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Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza.
di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
Tratto da: santorosario.net


Chi ama Gesù Cristo ama la dolcezza dans Correzione fraterna Sacro-Cuore-di-Ges

1. Lo spirito di dolcezza è proprio di Dio: Spiritus enim meus super mel dulcis (Eccli. XXIV, 27). Quindi l’anima amante di Dio ama tutti coloro che sono amati da Dio, quali sono i nostri prossimi; onde volentieri va sempre cercando di soccorrer tutti, consolar tutti, e tutti contentar, per quanto l’è permesso. Dice S. Francesco di Sales che fu il maestro e l’esempio della santa dolcezza: «L’umile dolcezza è la virtù delle virtù che Dio tanto ci ha raccomandata; perciò bisogna praticarla sempre e da per tutto». Onde il santo ci dà poi questa regola: «Ciò che vedrete potersi far con amore, fatelo; e ciò che non può farsi senza contrasto, lasciatelo». S’intende sempre che può lasciarsi senza offesa di Dio, perchè l’offesa di Dio dee impedirsi sempre e subito che si può, da chi è tenuto ad impedirla.

2. Questa dolcezza dee specialmente praticarsi co’ poveri, i quali ordinariamente, perchè son poveri, son trattati aspramente dagli uomini. Dee usarsi particolarmente ancora cogli infermi i quali si trovano afflitti dall’infermità, e per lo più sono poco assistiti dagli altri. Più particolarmente poi dee usarsi la dolcezza coi nemici. Vince in bono malum (Rom. XII, 21). Bisogna vincer l’odio coll’amore, e la persecuzione colla dolcezza; così han fatto i santi, e si han conciliato l’affetto de’ loro più ostinati nemici.

3. «Non vi è cosa, dice S. Francesco di Sales, che tanto edifichi i prossimi, quanto la caritatevole benignità nel trattare». Il santo perciò ordinariamente facea vedersi colla bocca a riso e colla faccia che spirava benignità, accompagnata dalle parole e dai gesti. Onde dicea S. Vincenzo de’ Paoli non aver egli conosciuto uomo più benigno. Dicea di più sembrargli che monsignor di Sales avesse l’immagine espressa della benignità di Gesù Cristo. Egli anche nel negare quel che non potea concedere senza offesa della coscienza, si dimostrava talmente benigno, che gli altri, benchè non avessero l’intento, ne partivano affezionati e contenti. Era egli benigno con tutti, co’ superiori, co’ suoi eguali e cogl’inferiori, in casa e fuor di casa. A differenza di coloro, come lo stesso santo dicea, che sembrano angeli fuori di casa e demoni in casa. Anche trattando co’ servi, il santo non si lagnava mai de’ loro mancamenti; appena qualche volta gli avvertiva, ma sempre con parole benigne. Cosa molto lodevole a tutti i superiori. Il superiore dee usare tutta la benignità co’ suoi sudditi. Nell’imponere ciò che quelli hanno da eseguire, dee più presto pregare che comandare. Dicea S. Vincenzo de’ Paoli: «Non v’è modo a’ superiori di esser meglio ubbiditi da’ sudditi, che la dolcezza». E parimente S. Giovanna di Chantal dicea: «Ho sperimentato più modi nel governo, ma non ho trovato migliore che il dolce e sofferente».

4. Anche nel riprendere i difetti, il superiore dee essere benigno. Altro è il riprendere con fortezza, altro il riprendere con asprezza; bisogna talvolta riprendere con fortezza, quando il difetto è grave, e specialmente quando è replicato, dopo che il suddito n’è stato già ammonito; ma guardiamoci di riprender mai con asprezza ed ira; chi riprende con ira fa più danno che profitto. Questo è quel zelo amaro riprovato da S. Giacomo. Taluni si vantano di tener la famiglia a registro col modo aspro che usano, e dicono che così bisogna governare; ma non dice così S. Giacomo: Quod si zelum amarum habetis,… nolite gloriari (Iac. III, 14). Se mai in qualche caso raro bisognasse dire qualche parola aspra per indurre il difettoso ad apprender la gravezza del suo difetto, sempre non però all’ultimo bisogna lasciarlo colla bocca dolce, con qualche parola benigna. Bisogna sanar le ferite, come fece il Samaritano del Vangelo, col vino e coll’olio. «Ma siccome l’olio, dicea S. Francesco di Sales, va sempre di sopra tutti i liquori, così bisogna che in tutte le nostre azioni vada sopra la benignità». E quando avviene che la persona la quale dee esser corretta sta disturbata, bisogna allora trattener la riprensione ed aspettare che cessi la sua collera, altrimenti più la provocheremo a sdegnarsi. Dicea S. Giovanni canonico regolare: «Quando la casa arde non bisogna aggiunger legna al fuoco».

