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Ricchezza della Chiesa

Posté par atempodiblog le 31 juillet 2012

“Il Papa vendendo uno dei suoi anelli sfamerebbe L’Africa”, “Perché la Chiesa che è cosí ricca non destina tutti i suoi beni per aiutare i poveri?”, “Il Papa veste Prada”

Ricchezza della Chiesa dans Riflessioni

Queste le provocazioni tragicomiche che circolano spesso sul web, stimolate da alcuni media (i soliti noti) che montano ad arte la questione della “Chiesa ricca”, così come hanno fatto in modo strumentale e disonesto, e tuttora a cadenze alterne continuano a fare, sul tema ICI (ora IMU) e Chiesa Cattolica.

Si tratta in realtà di alcuni dei tanti luoghi comuni – a cui oramai siamo abituati – ampiamente diffusi da movimenti atei, materialistici e massonici, che spesso purtroppo fanno breccia anche nella mentalità degli stessi fedeli cristiani. Proprio ieri mi è capitato di parlare con una signora molto devota che dopo aver chiesto indicazione stradali per raggiungere una nota località mariana per prepararsi all’Indulgenza del “Perdono di Assisi”, ha concluso dicendo che “San Francesco sì che era un vero esempio cristiano, non i preti e le chiese che sono pieni di ricchezze”. Alla signora non ho avuto il tempo di dire che comuqnue un prete guadagna, sì e no, 800 euro al mese, e un vescovo tra gli 800 e i 1200 euro al mese (e di certo non li spendono per andare in vacanza alle Seychelles).

Ma mi rendo conto che tali luoghi comuni sono molto diffusi anche perchè favoriti da una certa ignoranza circa le reali proporzioni del problema.

 dans Riflessioni

Innanzitutto la Chiesa, come ogni altra istituzione, ha il diritto e la necessità di dotarsi di tutti i mezzi necessari allo svolgimento della sua missione, perciò non solo può ma deve possedere beni mobili e immobili ed ogni altro mezzo necessario alla sua vita e alla sua missione. La comunità ecclesiale, qualsiasi comunità, piccola o grande, ha una dimensione che non è solo spirituale ma anche fisica e sociale e perciò necessità di spazi di aggregazione, edifici, strutture di governo, mezzi assistenziali e caritativi di ogni genere, in tutti i settori, inclusi quelli della cultura e dell’arte che spesso sono fra i piú appariscenti. Ogni organismo se vuole svolgere una missione deve garantire anche il proprio sostentamento, in caso contrario, la sua prima opera sarebbe anche l’ultima.

L’anello e le scarpe del Papa

Faccio una breve parentesi riguardo al famoso “anello del Papa che sfamerebbe l’Africa”, e che “varrebbe milioni – qualcuno dice addirittura “miliardi” – di euro”.
Nulla di più falso e ridicolo. In realtà si tratta di semplice oro, ha la grandezza e dunque il valore di due fedi nuziali, viene usato come timbro per sigillare ogni documento ufficiale redatto dal Papa. Senza poi contare che alla morte del Papa viene rotto con un martelletto d’argento, rifuso e riutilizzato per il Pontefice successivo. Tecnicamente è sempre lo stesso da secoli. E non occorre essere cattolici per capire che un oggetto di tal valore non risolverebbe i problemi di una sola famiglia neppure per una settimana e che, onde evitare di urlare slogan tanto assurdi, basterebbe semplicemente informarsi, o almeno usare un pò di buon senso o quella razionalità laica che il Signore ha concesso a tutti.

Seconda parentesi: le “fantomatiche scarpe del Papa”. Un articolo di Repubblica – pubblicato pochi mesi dopo l’elezione del Papa al soglio pontificio – titolava: “Il look di Papa Ratzinger: spuntano le scarpe Prada”. Questo era lo scoop a cui hanno abboccato decine e decine di anticlericali e la notizia si è trascinata negli anni. La leggenda è stata così confezionata: il Papa veste Prada, vive nel lusso, è servito e riverito mentre nel mondo c’è gente che muore di fame. Nel 2008 l’Osservatore Romano ha provato a smentirla, ottenendo pochi risultati purtroppo. Lo stesso l’Agenzia Ansa nel 2010. Di recente si è tornati sulla questione grazie ad una pagina Facebook dedicata proprio al Pontefice. Si riporta la notizia, come vi è scritto sul quotidiano del Vaticano, che è il sarto novarese Adriano Stefanelli a produrre le scarpe papali, rosse ad indicare il sangue del martirio, che fanno parte dell’abito del papa fin dal Medioevo e da allora sono indossate da ogni pontefice. Non sono Prada, non hanno alcun costo, visto che il Sig. Stefanelli le ha donate al Santo Padre e ha affermato: «Io le mie scarpe al Papa le regalo, perché a volte la passione paga più del denaro». (Qui l’articolo citato).

Le proprietà vaticane

Ma torniamo alla questione da cui siamo partiti. Bisogna chiarire innanzitutto che il Papa non è ricco, che tutto ciò che gli viene attribuito non è suo, e che dopo la morte non lascia niente a nessuno e viene seppellito in una bara di legno grezzo, praticamente nudo, e con un velo di lino sul volto.

La maggior parte delle cosiddette “ricchezze” del Vaticano sono tesori che nell’arco della storia della Chiesa, sono stati donati da persone che hanno ricevuto delle grazie particolari e che il Vaticano non ha nessun diritto di vendere.

Due millenni di storia, di arte, di cultura, la Basilica di Pietro, la Cappella Sistina, la Pietà di Michelangelo, le stanze dei musei Vaticani sono patrimonio dell’umanità e sono solo gestite dalla Chiesa.

La Santa Sede è solo custode vigile e scrupolosa di una immensa quantità di opere d’arte in parte donate e in parte proprietà privata dei successori di S. Pietro, esposte in stanze degne di accogliere tanta bellezza e a di chiunque abbia desiderio di apprezzarle. Ma sono beni che il Papa pur volendo non potrebbe vendere, lo impedisce il diritto internazionale. Nulla è suo, ma gli è stato concesso di usarlo. La Chiesa non può farne ciò che desidera, ha il compito di conservare tali beni nel nome dello Stato italiano. In tutte le Nazioni esistono svariate misure per la difesa delle opere d’arte, perché lo Stato ha il dovere di preservarle nel tempo. E ricordo come i beni della Santa Sede facciano anche parte della storia culturale dell’Italia.
Con la stessa logica con cui chiediamo alla Chiesa di vendere i suoi beni per aiutare i bisognosi, potremmo chiedere allo Stato di vendere il Colosseo di Roma, o gli Uffizi di Firenze o la Mole Antonelliana di Torino o qualcuna delle tante opere d’arte che l’Italia possiede.

