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Si può amare “quell’uomo”?

Posté par atempodiblog le 20 janvier 2012

IL NAUFRAGIO AL GIGLIO
Si può amare “quell’uomo”?
di Pier Paolo Bellini
Il comandante «inescusabile», il nostro moralismo e «la strada del dono di sé». Perché la speranza è poter dire un giorno: «Ho desiderato tutta la vita tornare su quella nave…» (da “Il Foglio”)
Tratto da: Tracce

Si può amare “quell'uomo”? dans Articoli di Giornali e News naufragiogiglio

“Va bene, comandante”. Non c’è andato, Schettino. Il comandante Gregorio Maria De Falco, della Capitaneria di Porto di Livorno (lo sentiamo tutti) “ha ragione”: sta dicendo semplicemente quello che si impone alla coscienza come “obbligatorio”. Alla coscienza d’uomo.
Schettino “deve” fare così. E non lo fa. In maniera plateale, vergognosamente evidente al mondo. Con conseguenze terrificanti. Proviamo e riproviamo a trovare giustificazioni. E non le troviamo (anche i più buoni tra noi), se non la più smaccata, umiliante piccolezza dell’uomo, di “quell’uomo”. Che si è permesso di giocare con patrimoni (vite) di altri, distruggendoli. Per disarmante dabbenaggine. E non basta. Neanche quell’ultimo sussulto, Schettino! Quello che ti avrebbe permesso di andare a letto, la notte maledetta, e di dire “Sono comunque un uomo, perché almeno ho percorso quella dannata biscaggina in senso inverso”. Neppure quel gesto riparatore, redentore, forse, in senso inverso al marciume. Uno spettacolo di umiliazione senza appello dell’uomo, di “quell’uomo”.
Per quel marciume emerso platealmente sulle acque terse del Giglio, Schettino è “inescusabile”, come ha dichiarato il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio, incarcerandolo. Ha ragione De Falco. Ha ragione anche Verusio.
Ma il marciume del moralismo che rigurgita in noi e che sale fino in gola per trovare sfogo e darci serenità, alla fine non è da meno: scaricare il nostro fardello su ciò che è palesemente marcio non è meno umiliante. E’ un rito liberatorio, primitivo e disumano di gente che ansiosamente lapida, per non essere lapidata.
Perché “quell’uomo” è l’uomo. C’è in ciascuno “quell’uomo”, inescusabile e capace di mentire fino all’ultimo, possibile atto di redenzione.
E proprio in “quell’uomo”, di fianco, sotto, prima, dopo, tutt’intorno alla falsità sputata (“va bene Comandante”) c’è una segreta, silenziosa implorazione, che non riesce neanche a prendere forma, tanto è capacità dimenticata o rifuggita: “Perdonatemi”. Perdonami. Tu, a cui ho rovinato l’esistenza: perdonami. Tu, se puoi, perdona un inescusabile.
Si può voler bene a un uomo inescusabile? Si può amare l’uomo? Perché, quando si ama un uomo, lo si ama così com’è. Questo è il dramma eterno: per poter amare “quell’uomo” occorre qualcosa di ultimamente “ingiusto” e contemporaneamente “l’unica giustizia desiderabile”, quella per la quale saremmo salvati, saremmo amati.
Occorre un terremoto, qualcosa che scombussoli e, nello stesso tempo, realizzi la giustizia. Qualcosa di eccezionale, come un uomo che, nonostante la sua inescusabilità, sia capace di desiderare di fare l’unica cosa all’altezza della sua statura: dare la vita per l’altro. E al Giglio si è visto anche quest’uomo. Ma la strada del dono di sé è quella meno percorsa, meno abbracciata. Si capisce: è la meno probabile.
E lapidare “quell’uomo” è sempre un modo astuto e umiliante di evitare la porta stretta. Quanto bisogno abbiamo di incontrare uomini vedendo i quali diventi desiderabile dare la vita per l’altro, per l’uomo marcio che comanda e per il bambino innocente che muore a causa sua!
Per “quell’uomo”. Quanto bisogno abbiamo di poter dire un giorno, con sincerità: “Ho desiderato per tutta la vita poter percorrere quella dannata biscaggina in senso inverso”.

