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La misericordia e il perdono

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2011

Sunto di un pensiero di Padre Livio Fanzaga, dai microfoni di Radio Maria, su due tratti della santità: misericordia e perdono.

La misericordia e il perdono dans Fede, morale e teologia 28slkdt

Noi dobbiamo avere verso questo mondo uno sguardo misericordioso. Dobbiamo guardare gli uomini come vittime del demonio che li ha ingannati, come dei prigionieri che lui tortura, come dice Caterina da Siena “sono i martiri di satana”, ingannati, torturati con il rischio di perdizione eterna. Noi dobbiamo avere questo occhio, lo voglio raccomandare, perché questo è distintivo del cristianesimo.

In un mondo che ci perseguita e che ci disprezza, noi dobbiamo guardare tutti con misericordia.

La nostra reazione verso chi commette qualcosa di sbagliato nei nostri confronti non deve essere quella della rabbia, ma deve essere quella di chi ha avuto la grazia della liberazione, la grazia della luce, la grazia di conoscere l’amore di Dio, allora, avendo noi avuto questa grazia, dobbiamo guardare questo mondo con l’occhio misericordioso del Padre Celeste, o se vogliamo dire meglio, con quella misericordia con cui Dio ci ha guardato, ha guardato noi, noi uomini che l’abbiamo messo in Croce. Dio non ci ha mai guardato con disprezzo. Ci ha guardato con misericordia e anche quando ha visto che noi stavamo accumulando i castighi (non di Dio, i castighi che noi ci siamo inflitti) Dio si è messo a piangere e ha detto “Gerusalemme, Gerusalemme Io ho voluto raccogliere i tuoi figli come fa la chioccia con i suoi pulcini ma tu non hai voluto”.  La medesima cosa sta facendo la Madonna adesso. Come una chioccia sta raccogliendo i suoi pulcini. Anche i più lontani per salvarli e per evitare che l’omicida, il menzognero fin dal principio, distrugga questa terra perché questo è il suo obiettivo.

Allora la nostra santità deve avere tratti particolari nel nostro tempo. Uno di questi tratti particolari è la grande misericordia con cui dobbiamo guardare questo mondo, quando dico questo mondo intendo anche i nostri familiari, se noi facciamo una statistica delle nostre famiglie, delle nostre parentele – io sono il primo a farla con la mia -… fai i conti su dieci… uno o due son dalla parte di Dio, gli altri non si sa bene dove sono. E’ una realtà viva e vera che possiamo guardare, allora cosa dobbiamo fare? Cosa facciamo, la guerra? Li malediciamo? Li disprezziamo? Li mandiamo all’inferno? No, dobbiamo fare come il medico che guarda con amore i malati, come Dio guarda con misericordia, come la Madonna ci guarda con misericordia così noi dobbiamo guardare tutti con misericordia.

Attenzione, tutte sono anime per le quali Cristo ha versato il Suo Sangue. Noi dobbiamo avere per queste anime pietà, compassione. La Madonna ci invita ad essere portatori della pace, apostoli dell’amore, testimoni della fede, mani gioiosamente tese…

Noi dobbiamo manifestare questa misericordia divina alla gente che molte volte è gente di casa nostra e che magari mal ci sopporta perché siamo cristiani.

Bisogna avere questa misericordia ed avere la pazienza; Dio ha avuto verso di te questa misericordia. Pensa quanto ti ha sopportato prima che tu ti convertissi; e perché tu non vuoi avere la stessa misericordia e non vuoi sopportare prima che gli altri si convertono? Bisogna avere questa pazienza di Dio, la pazienza di Dio. Pensate la pazienza che ha avuto la Madonna. Tutte le volte ci dice che non è stanca di noi, ha una pazienza incredibile. In un recente messaggio ha detto che i pellegrini vanno a Medjugorje per pregare per i poveri peccatori, ma essi stessi vivono nel peccato.

Non giudichiamo le persone: guardate che si giudica ciò che dicono, ciò che fanno, ciò che insegnano, ma non si giudicano le persone per quanto riguarda il loro cuore perché nessuno sa se non Dio qual è la situazione di ognuno rispetto a Lui. Neanche l’interessato lo sa. Guardate che è di fede questo. Nessuno può sapere con esattezza, a meno che Dio non gli da una rivelazione speciale, quale la situazione davanti a Dio. Difatti la teologia insegna che nessuno può avere la certezza di essere in grazia di Dio. Casomai devi pregare. Non si può dire “io sono in grazia e tu no”, può essere che sia  il contrario. Solo Dio vede i cuori.

Bisogna avere uno sguardo di compassione verso gli altri. Guardarli come Dio li guarda: con bontà, con desiderio di salvarli… vedendo che sono malati, cioè dobbiamo vedere le malattie spirituali, chi fa il male è spiritualmente malato. Per colpa sua, ma solo Dio vede il grado di responsabilità. A noi tocca dare la medicina della bontà, dell’incoraggiamento, del buon esempio, dell’amore.
Oggi è un mondo invivibile perfino nelle famiglie.

