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La vita cristiana

Posté par atempodiblog le 17 février 2012

La vita cristiana dans Amicizia

Ciò che ciascuno di noi sta cercando è l’amicizia vera: la verità, l’onestà, l’amore.
Il Signore stesso ci ha dato la nostalgia della comunione, dell’amicizia tra di noi; Lui ha messo dentro di noi la nostalgia del bene, della comprensione, di saper amare, perdonare, ricominciare con gioia.
La vita bella, la vita vera si realizza con cose piccole. I nostri ragazzi sono felici proprio perché si scoprono buoni. E ognuno di noi ha ricevuto il grandioso dono della coscienza, che ci dice la verità. Anche quando siamo cattivi, possiamo rimediare, la coscienza ci dice come fare: chiedendo perdono! Tutti sbagliano ed è naturale, ma non dobbiamo tenerci il “broncio”, covare rancore, rabbia, vendetta.
La nostra è una Comunità in cui ci vogliamo bene e lo facciamo attraverso le nostre povertà, perché tutti sbagliamo e nessuno è autorizzato a puntare il dito. Quando arriviamo al Cenacolo mettiamo in comune le nostre pochezze, non guardiamo chi è più buono, chi è più intelligente, chi lavora di più… mettiamo in comune quello che ci umilia, i nostri sbagli, le nostre povertà, i nostri fallimenti e lasciamo che sia Dio a risollevarci, a perdonarci e a unirci, facendo di noi la Sua famiglia.
Quanti tradimenti hanno subito i nostri giovani, quante lacrime nascoste hanno versato: é lì che sono nate le paure, il mutismo, la solitudine, la timidezza.
Per rendere felici i giovani basta far loro incontrare quello che veramente cercano: la pace, la verità senza maschere, la forza per vivere la bontà, l’umiltà, la pazienza reciproca, il saperci perdonare…. in una parola: la vita cristiana.
I nostri giovani in Comunità hanno sperimentato cosa vuol dire la fatica del lavoro, la misericordia di Dio, l’amore, l’amicizia vera tra di loro, il rispetto. Si sono conosciuti, aiutati, hanno visto che veramente la vita non era solo quella che stavano vivendo prima, hanno incontrato dei ragazzi come loro che volevano bene a loro disinteressatamente, che si correggevano l’un l’altro, che vivevano persino l’ansia di non far fallire il fratello, di lottare a tutti i costi perché non ritornasse nelle tenebre del suo passato. Tutto questo è amicizia! E senza magari neanche pensarci, è nato in loro l’amore per la vita: pensando agli altri, Dio ha donato a loro un amore nuovo alla vita.
Impariamo allora dai giovani che il nostro vero bene, la nostra felicità non è quello che ci esalta, ma è l’essere fratelli, sorelle, amici leali, senza ambizioni di arrivare chissà dove, ma in fondo, da soli! La felicità è fatta di cose semplici, piccole, che fanno stare bene il cuore.

di Suor Elvira Petrozzi – Comunità Cenacolo

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Papa: per quanto siano dure le prove non cadremo mai fuori dalle mani di Dio

Posté par atempodiblog le 17 février 2012

Benedetto XVI torna a dedicare l’udienza generale alla preghiera di Gesù morente. Tre “parole” nelle quali “la prima e la terza sono rivolte esplicitamente al Padre e la seconda al buon ladrone crocifisso con lui”. In quest’ultima, ha detto Benedetto XVI, “c’è la speranza che la preghiera sincera anche dopo una vita sbagliata incontra il Padre”.

Papa: per quanto siano dure le prove non cadremo mai fuori dalle mani di Dio dans Fede, morale e teologia

Pregare per “coloro che ci fanno torto”, affinché “la luce di Dio possa pervadere i loro cuori” e affidarsi totalmente a Dio, nella certezza che “per quanto dure siano le prove, difficili i problemi, pesante la sofferenza, non cadremo mai fuori delle mani di Dio, quelle mani che ci hanno creato, ci sostengono e ci accompagnano nel cammino dell’esistenza, perché guidate da un amore infinito e fedele”. Lo insegna la preghiera di Gesù morente – “indicazioni impegnative alla nostra preghiera, ma la aprono anche ad una serena fiducia e ad una ferma speranza” – alla quale, anche oggi, Benedetto XVI ha dedicato il discorso per le seimila persone presenti all’udienza generale.

