I bambini sono il sorriso del cielo affidato alla terra

Posté par atempodiblog le 31 mai 2012

I bambini sono il sorriso del cielo affidato alla terra dans Citazioni, frasi e pensieri

Non possiamo trascurare il ruolo dei bambini nella Chiesa. Non possiamo non parlarne con grande affetto. Sono il sorriso del cielo affidato alla terra. Sono i veri gioielli della famiglia e della società. Sono la delizia della Chiesa. Sono come i “gigli del campo”, dei quali Gesù diceva che “neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro” (Mt 6, 28-29). Sono i prediletti di Gesù, e la Chiesa, il Papa non possono non sentir vibrare nel proprio cuore, per loro, i sentimenti di amore del cuore di Cristo.

Giovanni Paolo II

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Santa Giovanna d’Arco

Posté par atempodiblog le 30 mai 2012

Santa Giovanna d'Arco dans Charles Péguy 15fji2a

Hauviette diceva a Giovanna d’Arco: Tu vedi. Tu vedi. Quello che sappiamo, noi altri, tu lo vedi. Quello che c’insegnano, a noi altri, tu lo vedi. Il catechismo, tutto il catechismo, e la chiesa, e la messa, tu non lo sai, tu lo vedi, e la tua preghiera non la dici, non la dici soltanto, tu la vedi. Per te non ci sono settimane. E non ci sono giorni. Non ci sono giorni nella settimana; e non ore nella giornata. Tutte le ore per te suonano come la campana dell’Angelus. Tutti i giorni sono domeniche e più che domeniche e le domeniche più che domeniche”.

Charles Peguy – Il mistero della Carità di Giovanna d’Arco

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Il sacrificio di don Ivan. Travolto dalla sua chiesa per salvare una statua

Posté par atempodiblog le 30 mai 2012

Il parroco di Rovereto era entrato con i vigili del fuoco per recuperare delle immagini sacre
di Michele Brambilla – La Stampa

Il sacrificio di don Ivan. Travolto dalla sua chiesa per salvare una statua dans Articoli di Giornali e News