La Carità e la Chiesa

Quanto alla carità verso i più deboli, la Chiesa è sempre in prima linea nell’aiutare concretamente i poveri di tutto il mondo, con le Caritas, le Missioni e le Opere Pie. Si pensi ai tantissimi missionari che nei Paesi più disparati del mondo, soprattutto in quelli più poveri, portano l’annuncio evangelico prodigandosi anche per sollevare le popolazioni dalla povertà, dall’emarginazione, dalla fame, dalle malattie, nonchè per l’educazione e la scolarizzazione dei ragazzi, tutto questo spesso rimettendoci la salute e anche la vita.

Alla base di gran parte degli attacchi rivolti alla Chiesa sui beni e gli averi di sua proprietà, vi è un equivoco fondamentale dell’intera concezione vetero e neo testamentaria sulla ricchezza e sulla povertà.
Basterebbe leggere alcuni dei tanti versetti, sia dell’Antico Testamento sia del Nuovo, in cui il Signore non chiede che il culto gli venga dato in estrema povertà, tutt’altro… (Vedi qui alcuni esempi).

Solo nel distacco dalle cose materiali di questo mondo possiamo elevarci a Dio. Se siamo capaci di distaccare il cuore dalle nostre ricchezze ci sarà più facile glorificare il Signore cercando di rendere degna e bella la Sua casa. Gli oggetti preziosi custoditi dalla Chiesa e nelle chiese è chiaro che non servono a Dio, ma il loro splendore serve per richiamare noi, per ricordare che stiamo facendo gli atti più grandi e più sublimi di culto. Sono un segno della nostra fede, della nostra riconoscenza a Dio che ci ha resi partecipi di beni così grandi. Non teniamo gli oggetti preziosi nelle casseforti perché i ladri non li rubino, ma li usiamo anche per dare a Dio il massimo splendore nel culto.

Nel Vangelo (questo è un equivoco ricorrente) non c’è condanna per la ricchezza in sè. Anche Gesù aveva una tunica preziosa (che i soldati che lo crocifissero si giocarono a sorte), non disdegnò il profumo di nardo purissimo, gli piacevano i banchetti e riposarsi dall’amico ricco.

Gesù stesso ci dice che veniva accusato dai farisei di essere un beone e un mangione solo perché, nella loro visione distorta, si contrapponeva al Battista che viveva di stenti.

Alle nozze di Cana, finito il vino, Gesù non ha detto “avete bevuto abbastanza e dovreste pensare ai poveri che non hanno vino”, ma ha onorato la festa e il Sacramento del matrimonio.

Gesù Cristo loda la donna che gli cosparge i piedi di profumo di nardo assai prezioso. E ai commensali che gli contestano lo spreco di denaro di quel profumo per Lui anzichè “vendere quest`olio a più di trecento denari e darli ai poveri”, Lui risponde: “Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto” (Mc 14,3-9).

Un denaro era la paga giornaliera di un operaio. Trecento denari sono la paga quasi di un anno. Gesù non l’ha rimproverata, anzi l’ha lodata. E’ venuto incontro all’esigenza del nostro animo di manifestare anche con segni permanenti il nostro affetto verso di Lui.

Quello da cui ci mette in guardia Gesù è semmai l’atteggiamento di morbosità verso la ricchezza, l’attaccamento, il desiderio eccessivo, la schiavitù della ricchezza, l’avidità e la cupidigia nel perseguirla e l’ostinazione nel possederla, che soffocano il seme della vita e rischiano di sostituire i doni ricevuti a Dio stesso.

I Santi

Nella Vita del santo Curato d’Ars si legge che viveva poverissimamente. Aveva licenziato la perpetua, perché per cibo si cucinava ogni settimana una pignatta di patate.
Ma per quanto riguardava il culto a Dio voleva che fosse sempre al meglio. Era convinto che il culto esterno dev’essere un richiamo per il culto interno, oltre che un grande atto di amore.

San Francesco è vissuto poverissimo, ma anche lui voleva i vasi sacri fossero preziosi.
Ecco che cosa si legge nelle Fonti francescane: “Francesco sentiva tanta riverenza e devozione verso il corpo di Cristo, che avrebbe voluto scrivere nella regola che i frati ne avessero ardente cura e sollecitudine nelle regioni in cui dimoravano, ed esortassero con insistenza chierici e sacerdoti a collocare l’Eucaristia in luogo conveniente e onorevole. Se gli ecclesiastici trascuravano questo dovere, voleva che se lo accollassero i frati. Anzi, una volta ebbe l’intenzione di mandare, in soste le regioni, alcuni frati forniti di pissidi, affine di riporvi con onore il corpo di Cristo, dovunque lo avessero trovato custodito in modo sconveniente.
Volle inoltre che altri frati percorressero tutte le regioni della cristianità, muniti di belli e buoni ferri per far ostie”. (Fonti francescane n. 1635).

“Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità. Riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa, anche se unica, se il tempo lo permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Infatti, essendo colmo di reverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e quando riceveva l’agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore. Per questo amava la Francia, perché era devota del Corpo del Signore, e desiderava morire in essa per la venerazione che aveva dei sacri misteri.
Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pisside preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedesse conservato con poco decoro” (Fonti francescane n. 789).

“Voleva che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché ad esse è state conferito il di potere di consacrare questo sacramento. “Se mi capitasse – diceva spesso – di incontrare insieme un santo che viene dal cielo ed un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani. Direi, infatti, Ohi, Aspetta, san Lorenzo, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano” (Fonti francescane n. 790).