L’altro tratto fondamentale della santità è il perdono. La misericordia e il perdono hanno cambiato il mondo, hanno spezzato quella catena di violenza che lo avrebbe distrutto. Se il mondo ha un futuro è perché la misericordia e il perdono sono venuti in questo mondo e sono in Gesù Cristo. Quelli che credono in Lui li rendono presente in ogni generazione. Viviamo la santità esprimendo la Sua misericordia e incominciamo nelle nostre famiglie. Siamo misericordiosi e mani tese. Come dice San Francesco di Sales: “si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto”. Ha perfettamente ragione, con una goccia di amore di Dio si conquistano le anime, con la frusta del Savonarola non ne conquisti neanche una. Ciò non vuol dire che Gesù Cristo non dovesse dire la verità, ma dirla con carità.

A volte i matrimoni si sfasciano quando uno dei due si indurisce e non perdona l’altro. Questa è la morte della famiglia. Laddove invece si fa lo sforzo di pregare… ci si parla, ci si perdona, si riprende sempre daccapo. Questo vale tra marito e moglie, ma anche fra genitori e figli.

Per perdonare bisogna essere umili. Mi ricorderò sempre di come ho conquistato un’anima. Vi racconto questa stupidaggine: riguarda un ragazzo della Parrocchia. C’erano dei ragazzi di Parrocchia che erano dei somarelli a scuola e non avevano voglia di studiare a cui dissi “sentite ragazzi faccio un fioretto vi farò delle lezioni di latino” nonostante tutto il lavoro che avevo da fare, però un paio di volte alla settimana facevo la lezione a sei o sette ragazzi. Un giorno uno di loro si presentò alla lezione di latino con il suo cane e, quest’ultimo, continuava ad abbaiare mentre gli altri ragazzi ridevano a questa scenetta… “ma scusa”, dico, “porta fuori il cane”, non l’avessi mai detto! Ha preso il cane e se n’è uscito; non veniva più in Chiesa. Non dovevo dire una cosa del genere. Sapete cosa ho fatto? Gli ho telefonato e gli ho detto “ti chiedo scusa, sono stato maleducato”.

Facendo questo ho conquistato un’anima, se non lo avessi fatto (e avevo mille ragioni per non farlo) l’avrei persa. Questo è  un piccolo esempio di come nella vita familiare la capacità di perdonare è fondamentale, oggi. La misericordia e il perdono ci spalancano le porte dei cuori. Sono quei tratti di santità che hanno una valore sociale e familiare incredibili. Sono quelle che Gesù ci dice: “siate misericordiosi come il Padre Celeste”, “nella misura in cui giudicate sarete giudicati”, “perdonate e vi sarà perdonato”, “date e vi sarà dato”.

Quando c’erano difficoltà familiari, mia mamma ci portava a fare l’elemosina ai poveri perché ricordava la frase evangelica: “date e vi sarà dato”.

Con questa catechesi vi ho voluto preparare alla festa di tutti i santi… che la Madonna guardandoci non dica più “non vedo la gioia in voi”.

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Invito alla misericordia con i fratelli

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2011

Invito alla misericordia con i fratelli dans Fede, morale e teologia sanfrancesco

«[...] Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti coprissero di battiture, tutto questo tu devi ritenere come una grazia. E così tu devi volere e non diversamente. E questo tu tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio ed mia per te… E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. E in questo amali e non pretendere che divengano cristiani migliori. E questo sia per te più che stare appartato in un eremo. E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non si sia alcun frate al mondo che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che dopo avere visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli [...]».

