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Il Carnevale storico d’Ivrea

Posté par atempodiblog le 20 février 2012

Il Carnevale storico d’Ivrea
di Daniele Civisca – Radici Cristiane

Il Carnevale storico d'Ivrea dans Articoli di Giornali e News

Le origini
Il Carnevale di Ivrea è forse l’unico in tutto il mondo ad avere una trama precisa che lo rende simile alla rappresentazione di una antica commedia dell’arte.

Il nucleo originario della leggenda che viene rappresentata risale al Medioevo, sebbene l’odierna festa abbia preso forma solo all’inizio dell’Ottocento.
Due infatti sono i filoni storici che compongono la rappresentazione.
Il primo risale al Medioevo all’insediamento di Raineri di Biandrate come Signore della città.
Rainieri, preso possesso del Castello di S. Maurizio (il Castellazzo) sottrasse al Vescovo i suoi tradizionali poteri opprimendo l’intera cittadinanza, nobili e plebei, tanto che questa, esasperata da violenze e soprusi, nel 1194, insorse scacciandolo e distruggendo il Castellazzo.
Il maniero sorse però nuovamente per opera di GuglielmoVII Marchese del Monferrato che, meno di un secolo dopo, tentò nuovamente di sottomettere la città venendo però scacciato nel 1266 da una nuova sollevazione.
Nella leggenda, Raineri e Guglielmo sfumano in un’unica figura di tiranno che insidia la bella Violetta, figlia di un mugnaio. Questa, pronta a tutto pur di mantenere la propria purezza, mozza il capo del tiranno e, mostrandolo al popolo raccolto sotto gli spalti del castello, lo incita a liberarsi dell’oppressore. Ne segue una grande rivolta che porta alla distruzione del castello e che viene ancor oggi rappresentata dalla battaglia delle arance.
Per comprendere l’attuale struttura del Carnevale, occorre tuttavia completare la storia con uno sguardo ai tempi più recenti. Nel corso dei secoli infatti i vari rioni della città festeggiavano il carnevale separatamente, con feste animate da una accesa rivalità che sfociavano spesso in violenti scontri. Nel 1808 però il governo, preoccupato per l’ordine pubblico, impose di riunire queste feste in un’unica manifestazione, il cui controllo venne affidato ad un eminente cittadino ben accetto alla maggioranza della popolazione.
Nacque così la figura del Generale, “arbitro” del Carnevale, ed ebbe inizio il “moderno” Carnevale di Ivrea che da allora mantiene la stessa struttura.

L’apertura della festa
Tradizionalmente il ciclo del Carnevale di Ivrea inizia il giorno dell’Epifania, quando la banda di pifferai e tamburini, seguita dalla cittadinanza, percorre le vie per annunciare l’inizio del periodo di festa. Le musiche dei Pifferi hanno origine antica e sono ispirate alle marce seicentesche suonate dalle bande militari piemontesi ai tempi del Duca Emanuele Filiberto di Savoia.
Il Corteo Storico, ricco di figuranti in abiti rinascimentali a piedi e a cavallo, seguendo i Pifferi, raggiunge il Palazzo Comunale dove il Generale prende le consegne dal suo predecessore con la consegna della feluca e della sciabola.
Nel pomeriggio il Corteo, aperto dagli alfieri con le bandiere storiche dei rioni e delle parrocchie cittadine, raggiunge il Duomo dove, alla presenza di una grande folla e delle autorità cittadine si tiene una solenne messa.

La settimana di carnevale
L’inizio alla festa vera e propria avviene però il Giovedì Grasso quando il Generale riceve simbolicamente i poteri dal Sindaco e, subito dopo, si reca al Duomo per prestare omaggio al Vescovo.

Al Sabato viene ufficialmente presentata la Bella Mugnaia che, affacciandosi al balcone del Municipio, apre le danze mascherate in piazza. Solo nel 1858 la Mugnaia, ricordo della figura di Violetta, simbolo di moralità e di libertà, divenne parte integrante della rappresentazione.
L’ultima domenica di Carnevale si arriva al clou della festa. Al mattino si svolgono una serie di rievocazioni storiche, dalla “fagiolata benefica” (ricordo delle distribuzioni effettuate dalle Confraternite religiose ai poveri durante il Medioevo) alla “preda in Dora” durante la quale il Generale, gettando una pietra nel fiume, rievoca la presa del castello; al pomeriggio parte la Marcia in costume e ha finalmente inizio la famosa battaglia delle arance che si protrarrà per i due giorni successivi.