Il Papa in Africa

Poco fa accennavo alla bufala totalmente inventata dell’“anello papale che sfamerebbe l’Africa”.
Vorrei fare anche una piccola riflessione sulla realtà dell’Africa e dei problemi che l’affliggono. La situazione in Africa – come in altre parti del mondo sottosviluppato – è molto complessa e di non facile soluzione a causa di innumerevoli ragioni che riguardano anche chi governa quei paesi e persino chi aiuta quei paesi. Non basta inviare soldi per risolvere i problemi in quelle zone.

I loro governanti spesso hanno interesse a che tutto rimanga così per controllare meglio il territorio. Ci sono poi alcune multinazionali che sfruttano le risorse naturali del continente. Per non parlare degli organismi internazionali (Vedi ONU e Unione Europea) che “ricattano” i paesi dell’Africa imponendo politiche disumane di controllo delle nascite (come sterilizzazioni, aborto, contraccezione, ecc.) in cambio degli aiuti.

Tutte questioni trattate, e anche coraggiosamente denunciate, una per una, da Papa Benedetto XVI quando si è recato in Africa qualche anno fa. Stranamente di quel viaggio si ricorda solo la famosa frase sui preservativi strappatagli maliziosamemte dai giornalisti in aereo, ma non si ricorda invece il fatto che il Papa era andato lì ad illustrare e presentare un importantissimo documento promulgato per la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi: l’Instrumentum laboris, un documento molto denso, frutto di quattordici anni di lavoro della Chiesa per studiare e capire l’Africa, a partire dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II Ecclesia in Africa del 1995, che dopo il Primo Sinodo per l’Africa aveva esortato a uno studio più approfondito della situazione religiosa e sociale del continente africano.

Un documento salutato dai media africani come uno dei più importanti testi sull’Africa mai apparsi, tanto più se lo si legge – come Benedetto XVI ha invitato a fare – insieme con i discorsi del Papa in Camerun e Angola, che lo illustrano e lo completano [Cfr. « Il Papa e la sua Africa », di Massimo Introvigne – Cesnur].

I media italiani ed europei hanno invece completamente taciuto su questo importante documento. E purtroppo questo silenzio da parte della stampa occidentale dimostra o almeno fa sospettare fortemente che all’Occidente e ai media interessa ben poco della situazione in cui versano questi poveri fratelli.

E le continue ed infondate accuse verso la Chiesa oscurano purtroppo quello che di grande essa fa ogni giorno (giustamente nel silenzio e senza megafoni) proprio a favore dei più deboli.

Infine vorrei ricordare che la Chiesa con la C maiuscola è la comunità dei Battezzati. Ogni Battezzato è incorporato alla Chiesa che è il Corpo mistico di Gesù Cristo. Invece di condannare il mondo ecclesiale, ognuno di noi dovrebbe interrogarsi su ciò che fa di buono per migliorare le sorti di questo mondo e del terzo mondo. Ogni battezzato ha il dovere di contribuire al bene della comunità. Dunque, riguardo all’aiuto al prossimo – per quanto ci è possibile e ognuno nel suo piccolo – siamo tutti interpellati, nessuno escluso.

Fonte: Una casa sulla roccia

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Un, due, tre stella!

Posté par atempodiblog le 31 juillet 2012

Un, due, tre stella! dans Angela Pellicciari

Non sono ciellina e non conosco Formigoni. Da mesi assisto con crescente sgomento alle accuse echeggiate da tutti (praticamente tutti) i giornali contro il Governatore della Lombardia. Mentre parte della magistratura milanese gioca al gatto e al topo, il popolo dei giornalisti ha da tempo emesso la sentenza di colpevolezza nei suoi confronti. Cosa sta a fare ancora Formigoni ai piani alti del Pirellone? Perché non ha avuto il buon gusto di dimettersi? E perché non ha ancora risposto alle domande di Repubblica, secondo lo stile ormai collaudato del giornale?
Presentatori televisivi e commentatori radio lo ricordano in ogni possibile occasione: Formigoni è colpevole. E’ l’unica cosa che non si discute. Che è assodata. Ieri poco prima delle 19 su Sky un esperto che non so chi sia, sornione, alludeva scherzoso alla necessità che i siciliani adottino un comportamento lombardo. Escludendo, come ovvio, il governatore…
Rispetto all’ammiccante sorriso Sarkosy-Merkel ai danni di Berlusconi qui c’è di più. Qui c’è molto di più. Qui non c’è ombra di sorriso. C’è sprezzo.
Quando capita, perché capita, di fare il raffronto fra le varie regioni italiane, la Lombardia risulta sempre in testa. In testa a tutti i possibili test. Naturalmente perché in Lombardia c’è una terra che produce da sola buon governo, perché in quei casi la persona che da diciassette anni la governa non viene mai citata! Formigoni è cattolico. E come cattolico sa che la persecuzione suole accompagnare i seguaci di Gesù. Insieme al cento per uno e alla vita eterna.
Il problema al di là di tutto non è Formigoni. A rendergli giustizia e a consolarlo penserà lo Spirito Santo. Il problema siamo noi. Noi cattolici italiani. Non cattolici liberali, né democratici, né sociali, né progressisti. Cattolici e basta. Abbiamo lasciato Formigoni solo. Completamente solo. Todi uno, Todi due, Todi tre: dove stanno i cattolici, quando il più importante di loro, l’unico di loro che in politica conti qualcosa, il governatore della regione Lombardia, viene fatto a pezzi?
A cosa servono cattolici come questi? Che vengano i matrimoni omosessuali, le adozioni omosessuali, le sperimentazioni genetiche di ogni tipo! Noi che siamo puri e in grado di giudicare le persone (non gli atti di un governo, non i risultati di un governo), passiamo evidentemente il tempo a baloccarci con le camicie a fiori o con qualche giorno di vacanza ai Caraibi.
Se le cose stanno così è giusto che venga la fine della civiltà cristiana e, con essa, la fine del rispetto per l’uomo, per i figli, per la famiglia: ce lo meritiamo.

di Angela Pellicciari

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Chesterton

Posté par atempodiblog le 31 juillet 2012

Chesterton dans Gilbert Keith Chesterton

«Chesterton fu il primo intellettuale europeo a denunciare, nel 1924, “un credo che sta imponendo decime e impadronendosi delle scuole, il credo che è fatto osservare con multe e arresti, il credo che non è proclamato nelle omelie ma nelle leggi, e diffuso non dai pellegrini ma dai poliziotti. (…). Quel credo è il grande ma controverso sistema di pensiero cominciato con l’Evoluzione e finito con l’Eugenetica”». Cfr. Giulio Meotti, “Il processo della scimmia” (Lindau, p. 21).