San Francesco
Fonti Francescane

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Gesù chiede il cuore

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2011

Gesù chiede il cuore dans Antonio Socci antoniosocci

[...] Era abituale a quel tempo l’esecrazione moralistica dei pubblici peccatori da parte soprattutto di un’élite e di movimenti spirituali molto ossessionati dal tema della purità e che ritenevano se stessi giusti, retti, onesti, pii (e abilitati a giudicare i peccati altrui). Ma a chi sbandiera la propria rettitudine, le proprie pratiche di pietà e giudica con disprezzo il peccatore, Gesù racconta una parabola scomoda. La storia di un pio fariseo che «stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore». Gesù conclude così: «Io vi dico: questi (il pubblicano, nda) tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro (il fariseo, nda), perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato» (Lc. 18,10-14).
Eppure l’«uomo onesto» era veramente una persona perbene, osservante della Legge, anche sinceramente impegnato. In alcuni episodi troviamo le scandalizzate invettive di alcuni (non tutti) scribi e farisei contro Gesù reo di parlare con pubblicani e prostitute. La purezza interiore di Gesù è assoluta («se il tuo occhio ti scandalizza, toglilo» Mt. 18,9), la santità della sua vita è sotto gli occhi di tutti, è inarrivabile (solo lui può proclamare: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore») tanto che sfida tutti a rimproverargli un solo peccato (mai nelle sue preghiere al Padre c’è una richiesta di perdono). Passa tante notti immerso in preghiera, eppure questo Gesù accetta con simpatia umana l’invito a pranzo di pubblici peccatori, ha affetto per ciascuno di loro, e – con somma indignazione dei benpensanti – lascia che una povera donna di pessima fama gli baci i piedi bagnandoli con le sue lacrime di dolore.
Erano in tanti a scandalizzarsi di questa totale libertà di Gesù dalle loro regole. Eppure a questi tali, a questa gente perbene, onesta e osservante della Legge, Gesù non risponde giustificandosi o arrampicandosi sui vetri, ma con un colpo da ko: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio» (Mt. 21,31). Doveva essere per loro come un pugno nello stomaco. E quando, secondo la Legge, pretendono di lapidare l’adultera e di avere il suo consenso, dice loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra» (Gv. 8,7).
Silenzio generale, imbarazzo e poi, uno a uno, se ne vanno. Un giorno fissando negli occhi questa gente perbene (che giudicava gli altri e li disprezzava come peccatori) scandisce queste parole: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità. [...] Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?» (Mt. 23,27-28 e 33).
Si resta sinceramente sconcertati davanti a queste parole di fuoco che Gesù pronuncia contro delle persone perbene, mentre è dolce con i peccatori che, in fin dei conti, sono davvero gente discutibile (anche noi, oggi, detestiamo i disonesti, i profittatori, gli opportunisti e certi sfrenati gaudenti e normalmente vediamo tutti questi vizi negli «altri»: ognuno di noi istintivamente si mette nel novero delle persone che fanno il proprio dovere, le persone perbene). Non è che Gesù invitasse a essere peccatori, ma a essere umili e a non giudicare gli altri, a non vantare la propria rettitudine. Perché questo rende superbi, fa presumere di se stessi e delle proprie capacità. Gesù invece è drastico: «Senza di me non potete far nulla». Nulla. Non dice «potete fare ben poco». Dice «non potete fare nulla». E’ un’espressione pesantissima, sconcertante. Chi è mai costui che avanza una simile «pretesa»?
In effetti dai Vangeli risulta che sono più pronti ad accoglierlo i «peccatori» (talvolta criminali) che i «giusti». Anche quando Gesù è in croce, viene dileggiato dai notabili, osservanti della Legge, e viene implorato dal «ladrone», che certo non era uno stinco di santo. Gesù arriva al suo cuore attraverso le ferite della sua vita, ed è il cuore di uno che sta morendo come criminale, non il cuore di uno corazzato con la sua superba moralità.
Gesù chiede di essere amato da tutti così come ciascuno è. Sembra dire a peccatori, incoerenti, poveracci: «Né i limiti e i peccati vostri, né quelli altrui possono comunque impedirvi di volermi bene e rimanere con me. Io farò il resto. Vi cambierò io».
Questo atteggiamento di Gesù è particolarmente evidente nel caso di Pietro, il più emblematico. Dopo tutto quello che aveva ricevuto e visto, nel momento dell’arresto di Gesù e dell’interrogatorio lo rinnegò ben tre volte per paura. Con le labbra, non con il cuore, dice sant’Ambrogio, cioè lo rinnegò per vergognosa viltà e ne pianse amaramente, ma continuava a volergli bene. Neanche lui sapeva spiegarsi questa cosa, ma gli voleva bene. Questo gli era chiaro. Di certo voleva sprofondare mentre lo diceva a se stesso, sentendosi ormai indegno dell’amicizia di Gesù, ma era innegabile quanto fosse attaccato al suo Maestro. Lo cercava sempre con gli occhi. E lo sguardo di Gesù, mentre cantò il gallo, fu il suo ultimo incontro con lui prima dell’esecuzione capitale sulla croce.
Poi accade l’inaudita, imprevedibile resurrezione di Gesù e una serie di eventi convulsi. Gesù appare più volte, vivo, fra i suoi. Una di queste volte, il Maestro, era sulla riva del lago di Tiberiade – con la tenerezza che lo caratterizzava – aveva preparato del pesce per i suoi amici stanchi che con la barca tornavano dalla pesca. A un certo punto di quello stupefacente pasto insieme, Gesù fissa Pietro, che si sarà sentito morire. Ma, diversamente da quanto temeva, Gesù non gli chiede affatto conto del tradimento, non si mette a rimproverarlo per la sua viltà, non gli dice «non peccare, non tradire, non essere incoerente». Ma gli dice: «Simone, tu mi ami?». E addirittura glielo ripete tre volte e per tre volte gli consegna il suo piccolo gregge di amici e lo chiama alla sua grande missione.
Così Gesù fa capire la sola cosa che chiede: il cuore, che si voglia bene a lui. Al resto penserà lui. Trasformerà lui quel focoso e rozzo pescatore, quel codardo nel momento del pericolo, nel pilastro della sua Chiesa, in un padre forte e buono, disposto un giorno a dare anche lui, con eccezionale eroismo, la sua vita su una croce. Gesù si compiace di gente così: l’amico che lo ha rinnegato, la Maddalena, Zaccheo, la Samaritana, il ladrone del Golgota. Li ama così come sono e li perdona. Così li trasforma. Li cambia lui stesso.

Antonio Socci – Indagine su Gesù

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Jerzy Popiełuszko e la speranza che non si uccide

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2011

A trent’anni dagli accordi di Danzica un ricordo del prete assassinato perché sostenne senza paura i lavoratori dei cantieri
Jerzy Popiełuszko e la speranza che non si uccide
Raccolte in un volume le « Omelie per la patria » pronunciate tra il 1982 e il 1984
di Andrea Possieri – L’Osservatore Romano

Jerzy Popiełuszko e la speranza che non si uccide dans Articoli di Giornali e News jerzypopieuszko