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Cosa raccomanda la Madonna a tutti noi

Posté par atempodiblog le 20 janvier 2012

Cosa raccomanda la Madonna a tutti noi

Cosa raccomanda la Madonna a tutti noi dans Apparizioni mariane e santuari veggentevicka

VICKA intrattenendosi con i pellegrini a Medjugorje [...] ha detto: i messaggi principali che la Madonna dice per noi sono: PREGHIERA, PACE, CONVERSIONE, CONFESSIONE, DIGIUNO. La Madonna raccomanda che noi digiuniamo due volte la settimana: mercoledì e venerdì, a pane e acqua. Poi desidera che noi preghiamo ogni giorno le tre parti del Rosario. Una cosa più bella che la Madonna raccomanda è pregare per la nostra forte fede. Quando la Madonna raccomanda di pregare non intende solo dire parole con la bocca, ma che ogni giorno, piano piano, apriamo il nostro cuore alla preghiera e così noi preghiamo “col cuore”. Ella ci ha dato un bellissimo esempio: voi nelle vostre case avete una pianta di fiore; ogni giorno mettete un po’ di acqua e quel fiore diventa una bella rosa. Così avviene nel nostro cuore: se noi ogni giorno mettiamo una piccola preghiera, il nostro cuore cresce come quel fiore… E se per due o tre giorni non mettiamo l’acqua, vediamo che esso appassisce, come se non esistesse più. La Madonna ci dice anche: a volte diciamo, quando è il momento di pregare, che siamo stanchi e pregheremo domani; ma poi viene domani e dopodomani e allontaniamo il nostro cuore dalla preghiera per rivolgerlo ad altri interessi. Ma come un fiore non può vivere senza acqua, così noi non possiamo vivere senza grazia di Dio. Dice pure: la preghiera col cuore non si può studiare, non si può leggere: la si può solo vivere, giorno per giorno per andare avanti nel cammino della vita di grazia.

A proposito del digiuno dice: quando una persona sta male, non deve fare digiuno a pane e acqua, ma fare solo qualche piccolo sacrificio. Ma una persona che sta bene in salute e dice che non può fare digiuno perché le viene il capogiro, sappia che se si fa digiuno “per amore di Dio e della Madonna” non ci saranno problemi: basta la buona volontà. La Madonna vuole la nostra completa conversione e dice: Cari figli, quando avete un problema o una malattia, voi pensate che io e Gesù stiamo lontani da voi: no, noi stiamo sempre vicino a voi! Voi aprite il vostro cuore e vedrete quanto amiamo tutti voi! La Madonna è contenta quando facciamo piccoli sacrifici, ma è ancor più contenta quando noi non pecchiamo più e abbandoniamo i nostri peccati. E dice: io vi do la mia Pace, il mio Amore e voi portateli alle vostre famiglie e ai vostri amici e portate la mia benedizione; io prego per tutti voi! E ancora: Io sono molto contenta quando nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità pregate il Rosario; sono ancor più contenta quando i genitori pregano con i figli e i figli con i genitori, così uniti in preghiera che satana non può più farvi del male. Satana sempre disturba, vuole disturbare le nostre preghiere e la nostra pace.

La Madonna ci ricorda che un’arma contro satana è Il Rosario nella nostra mano: preghiamo di più! Mettiamo vicino a noi un oggetto benedetto: una croce, una medaglia, un piccolo segno contro satana. Mettiamo la S. Messa al primo posto: è il momento più importante, momento santo! E Gesù che viene vivo in mezzo a noi. Quando andiamo in chiesa, andiamo a prendere Gesù senza paura e senza scuse. Nella confessione poi, non andate solo a dire i vostri peccati, ma anche a chiedere un consiglio al sacerdote, così potete progredire. La Madonna è molto preoccupata per tutti i giovani del mondo, che vivono una situazione molto difficile: li possiamo aiutare solo con il nostro amore e la preghiera col cuore. Cari giovani, quello che vi offre il mondo è passeggero; satana aspetta i vostri momenti liberi: lì vi attacca, vi insidia e vuole rovinare le vostre vite. É questo un momento di grandi grazie, dobbiamo approfittarne; la Madonna vuole che accogliamo i suoi messaggi e li viviamo! Diventiamo portatori della sua Pace e portiamola in tutto il mondo! Prima di tutto però, preghiamo per la pace nel nostro cuore, pace nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità: con questa pace, preghiamo per la pace in tutto il mondo! Se voi pregate per la pace nel mondo – dice la Madonna – e non avete pace nel vostro cuore, la vostra preghiera vale poco. La Madonna, in questo momento, ci raccomanda di pregare di più per le sue intenzioni. Ogni giorno prendiamo la Bibbia, leggiamo due o tre righe e su queste viviamo la giornata. Raccomanda di pregare ogni giorno per il Santo Padre, i vescovi, i sacerdoti, per tutta la nostra Chiesa che ha bisogno delle nostre preghiere. Ma in modo particolare la Madonna chiede di pregare per un suo piano che si deve realizzare. La grande preoccupazione della Madonna, e lo ripete sempre, in questo momento sono i giovani e le famiglie. E un momento molto molto difficile! La Madonna prega per la pace e vuole che anche noi preghiamo con Lei, per le stesse intenzioni. Stasera, quando la Madonna verrà, io pregherò per le vostre intenzioni; ma voi aprite il vostro cuore e date tutti i vostri desideri alla Madonna.

