Posté par atempodiblog le 5 décembre 2011
Il Natale è la festa più amata perché parla al cuore degli uomini. Dio viene fra noi e si presenta come un Bambino indifeso nel contesto di una famiglia povera e umile. Dalla Santa Famiglia di Nazareth si diffonde un messaggio di pace, di bontà e di amore che riconcilia la terra col cielo. Natale è un giorno unico, perché il Figlio di Dio è apparso sulla scena del mondo ed è venuto in mezzo a noi come amico e come fratello. Maria ce lo ha donato, perché potessimo accoglierlo nella fede e nell’amore. Oggi però, proprio nei paesi di antica cristianità, si festeggia il Natale senza pensare a Colui che dovrebbe essere il festeggiato. Si rimuove il fatto che la nascita di Gesù è un evento straordinario. Si mostra persino ostilità se si fa riferimento al Bambino di Betlemme.
Si vorrebbe cancellare la pagina di vangelo della natività e trasformare il giorno del compleanno di Gesù in una festa pagana. Non lasciamoci trascinare nelle tenebre dell’incredulità e del disprezzo di Dio. Facciamo tutto il possibile per onorare il Natale, non solo preparando la culla del cuore a Gesù Bambino, ma anche con i segni esteriori della festa.
Orniamo le nostre case con segni cristiani e soprattutto rievochiamo l’evento della Notte Santa costruendo il presepio, anche piccolo, perché sia un segno della presenza del Bambino Gesù nelle nostre famiglie. Facciamo festa con la Sacra Famiglia e anche le nostre famiglie gusteranno i doni inestimabili della gioia e della pace.
di Padre Livio Fanzaga
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Posté par atempodiblog le 5 décembre 2011
In tutto il mondo nel periodo natalizio, si preparano con un’intensa gioia, con cura e tenerezza i presepi nelle case e nelle chiese. Non è un gioco da bambini, è un atto pieno di fede, che porta buoni frutti, sia che siamo soli o in famiglia.
Riviviamo la nascita di Gesù nella mangiatoia di una stalla a Betlemme. Nella capanna o nella grotta, poniamo le tenere statuine della Madonna, di San Giuseppe: sono in attesa. Attorno, i pastori con le loro pecore, sullo sfondo l’asino e il bue che riscalderanno il Bambinello. La notte è fredda, ma quei cuori sono caldi.
Poi, nella notte di Natale, adagiamo con un bacio nella mangiatoia, il piccolo Gesù. Che meraviglia!
Gli evangelisti Luca e Matteo furono i primi a descrivere la storia dell’incarnazione di Cristo. È famoso il Vangelo di Natale di San Luca, divulgato nelle prime comunità cristiane e già nel Quarto secolo troviamo a Roma (nelle catacombe) immagini della natività. L’origine esatta del presepio è difficile da definire ma è storicamente documentato che già in tempo paleocristiano, il giorno di Natale nelle chiese venivano esposte immagini religiose, che dal decimo secolo assunsero un carattere sempre più popolare, estendendosi poi in tutta l’Europa.
Comunemente il “padre del presepio” viene considerato San Francesco d’Assisi, poiché a Natale del 1223 fece il primo presepio in un bosco. Allora, papa Onorio III, gli permise di uscire dal convento di Greggio, così egli eresse una mangiatoia all’interno di una caverna in un bosco, vi portò un asino ed un bue viventi e tenne la sua famosa predica di Natale davanti ad una grande folla di persone, rendendo così accessibile e comprensibile la storia di Natale a tutti coloro che non sapevano leggere.
Baluardi delle costruzioni dei presepi in Europa divennero l’Italia, la Spagna, il Portogallo e il Sud della Francia. Nell’Europa dell’Est la Polonia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, in centro Europa soprattutto l’Austria ed il Sud della Germania.
Il presepio non si può non fare, è troppo prezioso: senza di esso avremmo solo freddo.