5. Nescitis cuius spiritus estis (Luc. IX, 55). Così disse Gesù Cristo a’ suoi discepoli Giacomo e Giovanni, allorchè essi voleano che fossero corretti con castighi i Samaritani, i quali gli aveano discacciati dal lor paese. Ah, disse loro il Signore, e quale spirito è questo? Questo non è lo spirito mio, il quale è tutto dolce e benigno; giacchè io non son venuto a perdere, ma a salvare le anime: Filius hominis non venit animas perdere sed salvare (Ibid. 56). E voi volete indurmi a perderle? Tacete, e non mi fate più simili domande, perchè non è questo lo spirito mio. — Ed in fatti con quanta dolcezza Gesù Cristo trattò l’adultera! Mulier, le disse, nemo te condemnavit? nec ego te condemnabo: Vade, et iam amplius noli peccare (Io. VIII, 10 et 11). Si contentò di solo ammonirla a non più peccare, e la mandò in pace. Con quanta benignità parimente cercò di convertire la Samaritana, e così già la convertì. Prima le domandò da bere; dipoi le disse: Oh sapessi tu chi è colui che ti cerca da bere! Indi le rivelò ch’egli era il Messia aspettato. In oltre con quanta dolcezza procurò di convertire l’empio Giuda, ammettendolo a mangiare nello stesso suo piatto, lavandogli i piedi, ed avvertendolo nell’atto stesso del suo tradimento: Giuda, così con un bacio mi tradisci? Iuda, osculo Filium hominis tradis? (Luc. XXII, 48). Come poi convertì Pietro, dopo che Pietro l’avea rinnegato? Eccolo: Conversus Dominus respexit Petrum (Ibid. 61). In uscir dalla casa del pontefice, senza rimproverargli il suo peccato, lo mirò con un tenero sguardo, e così lo convertì; e lo convertì in modo, che Pietro finchè visse non lasciò mai di piangere l’ingiuria fatta al suo maestro.

6. Oh quanto si guadagna più colla dolcezza che coll’amarezza! Dicea S. Francesco di Sales che non v’è cosa più amara della noce; ma se quella si confetta, diventa dolce ed amabile: così le correzioni, benchè sono in sè dispiacenti, nondimeno quando si fanno con amore e dolcezza, diventano gradevoli, e così riescono di maggior profitto. Narrava di sè S. Vincenzo de’ Paoli che nel governo tenuto nella sua congregazione non aveva mai corretto alcuno con asprezza, se non tre volte credendo aver avuto ragione di farlo, ma che poi sempre se n’era pentito, perchè sempre gli era riuscito male; dove il correggere con dolcezza sempre gli era riuscito bene.

7. S. Francesco di Sales colla sua benignità ottenea dagli altri quanto voleva; e così gli riusciva di tirar a Dio anche i peccatori più ostinati. Lo stesso praticava S. Vincenzo de’ Paoli, il quale insegnava a’ suoi questa massima: «L’affabilità, dicea, l’amore e l’umiltà mirabilmente si guadagnano i cuori degli uomini, e gl’inducono ad abbracciare le cose più ripugnanti alla natura». Una volta egli consegnò ad un padre de’ suoi un gran peccatore, affinchè l’avesse ridotto a penitenza; ma quel padre, per quanto avesse faticato, niente profittò; onde pregò il santo a dirgli esso qualche cosa. Allora gli parlò il santo e lo convertì. Quel peccatore disse poi che la singolar dolcezza e carità del P. Vincenzo gli aveano guadagnato il cuore. Quindi il santo non potea soffrire che i suoi missionari trattassero i penitenti con asprezza, e dicea loro che lo spirito infernale si serve del rigore di alcuni per maggiormente rovinare le anime.

