“Non c’è stata alcuna discriminazione”. Così il vescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Paolo Rabitti, risponde alle accuse levate da alcuni genitori contro la decisione del parroco di Porto Garibaldi di rinviare la Prima Comunione di un bambino con gravi disabilità psichiche. “Nessun rifiuto dell’Eucaristia – spiega la Curia – il cammino di preparazione del ragazzo continuerà in modo che possa accedere al Sacramento in tempi opportuni”. Molti giornali hanno gridato allo scandalo ed è nato un vero e proprio caso mediatico senza alcun fondamento. Paolo Ondarza ha intervistato mons. Paolo Rabitti:
R. – Il parroco di Porto Garibaldi ha organizzato la preparazione alla Prima Comunione dei bambini dallo scorso anno: servono due anni di preparazione. Il cammino di preparazione è diventato intensivo da ottobre. La Prima Comunione avviene nel giorno – molto indicativo – del Giovedì Santo ed una coppia di genitori, non parrocchiani, si è rivolta al parroco solo il 29 febbraio scorso per far avere al figlio disabile cerebroleso la Prima Comunione. Il parroco, pur non essendo il parroco della famiglia, ha accolto di buon grado la richiesta.
D. – Non c’è stata quindi in alcun modo, da parte del parroco, una preclusione?
R. – No, assolutamente. Anzi: mi diceva di aver acquistato alcuni sussidi per potersi attrezzare maggiormente, perché era la prima volta che gli capitava un caso del genere. Aveva chiesto ai genitori di partecipare con il bambino alla celebrazione della Messa, ma sono venuti solo poche volte: il bambino avrà partecipato un paio di volte alla Messa e altrettante agli incontri di catechesi. La Comunione sarebbe stata impartita, quindi, con soli due o tre incontri e con due Messe praticate. Il parroco, quindi, ha comunicato ai genitori che secondo lui i tempi non erano ancora maturi.
D. – Diciamo, quindi, che il Sacramento della Prima Comunione, per questo bambino, è solamente rimandato ad un altro momento più opportuno, in cui la preparazione venga effettuata in maniera compiuta…
R. – Sì. I genitori, però hanno avvertito questa decisione come ’ discriminante: ‘come mai gli altri sì e lui no’? Devono anche aver espresso un certo sarcasmo, del tipo ‘chi è quel bambino che capisce fino in fondo la Comunione’? Sono quindi venuti in Curia, e qui è stato detto lorodi fare una cosa: mandare il figlio in Chiesa, il giorno della Prima Comunione, insieme agli amici, seduto sugli stessi banchi. Il parroco si sarebbe avvicinato al bambino, avrebbe fatto per lui la stessa gestualità, gli avrebbe dato una carezza e, in questo senso, quell’eventuale percezione che il bambino avrebbe potuto avere nel dire ‘i miei amici sì ed io no’, sarebbe stata scongiurata. Cosa che, tra l’altro, è avvenuta.
D. – Occorre ribadirlo: non c’è alcun legame tra la disabilità di un bambino e il mancato accesso al Sacramento della Comunione…
R. – No. Abbiamo la parola di Papa Benedetto XVI, il quale dice che quando una famiglia è in piena fede e la loro creatura è disabile in senso totale, i Sacramenti vanno dati perché la fede della famiglia reggerà per tutta la vita questa creatura. C’è poi una seconda nota, che riguarda il documento della Conferenza episcopale, che dice di dover evitare due cose: uno, far fare alla creatura disabile un esame di sesto grado prima di accedere ai Sacramenti: due, portarlo ai Sacramenti con in un’impreparazione totale. Forte di quest’ultimo aspetto, dal quale risultava appunto l’impreparazione, almeno gestuale – il ragazzo aveva precedentemente sputato una particola non consacrata – si è quindi ritenuto di dover assuefarlo di più, attraverso un maggior impegno, all’idea del Sacramento per poter fare poi la Comunione con maggiore serenità.
D. – Va anche detto, poi, che per qualsiasi bambino vale la regola che se la preparazione alla Comunione non viene eseguita secondo determinate regole – ad esempio la regolare frequentazione del catechismo – il Sacramento può essere rinviato, vero?
R. – Sì, è così. Anche se – e ne sono testimone – qualora un bambino non frequenti mai il catechismo ed il parroco si permetta di dire, alla vigilia, che non lo ammette perché non lo ha mai visto se non due o tre volte, succede la rivoluzione …
D. – Diventa un diritto in base ad un egualitarismo che, però, non fa parte dei criteri di accesso alla Prima Comunione …
R. – Sì, come quando accade che se un prete si “permette” di negare l’assoluzione, in confessionale, mi arriva immediatamente una lettera in cui si dice: “mi è stata negata l’assoluzione: chiedo giustizia”. Quasi che il vescovo sia il Tribunale dell’Aia. (vv)
Tratto da: Radio Vaticana