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A Napoli la veggente Mirijana di Medjugorje

Posté par atempodiblog le 17 janvier 2012

L’associazione “Cieli Nuovi” con il patrocinio del comune di Napoli, promuove un incontro di preghiera mariana con la partecipazione della veggente Mirijana Dragicevic Soldo
Giovedì 02 Febbraio 2012 – Palavesuvio in via Argine, 927 – Napoli

A Napoli la veggente Mirijana di Medjugorje dans Medjugorje mirijanaanapoli

Fonte: Cieli Nuovi

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Capitano, mio capitano

Posté par atempodiblog le 17 janvier 2012

Capitano, mio capitano
di Mario Palmaro – La Bussola Quotidiana

Capitano, mio capitano dans Articoli di Giornali e News navee

Il naufragio della Concordia all’Isola del Giglio è un boccone amaro difficile da digerire. Non tanto perché le navi non possano andare a picco: ogni tanto accade, per motivi che consideriamo rispettabili o addirittura ineluttabili, come una tempesta furiosa o un’avaria meccanica. Ma la vicenda del Concordia è qualche cosa di completamente diverso.
E’ buona regola che non siano i giornali a fare i processi, e anche in questo caso sarà bene aspettare gli esiti dell’inchiesta. Possiamo però commentare i fatti che emergono dalle cronache dei giornali, per affrontare il nodo più grosso di tutta questa storia: il comportamento del capitano. Che ha tutto il diritto di difendersi, e che non merita di essere linciato dai mass media. Tuttavia, alcuni aspetti della sua presunta condotta – in attesa di smentite e spiegazioni, sempre possibili – meritano un commento.
La prima  riflessione riguarda l’errore umano: una nave imponente e portentosa come il Concordia sembra fatta apposta per dimenticarsi il ruolo che l’uomo continua a giocare nella realtà. La tecnologia – e peggio ancora la tecno-scienza – tendono a farci sopravvalutare il fattore meccanico,  e a svilire l’importanza dell’atto umano. Il risultato è che le navi inaffondabili, gli aerei supersonici e le banche infallibili continuano rispettivamente ad affondare, a cadere e a fallire. In questa tragica e affascinante partita che è la vita, la libertà umana, la genialità, la leggerezza, il coraggio e la viltà del cuore dell’uomo continuano a essere decisivi. Strumenti sofisticati, sistemi informatici incredibilmente complessi, materiali fantascientifici non possono nulla di fronte al fattore umano. Da oggi sarà bene ripeterselo tutti i giorni, un po’ come il “memento mori” della saggia tradizione cattolica.
La seconda idea è legata a filo doppio alla prima, e riguarda l’esercizio delle virtù nelle situazioni di emergenza. Quando capita qualche cosa di terribile e di assolutamente nuovo e mai sperimentato – come l’inizio dell’affondamento della nave da crociera che comandi – ti trovi di fronte alla necessità di prendere decisioni rapide, dalle quali dipende la vita di molte persone, e innanzitutto la tua. Anche qui la tecnica della prevenzione del rischio può fare molto, stabilendo delle procedure, e obbligandoti ad allenarti a eseguirle. Ma fra una prova di evacuazione e una nave che sta affondando davvero passa una differenza enorme, praticamente la stessa che corre fra una teoria e la vita. Il capitano di una nave – è proverbiale – sa che deve lasciare per ultimo la sua creatura, pensando prima a tutti gli altri. Chi pensa che sia facile farlo è uno stupido. Però questo è ciò che ci si aspetta da colui che comanda una nave.
Come si può fare a prepararsi al momento terribile dell’emergenza assoluta? La nostra storia umana e religiosa ci dice che le virtù hanno bisogno di essere temprate dall’allenamento e dalla volontà, che bisogna inseguire tutti i giorni un habitus buono, una costante familiarità con il bene. E questo è un discorso che oggi è diventato impopolare non solo per i capitani delle navi, ma anche per gli economisti, gli operatori di borsa, i medici, e tutte le categorie che potete immaginare. Forse, un capitano che scappa prima degli altri ci fa paura perché ci fa capire quanto poco siamo ormai pronti a sacrificarci per gli altri, ovunque.
Terza riflessione: in questa tragedia del Concordia ci sono state moltissime persone che hanno agito in modo encomiabile, fino all’eroismo, attardandosi sulla nave e rischiando la morte o –chissà – addirittura trovandovela. E questo dimostra, ancora una volta, che il bene è possibile anche quando tutto intorno a te si rovescia, crolla, affonda, e magari ti senti afferrato dal timor panico e dalla massa urlante che spinge a mettere in salvo sé stessi, e buonanotte all’altruismo. Questo mistero che è l’uomo è davvero qualcosa di più profondo che un complesso di conoscenze tecniche sul salvataggio; è ben più di un fascio di muscoli, di vasi sanguinei e di umori interni attivati dall’energia corporea. L’uomo è la sua anima.
Quarta e ultima considerazione: anche nel ventunesimo secolo, nell’era del dibattito, del confronto, dell’assemblearismo e della democrazia come fatto sacro; anche in questo scenario abbiamo ancora bisogno di capitani. Quando c’è bisogno di decisioni rapide e sicure, di garantire il bene comune, di guidare una comunità verso la salvezza, ci vuole qualcuno che comandi, e che intenda il comando come servizio agli altri. Qualcuno che, facendosi ultimo, però si prenda la responsabilità di decidere. E’ una lezione per le istituzioni laiche. Ma lo è anche per la stessa comunità cattolica. La quale un capitano – il Papa – ce l’ha. Un tipo di capitano che sulla barca di Pietro – come ogni pontefice – rimane sempre fino alla fine, costi quello che costi. Se poi l’equipaggio volesse anche aiutarlo, tanto meglio.

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