Tratto da: Il giornalino di Radio Maria
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Posté par atempodiblog le 5 décembre 2011
Da parte di noi sacerdoti la confessione natalizia rappresenta un grande impegno, perché grazie a Dio sono ancora moltissimi i fedeli che desiderano accostarsi a questo Sacramento in occasione del S. Natale. Per cui, nei giorni precedenti alla grande solennità, il lavoro ferve e noi siamo sempre più legati al confessionale, per ascoltare tutti coloro che hanno questo vivo desiderio, di ricevere il perdono di Dio e di rinnovare com’è giusto la propria vita. La vigilia di Natale poi, le nostre chiese pullulano di persone che attendono con pazienza il proprio turno per assolvere a questo importante dovere cristiano.
Talvolta i sacerdoti abbondano di consigli ed esortazioni, trattenendo il penitente per un tempo eccessivo: cosicché ci si mette in fila più volentieri là dove ci si sente più accolti, e dove si ritiene che il confessore intuisca più in fretta la propria situazione, senza domande superflue. Don Bosco diceva che bastano tre minuti per risolvere una vita di peccato che durava da anni.
Naturalmente, da parte del penitente, occorre un pentimento sincero e il vivo desiderio di cambiar vita: senza questi due elementi fondamentali non abbiamo i presupposti per una buona confessione natalizia, e perciò per vivere bene il S. Natale, che è festa di gioia, ma che potrebbe anche passare nella nostra vita senza lasciare alcuna traccia, rimanendo il nostro cuore chiuso alla conversione, e perciò ancora nel buio e nella tristezza.
Quali sono le virtù che dobbiamo maggiormente coltivare avvicinandosi il S. Natale? Io direi che sono soprattutto due: l’umiltà e la carità.
1. L’umiltà.
Quando ci mettiamo davanti al presepe noi contempliamo un piccolo Bambino, inerme e indifeso, che non può certo confidare nelle proprie forze, ma solo nell’amore della mamma e del papà, che gli stanno accanto, e che lo riscaldano con il loro affetto e le loro premure, insieme ai due simpatici animali che fanno sempre da sfondo: il bue e l’asinello. Quale capolavoro di semplicità e di umiltà, se pensiamo che questo Bambino è nientemeno che il Figlio di Dio fatto uomo, sceso in mezzo a noi a condividere la nostra povera umanità, per donarci la sua eccelsa divinità! Dunque chi si accosta alla confessione natalizia deve in qualche modo imitare l’abbassamento al nostro Salvatore e presentarsi al sacerdote senza alcun artificio umano, volto a capire in parte la propria miseria, perché appaia solo il meglio di noi. No, più ci si umilia, e più si è perdonati e giustificati. Ed è il ritornello costante di tutte le lettere di S. Paolo: che cioè si è giustificati non tanto per le proprie opere (sempre mancanti), ma piuttosto per la fede in Cristo, che è venuto apposta nel mondo per toglierci il peccato e per ridarci la grazia di Dio. E S. Paolo parla certo per esperienza, dato i suoi trascorsi di persecutore dei cristiani.
2. La seconda virtù da curare, avvicinandosi il S. Natale, è certo la carità.
Come possiamo ricevere il perdono di Dio, se a sua volta non concediamo il perdono ai nostri fratelli che ci hanno offeso, o comunque hanno ferito il nostro orgoglio? I Santi dicevano che i nostri migliori benefattori non sono coloro che ci lodano, ma piuttosto coloro che ci umiliano e ci maltrattano.
Si, perché in questo modo ci correggono e ci danno modo di esercitare molte virtù cristiane, che forse avevamo dimenticato da tempo. Nessuno si accosti alla confessione natalizia senza prima aver risolto certe tensioni o certi contrasti che possiamo avere col nostro prossimo: altrimenti la nostra offerta (cioè la nostra richiesta di perdono) non sarà gradita a Dio, e non potremo da Lui essere in alcun modo giustificati. Dunque, essendo il S. Natale la festa dell’amore, ecco che occorre molto esercitarsi in questa virtù, che giustamente viene considerata la regina di ogni virtù cristiana.
Auguro perciò a tutti una buona confessione natalizia, che ci liberi il cuore da ogni tristezza e ci faccia ben sperare per il futuro, nostro e dei nostri figli.
Don Tino Rolfi
Tratto da: Il giornalino di Radio Maria
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