Una statua della Madonna? O un’immagine di suo Figlio? Non sappiamo di preciso se l’una o l’altra cosa. Ma sappiamo che, da un punto di vista artistico, non valeva granché.
Eppure don Ivan Martini è morto per quella statua, o per quell’immagine. La Chiesa è fatta anche da uomini così.
Erano le nove e mezza di mattina quando don Ivan, 65 anni, parroco di Rovereto sul Secchia – una frazione di Novi di Modena -, è entrato nella sua chiesa per recuperare quel che era sacro, per lui e per i fedeli. Un sopralluogo concordato con i Vigili del fuoco. Concordato e programmato da tempo.
La chiesa era pericolante dopo il terremoto di dieci giorni fa. Don Ivan è entrato con i pompieri. Hanno cominciato a scappare insieme, quando sembrava suonassero le trombe dell’Apocalisse. Ma lui non ce l’ha fatta. Dicono che forse la veste si è impigliata da qualche parte.
«L’ho raccolto che ancora respirava», mi racconta Gino Galiotti, uno di quelli che frequenta la parrocchia. «Ma si capiva che non ce l’avrebbe fatta. Una trave lo aveva schiacciato. Non c’erano neanche ambulanze, l’ho portato io all’ospedale di Carpi per fare prima. È morto quasi subito. Che cosa vuole che le dica? Era qui da una decina d’anni e gli volevano tutti bene. Si occupava anche dei carcerati, insomma uno di quei preti degli ultimi».
Arrivo a Rovereto sul Secchia in tarda mattinata, giusto in tempo per prendere la seconda forte scossa, che per fortuna quando si va in macchina non si sente, e le altre due del pomeriggio, meno forti. La provinciale da Carpi a qui è una stradina di campagna, piena di casette tutte con il loro giardino e naturalmente il loro posto auto, ma oggi le auto sono tutte fuori, sul bordo della strada, pronte a partire.
Mentre i giardini sono popolati: la gente ha lasciato le stanze e si è trasferita lì, ombrelloni e sdraio come in spiaggia, qualcuno monta anche una tenda. È un trasloco di cui si conosce l’ora d’inizio ma non quella della fine.
Sulla strada incontro un uomo di Novi, Mauro Bellelli, che mi porta alla sua cascina di campagna, completamente crollata. «Anche casa mia è danneggiata», dice, «a Novi è un disastro». Il primo che incontro a Rovereto si chiama Nicola Matrone. Viene verso di me e racconta: «Ho perso tutto, la casa e tutto quello che c’era dentro». Rovereto ha quattromila abitanti e nessuno ha il permesso di dormire a casa sua. Alcune case sono crollate, altre hanno dentro crepe che sembrano fiumi su una carta geografica. Comunque nessuno si fida a stare dentro, anche chi non ha visto crepe. «Sembrava la fine del mondo», mi racconta Tiziana Pivani, che lavora per le Coop e ora sta dando una mano ai soccorsi.
La gente di Rovereto è tutta raggruppata su un grande prato che sta proprio dietro la chiesa crollata. È una tenda che don Ivan aveva fatto tirare su per dir messa in questi giorni seguiti al terremoto dell’altra domenica. Adesso è diventato il rifugio non solo dei peccatori, ma di tutte le anime del paese. Ci sono gli scout, ragazzi commoventi di cui si parla sempre troppo poco, che hanno messo giù le panche per mangiare.
Gino Galiotti, quello che ha tirato fuori il parroco dalle macerie, lo incontro proprio lì mentre mescola gli spaghetti al ragoût in un’enorme pentolone da accampamento militare. «Don Ivan era già d’accordo da giorni con i pompieri per andare a recuperare delle statue e dei quadri all’interno della chiesa», mi dice sua moglie, Rosanna Caffini: «Io ero a casa, lui mi ha telefonato: vieni con me? Io sono arrivata, l’ho visto che si metteva l’elmetto, e che entrava con i vigili del fuoco. Poi, l’apocalisse». Usa anche lei questo termine, «l’Apocalisse»: lo dicono un po’ tutti qui, oggi. Continua il racconto: «Ero nell’angolo del cortile quando ho sentito il boato. Che cosa dovevo fare? Sono scappata nel parcheggio. Ho visto un pezzo di campanile venire giù. Che cosa pensa una persona in quei momenti? Se ha un marito e una figlia, pensa al marito e alla figlia. Sono corsa a casa con il cuore in gola a vedere se erano vivi. Grazie al cielo stavano bene, e Gino è venuto subito qui a cercare di salvare don Ivan».
Camminare per il paese è come percorrere una via crucis. Vedi tante casette a un piano, massimo due, e i loro proprietari tutti fermi sull’uscio ad aspettare chissà che cosa. «Mi hanno detto che la mia casa è a posto», dice Marina Rettilieri, «ma io dormo in auto questa notte».
«Io ci dormirei anche», dice Pietro Ronchetti, «però non ci danno il permesso, dicono che stanno preparando delle tende. D’altra parte è vero che le scosse di oggi sono state tremende». Anche le case più nuove sono segnate, «a Rovereto non c’è nessuno che queste notti avrà il permesso di dormire in casa», dice Giancarlo Luppi. La sua è già stata dichiarata inagibile.
Che cosa si vede sulle facce della gente di questo piccolo paese improvvisamente finito, con altri quattro o cinque, in un girone dell’inferno? La paura è la cosa che traspare di più. Non è neanche più la paura per quello che è successo: è il terrore per quello che può ancora succedere.
Questa è la Bassa che ispira pace solo a guardarla, con le sue pianure sconfinate, i suoi casolari e le sue stalle, i suoi piccoli corsi d’acqua nei campi e lungo le strade, il suo silenzio, il suo caldo d’estate e le sue nebbie d’inverno. Ma chi potrà più sentirsi tranquillo domani, e tra un mese, e tra cinquant’anni quando i ragazzi di oggi saranno i nonni che racconteranno ai bambini del terremoto dell’anno dei Maya, e i bambini penseranno che è una favola?
Eppure. Eppure la paura non vincerà gli emiliani, gente abituata a saper prendere la vita. Si vedono in giro anche tanti sorrisi. Come quello di una giovane mamma che sotto la tenda dietro la chiesa imbocca il suo piccolino e gli dice: «È la prima pasta al ragoût della tua vita, chi avrebbe mai pensato che l’avresti mangiata in un giorno così».
La vita continua, in quella tenda. Sono le cose strane. Tutti stanno trovando rifugio in un’opera che era stata voluta e realizzata dall’unica persona del paese che ha perso la vita. E chissà, forse un cristiano ci vede il rinnovarsi di quello in cui crede, e cioè che c’è qualcuno che muore per la salvezza di tutti.