In quella che il Papa ha definito “scuola di preghiera”, egli ha proposto una riflessione sulle parole che Luca riferisce di Gesù morente. Sono tre “parole”, nelle quali “la prima e la terza sono rivolte esplicitamente al Padre e la seconda al buon ladrone crocifisso con lui”. In quest’ultima, ha detto Benedetto XVI, Gesù “dona la ferma speranza che la bontà di Dio può toccarci anche nell’ultimo istante della vita e la preghiera sincera, anche dopo una vita sbagliata, incontra le braccia aperte del Padre buono che attende il ritorno del figlio”.

Nella prima “parola”, “subito dopo essere stato inchiodato sulla croce e mentre i soldati si stanno dividendo le sue vesti” Gesù chiede “Padre perdona loro, perché non sanno quel che fanno”. E’ una “intercessione”, Gesù “chiede il perdono per i propri carnefici, con cio compie in prima persona quello che aveva detto nel Discorso della montagna: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano”. “Adesso non solo perdona i suoi carnefici, ma si rivolge direttamente al Padre intercedendo per i suoi carnefici”. Gesù “non solo chiede il perdono, ma dà una lettura di ciò che accade: non sanno quello che fanno”. “L’ignoranza – ha commentato il Papa – il «non sapere», come motivo della richiesta di perdono al Padre, perché essa lascia aperta la via verso la conversione, come del resto avviene nelle parole che pronuncerà al momento della morte di Gesù: veramente questo uomo era giusto, era il Figlio di Dio”.

La seconda è una “parola di speranza”. “Il buon ladrone rientra in sé e si pente, si accorge di trovarsi di fronte al Figlio di Dio” al quale chiede di ricordarsi di lui, “quando entrerai nel tuo regno”. Nella risposta “oggi con me sarai nel Paradiso” Gesù “è consapevole di rientrare direttamente nella comunione col Padre e di aprire all’uomo la via per il Paradiso”.

La terza “parola” del Vangelo di Luca: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito, detto questo spirò”. Alcuni aspetti di questa narrazione sono diversi rispetto a quanto dicono Marco e Matteo. “Le tre ore di oscurità in Marco non sono descritte, mentre in Matteo sono collegate con una serie di diversi avvenimenti apocalittici, come il terremoto, l’apertura dei sepolcri, i morti che risuscitano. In Luca, le ore di oscurità hanno la loro causa nell’eclissarsi del sole, ma in quel momento avviene anche il lacerarsi del velo del tempio. In questo modo il racconto lucano presenta due segni, in qualche modo paralleli, nel cielo e nel tempio. Il cielo perde la sua luce, la terra sprofonda, mentre nel tempio, luogo della presenza di Dio, si lacera il velo che protegge il santuario. La morte di Gesù è caratterizzata esplicitamente come evento cosmico e liturgico; in particolare, segna l’inizio di un nuovo culto, in un tempio non costruito da uomini, perché è il corpo stesso di Gesù morto e risorto, che raduna i popoli e li unisce nel sacramento del suo corpo e del suo sangue”.

“La preghiera di Gesù, in questo momento: “Nelle tue mani affido il mio spirito” sono le stesse parole del Salmo 31, ma “non è una citazione, ma una decisione ferma, Gesù si consegna al Padre in atto di totale abbandono, di piena fiducia nell’amore di Dio”. La preghiera di Gesù di fronte alla morte è drammatica come lo è per ogni uomo, ma, allo stesso tempo, è pervasa da quella calma profonda che nasce dalla fiducia nel Padre e dalla volontà di consegnarsi totalmente a Lui”.

 Fonte: AsiaNews

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