8. Bisogna praticar la benignità con tutti, ed in ogni occasione, ed in ogni tempo. Avverte S. Bernardo che taluni sono mansueti finchè le cose avvengono a loro genio, ma appena poi che son toccati con qualche avversità o contraddizione, subito si accendono, e cominciano a fumare come il monte Vesuvio. Costoro posson dirsi carboni ardenti, ma nascosti sotto la cenere. Chi vuol farsi santo bisogna che in questa vita sia come un giglio tra le spine, che per quanto venga da quelle punto non lascia di esser giglio, cioè sempre egualmente soave e benigno. L’anima amante di Dio conserva sempre la pace nel cuore, e la dimostra anche nel volto, comparendo sempre eguale a se stessa negli eventi, così prosperi come avversi, siccome cantò il cardinal Petrucci:

Mira cangiarsi in variate forme

Fuori di sè le creature, e dentro

Il suo più cupo centro

Sempre unita al suo Dio vive uniforme.

9. Nelle cose avverse si conosce lo spirito di una persona. S. Francesco di Sales amava con tenerezza l’ordine della Visitazione che gli costava tante fatiche. Più volte egli lo vide in pericolo di perdersi per le persecuzioni che pativa, ma il santo non perdè mai la sua pace, sempre contento di vederlo anche distrutto, se così piaceva a Dio; ed allora fu che disse: «Da qualche tempo in qua le tante opposizioni e contraddizioni che mi sono venute mi recano una pace sì dolce che non ha pari, e mi presagiscono il prossimo stabilimento dell’anima mia in Dio ch’è l’unico mio desiderio».

10. Quando ci occorre di dover risponder a chi ci maltratta, stiamo attenti a rispondere sempre con dolcezza: Responsio mollis frangit iram (Prov. XV, 1): una risposta dolce basta a spegnere ogni fuoco di collera. E quando ci sentiamo sturbati, allora meglio è tacere, perchè allora ci sembra giusto di dir quel che ci viene in bocca; ma sedata poi la passione, vedremo che tutte le parole da noi proferite sono state difetti.

11. E quando accade che noi stessi commettiamo qualche difetto, bisogna che ancora con noi medesimi usiamo la dolcezza: l’adirarci con noi dopo il difetto commesso non è umiltà, ma è fina superbia, come se noi non fossimo quei deboli e miserabili che siamo. Dicea S. Teresa: «Umiltà che inquieta non viene mai da Dio, ma dal demonio». L’adirarci con noi stessi dopo il difetto è un difetto più grande del difetto fatto, il quale porterà seco la conseguenza di molti altri difetti: ci farà lasciare le nostre divozioni, l’orazione, la comunione; e se le faremo riusciranno poco ben fatte. Dicea S. Luigi Gonzaga che nell’acqua torbida più non si vede, ed ivi pesca il demonio. Quando l’anima sta disturbata poco conosce Dio e quel che dee fare. Bisogna dunque, allorchè cadiamo in qualche difetto, voltarsi a Dio con umiltà e confidenza, e, cercandogli perdono, dirgli come dicea S. Caterina di Genova: «Signore, queste sono l’erbe dell’orto mio». V’amo, con tutto il cuore, e mi pento di avervi dato questo disgusto. Non voglio farlo più, datemi il vostro aiuto.

Affetti e preghiere.