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Il mistero della carità di Giovanna d’Arco

Posté par atempodiblog le 30 mai 2012

Il cardinale Roger Etchegaray ricorda la Pulzella d’Orléans nel giorno della sua festa
Fonte: 30Giorni

Il mistero della carità di Giovanna d’Arco dans Charles Péguy 15ydc0j
Giovanna conduce le truppe francesi alla battaglia di Orléans, miniatura tratta da La Vie des femmes célèbres (1505) di Antoine Dufour, Musée Dobrée, Nantes

30 maggio, memoria di santa Giovanna d’Arco, vergine

La pietà di Jeannette
Secoli ci separano da Giovanna d’Arco ma, come mai prima, ella sembra esserci contemporanea, perché sono la stessa Francia e la stessa Chiesa, ambedue così straziate, a risvegliare il nostro interesse per lei. Il cuore di Giovanna d’Arco si è colmato di pietà a contatto con la miseria del suo tempo: una Francia lacerata ed incerta del proprio destino. Era mossa da una pietà per il regno di Francia. E questo per umile adesione alla volontà di Dio. Si pensi alla pena con cui, mentre prendeva le armi a Vaucouleurs, ammise: «Preferirei piuttosto filare accanto alla mia povera madre, perché questo non è il mio mestiere».
Giovanna sa che la patria non è un’astrazione o un pregiudizio, è una realtà molto concreta. Non è con le idee che si costruisce una patria, ma con la terra che si attacca alla suola delle scarpe.
Non c’è storia più francese della sua. Non vi è una sola francese che possa considerarsi più francese di lei per quella sua vivacità spontanea, che resta tale persino durante la sua prigionia, per quel suo meraviglioso equilibrio che ne rivela le umili origini. A detta di un critico letterario «il capolavoro più commovente e più puro della lingua francese» è nato nel corso dei suoi processi, da un «prodigioso dialogo tra la santità e la viltà» (R. Brasillach, Le procès de Jeanne d’Arc, 1932).
Di Giovanna, della sua pietà di umile contadina, della simpatia e commozione che suscitò nel popolo è stata testimone Rouen. Che non è soltanto la città del processo e di un rogo crepitante di infamia, ma è soprattutto il luogo del «processo al processo» (Régine Pernoud) e di una riabilitazione in cui riecheggia tutta l’esistenza della Pulzella. Senza quelle testimonianze di amici di infanzia, di compagni d’armi, di ex giudici, non sapremmo quasi nulla della sua storia cristallina.
E questo processo al processo, che illumina una vita così breve, ha potuto aprirsi e svolgersi con tanta rapidità grazie alla simpatia popolare degli abitanti di Rouen che non hanno mai dubitato di colei che bruciava davanti ai loro occhi sulla piazza del Mercato Vecchio. Non conosco omaggio più commovente che sia stato reso al popolo di Rouen di quest’affresco di volti pieni di compassione inquadrati in primo piano dalla cinepresa muta di Dreyer nella sua Passione di Giovanna d’Arco.

«Io mi rimetto a Dio»
«Da quando il caro Péguy se n’è andato vorremmo che Giovanna d’Arco appartenesse soltanto ai bambini». Così scrisse Bernanos. E aveva colto nel segno, quando suggeriva che solo lo sguardo dei bambini, come quello che aveva Charles Péguy, poteva comprendere la vicenda della Pulzella d’Orléans.
Alla missione che Dio le indica, Giovanna non aggiunse nulla di suo. «Mi rimetto a Dio, il Re del cielo e della terra», dichiarò a Giovanni di Chatillon che la torturava.
Péguy non ha mai smesso di guardare stupito questo mistero:

«E quel gran generale che adunava intorno a sé città
Come si bacchian noci con una gran pertica
Non era altro in mezzo al rumore e alle guerre civili
Che un’umile fanciulla immersa nel suo amore per Dio».
Se è vero che Giovanna d’Arco è santa, non è certo perché ha salvato la Francia, né tantomeno perché è salita al rogo (che la Chiesa non ha mai riconosciuto come martirio), ma semplicemente perché tutta la sua vita sembra essere in perfetta adesione a quella che lei afferma essere la volontà di Dio. Ciò che lei fa, è ciò che Dio vuole e unicamente questo: «Poiché era Dio ad ordinarlo» ha dichiarato con forza «anche se avessi avuto cento padri e cento madri, anche se fossi stata figlia di re, sarei partita».