di Rino Cammilleri

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Il pellegrinaggio a Međugorje lascia il segno

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2012

Il pellegrinaggio a Međugorje lascia il segno dans Apparizioni mariane e santuari

Ne avevo sentite di tutte su Medugorje. Dal libro di Antonio Socci, alle trasmissioni Tv di Paolo Brosio, passando per lo scetticismo, per usare un eufemismo, di alcuni secondo i quali questi impostori bosniaci sono solo dei traditori dello spirito di Fatima al servizio – Consapevole? Inconsapevole? – di Satana. Ma è come quando siamo di fronte ad una tavola imbandita. Chiunque può raccontarti quanto siano buoni quei manicaretti o quanto male si mangi in quel ristorante: finché non assaggi, è difficile capire.
Personalmente sono ripartito da Medugorje con la pancia bella piena, dopo essermi messo a tavola, lo ammetto, con più di qualche dubbio. La mia via alla Fede, impervia, da ripercorrere ogni giorno, piena di ostacoli e inciampi, si è sempre nutrita di ingredienti razionali. Medugorje è stato un piatto di un sapore quasi ignoto, per me che ero stato a Lourdes quando ero un ragazzino; quel sapore di Soprannaturale che in una vita frenetica troppo spesso si è portati a trascurare. Un gusto fondato su alcuni ingredienti, se vogliamo anche semplici, che non possono che destare stupore.

Lo stupore di vedere quelle file ai confessionali, quelle migliaia di persone in adorazione di fronte al Santissimo Sacramento, quel popolo che assiste ogni giorno alla Santa Messa celebrata in più lingue.
La meraviglia delle vite dedicate al Signore – e quindi al prossimo – di persone consacrate, come suor Emmanuel e suor Cornelia, ma anche di uomini e donne laici, padri e madri, come i fondatori della Comunità Sollievo di Yahweh (http://www.missioniba.it/lacomunita), che vendono tutto quello che hanno e Lo seguono. Partono dall’Italia con due tende ed un Wc chimico e dopo due anni si ritrovano a guidare un centro di carità ai bisognosi riconosciuto a livello statale e capace di sfamare migliaia di persone. Mentre li ascolti raccontare la loro esperienza non puoi fare a meno di pensare che chi si aspetta “segni” – apparizioni, il Sole che gira, la statua che lacrima – dovrebbe riconoscere in questa umanità “trasfigurata” dall’Amore di Dio e per Dio le prime prove della presenza di Quello che cerca.

Molto gustosa si è rivelata anche la “fisicità” di certi gesti: recarsi a piedi alla collina delle apparizioni, laddove i veggenti videro per la prima volta e molte altre ancora la Madonna, raccogliersi in preghiera in ginocchio davanti alla statua che raffigura la nostra Madre; scalare il Krizevac, il monte dove nel 1933 i cittadini di Medugorje salirono per costruire la croce che ancor oggi è lì a ricordarci Chi e come ci ha salvato, arrivare lassù sudati e col fiatone e ancora ringraziare e offrire quella tua fatica per un’intenzione particolare. Sono gesti – questi descritti, come molti altri – che aiutano a riscoprire che anche il corpo chiede una disposizione particolare per la preghiera: la fatica, la ricerca del silenzio, il camminare verso, aiutano ad assumere il giusto atteggiamento spirituale.

Ultima, importante, corda pizzicata a Medugorje è quella della famiglia come fiamma che alimenta la Fede. A più riprese, diverse testimonianze ci hanno ricordato che la famiglia è la prima “comunità di preghiera”, dove far posto a Gesù e Sua Madre. Un’iniezione di coraggio e determinazione non da poco, per chi ogni giorno si trova a dover lottare con i ritmi serrati che lavoro, doveri matrimoniali e di genitore impongono. Dare il giusto peso, e quindi il giusto tempo e il giusto spazio, alle cose, è la strada verso un miglior rapporto con il Signore, Che esige attenzione.

Certo, in conclusione i più scettici e i maliziosi potrebbero chiedere: Medugorje ti ha cambiato la vita, sì o no? E aggiungere: molte delle cose che abbiamo sentito, le sappiamo trovare da soli, senza scomodarsi per andare in Bosnia. Ma se si crede che quanto elencato sia un buon distillato di vita cristiana, il fatto che a Medugorje si possa trovarlo rappresenta già uno di quei frutti da cui si può far discendere il giudizio sull’albero. E se dovessi rispondere alla prima domanda, potrei dire che il pellegrinaggio a Medugorje lascia il segno: si può continuare a cadere, ma aver vissuto quei giorni “diversi” è un buon ricordo e sostegno per ripartire.

Lorenzo Schoepflin – Libertà e Persona

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Santuario di Sant’Anna d’Auray

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2012

Primo luogo di pellegrinaggio bretone, Ste-Anne d’Auray attira ogni anno migliaia di pellegrini e di turisti dal mondo intero, soprattutto nel giorno del Gran perdono di Sant’Anna, il 26 luglio. Dopo la visita del Papa Giovanni Paolo II, nel 1996, più di 600.000 visitatori si sono recati, ogni anno, presso il Santuario.

Santuario di Sant'Anna d'Auray dans Apparizioni mariane e santuari Sant-Anna-d-Auray

Cenni storici
La storia di Ste-Anne d’Auray ha avuto inizio intorno al XVII° secolo, in seguito all’apparizione di una “Signora maestosa” a Yves Nicolazic, pio contadino del villaggio Ker Anna. Questa signora era Sant’Anna, madre di Maria e nonna di Gesù. Nella notte tra il 25 ed il 26 luglio del 1624, Ella gli chiede di ricostruire una cappella che a Lei era stata dedicata nel VI° secolo. Dopo molte richieste e dopo aver verificato quanto avvenuto, la cappella viene costruita. La notizia si diffonde in tutta la Bretagna ed i pellegrini si mettono in cammino verso Sant’Anna d’Auray, dando inizio al più grande pellegrinaggio della regione. Nel XIX° secolo, l’affluenza è tale che la cappella diventa ormai troppo piccola. Per avere una maggiore capacità di accoglienza, tra il 1865 e il 1872, viene eretta l’attuale Basilica. Sant’Anna diventa, così, a partire dal 1914, la patrona dei bretoni.

