Alcuni consigli di Don Bosco su come trattare gli alunni
Posté par atempodiblog le 15 mai 2012
Alcuni consigli di Don Bosco su come trattare gli alunni
D. Bosco scriveva a D. Bertello: « Considerali (i chierici studenti di filosofia) come tuoi fratelli: amorevolezza, compatimento, riguardo, ecco le chiavi del loro cuore » (H).
- Ad un assistente diceva: «Si vis amari, esto amabis».
- Studia di farti amare piuttosto che farti temere. La carità e la cortesia siano le tue caratteristiche. (M).
E’ quindi stretto dovere del catechista guadagnarsi il cuore degli alunni proprio come aveva fatto D. Bosco, quando faceva scuola di catechismo in diverse scuole di Torino: «Le sue parole attraenti, le sue maniere affettuose, tutte candore e semplicità, lo rendevano padrone del cuore degli scolari. Era sempre una festa la sua apparizione in una scuola». (M. B. II, 349).
I superiori non si adombrino mai per cose da nulla. Siano calmi, temporeggino, aspettino, esaminino, prima di dare importanza a questa o a quella cosa. (M).
Trattiamo i giovani, come tratteremmo Gesù Cristo stesso se, fanciullo abitasse in questo collegio. Trattiamoli con amore ed essi ci ameranno, trattiamoli con rispetto ed essi ci rispetteranno. Bisogna che essi stessi ci riconoscano superiori, Se noi vorremo umiliarli con parole per la ragione che siam superiori, ci renderemo ridicoli. I).
- Rispettare la fama degli alunni.
- Non mortificarli in pubblico con certe espressioni o termini disonorevoli.
- Non fare capire loro che si sospetta, ma con prudenza sorvegliare senza che se ne accorgano. (I).
- Non si interroghino mai su cose di coscienza, né s’investighi se uno si confessa o no, se va o non va alla S. Comunione.
- In classe i maestri, rimproverando i negligenti non accennino mai alla loro frequenza ai SS. Sacramenti, come in contrasto colla loro condotta. (M).
- Non rimproverare gli allievi senza esser certi delle mancanze, quindi non credere subito ai rapporti, non agire d’impeto, ma esaminare le cose a sangue freddo. (I).
- Quando ti è fatta qualche relazione, ascolta tutto, ma procura di rischiarare i fatti e di ascoltare anche le parti prima di giudicare. (VI).
Ancora il primo sogno
Un giorno D. Bosco confidò a Giuseppe Turco come egli avesse fatto un sogno, dal. quale aveva inteso come col volgere degli anni egli si sarebbe stabilito in un certo luogo dove avrebbe raccolto un gran numero di giovanetti per istruirli nella via della salute. Aveva visto la valle sottostante alla cascina del Sussambrino convertitosi in una grande città, nelle cui strade e piazze correvano turbe di fanciulli schiamazzando giocando e bestemmiando. Siccome egli aveva in grande orrore della bestemmia ed era di un carattere pronto e vivace si avvicinò a questi ragazzi, sgridandoli, perché bestemmiavano, e minacciandoli se non avessero cessato; ma non desistendo essi dal vociare con orribili insulti contro Dio e la Madonna Santissima, Giovanni prese a percuoterli. Senonché gli altri reagirono e correndogli sopra lo tempestarono di pugni. Egli si diede alla fuga. Ecco allora venirgli incontro un Personaggio, che gli intimò di fermarsi, di ritornare a quei monelli, e persuaderli a stare buoni e a non fare il male. Giovanni obbiettò le percosse avute e il peggio che gli sarebbe toccato, se fosse ritornato sopra i suoi passi. Allora quel personaggio lo presentò a una nobilissima Signora, che si faceva innanzi e gli disse: «Questa è mia Madre; consigliati con Lei». La signora fissandolo con uno sguardo pieno di bontà così parlò: « Se vuoi guadagnarti questi monelli, non devi affrontarli con le percosse, ma prenderli con la dolcezza e con la persuasione ». E allora, come nel primo sogno, vide i giovani trasformati in belve e poi in pecorelle e in agnelli, ai quali egli prese a far da pastore per ordine di quella Signora. Era il pensiero del profeta Isaia tradotto in visione: « Daranno gloria a me le bestie selvatiche, i dragoni, gli struzzi mutati in figliuoli di Abramo) ». (M. B. I. 424-425).
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