Fonte: Maria a Medjugorje

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Schettino è il capro espiatorio. Così ci indigniamo senza immedesimarci

Posté par atempodiblog le 20 janvier 2012

Schettino è il capro espiatorio. Così ci indigniamo senza immedesimarci
Intervista allo psichiatra Eugenio Borgna sulla tragedia all’isola del Giglio. La gogna mediatica cui è sottoposto il capitano è frutto di una semplificazione che lascia spazio solo alla recriminazione, allo sfogo e a certe magliette idiote. «Infierendo su una persona, perdiamo tutta la carica emozionale e ci ritroviamo così incapaci di riflettere sulla vera tragedia: la morte delle persone e il mistero del dolore».
di Leone Grotti – Tempi

Schettino è il capro espiatorio. Così ci indigniamo senza immedesimarci dans Articoli di Giornali e News naufragiocostaconcordia

«La tragedia della Concordia mette in evidenza una delle tendenze dominanti di oggi: cogliere l’aspetto più evidente e facile da comprendere di una situazione per ampliarlo, ingrandirlo, fino a trasformarlo nella sola causa di tutto il male che ne consegue. Quella di semplificare e sintetizzare tutte le cause di una tragedia in un punto solo è una tendenza dominante di oggi». Eugenio Borgna, primario emerito di psichiatria dell’Ospedale maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Milano, definisce così a tempi.it la predisposizione dei giornali e di una parte della società ad affrontare i problemi in termini di capro espiatorio. «Appena una persona considerata grande e importante, come un capitano di nave, diventa debole e cade, la gente lo prende di mira, dando sfogo così alle proprie inconsce frustrazioni. I giornali fomentano questo atteggiamento perché così possono semplificare i problemi, senza fare la fatica di approfondire niente. Il problema, però, è che nell’aggressione senza pietà dimentichiamo la morte, il dolore e ogni domanda sul mistero che esse rappresentano».
Il capitano Francesco Schettino è responsabile del naufragio della nave Concordia davanti alla costa dell’Isola del Giglio e della morte di molte persone.
Di fronte a questa sciagura terribile occorrerebbe una certa distanza psicologica per immedesimarci con tutti i soggetti che sono in gioco. Ma per farlo con il capitano, ad esempio, bisognerebbe avere un’attitudine a cogliere le ragioni profonde di ciò che è successo e anche il coraggio di collocare la sventura in un contesto generale. Ma questo oggi è considerato un tradimento, come uno schiaffo a chi è morto.
Perché parla di coraggio?
Basta vedere che cosa è accaduto al gip Valeria Montesarchio, che fa le indagini preliminari: ha detto che non è necessaria la custodia cautelare e l’hanno quasi lapidata. Ci vuole coraggio, è difficile sfuggire all’istinto di scaricare su una persona tutte le colpe e le violenze possibili, senza nemmeno lasciare spazio alla riflessione.
Lei come condurrebbe questa riflessione?
Se dovessi immedesimarmi nel capitano, direi che ha commesso un errore fatale, che però chiunque di noi avrebbe potuto compiere. Ma mi chiederei anche perché l’equipaggio non si è allarmato vedendo che erano così vicini alla costa, perché nessuno ha chiesto di cambiare rotta, perché la capitaneria di porto non l’ha avvisato, perché nessuno ha mai protestato contro i cosiddetti « inchini ». Non si può ridurre tutto al capitano Schettino.
Però dopo il naufragio ha abbandonato la nave.
Ammesso, come sembra, che l’abbia fatto, io mi chiederei perché non è risalito.
I giornali hanno fatto scorrere fiumi di inchiostro analizzando questo problema.
Sì, ma in un’atmosfera surreale che non aiuta il ragionamento. Ad esempio, definire « eroe » Gregorio De Falco, che ha solamente invitato il capitano a tornare sulla nave, è uno sproposito e conferma l’atmosfera di demonizzazione generale. Io ho ascoltato solo in parte il dialogo tra il capitano e De Falco: le risposte di Schettino sembrano implicare una condizione psicopatologica di smarrimento e confusione totale. Nessuno l’ha sottolineato sui giornali. La paralisi emotiva che il suo comportamento denota non può essere bollata come codardia, viltà o addirittura disumanità. Che cosa gli costava risalire sulla nave? Niente, non sarebbe stato in pericolo di morte e anzi avrebbe salvato la sua dignità. Gli conveniva farlo, era nel suo interesse. Perché allora non è risalito? Perché era sconvolto, addirittura ha detto «perché è buio»: è evidente che non sapeva più quello che diceva.