Da visitare

La Basilica (1865/1872) : dedicata a Sant’Anna, é il cuore del Santuario. L’architetto Desperthes ha unito la sobrietà dello stile gotico alla grazia dello stile rinascimentale. All’interno, le vetrate istoriate descrivono le grandi tappe della vita del Santuario. L’altare della devozione a Sant’Anna presenta una statua in legno dorato di Sant’Anna e di Maria. Il gruppo fa parte di un..composto di medaglioni in marmo che riportano la vita di Sant’Anna e di San Gioacchino. Un reliquiario della casa di Anna d’Austria dato in dono al Santuario. Su uno dei pilastri del coro, un bassorilievo rappresenta Yves Nicolazic con i suoi compagni mentre, miracolosamente, nella notte tra il 7 e l’8 marzo 1625, scoprono la statua della cappella primitiva.

Il Chiostro (1638-1641): costruito dai Padri Carmelitani è il monumento più antico del Santuario. E’ composto da un ballatoio e da un piano superiore dove vivevano i Padri religiosi custodi del Santuario. Il piano terra era adibito a foresteria per i pellegrini. Tutto l’edificio è considerato monumento storico.

La Fontana (1898): é il luogo dove é avvenuta la prima importante apparizione di Sant’Anna a Yves Nicolazic. E’ stata ingrandita alla fine del XIX secolo.

La Scala Santa (1622): per 300 anni luogo di celebrazione per le grandi assemblee all’aperto. In origine è stata utilizzata come porta monumentale del Santuario e situata sull’attuale piazza della Basilica. E’stata completamente costruita pietra su pietra.

La lapide ai caduti (1922-1932): eretto in memoria dei Bretoni vittime della 1° guerra mondiale.

La spianata Giovanni Paolo II: è stata realizzata dopo la visita del Santo Padre il 20 settembre 1996.

Il Museo del Tesoro: raccoglie gli ex-voto delle offerte di ringraziamento a Sant’Anna.

La casa Nicolazic: a 200 mt. dalla basilica, l’abitazione con arredamento bretone ed un oratorio.

Fonte: Villes Sanctuaire

Divisore dans San Francesco di Sales

Cliccare per approfondire:

Freccia dans Viaggi & Vacanze Visita al santuario di Sant’Anna d’Auray di Padre Livio Fanzaga

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Dopo Buffon anche Messi in visita a Medjugorje

Posté par atempodiblog le 25 juillet 2012

Dopo Buffon anche Messi in visita a Medjugorje
Il campione argentino, che ha rinunciato all’amichevole di oggi fra Barcellona e Amburgo per un infortunio muscolare, ha visitato il santuario meta di migliaia di pellegrini cattolici

Dopo Buffon anche Messi in visita a Medjugorje dans Medjugorje

Lionel Messi, il fuoriclasse argentino del Barcellona, è giunto oggi a Medjugorje, la località mariana nel sud della Bosnia-Erzegovina, meta di migliaia di pellegrini cattolici, molti dei quali provenienti anche dall’Italia. Come hanno riferito i media locali, Messi è atterrato con un velivolo privato a Dubrovnik, sulla costa adriatica della Croazia, raggiungendo poi Medjugorie in auto. A causa di un infortunio muscolare, Messi ha rinunciato all’amichevole in programma oggi fra Barcellona e Amburgo, per celebrare i 125 anni del club tedesco. Nei mesi scorsi a Medjugorje si erano recati nel santuario anche il ct del Manchester City, Roberto Mancini, e – poco dopo la fine dell’Europeo di calcio di Polonia e Ucraina – anche il portiere della Nazionale azzurra, Gianluigi Buffon.

Fonte: Corriere dello Sport

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La tentazione dello scoraggiamento: non arrenderti nella sconfitta

Posté par atempodiblog le 23 juillet 2012

Non arrenderti nella sconfitta
Non cedere alla tentazione dello scoraggiamento quando cadi lungo il cammino di santità

 La tentazione dello scoraggiamento: non arrenderti nella sconfitta dans Fede, morale e teologia P-Livio

Nella Sacra scrittura vi è abbondanza di persone che hanno ceduto alla tentazione, commettendo anche peccati gravissimi, ma che poi hanno ripreso il cammino verso Dio pervenendo alle vette della santità. Non è stato così per il Santo re Davide e per l’apostolo Pietro?

La caduta nella tentazione è sempre un male e bisogna fare di tutto per evitarla, tuttavia non solo è un male irrimediabile ma a volte la divina misericordia la trasforma in un’occasione di grazia. Se Davide non avesse peccato come avremmo potuto avere in dono il Salmo Miserere? La stessa caduta di Pietro ha reso l’apostolo più consapevole della sua debolezza e più comprensivo verso quella degli altri.

Pensavi di essere talmente giusto da fustigare come il fariseo del Vangelo gli errori e i vizi degli altri, – e qui c’è uno sport che mi piace poco, che vedo che sono in parecchi che lo praticano, ma che non è evangelico, loro dicono che lo praticano in nome del Vangelo, ma io dico che il Vangelo ci propone la parabola di Luca 18,11 del fariseo e del pubblicano che dovremmo meditare di più – vedevi la pagliuzza nell’occhio del tuo prossimo, ma non scorgevi la trave nel tuo occhio, in questi casi la caduta è pressoché inevitabile, Dio la permette perché tu prenda coscienza della tua miseria.

Ti credevi oramai consolidato nel bene ed ecco che ti trovi a mordere la polvere. E’ una situazione in cui hai molto da imparare e devi approfittarne.

Han cominciato a sentirsi migliori degli altri e a puntare il dito.

Innanzitutto non devi mai perdere di vista la visione realistica della realtà umana in cui la concupiscenza non è mai spenta. I santi ti insegnano che la lotta per la salvezza eterna della propria anima dura fino all’ultimo istante e che non bisogna stancarsi di chiedere la grazia della perseveranza.

Ti eri preparato ad affrontare la tentazione con un fermo proposito sostenuto dal fervore della preghiera, coltivavi nel cuore la speranza della vittoria e confidavi in un intervento speciale della grazia, invece hai di nuovo dovuto fare i conti con la tua debolezza.

