Natività di Gesù. Il censimento contestato
Posté par atempodiblog le 30 décembre 2011
Secondo alcuni studiosi, l’evangelista Luca sarebbe caduto in errore a proposito del censimento di Quirinio. Ma un’analisi più attenta conferma la storicità del racconto: i censimenti furono due, e il primo è proprio quello che portò la Sacra Famiglia a Betlemme
di Marta Sordi - Il Timone
Uno dei problemi che ha fatto più discutere gli studiosi a proposito del racconto evangelico della nascita di Gesù è il censimento di Quirinio, per il quale Giuseppe e Maria dovettero recarsi a Betlemme (Lc 2,1). Publio Sulpicio Quirinio, originario di Lanuvio (uno dei castelli romani) era ben noto a Tacito (“Annales” III, 48) per il consolato nel 12 a.C. e per la campagna contro gli Omonadensi di Cilicia, per la quale ottenne il trionfo. Quirinio condusse nel 6 d.C. un censimento in Siria e in Giudea (Giuseppe Flavio, “Antichità Giudaiche”, XVII, 355; XVIII, 1). Di una legazione di Quirinio in Siria e di un censimento condotto sotto di lui parla un’iscrizione (“Corpus inscriptionum Latinarum” III, 6687) di un certo Q. Emilio. E a Quirinio si riferisce, con molta probabilità, un’iscrizione di Tivoli, acefala (“Corp. Inscr. Lat.” XIV, 3613), a proposito di un personaggio che, come ‘legatus’ di Augusto ottenne ‘iterum’ la Siria e la Fenicia; ottenne cioè una duplice legazione imperiale in quelle province.
Secondo alcuni studiosi, il censimento di cui parla Luca sarebbe quello del 6 d.C.; ma Luca (1,5) e Matteo (2,1) sono anche concordi nell’affermare che Gesù nacque prima della morte di Erode, che secondo Giuseppe Flavio morì nel 4 a.C. Luca sarebbe dunque caduto in una grave contraddizione, riferendosi al censimento del 6 d.C.
Si è tentato di spostare, anche di recente, la morte di Erode, ipotizzando un presunto errore di Giuseppe Flavio, così da far nascere Gesù nell’anno zero, secondo l’affermazione fatta nel VI secolo d.C. da Dionigi il Piccolo. Ma questa ipotesi non è stata accolta in generale dagli studiosi, e in ogni caso non risolve il problema del censimento. Bisogna piuttosto tener conto che Luca, aderente al metodo scientifico della storiografia classica, dà molto peso alla precisione cronologica e parla di un « primo censimento » (2,2 “apographé prote”) nell’epoca in cui Quirinio era governatore (legato della Siria: “eghemoneuontos”). Un censimento rivolto non alla sola Siria, ma a tutta l’ecumene, cioè all’impero e ai regni vassalli. E Luca sembra ben consapevole di una distinzione di questo censimento da quello del 6 d.C., del quale per altro appare informato (At 5,37). Tertulliano (“Adv. Marcionem” 4,19) parla di un censimento fatto in Giudea da Senzio Saturnino. Quest’ultimo fu governatore di Siria fin verso al 7 a.C. e fu poi impegnato, probabilmente, nella guerra per la successione del trono di Armenia.
Allora, ecco quale sembra l’ipotesi più probabile: che il censimento, iniziato da Senzio Saturnino, sia poi stato continuato da Quirinio quando questo – certamente prima del 6 a.C. – aveva finito la guerra contro gli Omonadensi e reggeva temporaneamente la legazione di Siria (l’iscrizione di Tivoli dice infatti ‘iterum’). La nascita di Gesù sembra pertanto spettare al 6/7 a.C., l’epoca a cui ci porta anche la triplice congiunzione fra Saturno e Giove, evento previsto dagli astrologi orientali e tale da spiegare la venuta dei Magi. A questa venuta, e all’attesa di un re messianico – presente in questi anni in tutto l’Oriente – è collegata in Matteo la strage degli Innocenti, compiuta da Erode nei confronti dei bambini di Betlemme, «nati dai due anni in giù» (Mt 2,16), in base al calcolo dei Magi. Anche di questo fatto – di cui non parlano altre fonti – si è dubitato in nome del solito concetto della inverosimiglianza. Ma noi siamo a conoscenza di stragi terribili compiute e progettate da Erode negli ultimi anni della sua vita, delitti che facevano dire ad Augusto che era meglio essere un porco di Erode piuttosto che un figlio, con palese allusione all’uccisione dei figli Alessandro e Aristobulo, e alla somiglianza, in greco, dei termini indicanti figlio e porco. Di più: c’è un’interessante notizia di Iulius Marathus, liberto di Augusto e autore di una sua biografia, che è citato due volte da Svetonio: circa la statura dell’imperatore (“Divi Aug.” 79,2); e (94,3) a proposito di un prodigio che sarebbe avvenuto pochi mesi prima della nascita di Augusto, prodigio che annunciava la nascita di un re. Marathus racconta che il Senato, spaventato di fronte a questa notizia, aveva stabilito che nessun maschio nato in quell’anno fosse allevato, ma aggiunge che i senatori che avevano le mogli incinte avevano impedito la pubblicazione del senatoconsulto. La notizia di Marathus è certamente falsa per ciò che concerne il senatoconsulto: a Roma certe cose non avvenivano. Ma è interessante osservare la singolare coincidenza dei due racconti. Per chi ritiene che i Vangeli siano elaborazioni tarde, il racconto di Marathus potrebbe essere il modello di Matteo, come in passato qualcuno aveva ritenuto assurdamente che la cena di Betania di Marco fosse stata imitata dalla cena di Trimalcione di Petronio. In questo caso, però, è stato dimostrato il contrario: e cioè, che era Petronio a conoscere il Vangelo di Marco, e non viceversa. Nel caso di Marathus, un orientale, probabilmente originario della Siria o della Palestina, il modello non è certo Matteo, ma potrebbe essere – a mio avviso – un fatto reale che egli sapeva avvenuto all’epoca di Augusto, dalle sue parti, sotto Erode.
L’attendibilità storica dei Vangeli di Luca e di Matteo sul problema del censimento e sulla strage degli innocenti induce a riproporre la storicità dei Vangeli dell’infanzia, messa spesso in discussione anche da coloro che credono alla sostanziale storicità dei Vangeli, ma preferiscono spiegare col ricorso a simboli o richiami all’Antico Testamento, o, addirittura, in chiave teologica i racconti che Luca e Matteo ci danno sulla nascita di Gesù, fondandosi soprattutto sul carattere miracoloso di questi racconti (nascita verginale, annunzio ai pastori e la stella che guida i Magi), che il razionalismo imperante vuole evitare. Ma per lo storico, l’attendibilità del racconto non si basa sul verosimile, che può essere falso, ma sul probabile, cioè su ciò di cui si possono presentare testimonianze valide. E i Vangeli dell’infanzia, così diversi nei particolari riportati, ma così concordi nell’impostazione di fondo, e tali da presupporre testimoni diversi ed esperienze diverse, ma non contrastanti (i parenti di Giuseppe, per Matteo; i ricordi personali di Maria, per Luca), costituiscono la verifica più convincente di ciò che sosteneva Tucidide (1,22) quando osservava che testimoni oculari diversi raccontavano in modo diverso le stesse cose. Il rifiuto del miracolo, del ‘paradoxon’, nasce da una precomprensione filosofica e ideologica, non dalla corretta applicazione del metodo storico.
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