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1429. L’ncoronazione di Carlo VII a Reims In questo affresco di Jules Lenepveu conservato al Panthéon di Parigi, alle spalle del re è raffigurata Giovanna d’Arco

Il limite di ogni politica
Giovanna, eroina della propria patria perché santa di Dio, ci indica che è la carità che viene da Dio che ci fa amare la concretezza del particolare. È proprio questa carità frutto di grazia a stabilire il limite di ogni progetto politico, così che sia alieno da pretese totalizzanti.
Il cristiano può anche felicitarsi del fatto che la politica attuale non determini soltanto obiettivi e mezzi, ma promuova finalità e valori, una concezione dell’uomo. Ma in tal caso, il rischio di una sopravvalutazione si fa grande, molto più di quello di una sacralizzazione, di una venerazione della politica. Niente è più temibile di una politica dalle pretese totalizzanti. Come cristiani, qualunque sia il nostro impegno politico, abbiamo il dovere di denunciare il carattere limitato di tutte le ideologie, non appena hanno la pretesa di presentarsi come via di salvezza; accettandole senza riserve, gli uomini rischiano di veder sacrificata la propria integrità.
La missione profetica della Chiesa, di tutti i suoi figli e figlie, consiste in primo luogo nell’affermare che Dio soltanto è Dio, fonte e termine della storia; consiste nella denuncia della sacralizzazione di ogni azione politica, soprattutto in un’epoca in cui rischia di perder vigore il valore assoluto della fede.
La Chiesa diverrebbe presto insignificante se cercasse di confondersi con gli interessi di un progetto politico. Essa non deve temere di impregnare di fermento evangelico la società offrendo la propria originalità, cioè la vita di uomini riconciliati in Cristo attenti ai bisogni concreti innanzitutto dei poveri. Coscienti, come Giovanna d’Arco di Péguy, che solo per grazia riaccade nella storia degli uomini un nuovo inizio di vita cristiana: «Forse ci vorrebbe altro, mio Dio, tu sai tutto. Sai quello che ci manca. Ci vorrebbe forse qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto prima. Qualcosa che non fosse ancora mai stato fatto. Ma chi oserebbe dire, mio Dio, che ci possa essere ancora del nuovo dopo quattordici secoli di cristianità, dopo tante sante e tanti santi, dopo tutti i tuoi martiri, dopo la passione e morte di Tuo Figlio. Insomma quello che ci vorrebbe, mio Dio, ci vorrebbe che tu mandassi una santa… che riuscisse».

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Dio scrive dritto. L’avventura umana e spirituale di un cardinale

Posté par atempodiblog le 30 mai 2012

Dio scrive dritto. L’avventura umana e spirituale di un cardinale
di Angelo Comastri con Saverio Gaeta, Ed. San Paolo

Dio scrive dritto. L'avventura umana e spirituale di un cardinale dans Cardinale Angelo Comastri o6n3ph

Il sacerdozio, la malattia, gli incontri con Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta… L’autobiografia del cardinale Angelo Comastri.
Con toccante sincerità Angelo Comastri racconta la sua storia di sacerdote guidato dalla misericordia di Dio per strade che nessuno avrebbe mai potuto prevedere. Originario della Toscana, di umili origini, il piccolo Angelo sente la chiamata al sacerdozio. Gli è accanto la mamma, che lo segue con commovente semplicità. Dagli anni dello studio in seminario all’ordinazione, dalle prime esperienze pastorali all’inattesa nomina a vescovo di Massa Marittima-Piombino, è sempre la Misericordia di Dio a guidarlo nel suo ministero e a portarlo, dopo una grave malattia, dapprima a Loreto e poi a Roma come cardinale e arciprete della basilica di San Pietro.

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Quando lo Spirito Santo trova Maria in un’anima, vi vola!

