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Il Paradiso esiste: io l’ho visto

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2012

L’incredibile racconto di Luca, il tredicenne risvegliatosi dal coma
Il Paradiso esiste: io l’ho visto
“Lì stavo benissimo, ma i miei avevano bisogno di me e così sono tornato”
Di Ludovica Visconti – Di Più, Cairo Editore
Viggiù (Varese), 26 settembre 2006
Fonte: Radio Maria

Il Paradiso esiste: io l’ho visto dans Articoli di Giornali e News

“Ho avuto la fortuna di aver visto il Paradiso e San Francesco che mi ha rimandato sulla terra; io lì stavo benissimo, ma la mia famiglia aveva bisogno di me e così sono qui con voi. Ora sono molto felice di esserci perché ho scoperto quanto è bella la vita e quanti amici ho intorno a me, a cominciare dalla  mia famiglia che è la cosa più importante”.
Queste sono le parole bellissime e cariche di emozione di Luca, un ragazzino di 13 anni che ha vissuto un’esperienza straordinaria: a causa di un brutto incidente capitatogli il 7 agosto dell’anno passato [2005], è finito nel limbo sconosciuto e misterioso del coma profondo, ha  fatto un lungo viaggio nell’Aldilà e poi, quando tutti ormai non avrebbero più osato sperare che si riprendesse, è tornato alla vita.

 dans Articoli di Giornali e News
Madonna del Sacro Monte di Varese

Una testimonianza commovente
Tali frasi non le ha però pronunciate direttamente, perché lui, per i postumi del grave incidente subìto, sta recuperando piano piano l’uso della parola, ma siccome già scrive al computer alla perfezione, le ha scritte digitandole sulla tastiera. E la commovente e incredibile testimonianza di Luca è stata letta pubblicamente nel giorno della sua cresima al Sacro Monte di Varese nella chiesa del famoso santuario della Madonna Nera di Santa Maria del Monte, di cui è arciprete don Angelo Corno, e dove la cerimonia ha avuto luogo.
Ma procediamo con ordine e ascoltiamo questa toccante vicenda dal racconto dello stesso don Angelo Corno.
«L’anno scorso, avevo notato più volte, qui nel Santuario di Santa Maria del Monte, una donna, che poi ho saputo essere la madre di Luca. L’avevo vista spesso pregare. Ma, quando pregava, piangeva. Un giorno, impietosito da tanta disperazione e ammirato dalla tenacia della sua fede, mi avvicinai a lei, inginocchiata in raccoglimento. Le chiesi cosa l’affliggeva così e venni a sapere perciò, solo in quel momento, che era la mamma di Luca e invocava la Madonna perché le concedesse una grazia: compiere il miracolo di riportare il suo bambino, piombato nel buio del coma dopo un incidente in montagna, alla vita. La poveretta, con il volto rigato di lacrime e singhiozzando, mi spiegò che abitava con il marito e il suo Luca a Viggiù, un piccolo centro a nord di Varese, a pochi chilometri dal confine elvetico. Il 7 agosto 2005, lei lo aveva portato a cercare funghi in Valle di Muggio, in Svizzera. Là, un improvviso smottamento del terreno lo aveva fatto precipitare da un dirupo. Suo figlio aveva perso conoscenza ed era entrato in coma».

«Non sappiamo se riprenderà»
La drammatica condizione di Luca trascinò nell’abisso della disperazione i genitori che, angosciati ma mai rassegnati, rimasero per quaranta, interminabili giorni al capezzale del loro bambino ricoverato nell’ospedale civico di Lugano. Non volevano arrendersi, non accettavano che lui non potesse più risvegliarsi da quel lungo sonno, anche se i dottori non si erano mostrati ottimisti.
«E’ così, purtroppo», ricorda don Angelo. «I medici svizzeri lo avevano detto chiaramente a loro “non siamo sicuri che vostro figlio si riprenderà”. Pertanto, quando Luca era stato trasferito all’istituto scientifico “Eugenio Medea” di Bosisio, in provincia di Lecco, sua madre aveva cominciato a fare dolenti pellegrinaggi qui, al Santuario di Santa Maria del Monte, cui è molto devota. L’avevo incontrata l’ultima volta, disperata, a Pasqua».