O beate catene che legate le anime con Dio, deh stringete me ancora, e stringetemi tanto che io non possa più sciogliermi dall’amore del mio Dio!Gesù mio, io vi amo; v’amo, o tesoro, o vita dell’anima mia; a voi mi stringo e vi dono tutto me stesso. No, che non voglio, amato mio Signore, lasciarvi più d’amare. Voi che per pagare i miei peccati avete sofferto d’esser legato qual reo, e così legato essere condotto per le vie di Gerusalemme alla morte, voi che voleste essere inchiodato alla croce, e non la lasciaste se non dopo avervi lasciata la vita, deh, per lo merito di tante pene, non permettete ch’io mai abbia a separarmi da voi!

Mi pento più d’ogni male di avervi un tempo voltate le spalle, e propongo colla grazia vostra di prima morire che darvi più disgusto nè grave nè leggiero.

O Gesù mio, in voi mi abbandono. Io v’amo con tutto il cuore, v’amo più di me stesso. Vi ho offeso per lo passato, ma ora me ne pento, e vorrei morirne di dolore. Deh tiratemi tutto a voi. Io rinunzio a tutte le consolazioni sensibili, voi solo voglio e niente più. Fate ch’io v’ami e poi fate di me quel che vi piace.

O Maria, speranza mia, ligatemi a Gesù; e fate ch’io sempre viva a lui ligato, e ligato muoia per venire un giorno al beato regno, dove non avrò più timore di vedermi sciolto del suo santo amore.

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Un Dio che abbraccia l’umanità

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

padre misericordioso

Noi siamo nell’ambito della divina rivelazione… però quanti di noi riescono nel corso della loro vita a fugare la paura di Dio? Quanti riescono a rappresentarsi Dio com’è, cioè Perdono, Misericordia, Bontà. Non riusciamo, infatti, molte volte… ci arrabbiamo con Dio perché noi attribuiamo a Dio le nostre imperfezioni, ma non è Dio, ma ciò che noi ci rappresentiamo. Dio che ci punisce… ma perché le disgrazie? Perché qua e perché là? Ma con chi discutiamo? Con le nostre proiezioni. Per noi è difficile liberarci dalla paura di Dio e aprirci al sole di Dio e liberarci dalle nuvole che oscurano la nostra mente .

La grazia che Dio ci ha fatto è che dopo il peccato delle origini, dopo che noi abbiamo scelto come dio il cornuto… siamo passati dalla parte del serpente e molti oggi sono ancora da quella parte. Dio nella sua infinita misericordia è venuto in nostro soccorso e ci ha rivelato il Suo volto, ma questa rivelazione è avvenuta soltanto nella storia sacra, solo nella Bibbia.

In nessuna altra religione trovate che Dio è Misericordia, ma è vero che l’Islam (io sono stato un anno in mezzo ai musulmani, li conosco) quando recitano il loro rosario dicono che Allah è misericordioso, è buono… ma buono e misericordioso con loro e basta. Come pure l’elemosina… a chi va fatta? Va fatta fra di loro, non al di fuori, non ai cani, non agli infedeli. In nessuna religione c’è traccia di un Dio che abbraccia il mondo con il suo amore, che abbraccia tutti gli uomini con il suo amore. Perché? Perché negli uomini c’è il male c’è l’oscurità, c’è il peccato, c’è l’oscurità della mente, c’è la cattiveria, non riescono a rappresentarsi un Dio-Amore.