Il paese di provenienza di Schettino ha chiesto di fermare la «gogna mediatica». I familiari sono addirittura arrivati al punto di domandare ai giornali di non calpestare la sua «dignità umana».
E hanno ragione. I giornali semplificano quando sostengono che la colpa è solo del capitano, che Schettino è « cattivo », quando gridano alla gogna, quando indicono la caccia del capro espiatorio: propongono una conclusione che tutti sono in grado di intendere e accogliere senza creare divisioni tra chi legge i giornali.
Perché lo fanno?
Per non fare fatica. Analizzare tutti i fattori è difficile, immedesimarsi dentro una coscienza e una soggettività come quella del capitano richiede tempo. Non solo, implica l’analisi del comportamento suo ma anche di tutti gli altri soggetti implicati nel naufragio. E poi, ripeto, ci vuole coraggio: chi cerca di riflettere e guardare le cose in modo critico viene accusato di complicità o di essere un traditore delle vittime. Basta vedere come hanno trattato il Gip, appena ha provato a ricollocare le cose in una cornice umana.
Perché secondo lei tutta la stampa ha reagito in modo unanime al naufragio della Concordia?
Perché non ha alcuna intenzione di affrontare seriamente il problema, di analizzare tutte le sue implicazioni.
In che senso?
Nel naufragio è morta molta gente. I giornali non presentano una partecipazione profonda al dolore per le vittime, non si legge nessuna riflessione profonda davanti al mistero della morte di chi cercava la gioia su una nave e ha trovato invece la fine della vita. Non c’è spazio sui giornali per il silenzio o la preghiera. Si percepisce solo la volontà da parte di alcuni di dimostrare partecipazione, ma si capisce che è falsa.
La partecipazione c’è, ma nei confronti ad esempio degli inventori della maglietta “Salga a bordo, cazzo”.
Purtroppo in tutti noi c’è la volontà di fare del male ai deboli. Chi governa una nave è considerato grande, importante, come anche i politici. Ma quando cadono, appena diventano deboli, ecco che molti li prendono di mira assalendoli, dando sfogo così alle proprie inconsce frustrazioni. Quella maglietta è un evidente segno di violenza, è vergognosa, io almeno la vedo così. Purtroppo la violenza vive dentro ogni uomo e appena questi comportamenti trovano una giustificazione legale, come l’offesa e la distruzione di un capitano che ha commesso un errore, ecco che tutti si sfogano.
I giornali sembrano riccorere sempre più spesso al capro espiatorio nell’affrontare i problemi.
Una parte della colpa ce l’ha l’esposizione mediatica, televisiva, stile Youtube e quant’altro, dei fatti. Tutto è esasperato e dilatato, reso patologico. La spettacolarizzazione dei fatti fa emergere in ognuno di noi le dimensioni meno nobili. Pur di apparire, di essere apprezzati e considerati bravi, diventiamo meno inclini alla speranza, al perdono, alla comprensione e alla preghiera. L’aspirazione della prima pagina ci rende crudeli.
Qual è la conseguenza di tutto ciò?
Quello che abbiamo visto e letto in questi giorni. La vita straziata dalla morte non è considerata nella dimensione spirituale corretta del dolore infinito per una vita spezzata. Anzi, il dolore stesso viene trasformato e cancellato da questa violenza distruttiva che convogliamo tutta su una persona che ha sbagliato. Così che nell’aggressione dimentichiamo la morte, il dolore e ogni domanda sul mistero che rappresentano. Ma queste domande sono la cosa più importante. Infierendo su una persona, perdiamo tutta la carica emozionale e ci ritroviamo così incapaci di riflettere sulla vera tragedia: la morte delle persone e il mistero del dolore.

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