La Marcia
Ad aprire il grande corteo in costume è la Mugnaia su di un carro dorato adorno di garofani rossi e trainato da cavalli bianchi. La Mugnaia indossa una veste di lana bianca lunga fino alle caviglie e stretto ai fianchi da un cordone, un mantello di ermellino e una sciarpa verde su cui è appuntata una coccarda.

La segue il carro del Generale. Oltre alla feluca, alla fascia bianco rossa ed alla sciabola, indossa alti stivali speronati, calzoni, guanti bianchi ed una giubba nera con bordi, bottoni e spalline dorati.
Al fianco del Generale è presente tutto il suo Stato Maggiore: più di trenta persone tra Ufficiali, Aiutanti di campo, Vivandiere ed ex Aiutanti di campo, tutti a cavallo. Dietro di lui, il Podestà con il suo seguito ed infine i carri degli aranceri.
Il corteo percorre il centro storico e ad ogni piazza le squadre degli aranceri a piedi lo attendono pronte per la battaglia.

Gli “scarli” e il funerale del Carnevale
Quella dell’“abbruciamento degli scarli” è un altro aspetto tipico del Carnevale di Ivrea. Il Lunedì Grasso infatti, giovani coppie di sposi innalzano nelle piazze rionali gli “scarli”, alti pali intrecciati d’edera e ginepro, sormontati da una bandiera, simbolo della sacralità e dell’inviolabilità del matrimonio e della famiglia.

Il giorno dopo, l’ultimo giorno di festa, dopo la sfilata dei carri allegorici e la premiazione delle squadre di aranceti vincitrici, nelle cinque piazze rionali il Generale con il suo Stato Maggiore da fuoco agli “scarli”.
Per ultimo viene bruciato lo “Scarlo” in Piazza del Municipio. Il rogo è presieduto dalla Mugnaia che in piedi sul carro brandisce la spada verso l’alto. Se la stanchezza e il peso dell’arma fanno abbassare il suo braccio, la tradizione vuole ci sia da attendersi un anno negativo e i fischi e i rimbrotti della folla non si fanno attendere.
Completato quest’ultimo compito, il Generale riconsegna i poteri al Sindaco, tutti insieme, in un sacro silenzio, rotto solo dalla musica triste e lenta dei Pifferi, si partecipa al funerale del Carnevale fino alla Piazza Ottinetti. “Adverse a giobia n’ bot”, “arrivederci a giovedì all’una”, grida la folla, ovvero arrivederci al prossimo anno: il Carnevale di scherzi e divertimenti è ormai finito e la Quaresima di penitenza è alle porte.

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Caso Tomislav

Posté par atempodiblog le 20 février 2012

Cari amici,
il Documento sottostante è stato pubblicato da Radio Maria su sollecitazione di chi è al corrente degli ultimi sviluppi, molto gravi, che circolano in rete. Il Documento della S. Sede prevede per la persona di cui si parla la scomunica se rilascia dichiarazioni in materia religiosa o in relazione al « fenomeno di Medjugorje ».

di Padre Livio Fanzaga



Per leggere il documento citato da Padre Livio cliccare  Caso Tomislav dans Medjugorje iconarrowti7 QUI



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Jeremy Lin, il nuovo fenomeno dell’Nba ha gli occhi a mandorla e un’incrollabile fede in Dio

Posté par atempodiblog le 20 février 2012

Jeremy Lin, il nuovo fenomeno dell’Nba ha gli occhi a mandorla e un’incrollabile fede in Dio
In cinque gare ufficiali ha fatto innamorare i tifosi dei New York Knicks. Era il 4 febbraio quando coach D’Antoni, esasperato dalle sconfitte e dagli infortuni, manda in squadra questo sconosciuto ragazzo cinese, mai entrato in campo. E Lin ricambia la cortesia con 25 punti, 5 rimbalzi e 7 assist.
di Daniele Ciacci – Tempi

Jeremy Lin, il nuovo fenomeno dell'Nba ha gli occhi a mandorla e un'incrollabile fede in Dio dans Sport