« Bisogna aver paura solo di tradire Cristo per i trenta denari di una meschina tranquillità ». Era solito pronunciare questa frase il beato don Jerzy Popiełuszko in uno degli abituali pellegrinaggi a Jasna Góra, dov’è conservata l’icona della Madonna di Czestochowa, che ogni anno, dal 1979, era solito organizzare con gli studenti universitari. Testimonianza cristiana e coraggio politico, nella difficile ricerca di uno spazio di libertà contro un regime oppressivo, si combinavano in quell’affermazione che ci restituisce la cifra di un uomo e di un sacerdote che riuscì a rappresentare, seppur per pochi anni, una guida spirituale e civile per migliaia di polacchi e anche un esempio di fede vissuta per moltissimi occidentali che seguivano con speranza e trepidazione l’evoluzione delle vicende polacche. D’altronde, la Chiesa cattolica in Polonia ha rappresentato, senza dubbio, la base attorno alla quale si è coagulata tutta l’opposizione, anche quella non cattolica, al regime comunista. Alcune delle « Omelie per la patria » che vennero scritte e pronunciate da don Jerzy Popiełuszko, tra il 1982 e il 1984, sono raccolte oggi in un volume curato da Annalia Guglielmi, Popiełuszko. « Non si può uccidere la speranza » (Castel Bolognese, Itaca, 2010, pagine 176, euro 12).
Il momento decisivo della storia polacca, che verrà spesso ricordato nelle omelie del beato, è rappresentato dagli scioperi dell’agosto del 1980 quando i cantieri Lenin di Danzica, per primi, incrociarono le braccia per chiedere, oltre all’aumento dei salari, anche il reintegro di Anna Walentynowicz, un’operaia licenziata alcuni mesi prima. Gli scioperi si allargarono rapidamente ad altre aziende del Baltico e ben presto superarono le normali rivendicazioni salariali operaie per assumere una dimensione nazionale e di lotta pacifica per la libertà. « Ma questi sono scioperi di solidarietà » affermò sprezzantemente il direttore dei cantieri navali Gniech. E « solidarietà », in polacco solidarnosc, fu la parola che riassunse questa stagione e che fornì, successivamente, il nome al sindacato libero e indipendente polacco.
Il 31 agosto del 1980 vennero firmati i cosiddetti « accordi di Danzica » tra il governo polacco e il Comitato interaziendale di sciopero (Mks), che aveva definito da tempo in 21 punti le richieste avanzate al regime comunista. Con quegli accordi il governo accettò le richieste degli operai – aumento del salario di base, soppressione dei « prezzi liberi », aumento delle pensioni – e, soprattutto, riconobbe il diritto a formare un sindacato libero. Come contropartita al riconoscimento politico il sindacato pose fine agli scioperi che per tutto il mese di agosto avevano caratterizzato la vita politica polacca.
Anche se parte degli accordi rimasero soltanto sulla carta, quell’intesa, che sancì il riconoscimento di una organizzazione indipendente dal potere politico, rappresentò una svolta epocale, un risultato senza precedenti nei regimi comunisti. Per la prima volta si era aperta una fessura di libertà nei governi delle cosiddette democrazie popolari dell’Europa orientale che avrebbe avuto ripercussioni ben più importanti delle rivolte, soffocate dai carri armati dell’Armata Rossa, del 1956 e del 1968.
La nascita, nel settembre del 1980, del Sindacato indipendente autogestito, guidato dall’elettricista Lech Walesa, rappresentò, infatti, un fenomeno politico-culturale ben più vasto e profondo delle tradizionali dinamiche economiche della vita delle fabbriche. Solidarnosc venne riconosciuta ufficialmente e registrata al Tribunale il 10 novembre del 1980 e, in breve tempo, raccolse circa dieci milioni di iscritti su una popolazione di circa quaranta milioni. Solidarnosc, infatti, riuscì a unire alla lotta non violenta per i diritti civili i simboli dell’identità nazionale e quelli religiosi.
Il 28 agosto 1980 il primate di Polonia, cardinale Stefan Wyszynski, aveva inviato il giovane cappellano don Jerzy Popiełuszko – nato il 23 settembre 1947 da una famiglia contadina e ordinato sacerdote nel 1972 – nella grande acciaieria della città, la Huta Warszawa perché gli operai in sciopero avevano chiesto un sacerdote per celebrare la messa. D’altronde il rapporto tra il cristianesimo e le manifestazioni pacifiche del 1980 fu fortissimo. Emblematiche sono le immagini della Madonna Nera di Czestochowa e le fotografie di Giovanni Paolo ii che vennero affisse sui cancelli dei cantieri di Danzica durante lo sciopero.