Nella Sacra Scrittura, nella rivelazione biblica pian piano si rivela… perché se voi leggete i Salmi… alcuni si spaventano leggendo i salmi, perché Dio dice “Io distruggerò i nemici”, uno che legge nel Vangelo il discorso della montagna di Gesù  può pensare: ma cosa facevano quelli? Come mai i salmi si esprimono in questo modo? Ma è normale! Anzi è un gran passo avanti, perché nei salmi Dio dice io distruggerò i tuoi nemici, cosa vuol dire questo?  Che non li distruggi tu, tu lasci fare a Me, tu deponi le armi. Questo è il grande passaggio che han fatto i salmi: Dio ha disarmato gli uomini. Dio ha detto che la giustizia la fa Lui, non la facciamo noi! Ci pensa Dio a far giustizia, poi come faccia giustizia lo sa Lui come e perché governa il mondo così. Molte volte Dio fa giustizia in un modo molto semplice dopo aver dato la grazia che viene rifiutata, abbandona  quelli che si oppongono a Lui, come dice la Madonna, Regina della Pace, “Dio non manda all’Inferno, siete voi che volete andarci”. Questo solo nella Scrittura… pian piano noi vediamo che Dio si manifesta come Dio misericordioso e già nei Salmi noi vediamo che viene descritta la misericordia di Dio in tutta la creazione, in salmi bellissimi… “benedite voi tutte opere del Signore il Signore” e poi la luna, le stelle,  i mari, i fiumi, gli uccelli, i pesci  su tutta la creazione si effonde la divina misericordia per cui tutta la creazione è un inno alla Divina Misericordia. Cosa emerge dalla Bibbia? Emerge una cosa senza la quale non si può vivere e cioè chi comanda è buono!  Chi ha il potere e il potere assoluto è la Bontà e l’Amore, per fortuna! Questo è il cristianesimo: chi governa è la Giustizia, è la Luce, è la Bontà, è l’Amore, è l’Infinita Misericordia per cui se ti penti ti perdona infinitamente.

[...]

Renderete conto fino all’ultimo spicciolo, nessuno la fa franca con Dio, nessuno nasconde niente tutti devono pagare fino all’ultimo spicciolo. C’è uno che ha pagato per noi:  Gesù ha pagato per noi, per cui se la giustizia di Dio ti chiede fino all’ultimo spicciolo… tu cosa fai? Paghi con i meriti di Gesù Cristo, ti affidi alla Divina Misericordia, tu non nascondi i tuoi peccati, ma li presenti alla Divina Misericordia che li distrugge nelle fiamme del suo amore. Hai i debiti  e che te li tieni a fare? Portali al confessore che te li rimette tutti, chi vuole autoassolversi si auto inganna.

La Croce ti dice chi è l’uomo, il male che ha dentro, la cattiveria, la rabbia, l’odio contro Dio, il veleno satanico e ti dice pure chi è il diavolo, perché gli uomini sono stati suoi strumenti. Ma in quel momento in cui si manifestava l’immensa cattiveria dell’umanità e l’Inferno che la sobillava, lì si è vistala Sua infinita misericordia, perché Lui invece di dire “adesso ve la faccio pagare io”, ha offerto al Padre la Sua vita invocando il perdono. Ha usato la nostra cattiveria come strumento di espiazione e di perdono dei nostri peccati.  Solo guardando alla Croce possiamo capire quanto profonde siano le radici del male in noi e quanto grande sia la Divina Misericordia.

La devozione alla Divina Misericordia è una bella cosa però attenzione deve essere “esistenziale”, vissuta. Cosa vuol dire essere devoti alla Divina Misericordia? Aver fiducia in Gesù misericordioso e dobbiamo anche attingere alla Divina Misericordia, chiedere davanti alla Croce che bruci in noi le radici del male e ci restituisca la grazia del Battesimo. Se tu fai questo ogni giorno, se muori puoi andare direttamente in Paradiso. Però non basta aver fiducia nella divina misericordia, dobbiamo anche praticare ogni giorno la misericordia verso i fratelli.

Dobbiamo chiedere la grazia dello Spirito Santo perché ci faccia capire la Divina Misericordia e ci tolga le false rappresentazioni che abbiamo di Dio. Perché queste apparizioni di Gesù a S. Faustina e che aveva fatto qualche secolo prima a S. Margherita M. Alacoque? Perché il male cresce così tanto nel mondo, la cattiveria umana potrebbe portare alla fine del mondo. Il progetto della Madonna a Medjugorje è che ci siano persone che comprendono la Divina Misericordia, che si affidino alla Divina Misericordia e che diventino buoni e misericordiosi perché con essi vuole salvare il mondo.

ESSERE MISERICORDIOSI

Se non diventiamo misericordiosi, se non diventiamo amici, se non diventiamo fratelli, siamo una massa di serpenti che si morsicano fra di loro.