Posté par atempodiblog le 27 mai 2012

Quando lo Spirito Santo trova Maria in un'anima, vi vola! dans Citazioni, frasi e pensieri

Quando lo Spirito Santo, suo Sposo, l’ha trovata in un’anima, vi vola e vi entra con pienezza, si comunica a quest’anima con abbondanza, nella misura in cui trova spazio la sua Sposa. Uno dei principali motivi per cui lo Spirito Santo oggi non compie meraviglie clamorose nelle anime, è che non vi trova un’unione abbastanza forte con la sua fedele e indissolubile Sposa”.

San Luigi Maria Grignion de Montfort

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La bontà di Dio nel perdono

Posté par atempodiblog le 21 mai 2012

La bontà di Dio nel perdono dans Don Dolindo Ruotolo don-Dolindo

Maria: Vuoi farti un’idea della bontà di Dio e della durezza delle creature? Con­sidera come si comporta Dio quando viene offeso e come si comportano gli uomini! Oh, come è piccola la misericordia umana, anzi come è nulla! L’uomo finge di perdo­nare, ma in realtà non fa che umiliare aspramente il suo offensore, e ricorda sem­pre l’offesa. Perdona quando non sente più l’urto e la rabbia, perdona stentatamente. Eppure chi l’offende è un essere come lui, forse migliore di lui.
Guarda come è inesorabile l’uomo quan­do punisce: il reo si pente, supplica, pian­ge, ma la legge lo colpisce, lo annienta, lo priva della libertà, e non si placa se non quando non ha più da esigere.
Dio è infinito; chi lo offende è un po­vero verme, l’offesa che riceve è incommen­surabile, eppure Dio chiama il peccatore al suo Cuore, lo attira con le più dolci espres­sioni, lo cerca come un tesoro smarrito, come una pecorella del proprio ovile, come un figlio prediletto. Se Dio vuole che con­fessi un suo peccato, lo vuole nell’interesse stesso del peccatore, perché umiliandosi si senta libero dal suo peso e perché meriti il perdono, lo riguardi come un soave diritto e non come una umiliante concessione. Dio non disprezza il peccatore, non lo guarda con severità, non lo rimprovera, ma lo abbraccia, lo adorna della sua grazia, lo riveste degli abiti della giustizia, gli pone al dito l’anello della figliolanza, gli imban­disce il solenne Banchetto eucaristico. Una sola parola sincera di amore, un solo ge­mito dell’anima basta a riaccostarla a Dio, anche prima di essersi umiliata soavemen­te innanzi al suo ministro.
E’ vero che cadono i flagelli sui pecca­tori, ma non è Dio che vuole la punizione e la morte dell’empio, è l’empio che con le sue azioni si forma i flagelli e le sven­ture… Anche queste però servono a Dio per richiamare a sé il peccatore, quando non ascolta la voce dell’amore. Oh quanto è grande la misericordia di Dio! E tu an­cora diffidi di Lui? Non sai che Egli si reputa grandemente offeso dalla sfiducia, appunto perché è infinita bontà? Gettati dunque nelle sue braccia; piangi ai suoi piedi; in Lui troverai sempre il più caro ed il più amoroso dei padri.

Giaculatoria: Perdonami, o Gesù, ed abbi pietà di me nella tua grande miseri­cordia.

Fioretto: Perdona a chi ti ha offeso, affinché Dio ti perdoni nella stessa misura.

di Don Dolindo Ruotolo
Una profonda riforma del cuore alla scuola di Maria – Casa Mariana

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Il destino ultimo dell’uomo

Posté par atempodiblog le 19 mai 2012

Il destino ultimo dell'uomo dans Fede, morale e teologia

La festa dell’Ascensione ci indica il destino ultimo dell’uomo. La vita è un cammino dal tempo all’eternità e il Cielo è la meta a cui tendere.

Si possono fallire tutti gli obbiettivi terreni, ma saremo usciti vittoriosi dalla prova se avremo raggiunto quello eterno.

Al contrario, invano avremo guadagnato il mondo intero, se poi avremo perso la nostra anima.

Impostiamo la nostra vita nella direzione giusta e la nostra giornata in modo tale che sia un passo verso la meta, dove Gesù ci ha preparato un posto.

