avanti nel rinnovamento spirituale e morale. Il peccato è un’erba maligna che è impossibile all’uomo di estirpare. La morte è una maledizione che nessun essere vivente riesce a cancellare. Ogni battaglia al riguardo non ha fatto che registrare sconfitte. Innumerevoli uomini si sono chinati al capezzale dell’umanità con l’intento di guarirla dai suoi mali. Ma la malattia è sempre stata più forte di tutte le medicine. La conclusione è che l’uomo non ha la capacità di salvare se stesso. I vari tentativi di auto-salvezza alla fine si manifestano come illusioni e come imposture.
Il cristianesimo afferma che Gesù Cristo è l’unico Salvatore del genere umano. Il fatto che questa verità sia stata solennemente affermata dalla Chiesa durante il grande Giubileo sta a indicare la sua importanza decisiva anche nell’attuale momento storico. Perché Gesù Cristo è l’unico Salvatore? Il motivo è la natura divina della sua Persona. Egli è il Figlio di Dio fatto uomo. La Persona divina del Verbo Incarnato, operando attraverso la sua natura umana, ha liberato l’umanità dal peccato e dalla morte. Questo è stato possibile perché Egli è vero Dio e vero uomo. Se Gesù Cristo fosse stato solo un uomo, per quanto al di sopra di tutti gli altri, non avrebbe potuto salvare né se stesso né gli altri. Egli è l’Agnello di Dio che ha portato su di sé i peccati del mondo, ottenendo il perdono per tutti gli uomini di tutti i tempi. Egli è il Risorto, l’unico che ha vinto la morte e che ha introdotto il genere umano nella vita immortale.
La salvezza che Gesù Cristo ha realizzato per l’intera umanità non è illusoria, ma reale e ogni uomo che l’accolga nella fede la può sperimentare nella propria vita già qui sulla terra. Veramente gli uomini che credono in Gesù vengono liberati dal peccato e dalla morte. Il veleno del serpente, che ha inquinato la natura umana, generando la morte spirituale e quella fisica, viene neutralizzato dalla medicina della grazia. Gesù Cristo stesso, nella sua umanità glorificata e divinizzata, è la medicina che sana e che eleva, fino alla partecipazione della natura divina (2 Pt 1,4). Se è vero che il cristiano vede l’impero del male con le sue devastazioni meglio di qualsiasi altro, è anche vero che egli sa vedere le mirabili vittorie della grazia e con S. Agostino canta nella notte pasquale: «O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore» (Preconio pasquale: « Exultet »).
Nella visione cristiana la salvezza si è realizzata in Gesù Cristo. In Lui la natura umana non solo è « salvata », ma è anche glorificata e divinizzata. Gesù è la « Vita » e gli uomini sono sottratti alla morte, quella spirituale e quella corporale, unendosi a Lui nella fede e nell’amore. Gesù infonde negli uomini la sua Vita divina, attraverso la Chiesa e i Sacramenti. In particolare mediante il Battesimo viene cancellato il peccato originale e anche i peccati personali, se si tratta di un adulto. L’uomo viene rivestito della grazia santificante, diviene « figlio di Dio » e membro del Corpo mistico della santa Chiesa. Riceve in eredità la vita eterna con Gesù Cristo Risorto. La salvezza cristiana consiste nella partecipazione alla santa umanità di Gesù Cristo e, mediante essa, alla sua divinità. È un progetto di infinita misericordia, di fronte al quale le salvezze umane sono come lucignoli fumiganti al cospetto del sole.
Tuttavia, per quanto gratuita, la salvezza cristiana è nel medesimo tempo «a caro prezzo», come ha scritto Dietrich Bonhoeffer nel suo Sequela (trad. it., Queriniana, 2004). Presuppone una dura lotta e la perseveranza fino alla fine. Infatti, solo «chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvo» (Me 13,13). Il combattimento spirituale è rivolto contro tre nemici, fra loro alleati e pronti a colpire insieme. Sono la nostra carne, il mondo e il maligno. È una battaglia che ogni cristiano è chiamato a combattere e a vincere con la sua buona volontà e l’aiuto decisivo della grazia. La posta in palio è altissima. Si tratta della salvezza eterna della propria anima. Infatti, «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?» (Me 8,36).
La tradizione spirituale considera la carne il nemico più pericoloso. Si tratta della nostra natura umana « ferita » dal peccato originale. Anche dopo la grazia del Battesimo rimane nell’uomo «la concupiscenza», la quale in sé non è peccato, però inclina l’uomo a commetterlo. Per quale motivo Dio, nella sua infinita misericordia, insieme al peccato non ha tolto anche quella debolezza congenita della nostra natura, che ci causa così tanti problemi? Ad agonem, cioè per il combattimento spirituale, sentenzia il Concilio di Trento. La divina Sapienza ha disposto che in noi rimanessero delle tendenze al male perché, con l’aiuto della grazia, potessimo dominarle. In questo modo la vittoria di Gesù Cristo diviene anche la nostra vittoria e la salvezza, oltre ad essere grazia, è anche merito.
Mentre la carne è un nemico interno, gli altri due, il mondo e il demonio sono esterni, ma molto insidiosi, soprattutto a causa della loro forza di seduzione. Va però detto che la loro capacità di inganno dipende dalla complicità della nostra carne. Infatti il mondo e il demonio hanno presa sulla nostra fame di mondo e sulle sue espressioni. Si tratta di quelle passioni codificate come i sette vizi capitali. Il mondo offre il suo cibo alla « bestia » che è ben viva dentro di noi, la quale mai sazia la bramosa voglia, ma dopo il pasto ha più fame di prima. Il demonio, che ama restare nascosto, opera dietro le falsi luci e le false gioie del mondo. Egli ci attira e ci illude, ma poi ci distrugge con quello che ci offre. Tuttavia né il mondo né il demonio possono forzare la volontà. Nell’esercizio della rinuncia e con l’aiuto della grazia è possibile la vita nuova in Cristo Gesù.
Esempio sublime di combattimento spirituale è Gesù nel deserto. Egli si prepara con il digiuno e con la preghiera. Satana invano gli presenta il fascino delle cose che passano. La volontà di Gesù è una sola cosa con quella del Padre. Con l’aiuto della grazia ogni cristiano è chiamato a far rivivere nella sua vita la vittoria di Gesù Cristo. Allora comprenderà il piano di Dio, il quale ha permesso che nel mondo abbondasse il peccato perché sovrabbondasse la grazia (cfr Rm 5,20).
IL PECCATO ORIGINALE
«Chi afferma che la prevaricazione di Adamo nocque a lui solo, e non anche alla sua discendenza: che perdette per sé soltanto, e non anche per noi, la santità e la giustizia che aveva ricevuto da Dio; o che egli, inquinato dal peccato di disobbedienza, ha trasmesso a tutto il genere umano solo la morte e le pene del corpo, e non invece anche il peccato, che è la morte dell’anima, sia anatema». (Concilio di Trento, Decreto Ut fides, 2).
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