Nel gennaio del 1982 don Popiełuszko assistette al processo degli operai della Huta e nel mese di febbraio assieme al parroco della chiesa di San Stanislao Kostka iniziò a organizzare ogni mese una messa per la patria « per chiedere assieme al popolo la pace della patria e la protezione di Dio sulla nazione ». Da allora per trentuno mesi don Jerzy presiedette le messe per la patria – tenendo omelie che venivano sempre scritte e inviate al vescovo ausiliario – che divennero un fatto straordinario nella vita di Varsavia e della Polonia. Alle messe della chiesa di San Stanislao Kostka partecipavano migliaia di persone provenienti da altre città. All’inizio della liturgia e dopo la comunione gli attori polacchi che non avevano aderito alla programmazione teatrale e televisiva di regime recitavano poesie ed eseguivano canti religiosi e patriottici.
L’esperienza dell’agosto 1980, in cui si erano svolti quegli scioperi che avevano legittimato l’affermazione di una prima organizzazione politica indipendente, erano ben presenti in molte omelie di don Jerzy. « Le speranze dell’agosto 1980 continuano a vivere » affermò nell’agosto 1984 « e noi abbiamo il dovere morale di custodirle in noi e di sostenerle coraggiosamente nei nostri fratelli. Bisogna liberarsi dalla paura che paralizza e rende schiavi le menti e i cuori degli uomini ». Il 1980 – scrisse nel settembre del 1983 – ha portato alla luce « grandi qualità » della nazione, « perspicacia, prudenza, capacità di azione comune », e lo « slancio patriottico degli operai » dell’agosto del 1980 si è combinato con il risveglio della coscienza degli intellettuali e dell’intera nazione « narcotizzata negli ultimi decenni ».
D’altronde, il nesso tra nazione polacca e cristianesimo è continuamente ribadito nelle omelie di don Popiełuszko così come è netta la denuncia degli « articoli menzogneri » di « Trybuna Ludu » o « Argumenty ». Di fronte al tentativo del regime comunista di costruire una nazione socialista senza il fondamento storico rappresentato dalla cultura cristiana – « il programma di ateizzazione porta all’assurdo, provoca un senso di violenza sulla società e di schiavitù sulla persona » – Popiełuszko evidenziava, con forza, il richiamo secolare alle radici cristiane della nazione polacca. « Fin dalle origini – scrive il sacerdote – la cultura polacca porta in sé l’evidente impronta del cristianesimo » e per questo « non si possono tagliare le radici del nostro più che millenario passato: un albero senza radici cade al suolo, e in questi ultimi decenni gli esempi sono stati molti ».
Il ruolo pubblico del sacerdote originario del paese di Okopa divenne ben presto inviso agli occhiuti agenti del regime polacco. Già il 30 agosto del 1982, pochi mesi dopo l’inizio delle messe per la patria, giunse alla curia di Varsavia una lettera minacciosa del Ministro del Culto Adam Lopatka in cui la figura del giovane sacerdote assumeva i connotati di un pericoloso turbatore dell’ordine pubblico. La lettera segnò l’inizio della persecuzione del regime contro don Jerzy. La procura di Varsavia inizierà a compilare un « dossier Popiełuszko » che nel luglio del 1984 contava ormai più di mille pagine in cui erano stati annotati tutti i comportamenti sovversivi del sacerdote polacco. Il 19 ottobre 1984 venne rapito e ucciso da tre ufficiali dei servizi di sicurezza polacchi. Quella sera stessa prima di morire, durante la recita del rosario, aveva detto: « Dobbiamo vincere il male con il bene e mantenere intatta la nostra dignità di uomini, per questo non possiamo fare uso della violenza ».
Come ha scritto Annalia Guglielmi, don Popiełuszko « ha fatto la sua scelta per il bene e di fronte al male non ha intrapreso la strada del silenzio rassegnato e indifferente » e entrando a buon diritto in quella schiera di santi e martiri « ha dato a tutti un esempio di come sia possibile, seguendo con umiltà e passione maestri e testimoni, dare la vita e, se necessario, offrirla fino all’estremo sacrificio per la verità, la giustizia e la pace ».