Padre Livio Fanzaga

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Tirare il sasso e mettersi il cerotto

Posté par atempodiblog le 19 mai 2012

Tirare il sasso e mettersi il cerotto dans Citazioni, frasi e pensieri

Vecchio trucco quello del persecutore che si dice perseguitato… Il popolo l’ha denunciato, da tempo, con un chiaro proverbio castigliano: tirare il sasso e mettersi il cerotto.

San Josemaría Escrivá de Balaguer

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Bel tempo nel giorno del Signore

Posté par atempodiblog le 18 mai 2012

Ormai da due mesi, il fin settimana è sotto la pioggia:

Bel tempo nel giorno del Signore dans Citazioni, frasi e pensieri

Avrai il bel tempo se nel giorno del Signore,
invece di andare al supermarket a fare la spesa,
andrai a trovare Gesù in chiesa.

Padre Livio Fanzaga

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Iniziare dalla carità

Posté par atempodiblog le 16 mai 2012

Decidersi a “volere” la volontà di Dio dans Citazioni, frasi e pensieri josemariaescrivadebalag

Prima, maltratti… Poi, senza dare il tempo di reagire, gridi: «Adesso, carità fra noi tutti!».

— Se cominciassi dalla seconda cosa, non arriveresti mai alla prima.

San Josemaría Escrivá de Balaguer

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María, Virgen y Madre… – Finca Betania

Posté par atempodiblog le 15 mai 2012

“E’ l’ora difficile per tutta l’umanità ed è necessario evitare le incomprensioni fra fratelli; le nazioni devono essere unite… l’amore del mio Gesù sarà la porta che aprirà i cuori, per dare accesso ad una bellissima Era che deve rianimare i popoli ad un glorioso insegnamento di unità. Approfittate del tempo poiché sta arrivando l’ora in cui mio Figlio si presenterà dinanzi a tutti come Giudice e Salvatore; dovete essere nelle necessarie condizioni per vivere assieme a Lui quel Grande Giorno; non crediate che sia lontano”. (23 marzo 1973)

Figli miei, vi supplico, approfittate dei giorni, delle ore, dei minuti e dei secondi per prepararvi. L’evangelizzazione è la rappresentazione della Nuova Età dell’Oro di un mondo nuovo… dove la Pace, le vie dell’Amore, vi portano a raggiungere la rettitudine e la conoscenza dei figli di Dio. Siete figli di Dio… il Suo Popolo”. (1988)

María, Virgen y Madre... – Finca Betania dans Apparizioni mariane e santuari

Finca Betania è un fondo agricolo situato fra le città di Cúa e San Casimiro, nello Stato di Miranda, a circa 65 km da Caracas. Le apparizioni che qui si sarebbero succedute riguardano Maria Esperanza Medrano de Bianchini, madre di 7 figli che vive a Cúa proprio nella regione chiamata Finca Betania. La donna ebbe sin da piccola varie esperienze mistiche, a partire dalla guarigione miracolosa dopo una gravissima malattia. Il fenomeno più rilevante è quello delle stimmate. Al di là di questi doni mistici, le apparizioni della Madonna a Maria Esperanza ebbero inizio dal 25 marzo 1976, accompagnate da guarigioni, miracoli eucaristici, luci mistiche e profumi di fiori.

La prima apparizione avvenne su un grande albero vicino ad un ruscello. La veggente era con 80 persone che non videro la Vergine, ma percepirono vari fenomeni luminosi e strani movimenti del sole. La Vergine apparve il 22 agosto, chiedendo che fosse innalzata in quel luogo una croce. L’anno successivo, il 25 marzo e l’1, il 2 e il 3 maggio, la Vergine apparve alla veggente mentre alcune persone videro segni nel cielo. Il 25 marzo del 1978, la Vergine fu vista da 15 persone che poterono vedere anche il miracolo del sole come era avvenuto a Fatima. Il 25 marzo del 1984, a mezzogiorno dopo la Messa, la Madonna apparve sulla cascata a più di 150 persone. Da quel momento sono state molte le apparizioni, soprattutto di sabato, di domenica e durante le feste mariane.

Secondo le testimonianze dei veggenti, la Madonna «compare dal nulla, materializzandosi alcune volte sotto forma della Madonna di Lourdes, altre della Medaglia miracolosa, altre ancora di Maria Ausiliatrice, della Vergine del Pilar, di Nostra Signora di Coromoto, e sotto molti altri titoli conosciuti».