Il tentatore ne approfitta per suscitare il dubbio che tu un giorno ottenga la vittoria. Egli cerca di convincerti che peccare è umano e che quella di diventare santo è una pia illusione. L’obiettivo dell’astuta serpe è quello di farti gettare la spugna e di non combattere oltre contro il male. Sappi che si tratta di una delle tentazioni più pericolose.

Infatti, caro amico, Dio non ti chiede di vincere ma di combattere. La vittoria te la da Lui quando vuole, è un dono della Sua grazia. Ricordati che se tu combatti ti salvi anche se cadi. Se tu non ti arrendi al male ma ricominci daccapo ogni volta sappi che in un certo senso hai già vinto.

Infatti, l’Onnipotente vede la tua buona volontà e la lascia nel duro combattimento perché si rafforzi ogni giorno di più. Quando ti vede radicato nell’umiltà e tenace nella lotta allora incomincia ad accordarti le prime vittorie, affinché tu le attribuisca non a te stesso ma all’efficacia della Sua grazia, allora ringrazierai per ogni vittoria.

Che fare quando le sconfitte si moltiplicano e non vedi apparenti progressi? Ricomincia ogni volta daccapo. Dopo aver presentato a Dio con totale sincerità di cuore la tua situazione spirituale, non esitare a mostrare al medico della tua anima le ferite e le debolezze che ti fanno soffrire, manifestagli il tuo dispiacere per le cadute che si ripetono e chiedigli la forza di riprendere la lotta. Ricordati della risposta di Gesù a Pietro che domandava al maestro quante volte bisognasse perdonare, “non ti dico fino a sette, ma settanta volte sette” ha risposto il Salvatore, che è un modo semitico per dire sempre.

La santità, caro amico, è un lungo cammino dove le cadute sono all’ordine del giorno, vince chi si rialza e va avanti mentre perde chi si stanca e torna indietro. Sappi che se avrai maturato l’umiltà necessaria Dio ti può concedere in poco tempo quanto hai cercato invano di ottenere nel combattimento di lunghi anni, l’importante è non cessare mai di confidare incondizionatamente nella Sua divina misericordia.

Padre Livio Fanzaga

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Papa: il maligno cerca sempre di rovinare la pace di Dio

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2012

 Papa: il maligno cerca sempre di rovinare la pace di Dio dans Fede, morale e teologia

Gesù incarna Dio Pastore col suo modo di predicare e con le sue opere, prendendosi cura dei malati e dei peccatori, di coloro che sono «perduti» (cfr Lc 19,10), per riportarli al sicuro, nella misericordia del Padre.

Tra le «pecore perdute» che Gesù ha portato in salvo c’è anche una donna di nome Maria, originaria del villaggio di Magdala, sul Lago di Galilea, e detta per questo Maddalena. Oggi ricorre la sua memoria liturgica nel calendario della Chiesa. Dice l’Evangelista Luca che da lei Gesù fece uscire sette demoni (cfr Lc 8,2), cioè la salvò da un totale asservimento al maligno. In che cosa consiste questa guarigione profonda che Dio opera mediante Gesù? Consiste in una pace vera, completa, frutto della riconciliazione della persona in se stessa e in tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri, con il mondo. In effetti, il maligno cerca sempre di rovinare l’opera di Dio, seminando divisione nel cuore umano, tra corpo e anima, tra l’uomo e Dio, nei rapporti interpersonali, sociali, internazionali, e anche tra l’uomo e il creato. Il maligno semina guerra; Dio crea pace. Anzi, come afferma san Paolo, Cristo «è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2,14). Per compiere questa opera di riconciliazione radicale Gesù, il Pastore Buono, ha dovuto diventare Agnello, «l’Agnello di Dio … che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Solo così ha potuto realizzare la stupenda promessa del Salmo: «Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita, / abiterò ancora nella casa del Signore / per lunghi giorni» (22/23,6).

Cari amici, queste parole ci fanno vibrare il cuore, perché esprimono il nostro desiderio più profondo, dicono ciò per cui siamo fatti: la vita, la vita eterna! Sono le parole di chi, come Maria Maddalena, ha sperimentato Dio nella propria vita e conosce la sua pace.

Benedetto XVI

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Leggete il Catechismo della Chiesa Cattolica

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2012

Leggete il Catechismo della Chiesa Cattolica  dans Citazioni, frasi e pensieri

Leggete il Catechismo della Chiesa Cattolica e così riscoprite la bellezza di essere cristiani, di essere Chiesa di vivere il grande «noi» che Gesù ha formato intorno a sé, per evangelizzare il mondo: il «noi» della Chiesa, mai chiuso, ma sempre aperto e proteso all’annuncio del Vangelo.

Benedetto XVI omelia 15 luglio 2012

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Predisponi le tue difese

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2012

Predisponi le tue difese dans Anticristo padre-Livio

Satana anche quando perde non si scoraggia mai, tenta sempre di nuovo. Sarebbe ingenuo pensare che dopo lo scacco subito nel deserto, che Satana non abbia tentato a tendere nuove insidie a Gesù. Il nemico infernale è infaticabile e non si arrende mai. Si mantiene nascosto, ma studia le situazioni e cerca di approfittarne. Non appena Gesù ha compiuto la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ecco che approfitta della circostanza e suggestiona la folla perché lo proclami re. Ma Gesù saputolo si ritirò sulla montagna tutto solo. Quindi come vedi l’astuta serpe è pronta a sfruttare la situazione per sviare Gesù dalla via della Croce presentando il miraggio di un messianismo terreno. Perfino Gesù ha vinto fuggendo. Il fuggire le occasioni non è una debolezza, ma un atto di inteligenza e di fortezza. [Quando la folla voleva gettarlo giù dal burrone Gesù andò via (Lc 4, 24-30), oppure quando Gesù seppe che i farisei tennero consiglio contro di Lui per ucciderLo… andò lontano (Mt 12,14)]. Al contrario Gesù nel Getsemani, nell’ora delle tenebre, non fugge, ma affronta il nemico offrendo se stesso in sacrificio. Bisogna sapere col discernimento quando si fugge, quando si resiste, quando si combatte, tutto bisogna vedere alla luce del discernimento.