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Perdonare per avere la pace

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2011

Maria, da tempo ripete spesso queste parole, toccando la condizione fondamentale della pace: se non si perdona la pace non è possibile.
di Padre Slavko Barbaric

Perdonare per avere la pace dans Fede, morale e teologia padreslavkobarbaric

1. Perdonare non è facile, questo lo sappiamo tutti sicuramente; specialmente quando le cose che non ti piacciono si ripetono, soprattutto nella famiglia. Gesù non ha detto per caso che bisogna perdonare « 70 volte 7″, cioè sempre. Ma noi ci troviamo molte volte in una contraddizione con noi stessi: vogliamo la pace e non vogliamo perdonare; vogliamo la pace ma non vogliamo chiedere perdono. Perché, per chiedere il perdono, bisogna avere anche un po’ di umiltà; chiedere perdono significa vedere anche la parte della propria responsabilità. Qui troviamo un grande problema: vedere la propria colpa, riconoscerla e chiedere perdono. Io mi ricordo di questa storia vera. Una persona è venuta e ha detto: « Io non ho più la pace; non posso dormire, né lavorare, non posso far niente ». E io ho chiesto quello che anche voi avreste chiesto: « Da quando non hai la pace e perché? » Mi dice: « Una persona mi ha ferito profondamente e ho perso la pace ». Io ho detto allora: « Tu devi perdonare e la pace ritornerà ». Ha detto: « Eh, padre, non posso, perché mi ha ferito profondamente ». Io ho detto: « Ma tu cerchi la pace? » « Sì, padre; non posso dormire, non posso mangiare, non posso lavorare ». Allora io ho detto: « Tu devi perdonare! » « Ah, non posso perché non è la prima volta che mi ha ferito così! » « Ma tu vuoi la pace! » « Sì padre! » Potevamo continuare fino all’indomani e mancava poco che questa persona entrasse in conflitto anche con me. Noi sappiamo tutti che quando siamo feriti, è difficile perdonare o chiedere perdono, ma, volendo la pace, dobbiamo lavorare su questo punto del perdono e non dire che è impossibile perdonare. Dio non può chiederci le cose impossibili. Se noi pensiamo che è impossibile, probabilmente non preghiamo abbastanza. Infatti la Madonna ci insegna: « Pregate con il cuore per poter perdonare ed essere perdonati » (a Ivanka 25.06.97). In un messaggio al gruppo di preghiera, la Madonna ha detto: « Se tu senti nel tuo cuore qualche cosa contro qualcuno, prega fino al momento in cui cominci a sentire sentimenti positivi verso questa persona ». In un gruppo una persona ha reagito dicendo: « Ah, io dovrei pregare giorno e notte! » E allora prega giorno e notte fino a che riuscirai a perdonare, perché la pace è un profondo desiderio di tutti e vale la pena impegnarsi. Il problema del perdono è più grave di quanto noi pensiamo, soprattutto nelle famiglie. Guardate, quando parliamo degli altri ad un amico o ad un’amica, come parliamo? Molte volte in modo negativo; e sempre, quando siamo tentati di parlare così, si tratta del problema del perdono. Si dice: « La mia vita è difficile a causa di mio padre, di mia madre, marito, moglie, suocera, nuora… » Sono sempre gli altri quelli che ci creano problemi! Quante volte abbiamo detto o sentito dire che la vita di mio padre o di mia madre, di mia moglie, o di mio marito è difficile a causa mia! E’ molto raro vedere le difficoltà che hanno gli altri, per il fatto che vivono con noi, ma noi sempre sappiamo come è difficile la nostra vita a causa degli altri. E’ sempre il problema del perdono. Soprattutto questa affermazione: « Io ho ragione! » Ecco una storiella: Dio permette a satana di dominare un giorno una città; e satana gli chiede solo una cosa: lasciare che i semafori della città segnino sempre verde. Risultato: in un minuto confusione completa! In ogni incidente ognuno aveva ragione: quello che veniva da una parte aveva il verde, ma anche quello che veniva dall’altra parte aveva pure lui il verde! Tutti avevano ragione. E chi può perdonare se ha ragione? E chi poteva chiedere perdono se aveva ragione? Ecco: quante volte dalla nostra parte c’è sempre verde e dopo tutti sono colpevoli intorno a noi; solo noi no, perché abbiamo la luce verde… Sono sicuro che avete ascoltato le testimonianze dei giovani di suor Elvira. Una volta uno ha detto: « Noi ci amiamo nella comunità non perché non ci conosciamo, ma ci amiamo perché ci conosciamo; noi non abbiamo paura di dire all’altro: ho sbagliato. Ci amiamo perché conosciamo anche le debolezze l’uno dell’altro ». Molte volte, soprattutto nelle famiglie, noi nascondiamo queste cose. E dopo si incontrano le maschere! Le maschere, non le persone! E così si incontrano maschere tra marito e moglie, tra genitori e figli e hai un teatro, non una famiglia, non una vita.

2. Di solito diciamo che noi viviamo male a causa degli altri e non ci accorgiamo quando gli altri vivono male a causa nostra. Cioè vediamo la pagliuzza nell’occhio del fratello e non la trave che è nel nostro. Qui possiamo collaborare con Maria o con satana. Quando abbiamo esperienze negative con gli altri, quando ci hanno ferito o parlato male di noi, che cosa facciamo? Se continuiamo ad accusare, a farli responsabili per questo, a spargere in giro queste cose, noi collaboriamo con satana, perché satana fa così. Nella Bibbia si dice che satana si trova davanti al trono di Dio e ci accusa. Nei messaggi della Madonna troviamo invece questo: « Io prego per voi… ». « Io intercedo per voi presso Dio… ». La Madonna ci conosce, conosce le nostre cose buone e anche le cose cattive, ma non ci accusa, non ci condanna; bensì prega per noi. Allora, quando tu hai un’esperienza negativa con qualcuno e cominci a pregare per questa persona, tu sei in piena collaborazione con la Madonna. Guardate che su questo punto siamo tutti troppo deboli: parliamo spesso male gli uni degli altri e siamo tentati di ingigantire le storie negative; e dall’altra parte siamo tentati a diminuire il bene degli altri. E’ sempre la collaborazione con il negativo! E’ anche una tentazione quando uno dice: « Quello che ti dico è proprio vero! » Anche se è vero, tu diffondi le cose negative e il negativo si allarga. C’è un buon consiglio per tutti voi, soprattutto per coloro che sono molto tentati a parlare male degli altri. Io dico a loro: continuate a parlare male, ma a una condizione. Prima di raccontare le cose negative, a questa persona alla quale vuoi parlare, devi dire: « Quando termino di dirti queste cose negative, promettimi che pregherai un Rosario con me per questa persona, oppure che farai un giorno di digiuno per la persona che ti ha fatto del male ». Sono sicuro che molti vi diranno che non hanno tempo di ascoltare le cose brutte e negative… Succede spesso che anche le persone che pregano molto, dicono il Rosario, vanno alla Messa, ecc., quando si incontrano con gli altri, tante volte parlano male, fanno delle chiacchiere. Bisogna decidersi: con chi vuoi collaborare? Con la Madonna o con satana? (16 agosto 1997).

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Indulgenze per i defunti

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2011

Indulgenze per i defunti dans Fede, morale e teologia 8wweaw

Come aiutare i nostri defunti
La Chiesa, madre e maestra, ci addita parecchi mezzi per suffragare le anime dei nostri cari e aiutarle a raggiungere la pienezza della vita eterna.

L’aiuto più efficace è la S. Messa, la Comunione fatta in suffragio dei defunti. La celebrazione Eucaristica, rinnovando il sacrificio di Gesù, è l’atto supremo di adorazione e riparazione che possiamo offrire a Dio per le anime dei defunti.