Tutti sono stati d’accordo nell’affermare che essa appariva improvvisamente, radiante di luce, accompagnata la maggior parte delle volte da un intenso ma delizioso profumo di rose e da altri fenomeni soprannaturali come canti di cori celesti, movimenti rotatori del sole.

Secondo l’Istruzione del vescovo di Los Teques, Pio Bello Ricardo, i veggenti comprovati sono arrivati ad essere tra le 500 e le 1000 persone. Così, il 21 novembre 1987, dopo più di 10 anni di investigazioni, ha potuto dichiarare che le apparizioni sono autentiche e di natura soprannaturale e ha dato il suo consenso all’erezione di un santuario dedicato a María, Virgen y Madre Reconciliadora de todos los Pueblos y Naciones, come lei stessa chiese di essere qui venerata.

di Bruno Simonetto, ssp – Madre di Dio

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Fare silenzio

Posté par atempodiblog le 15 mai 2012

Fare silenzio dans Imitazione di Cristo

Quanta bellezza e quanta pace, fare silenzio intorno agli altri; non credere pari pari ad ogni cosa, né andare ripetendola; rivelare sé stesso soltanto a pochi; cercare sempre te, che scruti i cuori, senza lasciarsi portare di qua e di là da ogni vuoto discorso; volere che ogni cosa interiore ed esterna, si compia secondo la tua volontà! Quale tranquillità, fuggire le apparenze umane, per conservare la grazia celeste; non ambire a ciò che sembri assicurare ammirazione all’esterno, e inseguire invece, con ogni sollecitudine, ciò che assicura emendazione di vita e fervore! Di quanto danno fu, per molti, una virtù a tutti nota e troppo presto lodata. Di quanto vantaggio fu, invece, una grazia conservata nel silenzio, durante questa nostra fragile vita, della quale si dice a ragione che è tutta una tentazione e una lotta!

Imitazione di Cristo

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Alcuni consigli di Don Bosco su come trattare gli alunni

Posté par atempodiblog le 15 mai 2012

Alcuni consigli di Don Bosco su come trattare gli alunni

Alcuni consigli di Don Bosco su come trattare gli alunni dans San Giovanni Bosco

D. Bosco scriveva a D. Bertello: « Considerali (i chierici studenti di filosofia) come tuoi fratelli: amorevolezza, compatimento, riguardo, ecco le chiavi del loro cuore » (H).
- Ad un assistente diceva: «Si vis amari, esto amabis».

- Studia di farti amare piuttosto che farti temere. La carità e la cortesia siano le tue caratteristiche. (M).
 E’ quindi stretto dovere del catechista guadagnarsi il cuore degli alunni proprio come aveva fatto D. Bosco, quando faceva scuola di catechismo in diverse scuole di Torino: «Le sue parole attraenti, le sue maniere affettuose, tutte candore e semplicità, lo rendevano padrone del cuore degli scolari. Era sempre una festa la sua apparizione in una scuola». (M. B. II, 349).
 I superiori non si adombrino mai per cose da nulla. Siano calmi, temporeggino, aspettino, esaminino, prima di dare importanza a questa o a quella cosa. (M).
 Trattiamo i giovani, come tratteremmo Gesù Cristo stesso se, fanciullo abitasse in questo collegio.  Trattiamoli con amore ed essi ci ameranno, trattiamoli con rispetto ed essi ci rispetteranno. Bisogna che essi stessi ci riconoscano superiori, Se noi vorremo umiliarli con parole per la ragione che siam superiori, ci renderemo ridicoli. I).
- Rispettare la fama degli alunni.
- Non mortificarli in pubblico con certe espressioni o termini disonorevoli.
- Non fare capire loro che si sospetta, ma con prudenza sorvegliare senza che se ne accorgano. (I).

- Non si interroghino mai su cose di coscienza, né s’investighi se uno si confessa o no, se va o non va alla S. Comunione.
- In classe i maestri, rimproverando i negligenti non accennino mai alla loro frequenza ai SS. Sacramenti, come in contrasto colla loro condotta. (M).

- Non rimproverare gli allievi senza esser certi delle mancanze, quindi non credere subito ai rapporti, non agire d’impeto, ma esaminare le cose a sangue freddo. (I).
- Quando ti è fatta qualche relazione, ascolta tutto, ma procura di rischiarare i fatti e di ascoltare anche le parti prima di giudicare. (VI).