Caro amico, Satana ti studia a fondo per conoscere le tue debolezze, osserva lo svolgimento della tua vita e analizza e studia le situazioni in cui può sferrare con successo i suoi attacchi. E’ abilissimo a utilizzare a suo vantaggio le persone che ti circondano, sfruttandole per i suoi piani. Con le persone che ti circondano o ti rende dura la vita o ti seduce con quelle. Ogni circostanza favorevole viene colta la volo per metterti in difficoltà e tu non te ne rendi conto perché agisce nell’oscurità in modo da non metterti in allarme. Predispone le tentazioni in modo che tu arrivi impreparato e distratto all’appuntamento. Per questo ti distoglie dalla preghiera e dalla pratica dei sacramenti in modo tale che tu cada al primo assalto.

La tentazione non sarebbe così micidiale se non fosse studiata a misura di persona, proprio per questo motivo anche tu devi conoscere te stesso per non essere attaccato là dove non hai eretto le difese. Devi sapere tu dove sei debole e lì preparare le difese. Devi conoscere le persone, i luoghi, le circostanze di cui il nemico si serve per tenderti insidie. In primo luogo devi esaminare la tua situazione spirituale e mettere a fuoco le tue passioni e le tue fragilità. In particolare devi avere la consapevolezza dei tuoi vizi più radicati, dei peccati nei quali cadi più facilmente, in questo ti gioverà molto l’esame di coscienza. Il tentatore, infatti, porta il suo attacco sul terreno dove tu sei più debole. E lì che tu devi costruirle tue difese, esaminandoti su ognuno dei sette vizi capitali. Devi prevenirlo rafforzandoti nelle virtù opposte ai vizi che ti indeboliscono.

Quelli che sono molto avanti nelle virtù hanno delle tentazioni studiate appositamente per loro. L’astuta serpe sa benissimo che non potrà far cadere un asceta con le volgari tentazioni della carne, però lo solleciterà nell’orgoglio spirituale fino ad illuderlo di essere arrivato già al vertice della perfezione. Quindi, cari amici, ognuno ha le sue tentazioni specifiche perché Satana non improvvisa, è meticoloso, è uno scienziato della tentazione. Proprio per questo ognuno deve discernere dove verrà attaccato e preparasi per tempo. Come lui ti studia tu studia te stesso preparati e sii pronto.

Padre Livio Fanzaga

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Le due facce dell’invidia e l’ipocrisia

Posté par atempodiblog le 21 juillet 2012

Le due facce dell’invidia e l’ipocrisia

I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui
per toglierlo di mezzo. [...]
Dal Vangelo secondo Matteo 12,14-21 di oggi (sabato)

Le due facce dell’invidia e l’ipocrisia dans Commenti al Vangelo rm19g9

Gesù operava il bene e i farisei cercavano di eliminarlo. Il Vangelo ci rivela che la causa di ciò era l’invidia.

L’invidia è ciò che ha provocato il più grande peccato che sia stato mai commesso nella storia umana: l’uccisione di Gesù Cristo.  L’uccisione di Gesù è avvenuta per invidia, ce lo dice il Vangelo. Pilato sapeva che glielo avevano consegnato per invidia. Gesù parla e la gente lo sta ad ascoltare, attira le folle, ha un grande seguito, fa  miracoli, è santo, è sapiente per questo scribi e farisei morivano dì invidia. L’invidia è omicida. Questo tipo d’invidia è l’invidia della grazia altrui.

L’invidia ha due facce: il dispiacersi per il bene degli altri; il godere per il male degli altri. “Ben gli sta! Dio è giusto!” , dicono, “sapevo io!”, “finalmente è caduto, era ora che cadesse!”.  E’ talmente turpe questo sentimento che, come notano anche psicologi, moralisti, ecc., che uno lo dissimula, lo copre, finge di essere amico ma in realtà ha invidia.

L’invidia è dunque collegata all’ipocrisia. Oltre ad essere parente all’ipocrisia, l’invidia è imparentata, diciamo così, al v comandamento (non uccidere): l’invidia è assassina. Quando uno può, facendola franca, cerca di eliminare la persona di cui ha invidia. In che modo si cerca di eliminare le persone la cui grandezza da fastidio? Prima di tutto con la lingua: diffamazione, calunnia, veleni… in modo tale da sminuire quello che la persona è. Si può arrivare anche al vero e proprio omicidio.

L’invidia colpisce alla radice la carità. Fintanto però che uno è invidioso perché ha la panda e un altro la maserati passi! Dove l’invidia uccide davvero l’anima è quando si è invidiosi della grazia altrui. “Quello è più santo di me!”. “Quello ha dei doni che io non ho!”. Allora scoppia l’invidia spirituale che uccide la carità. Essa diventa un peccato contro lo Spirito Santo perché Egli è colui che ha fatto quei doni alla persona.

Una volta parlando con un sacerdote delle apparizioni di Medjugorje si è arrabbiato, ha battuto forte un pugno sul tavolo ed ha esclamato “E perché non è apparsa a me?”. Non credevo a quello che sentivo… D’altra parte una malattia del genere ce l’aveva la maestra delle novizie di Bernadette Soubirous, la quale diceva “Non capisco per quale motivo la Madonna dovrebbe apparire a una contadinella ignorante quando ci sono tante religiose virtuose”, alludendo a se stessa naturalmente… poi divenne madre generale.

Riassunto di una catechesi di Padre Livio Fanzaga

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Medjugorje: Jakov Colo incide un cd di lode a Maria

Posté par atempodiblog le 21 juillet 2012

Medjugorje: Jakov Colo incide un cd di lode a Maria dans Canti

Il veggente di Medjugorje Jakov Colo pubblica una collezione di canti influenzati da 17 anni di apparizioni quotidiane, e un duetto con la cantante professionista Roberta Faccani per il singolo.