« Linsanity » è l’ultima malattia che sta contagiando gli appassionati di basket d’oltreoceano. In particolare a New York, dove la passione per il nuovo beniamino Jeremy Lin sta risollevando il brand dei Knicks, pesantemente in rosso sia sul bilancio che in classifica. La storia del giovane playmaker dagli occhi a mandorla è la realizzazione del sogno americano. Ora, in Cina, se lo contendono tutti. Cai Qi, capo del partito comunista della provincia di Zheijiang, ne rivendica le origini dal paesino di Jiaxing, dove risiedeva la nonna materna di Jeremy. Ma in patria si tace su un piccolo particolare: Lin è cristiano praticante. Un ragazzo che solo ieri era la riserva della riserva della riserva e adesso dice: «È un miracolo di Dio». Ma andiamo con ordine.

Mike D’Antoni, l’allenatore dei New York Knicks, gestisce una squadra che fa pena. Non tanto per gli interpreti, ma perché manca un playmaker, quello che sposta la palla da una lunetta all’altra e illumina i compagni con passaggi smarcanti. Toney Douglas è mediocre, Mike Bibby non si regge sulle gambe, Imam Shumpert è una guardia riciclata a pivot e non funziona. Il coach italo-americano rispolvera Baron Davis sperando in un suo exploit da vecchio campione, ma lo blocca il colpo della strega. Non ne entra una giusta. Per disperazione lo scorso 4 febbraio contro i New Jersey Nets è costretto a far giocare un giovane chink – così vengono chiamati gli asiatici in America, con un tantino di spocchia – fresco di partitelle in terza divisione. Il « giovanotto » di un metro e 91 centimetri è Jeremy Lin. Nato a Palo Alto ventitré anni fa da madre cinese e padre taiwanese, entrambi alti 1 metro e 68 centimetri. L’altezza viene tutta dal bisnonno paterno. Ma non è solo quello il suo lascito. L’avo Chen Weiji fu il primo cristiano della stirpe dei Lin. Convertito da missionari protestanti americani nei primi del 900, educa i figli a una religione lontana ma affascinante. Tanto che negli anni ’40 la nonna di Jeremy, per fuggire dalla persecuzione comunista, sbarca a Taiwan, dove i genitori di Lin si incontrano. Da lì la coppia parte per gli Usa per scappare dai conflitti tra l’isola e la terraferma cinese.

Jeremy cresce in California. Il padre lo inizia alla pallacanestro portandolo sul parquet della Young Men’s Christian Association di Palo Alto. Lo sport gli piace, così decide di giocarsi una chance importante in qualche college che disponibile a dare sussidi agli atleti. Ma nessuno vuole un asiatico: la figura di Yao Ming – celebre cestista di 2 metri e 26 – pesa come un macigno. Se poteva venire qualcosa di buono dalla Cina, era già successo. Lin viene accettato ad Harvard che, pur essendo un’università di pregio della Ivy League, a livello sportivo vale pochissimo. Dopo la laurea in Economia finisce nei Golden State Warrios, per cui tifava da ragazzino, ma gioca pochi minuti, finendo spesso nelle squadre minori della società per farsi le ossa. Poi, complici gli infortuni della squadra di D’Antoni, sbarca senza contratto tra le fila dei Knicks.

E torniamo al 4 febbraio, quando un illuminato Mike D’Antoni lo fa entrare in campo. Lui lo ripaga con 25 punti, 5 rimbalzi e 7 assist, riportando i Knicks alla vittoria e salvando il posto al coach. Lo squattrinato panchinaro, che dormiva a casa del fratello – futuro dentista – su un divano sfondato, diventa una star. È l’inizio di una serie di sei vittorie dei Knicks. Il record personale di Lin è contro i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant che, prima della sfida, fa la voce grossa: «Chi cazzo è ‘sto ragazzo? Butta dentro triple su triple? Ha una media di 28.8 punti a partita come me? No!». E la Linderella (da « Cinderella », Cenerentola del basketball) lo punisce segnando 38 punti. Ma è la partita contro i Toronto Raptors che consacra la leggenda. Guarda caso, un tiro da fuori area di Lin regala ai Knicks l’ennesima vittoria – 90 a 87 –  e un record assoluto. Jeremy Lin è il giocatore che ha segnato di più nelle prime 5 partite da titolare. E adesso, lo aspetta lo All Star Game di Orlando. D’Antoni ringrazia con una frase a effetto: «È stata una fortuna iniziare la stagione così male. Grazie Lin».

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