La preghiera: un mezzo sempre efficace, alla portata di tutti, tanto più efficace quando non chiediamo aiuti e beni per noi stessi, ma perdono e salvezza per le anime dei nostri cari. Questa preghiera è tanto gradita a Dio perché coincide con la sua volontà salvifica: Egli desidera, attende di incontrarci tutti in Cielo, in quella beatitudine per la quale ci ha creati.

Oltretutto per molti di noi è un dovere di gratitudine per il bene ricevuto da parenti e amici e insieme una garanzia perché le anime, giunte in Paradiso, pregheranno per noi. Tra le preghiere tanto raccomandate dalla Madonna, la recita del Rosario, con l’aggiunta dopo il Gloria, di una invocazione per i defunti: l’Eterno riposo. Oltre la preghiera possiamo suffragare le anime con mortificazioni, sacrifici, penitenze, beneficenza e atti di carità, in riparazione dei peccati commessi mentre erano in vita.

Le indulgenze
La Chiesa ci propone per suffragare le anime del Purgatorio anche la pratica delle “indulgenze”. Queste ottengono la remissione della pena temporale dovuta per i peccati. Ogni colpa, anche dopo il perdono, lascia come un debito da riparare per il male commesso. La Chiesa traendo dal suo tesoro “spirituale”, costituito dalle preghiere dei Santi e dalle opere buone compiute da tutti i fedeli, quanto è da offrire a Dio perché Egli « condoni » alle anime dei defunti quella pena che altrimenti essi dovrebbero trascorrere nel Purgatorio.
L’indulgenza più nota è legata alla commemorazione di tutti i defunti, il 2 novembre, mediante: visite alle tombe, celebrazione Eucaristica al cimitero, visita a una Chiesa.
Si può lucrare l’indulgenza plenaria a partire dal mezzogiorno del 1° novembre a tutto il 2 novembre.
Si può lucrare una sola volta ed è applicabile solo ai defunti. Visitando una Chiesa, (si reciti almeno un Padre nostro e il Credo).
A questa si aggiungono le tre solite condizioni Confessione, Comunione, preghiera secondo le intenzioni del Papa (Pater, ave, gloria).
Queste tre condizioni possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti il 2 novembre. Nei giorni dall’1 all’8 novembre chi visita il cimitero e prega per i defunti può lucrare una volta al giorno l’indulgenza plenaria, applicabile ai defunti, alle condizioni di cui sopra.

Tratto da: Radio Maria

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Halloween, culto pagano

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2011

Halloween, culto pagano
di PADRE LIVIO FANZAGA in DIRETTA su RADIO MARIA il 25.10.2007
Tratto da: Santuario Beata Vergine della Salute di Puianello (Mo)

Halloween, culto pagano dans Fede, morale e teologia Halloween

Carissimi,
come di consueto, ecco che si avvicina la festa di « Tutti i Santi » e i blasfemi tra virgolette « Ignoranti » nel senso che ignorano tale culto pagano, la festeggiano con il nome di Halloween senza immaginare cosa c’è dietro questo orribile culto pagano…. Per i più piccoli sembrerà divertente, ma in realtà è un sottile gioco di persuasione per far passare per « normale » un culto satanico….
Approfittando della cultura di una mia cara sorella in Cristo, vi giro la lettera che mi ha scritto (ho la sua approvazione) dopo una ricerca accurata, dando una spiegazione dettagliata del motivo per cui non vuole più festeggiare il culto pagano con i suoi bambini benché le sue origini non siano italiane, ma Canadesi, dove lì è talmente naturale festeggiare certe usanze con i suoi pro e i suoi contro….
E’ un po’ lunghetta, ma è il caso di leggerla tutta per far passare per sempre a chicchessia la voglia di onorare il rito blasfemo…

“Io ho deciso, con i bambini, di fare un’altro tipo di festa quella sera che abbia dei significati profondi perché, sebbene io sia nata e cresciuta in Canada e abbia sempre festeggiato halloween, ho approfondito la questione e ho deciso che non mi piace come quella sera si esalti in modo particolare, sangue, morti, spiriti e altre cose orrende . Non mi sento coerente con il mio essere cattolica (e neanche una tanto brava) e per natura vado sempre al di là della superficie quando faccio qualcosa e ho imparato con il tempo a guardare se c’è un significato più profondo a quello che sto facendo. Questo è quello che so io. Senza offesa per alcuno, lo sapete che rispetto tutti, ma queste sono la ragioni per cui IO, Cristina, cattolica credente, non festeggio più halloween: massimo rispetto per chi lo fa.

