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Chiedere l’aiuto di Dio con umiltà

Posté par atempodiblog le 1 août 2012

Chiedere l’aiuto di Dio con umiltà dans Fede, morale e teologia Ges

Il discepolo del Signore sa di essere sempre esposto alla tentazione e non manca di chiedere aiuto a Dio nella preghiera, per vincerla.

Sant’Alfonso riporta l’esempio di san Filippo Neri – molto interessante –, il quale «dal primo momento in cui si svegliava la mattina, diceva a Dio: “Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo vi tradisce”» (III, 3) Grande realista! Egli chiede a Dio di tenere la sua mano su di lui. Anche noi, consapevoli della nostra debolezza, dobbiamo chiedere l’aiuto di Dio con umiltà, confidando sulla ricchezza della sua misericordia. In un altro passo, dice sant’Alfonso che: «Noi siamo poveri di tutto, ma se domandiamo non siamo più poveri. Se noi siamo poveri, Dio è ricco» (II, 4). E, sulla scia di sant’Agostino, invita ogni cristiano a non aver timore di procurarsi da Dio, con le preghiere, quella forza che non ha, e che gli è necessaria per fare il bene, nella certezza che il Signore non nega il suo aiuto a chi lo prega con umiltà (cfr III, 3). Cari amici, sant’Alfonso ci ricorda che il rapporto con Dio è essenziale nella nostra vita. Senza il rapporto con Dio manca la relazione fondamentale e la relazione con Dio si realizza nel parlare con Dio, nella preghiera personale quotidiana e con la partecipazione ai Sacramenti, e così questa relazione può crescere in noi, può crescere in noi la presenza divina che indirizza il nostro cammino, lo illumina e lo rende sicuro e sereno, anche in mezzo a difficoltà e pericoli. Grazie.

Benedetto XVI

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“Signore, abbi pietà di tutti coloro che oggi sono comparsi dinanzi a te”.

Posté par atempodiblog le 1 août 2012

“Signore, abbi pietà di tutti coloro che oggi sono comparsi dinanzi a te”. dans Citazioni, frasi e pensieri

Rammenta [...] di ripetere dentro di te, ogni giorno, anzi ogni volta che puoi: “Signore, abbi pietà di tutti coloro che oggi sono comparsi dinanzi a te”. Poiché a ogni ora, a ogni istante migliaia di uomini abbandonano la loro vita in questa terra e le loro anime si presentano cospetto del Signore e quanti di loro lasciano la terra in solitudine, senza che lo si venga a sapere, perché nessuno li piange né sa neppure se abbiano mai vissuto. Ma ecco che forse, dall’estremo opposto della terra, si leva allora la tua preghiera al Signore per l’anima di questo morente benché tu non lo conosca affatto né lui abbia conosciuto te. Come si commuoverà la sua anima, quando comparirà timorosa dinanzi al Signore, nel sentire che in quell’istante che vi è qualcuno che prega anche per lei, che sulla terra è rimasto un essere umano che ama pure lei.
E lo sguardo di Dio sarà più benevolo verso entrambi, poiché se tu hai avuto tanta pietà di quell’uomo, quanta più ne avrà Lui, che ha infinitamente più  misericordia e più amore di te. …E gli perdonerà grazie a te.

Fëdor Dostoevskij

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Gli 800 martiri cristiani uccisi a Otranto

Posté par atempodiblog le 1 août 2012

E’ più facile staccare la mia testa dal mio corpo, che il cuore dal mio Signore”. (Duca di Gordon)

Gli 800 martiri cristiani uccisi a Otranto dans Andrea Tornielli

[...] Qual è dunque la storia di questi martiri, le cui ossa sono esposte in alcune teche conservate in una delle cappelle laterali della cattedrale della città salentina? È una vicenda terribile. Dopo aver raggiunto il suo massimo splendore nei secoli X-XV, Otranto rimase vittima della conquista di Gedik Ahmed Pascià, inviato da Maometto II. I cittadini resistono all’assedio dopo aver visto arrivare via mare l’armata turca composta da 90 galee e 18mila soldati.

Per giorni le bombarde degli assedianti rovesciano sulla città centinaia di palle di pietra, e all’alba del 12 agosto 1480 riescono a sfondare aprendo una breccia sulle mura: «I cittadini resistendo ritiravansi strada per strada combattendo, talché le strade erano tutte piene d’homini morti così de’ turchi come de’ cristiani er il sangue scorreva per le strade come fusse fiume, di modo che correndo i turchi per la città perseguitando quelli che resistevano e quelli che si ritiravano e fuggivano la furia non trovavano da camminare se non sopra li corpi d’homini morti». Uomini, donne e bambini cercano rifugio nella cattedrale, ma anche qui i turchi sfondano il portale e si ritrovano davanti il vescovo Stefano Pendinelli, che brandisce la croce: «Sono il rettore di questo popolo e indegnamente preposto alle pecore del gregge di Cristo», dice.

Gli invasori, dopo avergli invano intimato di non nominare più Gesù, lo decapitano con un solo colpo di scimitarra. Il giorno successivo, il pascià chiede la lista di tutti gli abitanti fatti schiavi, ad esclusione delle donne e dei bambini sotto i 15 anni. Sono circa ottocento. Un prete apostata, per volere del comandante turco, invita a tutti ad abbandonare la fede cristiana per abbracciare quella islamica. Se non lo faranno, verranno trucidati.

Uno dei prigionieri, Antonio Primaldo, un vecchio sarto, risponde: «Crediamo tutti in Gesù, figlio di Dio, siamo pronti a morire mille volte per lui». E aggiunge: «Fin qui ci siamo battuti per la patria e per salvare i nostri beni e la vita: ora bisogna battersi per Gesù Cristo e per salvare le nostre anime». Il pascià chiede anche agli altri che cosa intendono fare, e questi, dandosi l’un l’altro coraggio, gridano di essere pronti a subire qualsiasi morte pur di non rinnegare Cristo. Vengono tutti condannati a morte, a cominciare proprio dal sarto che per primo aveva parlato.

Il 14 agosto ha inizio la tremenda carneficina delle decapitazioni: il colle della Minerva rimane rosso di sangue, coperto quasi del tutto dagli ottecento corpi. Tra i vari eventi prodigiosi che raccontano le cronache, c’è il fatto che nonostante la decapitazione, il tronco di Primaldo sarebbe rimasto fermo in piedi, al suo posto. Un fenomeno che provocherà la conversione di uno degli esecutori della strage, a sua volta impalato dai commilitoni. L’effetto psicologico dell’eccidio è devastante: il Papa Sisto IV, appresa la notizia, inizia i preparativi per fuggire ad Avignone. Ma il destino dell’Europa non è segnato.

Otranto viene infatti riconquistata dagli Aragonesi un anno dopo, i corpi dei martiri sono ritrovati, sempre stando alle cronache antiche, incorrotti, con il volti sorridenti e gli occhi rivolti al cielo, e il 13 ottobre 1481 vengono trasportati all’interno della cattedrale cittadina e della chiesa di Santa Caterina a Formiello, a Napoli. I fedeli cominciano quasi subito a invocare gli ottocento come santi martiri. Che secondo la tradizione si sarebbero impegnati per evitare alla città nuovi sbarchi di turchi.

di Andrea Tornielli – Il Giornale

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