Ancora il primo sogno

 dans Stile di vita

Un giorno D. Bosco confidò a Giuseppe Turco come egli avesse fatto un sogno, dal. quale aveva inteso come col volgere degli anni egli si sarebbe stabilito in un certo luogo dove avrebbe raccolto un gran numero di giovanetti per istruirli nella via della salute. Aveva visto la valle sottostante alla cascina del Sussambrino convertitosi in una grande città, nelle cui strade e piazze correvano turbe di fanciulli schiamazzando giocando e bestemmiando. Siccome egli aveva in grande orrore della bestemmia ed era di un carattere pronto e vivace si avvicinò a questi ragazzi, sgridandoli, perché bestemmiavano, e mi­nacciandoli se non avessero cessato; ma non desistendo essi dal vo­ciare con orribili insulti contro Dio e la Madonna Santissima, Gio­vanni prese a percuoterli. Senonché gli altri reagirono e correndogli sopra lo tempestarono di pugni. Egli si diede alla fuga. Ecco allora venirgli incontro un Personaggio, che gli intimò di fermarsi, di ri­tornare a quei monelli, e persuaderli a stare buoni e a non fare il male. Giovanni obbiettò le percosse avute e il peggio che gli sarebbe toccato, se fosse ritornato sopra i suoi passi. Allora quel personaggio lo presentò a una nobilissima Signora, che si faceva innanzi e gli disse: «Questa è mia Madre; consigliati con Lei». La signora fissandolo con uno sguardo pieno di bontà così parlò: « Se vuoi guadagnarti questi monelli, non devi affrontarli con le percosse, ma pren­derli con la dolcezza e con la persuasione ». E allora, come nel primo sogno, vide i giovani trasformati in belve e poi in pecorelle e in agnel­li, ai quali egli prese a far da pastore per ordine di quella Signora. Era il pensiero del profeta Isaia tradotto in visione: « Daranno gloria a me le bestie selvatiche, i dragoni, gli struzzi mutati in figliuoli di Abramo) ». (M. B. I. 424-425).

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Un popolo festante in Marcia per la Vita

Posté par atempodiblog le 14 mai 2012

Un popolo festante in Marcia per la Vita dans Riflessioni

Un enorme successo. Solo così può essere descritta la Marcia per la Vita che ha avuto luogo oggi, domenica 13 maggio, lungo le vie della Capitale.

Il corteo – composto da circa 15.000 persone – è partito alle 9.30 dal Colosseo ed è giunto un paio d’ore dopo a Castel Sant’Angelo. Secondo quanto dichiarato dagli organizzatori, lo scopo dell’evento era quello di “affermare il valore universale del diritto alla vita e il primato del bene comune sul male e sull’egoismo”: solo uno Stato che salvaguarda tutti gli individui (e soprattutto i più deboli) e che incentiva le famiglie, infatti, può sperare in un futuro migliore.

Alla Marcia hanno partecipato moltissimi giovani e tante famiglie con bambini, ma anche parecchi adulti ed anziani, nonché numerosi consacrati e appartenenti a diversi ordini religiosi maschili e femminili.
Il clima in cui si è svolta la marcia è stato di festa: erano infatti tantissime le bandiere sventolanti e i cartelli colorati e molti sono stati i gruppi che hanno camminato cantando allegramente. Un vero tripudio di colori e musica.

Tra le personalità politiche che hanno partecipato alla marcia odierna, spiccano il nome del sindaco di Roma Gianni Alemanno, quello del presidente dei senatori del PDL Maurizio Gasparri, quello di Paola Binetti, quello dell’eurodeputato Magdi Cristiano Allam, quello di Stefano De Lillo e quello della consigliera della regione Lazio Olimpia Tarzia.

Questa seconda edizione della Marcia per la Vita è stata, dunque, un momento molto importante per il mondo pro-life, che ha avuto modo di dimostrare all’opinione pubblica di essere una realtà viva e piena di voglia di impegnarsi per garantire un futuro migliore all’Italia.
Appuntamento dunque a Roma il 12 maggio 2013: nello stesso clima sereno e con la stessa determinazione!

di Giulia Tanel
Libertà e Persona

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