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Fonte: Medjugorje Today

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Anniversario della morte di suor Consolata Bertrone

Posté par atempodiblog le 18 juillet 2012

Anniversario della morte di suor Consolata Bertrone, Clarissa Cappuccina
Tratto da: piangerestedigioia.myblog.it

Anniversario della morte di suor Consolata Bertrone dans Stile di vita

Suor Maria Consolata Betrone ,al secolo Pierina Betrone, nasce a Saluzzo (Cuneo) il 6 aprile 1903 – e perciò nel 2013 “festeggeremo” i 110 anni dalla sua nascita-  entra fra le Clarisse Cappuccine nell’aprile del 1929: ha quindi 26 anni ma già da tempo –dall’infanzia, potremmo dire- il Signore si era manifestato a lei facendole ben intendere che la voleva tutta per sé. La giovane Pierina, pur fra le difficoltà della vita e gli spostamenti della famiglia, ha già deciso di dire  il suo “SI” a Dio.

Quel Dio che si “servirà” di lei per diffondere nel mondo la “piccolissima via d’amore” che è tutta condensata in quella espressione-giaculatoria che Gesù stesso le comunicò: “GESU’, MARIA, VI AMO: SALVATE ANIME”.

Come detto entra fra le Clarisse Cappuccine –inizialmente nel Monastero di Torino, successivamente sarà trasferita nella nuova fondazione di Moncalieri, il Monastero “Sacro Cuore” di Moriondo- dove con semplicità e mitezza svolgerà la sua vita da Religiosa senza che trapelasse nulla della esperienza mistica che viveva (della quale, però, era a conoscenza il suo Confessore).

Morirà lì, a Moriondo, a soli 43 anni “consumata” dalla malattia. Era l’alba del 18 luglio 1946. Ed era l’alba anche del Paradiso: Suor Consolata muore in concetto di Santità e numerose anime si rivolgeranno a lei per chiedere favori e Grazie celesti.

La fase Diocesana della sua Causa di Beatificazione dura dal 1995 al 1999. La Documentazione è ora nella Congregazione delle Cause dei Santi: il Relatore, nominato nel febbraio 2001, è il Domenicano Padre Daniel Ols; il Postulatore attuale è invece l’Avvocato Emilio Artiglieri. Siamo dunque in ….attesa!

Nel frattempo il Monastero del Sacro Cuore è mèta di continui e silenziosi pellegrinaggi di devoti da ogni parte del mondo che si recano sulla sua Tomba per pregare Suor Consolata: il suo corpo mortale si trova ora, in attesa della Risurrezione dei corpi, in una graziosa cappellina. Invitiamo tutti coloro che leggono queste righe a rivolgersi a lei: Gesù stesso le disse “Consolata diventerà Consolatrice”! Il Monastero di Moriondo (piccola frazione di Moncalieri, alle porte di Torino) può essere visitato. E può essere visitato anche il bel Sito Internet (multilingue) – ricco di notizie, foto e tanto altro- che offre una conoscenza a 360° della Serva di Dio. Basta ciccare sul link sottostante:

www.consolatabetrone-monasterosacrocuore.it

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La Madonna e gli Angeli

Posté par atempodiblog le 18 juillet 2012

La Madonna e gli Angeli dans Racconti e storielle Robertina-Zappa

Una leggenda racconta che gli angeli custodi (ci seguono sempre) molte volte, per difenderci dai pericoli, devono sporcarsi le mani ed imbrattarsele. Allora, prima di presentarsi a Dio, passano dalla Madonna. La Madonna rimette a posto le ali, le pulisce ben bene… così gli angeli non hanno paura di continuare a difenderci sempre, anche se devono imbrattarsi.

Ecco il lavoro della Madonna: fare in modo che possiamo sempre essere protetti e difesi nel pericolo.

Non scordiamo mai l’Ave Maria e l’Angelo di Dio prima di partire, prima di una gita…

Roberta Zappa – Radio Maria

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Lo scapolare di Wojtyla custodito a Wadowice

Posté par atempodiblog le 16 juillet 2012

Il pezzo di stoffa di Giovanni Paolo II è diventato una reliquia venerata nella sua città natale
Michelangelo Nasca – La Stampa
Fonte: Ascolta tua Madre

Lo scapolare di Wojtyla custodito a Wadowice dans Articoli di Giornali e News

Si trova a Wadowice lo Scapolare della Madonna del Carmine indossato da Giovanni Paolo II (ormai una preziosa reliquia) fin dall’età di dieci anni. “A Wadowice, – racconta Karol Wojtyla nel libro ‘Dono e Mistero’, in occasione del 50° del suo sacerdozio – c’era sulla collina un monastero carmelitano, la cui fondazione risaliva ai tempi di San Raffaele Kalinowski.

Gli abitanti di Wadowice lo frequentavano in gran numero, e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa devozione per lo scapolare della Madonna del Carmine. “Anch’io lo ricevetti, credo all’età dieci anni, e lo porto tuttora. Si andava dai Carmelitani anche per confessarsi. Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella del Carmelo, si formò la mia devozione mariana durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza fino al conseguimento della maturità classica”.

Secondo quando affermato dallo stesso, Papa Wojtyla non si separò mai da quel duplice pezzetto di stoffa che – secondo la tradizione carmelitana – offre a quanti lo indossano con devozione il cosiddetto “privilegio sabatino” che promette l’abbraccio della Vergine Maria, nel primo sabato dopo la morte. Per una misteriosa coincidenza sappiamo che Giovanni Paolo II spirò alle 21.37 del 2 aprile 2005, proprio nel giorno di Sabato, “mentre in piazza S. Pietro – ricorda il teologo carmelitano P. Antonio Maria Sicari – si cantava la Salve Regina, come si fa ad ogni sabato sera, da ottocento anni, in ogni chiesa carmelitana. Umili e dolci coincidenze agli occhi semplici di chi crede che in Paradiso si coltivi una delicata attenzione ai particolari”.

Karol Wojtyla indossava lo scapolare del Carmine anche al momento dell’attentato del 13 maggio 1981, “Non se ne volle separare – scrive il postulatore della causa di beatificazione, don Oder Slawomir – nemmeno in sala operatoria”. Papa Benedetto XVI, nel corso dell’Angelus domenicale, ha voluto ricordare questa particolare devozione del Papa polacco: “Il segno del personale affidamento a Lei [alla Vergine Maria] – lo scapolare – lo portava e lo stimava tanto il beato Giovanni Paolo II”.

Adesso – come accennavamo prima – lo scapolare di Giovanni Paolo II è custodito nella città natale dell’amato Pontefice, a Wadowice, posto come una reliquia nell’altare della Madonna del Carmine, là dove il giovane Karol l’aveva ricevuto.

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