«E’stato come un raggio di sole»
«Mi aveva riferito, piangendo, che pure i medici italiani dubitavano seriamente che Luca potesse migliorare», continua don Angelo. «Mi aveva implorato di pregare anch’io affinché il suo bambino rimanesse in vita, rivelandomi che lei e suo marito non avrebbero mai smesso di sperare e di pregare. Poi, pochi giorni più tardi, all’improvviso, come un raggio di sole, la bella, bellissima, eccezionale notizia: Luca si era finalmente risvegliato dal coma, dopo nove mesi. Solo poche settimane fa è tornato a casa sua, a Viggiù. E mentre cercava di riprendere lentamente l’uso della parola, per comunicare più velocemente utilizzava il computer. Così ha iniziato a raccontare, con le parole che riusciva a mettere insieme, di essere stato in Paradiso e di aver visto San Francesco, i santi, gli angeli. Una vicenda unica e meravigliosa. E’ stsato allora che Luca ha voluto scrivere la straordinaria lettera dove illustra la sua esperienza mistica nell’Aldilà, un posto che ha trovato “bellissimo”. Poi ha espresso alla mamma la volontà di cresimarsi. E io, conoscendo la donna che mi aveva confidato il desiderio che il figlio scampato di colpo e quasi per miracolo a una morte cerebrale data quasi per certa, ho fatto in modo di esaudirlo organizzando la cerimonia, che si è svolta nella chiesa del nostro santuario ed è stata concelebrata da monsignor Francesco Coccopalmerio, vicario episcopale di Milano, durante una Messa commemorativa tenutasi in un data particolare: quella cioè del ventottesimo anniversario della morte di Paolo VI, un Papa che era molto affezionato a questo santuario».

“La mia esperienza può dare speranza”
Don Angelo, visibilmente commosso, fa una pausa. Quindi riprende: «La cerimonia, che ricordava anche la Trasfigurazione di Gesù, si è aperta proprio con la lettura, da parte di monsignor Francesco Coccopalmerio, della lettera di Luca. La mamma non avrebbe voluto che venisse fatto in pubblico. Ma è stato proprio il ragazzo a insistere che fosse letta qui, nel santuario dove sua madre aveva pianto e pregato per lui, durante la celebrazione della sua Cresima, davanti ai suoi familiari, a tutti i suoi compagni di classe e a tutti coloro che vogliono bene e che non hanno mai smesso di sperare e pregare perché tornasse alla vita. “La  mia esperienza, se conosciuta, può dare speranza a chi potrebbe cadere nella mia condizione”, diceva Luca. Lo abbiamo accontentato. E lui ha concluso la lettera con un appello lucido e profondo. Rivolto ai presenti, ma pure a tutti noi, ha scritto: “vi voglio dire che dovete credere e avere fede perché il Paradiso esite davvero, importante è raggiungerlo avendo fatto del nostro meglio. Vi ringrazio per essere qui e vi saluto chiedendovi di essere buoni cristiani e di aiutare chi ha bisogno”. Sono parole forti e toccanti. E sono state accolte da un lungo ed emozionantissimo applauso».

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Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore della nuova Pompei

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2012

Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore della nuova Pompei
di Corrado Gnerre – Radici Crisitiane

Bartolo Longo, apostolo del Rosario e fondatore della nuova Pompei dans Apparizioni mariane e santuari Beato-Bartolo-Longo

Il beato Bartolo Longo è stato il grande apostolo del Rosario. Ma prima di diventarlo passò attraverso prove molto dure che gli permisero di capire ancor meglio quanto sia indispensabile l’affidamento alla Madonna e la recita della preghiera mariana per eccellenza: il Rosario.
Bartolo Longo nacque a Latiano, in Puglia, nel febbraio del 1841. Nacque in una famiglia agiata e rinomata e in gioventù ricevette una solida formazione cristiana. Studiò presso le Scuole Pie, nel Collegio di Francavilla Fontana. Terminò gli studi scolastici nel 1858 con il massimo dei voti; e fu proprio nel periodo scolastico che, grazie soprattutto ad un suo maestro, iniziò a praticare una forte devozione mariana.