Siamo tutti peccatori, tutti abbiamo bisogno della Divina Misericordia. I cristiani sono i misericordiosi. Chi sono i misericordiosi? Quelli che hanno un cuore grato a Dio  per la misericordia ricevuta  e poiché son stati perdonati perdonano. Questi salveranno il mondo perché il mondo per essere salvato ha bisogno di gente buona di cuore, che abbiano uno sguardo misericordioso. Non possiamo guardare agli altri come se fossero degli avversari, la bontà rende buoni, la bontà disarma. Come diceva San Francesco di Sales, “attira di più una goccia di miele che un barile di aceto”, è verissimo!

Dobbiamo essere misericordiosi in tutto: nello sguardo, nella parole, nei comportamenti… Prima partecipavo all’agone delle polemiche ora non più, perché il male lo si vince col bene. Potete discutere quanto volete con un ateo e non lo convertite, un giorno lui vi chiede un favore, glielo fate e lui si è già convertito anche se non ve lo dice. Questa è la verità. E’ il bene che scardina i cuori.

Una persona misericordiosa è felice, è in pace con se stessa perché sente che Dio è in lui e in lui è presente Gesù Cristo. Questo guarisce le ferite dell’umanità e cambia i cuori.

Padre Livio Fanzaga (tratto da una catechesi audio)

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Decidere come disporre del tempo che ci è dato

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

Decidere come disporre del tempo che ci è dato dans Citazioni, frasi e pensieri

“Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!”, esclamò Frodo. “Anch’io”, annuì Gandalf, “come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato”…

J.R.R. Tolkien

Tratto da: culturacattolica.it

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Persone nuove in un mondo vecchio: suor Faustina Kowalska

Posté par atempodiblog le 5 octobre 2012

Persone nuove in un mondo vecchio: suor Faustina Kowalska dans Santa Faustina Kowalska Santa-Faustina-Kowalska

A Dio piace rivelarsi ai piccoli. Anche per rilanciare al mondo il messaggio della sua infinita bontà, Egli scelse una donna umile, silenziosa, poco istruita, ma profondamente unita a Lui: suor Faustina Kowalska.

Era nata il 25 agosto 1905 da una famiglia di contadini di Glogowiec, in Polonia, terza di dieci figli. Venne battezzata con il nome di Elena e fin da piccola si dimostrò paziente, sensibile, obbediente. La sua dolcezza era il riflesso del profondo amore che, fin dalla più tenera età, sentiva di nutrire per Gesù. Dopo appena tre anni di scuola, appena adolescente fu inviata a prestare servizio in alcune case benestanti, lontane dal villaggio natale, per mantenersi e aiutare la famiglia. Ma Elena sognava per sé un futuro diverso: voleva farsi suora, nonostante il parere contrario dei genitori.

Il suo desiderio ebbe la meglio il 1° agosto 1925, quando fu accolta tra le Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia di Cracovia, dove prese i voti perpetui cinque anni dopo. Nelle varie sedi della congregazione le furono affidati compiti umili: fu cuoca, portinaia, giardiniera. Sempre obbediente e serena, si prestava agli altri con grande dedizione e dolcezza. Nulla, nella sua quotidianità apparentemente grigia, faceva supporre l’eccezionale portata delle esperienze mistiche che le erano concesse. Lei stessa, del resto, nel “Diario”, che su consiglio dei suoi confessori aveva cominciato a compilare, scriveva: “Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio”.

Nel segreto del suo cuore suor Faustina riceveva, in un costante colloquio mistico, il messaggio dell’infinita Misericordia di Gesù, che, a sua volta, avrebbe trasmesso all’umanità intera, secondo l’invito divino: “Oggi mando te a tutta l’umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso”.

Attraverso rivelazioni, visioni, stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell’ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico, nel suo “Diario” suor Faustina raccoglieva fedelmente il messaggio di Gesù.
Nel frattempo, si offriva come vittima per la purificazione delle anime e sopportava senza lamenti dolori fisici e spirituali. Morì il 5 ottobre 1938, a soli 33 anni. Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata e canonizzata il 30 aprile del 2000.

Fonte: Radio Maria

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