Posté par atempodiblog le 9 octobre 2012
Il Sinodo dei Vescovi, dedicato a La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, è incominciato come un grande evento di fede e di comunione illuminato dalla presenza forte di Benedetto XVI. La Messa inaugurale, domenica scorsa, nella quale il Santo Padre ha attribuito il titolo di dottore della Chiesa a San Giovanni d’Avila e a Ildegarda di Bingen, ha connesso la celebrazione del Sinodo al grande evento del Concilio, all’anno della fede, alla riscoperta del catechismo della Chiesa cattolica come strumento fondamentale per l’approfondimento della identità della fede.
Oggi, partecipando per intero, mattina e pomeriggio, ai nostri lavori, Benedetto XVI ha dato il tono altissimo di un sinodo che in tanto saprà affrontare adeguatamente i problemi dell’evangelizzazione e della trasmissione della fede, se sarà all’altezza dell’esperienza della fede. Ha quindi richiamato tutti i padri sinodali a recuperare il senso vivo dell’evento della fede. Occorre, aveva detto nella sua omelia di domenica, “un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace la nostra esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale”. Fede è l’incontro con Cristo e la sequela di Lui, l’immedesimazione con la sua vita, con il suo temperamento, con il suo modo d’essere e di sentire, perché soltanto in questa immedesimazione e per questa immedesimazione, la nostra vita umana si compie in maniera piena e profondamente corrispondente alle esigenze fondamentali del nostro cuore.
E così questa traboccante esperienza di umanità ci mette sulla strada degli uomini nostri fratelli, con una grande capacità di giudizio, per cui evangelizzazione non può significare in nessun caso un irenismo concordistico, un andare d’accordo per andare d’accordo, un dialogo per il dialogo, ma vorrà dire una capacità di porre di fronte al cuore di ogni uomo l’avvenimento di Cristo perché, se l’uomo vuole, possa seguirlo.
I termini sono dati con estrema sintesi e con grande paternità. Il lavoro è cominciato, sono arrivate esperienze diverse di tutti i continenti, anche, come è facile immaginare, esperienze di dolore e di sofferenza.
C’è stato, infine, un inatteso richiamo al martirio come dimensione inevitabile dell’evangelizzazione in un mondo disperato e anti-cristiano come quello in cui viviamo.
È cominciata una grande esperienza ecclesiale, intellettuale, morale, e quindi di servizio pieno alla Chiesa, in tutta la materialità della nostra esistenza.
Mons. Luigi Negri
Tratto da: ilsussidiario.net
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Posté par atempodiblog le 9 octobre 2012
« Il giorno di San Bernardo, a Medjugorje, vidi il meraviglioso giardino della “Gospa”. Un giardino particolare, bellissimo, con tanto verde, fiori lilla e alberi curati; ma il giardino più bello era quello costituito dai diecimila pellegrini che da Ferragosto “adornavano” il piazzale della Chiesa di San Giacomo. Limpidi sorrisi, cuori aperti al dialogo e alla purezza, tra preghiere spontanee e sguardi gioiosi. Bambini stretti al petto dei genitori che scrutavano, con compiaciuto stupore, il cielo azzurrissimo di quel pomeriggio mentre “sbocciavano” maestose, in mezzo alla nuvole, le punte dei due campanili … una sensazione quasi di “prodigio”! Sorpreso da tanta armonia e naturalezza con i quali “Figli” del mondo, riuniti sotto la stessa “Mamma”, vivevano in perfetta coesione e letizia. La composta complementarietà che scaturiva dai loro gesti già di suo mi parve un “miracolo”. Di fronte lo scenario beatificante e misterioso come l’esperienza che mi apprestavo a vivere anche quest’estate: la collina delle prime apparizioni e l’austero Monte della Croce. Rocce aspre e contundenti per una scalata lenta e insidiosa. Un po’ come la nostra esistenza terrena che ci pone davanti continue salite e ripide discese. Rocce “irte” e “pungenti” come gli sbagli e i torti che commettiamo; “taglienti” e “ruvide” come le ferite che provochiamo a noi stessi e a chi ci ama. Alcune più “solide” e “appuntite” come quelle convinzioni che non riusciamo ad abbattere. Altre più “piccole” e “instabili” come quegli errori che sottovalutiamo ma che pregiudicano nel tempo i nostri gesti e le nostre intenzioni. Un saldo bastone di appoggio ci conduce, alla pari di quei valori che ci accompagnano sempre, senza mai abbandonarci, dritti alla meta. Diverse ore di tragitto e di preghiera silenziosa, tra mille ostacoli e difficoltà, per poi alla fine accorgersi che ad accettarti e ad accoglierti, senza alcuna esitazione e per come sei davvero, restano le braccia tese e generose di tuo “Padre” e di tua “Madre”. Per me, ripercorrere le stazioni della Via Crucis su questi monti, evocava il coraggio e la capacità di affrontare e convivere con i momenti più difficili della vita.
Nella nostra Italia ci è dato spesso di vedere con rammarico famiglie distrutte, spremute dalla crisi e soffocate dalle insoddisfazioni ma a Medjugorje, in quei giorni di tardo Agosto, mi fu concesso di guardare un “paradiso” di splendidi pellegrini e di bambini gioiosi, sereni e contenti; persone unite nella semplicità e nella fede … “stelle lucenti”, e non solitarie, bensì riunite in “costellazioni”. Così le grazie che Dio concede non sono sole e isolate ma diventano costellazioni di grazie infinite! In questa terra mariana le grazie da assaporare sono tante e i sorrisi delle famiglie sono solo alcune di queste , di quei fenomeni visivi ma concreti che si succedono a Medjugorje e ai quali vale la pena credere … davvero ».
Sebastian Ciancio
Presidente della Federazione
Universitaria Cattolica Italiana (F.U.C.I.) di Catanzaro
Tratto da: catanzaroinforma.it
Fonte: Maria a Medjugorje
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