La dignità della persona da rispettare comunque

Posté par atempodiblog le 18 décembre 2011

A Rebibbia il Papa e il ministro della Giustizia
Prima che Ratzinger entrasse nella cappella si è sentito gridare “Viva il Papa”. E poi un applauso calorosissimo dei detenuti che gremiscono la chiesa salutato il suo ingresso
Tratto da: Quotidiano.net

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Benedetto XVI è giunto in auto al carcere romano di Rebibbia, dove – nel piazzale davanti alla cappella – è stato accolto dal ministro della Giustizia Paola Severino. A salutare il Pontefice all’esterno dell’edificio anche il cardinale vicario Agostino Vallini, il cappellano del carcere don Piersandro Spriano e il direttore Carmelo Catone.

Prima che Ratzinger entrasse nella cappella si è sentito gridare “Viva il Papa”. E poi un applauso calorosissimo dei detenuti che gremiscono la chiesa salutato il suo ingresso.

LA LETTERA DEL DETENUTO – “Se aiuteremo la barca di nostro fratello ad attraversare il fiume, anche la nostra barca avrà raggiunto la riva”: con queste parole quasi evangelicheil ministro della Giustizia, Paola Severino, accoglie il Papa a Rebibbia. Ma non sono parole scritte da lei: si tratta della lettera di un detenuto.

“Riparazione e rieducazione”. Una “sanzione effettiva dopo la condanna deve coniugare entrambi i valori posti a fondamento di essa dalla Costituzione”, è un altro passaggio dell’intervento del ministro della Giustizia Paola Severino nel discorso a Rebibbia dopo aver letto la lettera del detenuto. Un testo – ha aggiunto –  che “dimostra come la custodia cautelare in carcere deve essere disciplinata in modo tale da rappresentare una misura veramente eccezionale”.

LE PAROLE DEL PAPA – “Dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto”, ha detto il Papa nel discorso tenuto di fronte ai detenuti del carcere di Rebibbia. “E’ questa la ragione principale che mi rende felice – ha aggiunto il Papa – di essere qui, per pregare, dialogare ed ascoltare. La Chiesa ha sempre annoverato, tra le opere di misericordia corporale, la visita ai carcerati”.

“I detenuti non scontino mai una doppia pena”, ha chiesto Benedetto XVI nel discorso. “So – ha detto il Papa – che il sovraffollamento e il degrado delle carceri possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano”.
Per il Pontefice, “è importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale”. E lo è anche “promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione”.

IL CAPPELLANO – “La supplico Santo Padre perchè convinca i cristiani che formano il popolo di Dio fuori da queste mura a pregare per chi è in prigione”. Con queste parole il cappellano del carcere di Rebibbia, don Sandro Spriano, si è rivolto al Papa. Per il sacerdote, quelli che si trovano in carcere (a Rebibbia ci sono 1700 detenuti) “hanno compiuto azioni orrende e provocato tragedie spesso insanabili, ma restano Figli di Dio, bisognosi di consolazione e di amore, e sperano di essere considerati e chiamati nostri fratelli e nostre sorelle”.
“A nome mio e di tutti i detenuti – ha continuato il sacerdote – chiedo perdono per le nostre colpe e per le sofferenze inflitte agli altri, vorremmo poter ricomporre le rotture, le separazioni che abbiamo provocato. Ma non vogliamo però essere sempre identificati con le nostre azioni sbagliate, chiediamo di poter tornare nella società senza il marchio di ‘mostri del male’”.

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