Gli anni del peccato
Ma dopo la scuola lo attendeva un periodo assai triste. Andò a studiare giurisprudenza prima a Lecce e poi a Napoli; e fu proprio nella città campana che iniziò a frequentare cattive compagnie, soprattutto coetanei di idee massoniche ed anticlericali. Si appassionò poi agli insegnamenti di intellettuali di formazione idealistica come Bertrando Spaventa e Luigi Settembrini e finì per scagliarsi contro la Chiesa, in particolar modo contro i domenicani.
L’anticlericalismo lo fece scivolare – come solitamente avviene – non nell’ateismo ma nell’irrazionalismo. Erano gli anni in cui aveva successo lo spiritismo e, sentendosi insoddisfatto ed infelice, iniziò a frequentarne alcuni circoli. Lui stesso raccontò di essere rimasto così invischiato in queste pratiche da essere divenuto un vero e proprio “sacerdote di satana”.
Fu così che Bartolo Longo si trovò distrutto fisicamente, ma soprattutto psichicamente: cadde in una depressione fortissima, patologia molto frequente in chi frequenta ambienti del genere e fu più volte sull’orlo del suicidio.

La rinascita in Maria
Ma la Vergine che lui aveva tanto amato, soprattutto nel periodo scolastico, lo salvò. Una confessione con il padre domenicano Alberto Radente lo trasformò. Un padre domenicano! Lui che tanto aveva attaccato i domenicani…
Bartolo Longo aveva dunque capito la necessità di cambiare vita, ma ancora la disperazione attanagliava la sua mente, fin quando non fece un’esperienza che lo segnò. Un giorno si sentiva particolarmente disperato e stava vagando per la Valle di Pompei, possedimento della contessa De Fusco, dei cui beni era divenuto amministratore, quando… Lui stesso racconta quei momenti: «L’anima mia cercava violentemente Iddio (…). Un giorno la procella dell’animo mi bruciava il cuore più che ogni altra volta, e mi infondeva una tristezza cupa e poco men che disperata.
Uscii dalla casa De Fusco, e mi posi con passo frettoloso a camminare per la Valle senza saper dove. Sentivami scoppiare il cuore. In cotanta tenebra, una voce amica pareva mi sussurrasse all’orecchio quelle parole che io stesso avevo letto, e che di frequente mi ripeteva il santo amico dell’anima mia (il padre Radente): “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria”. Chi propaga il Rosario è salvo!
Questo pensiero fu come un baleno che rompe il buio di una notte tempestosa. Coll’audacia della disperazione sollevai le braccia e le mani al cielo, e volto alla Vergine celeste: “Se è vero” gridai “che Tu hai promesso a san Domenico che chi propaga il Rosario si salva, io mi salverò perché non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo Rosario!”.
Nessuno rispose: silenzio di tomba mi avvolgeva intorno. Ma, da una calma che repentinamente successe alla tempesta nell’animo mio, compresi che quel grido sarebbe stato un giorno esaudito. La risposta del cielo non fu tarda».

La “nuova Pompei”
In accordo con la contessa De Fusco, che divenne sua grande collaboratrice nonché sua moglie (anche se i due coniugi vollero vivere un matrimonio in completa castità), Bartolo Longo decise di trasformare quella Valle, povera e dimenticata da tutti, nella Valle da cui lanciare in tutto il mondo la grande devozione al Santo Rosario.
Dunque, il Rosario segnò la salvezza personale di Bartolo Longo; ma segnò anche la salvezza di poveri bimbi, figli di carcerati e orfani, strappati così alla vita di strada, per cui il Longo fece costruire dei grandi collegi, proprio ai piedi del Santuario.
Ma Longo volle indicare il Rosario anche come salvezza della civiltà cattolica. Nel 1883 cadeva il centenario di Lutero (1483), colui che aveva spaccato la cristianità; e ricorreva anche il centenario della vittoria cristiana sui Turchi a Vienna (1683). Fu proprio in questo anno che decise di scrivere la celebre “Supplica”, diffusa in tutto il mondo a difesa del Papato e della civiltà cattolica.
La “Supplica” fu letta per la prima volta il 14 ottobre del 1883 e da allora viene letta due volte l’anno: l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Bartolo Longo fu sempre devotamente sottomesso al Papa e dai papi fu sempre incoraggiato. Lo sostennero prima Leone XIII e poi san Pio X.
Morì il 5 ottobre del 1927, mese del Rosario.

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