Capodanno Celtico
I bambini adorano halloween perché è sia divertente che pauroso, ma non hanno idea di che cosa ci sia dietro a questa celebrazione. Le streghette, i fantasmini, i draculini e gli scheletrini…tutto così INO E CARINO E INNOCENTINO!!
Per i Satanisti e le « streghe » halloween però non è uno scherzo. Il 31 Ottobre è il giorno più importante dell’anno Satanico – è conosciuto per essere il giorno del compleanno di Lucifero – e segna anche il capodanno celtico. Era la fine dell’anno dei raccolti, marcava la transizione dall’estate all’inverno (la stagione della morte) ed è diventato il festival dell’aldilà che torna al di qua. In questo giorno, il dio Celtico Samhain (dio della Morte) ha chiamato a sé le anime defunte durante l’anno e le faceva reincarnare in animali destinati a vagare a terra e a tornare in visita alle loro case la notte del 31. Allo stesso tempo gli spiriti maligni erano lasciati liberi di vagare per le campagne ad infastidire i passanti e gli abitanti, il cibo veniva lasciato in offerta sui balconi nella speranza che questi spiriti malvagi accogliessero l’offerta e passassero oltre.
Il 31 Ottobre, i celti si aspettavano di essere tormentati dalle anime e dagli spiriti e demoni e non era un divertimento per loro. I Druidi trascinavano la gente in cerimonie nelle quali cavalli, gatti, pecore nere, esseri umani e altre offerte erano raccolti, infilati in grandi gabbie di legno e bruciati vivi. La gente si vestiva con pelli e teste di animali e danzavano intorno al fuoco e questo veniva fatto per rabbonire Samhain e tenere lontano gli spiriti maligni. L’usanza delle maschere deriva anche dall’uso di indossare una specie di travestimento per nascondere la propria identità agli spiriti. Non è dunque chiaro che Halloween è sempre stata la celebrazione della morte? Oggi in pochi lo sanno, ma adoratrici di Satana, le così dette Streghe (e non altri tipi di streghe che con robe Sataniche non hanno nulla a che vedere) restano incinta appositamente per sacrificare poi il neonato in quella notte. Non si parla di queste cose, perché non fa fico e rovina la festa ma è così…e questo è solo UNO degli orrori di halloween.

TRICK OR TREAT
Il giochetto del « dolcetto o scherzetto » deriva invece dall’usanza dei druidi di andare di casa in casa in quella notte a chiedere denaro, cibo e sacrifici umani. Se erano accontentati
promettevano prosperità e fortuna alla famiglia e la casa… al contrario lo scherzetto era una maledizione lanciata sulla famiglia qualora le loro richieste non venissero soddisfatte. Essi portavano con se delle grosse rape scavate e intagliate con facce demoniache (oggi le zucche) e credevano che all’interno ci fosse uno spirito che li guidasse nella notte. Il loro piccolo demone personale.

Divinazione e sacrifici
Halloween è anche una notte in cui la gente sguazza nella divinazione, le carte e le ouija board. E’la notte in cui i morti ritornano e gli spiriti vagano per la terra . Come dicevo venivano (e vengono) fatti sacrifici umani o di animali (se avete dei gatti neri mettete a riparo le povere bestiole) sopratutto al dio della morte, Samhain…nel medioevo, c’è stato un grande revival dei riti Satanici e qui appaiono le streghe a cavallo delle loro scope (che non erano altro che simboli fallici. La storia delle streghe che volano agli incontri Satanici con altre streghe arriva dal fatto che in quella notte assumevano delle erbe allucinogene e che facessero dei viaggi in trance. Facevano riti nude, usavano le scope appunto come i moderni vibratori e facevano altre schifezze).
Tutto questo esaltare l’oscurità e la morte, gli scheletri, le streghe (quelle, beh, avete capito), Dracula (che lo sapete è un personaggio realmente esistito, il conte Vlad di Transilvania, durante il suo regno di sei anni questo maniaco ha massacrato oltre 100.000 tra uomini donne e bambini nei modi più orrendi…impalava i suoi nemici e beveva il loro sangue… invitava la gente handicappata, malata e vecchia alle feste di palazzo… li nutriva e ubriacava e poi incendiava il castello con tutti dentro. Un parente lontano di Hitler insomma… E’ questo tragico evento l’origine della casa degli orrori… ) e il sangue, assassini e paura, demoni e riti magici, occulto e ouiija board…si vestono questi bimbetti da mostri sanguinanti e si mandano in giro per le case a rievocare un atto di pura malvagità che era quello di augurare il male ad altre persone. Introduce i bambini alla stregoneria e all’occulto, rendendoli vulnerabili.
Insegnare ai bambini che va bene giocare con cose oscure, li abitua all’idea di accettare il male piuttosto che combatterlo. Li rende anestetizzati e ridicolizza e rende addirittura divertenti e ludiche delle pratiche che di divertente e innocente non hanno proprio niente! ma
voi mandereste in giro i vostri figli vestiti come gli assassini di Erba, o Bin Laden? E’ lo stesso concetto…ha le stesse radici. Il male.
Puoi chiamare una papera un’oca, un cavallo o una mucca..ma resta sempre una papera.
Non è ironico come in tante scuole stanno sparendo molti simboli religiosi, non si festeggia più il Natale o la Pasqua e sta invece aumentando il festeggiare una ricorrenza che ha origine occulte, spiritiche e di morte?
Le persone pagane avranno da ridire e sicuramente troveranno argomenti alternativi a questo mio pensiero e io le rispetto. Ma queste sono le ragioni per cui trovo che non sia più il caso che la mia famiglia festeggi questa ricorrenza. Noi quella sera, faremo una festa d’autunno e mangeremo anche noi caramelle e faremo dei giochi, ma non celebrerò il sangue e la morte e il terrore come fosse una cosa divertente per poi scandalizzarmi il giorno dopo alle notizie di vandalismi, sacrifici, profanazioni di tombe, violenze, riti satanici e stupri. E’ un controsenso e credo che vorrò far fare ai miei figli un’altro percorso. Anche se sarò additata come fanatica,matta, impopolare o semplicemente FUORI MODA.
Scusatemi se ho scritto tanto ma è servito anche a me per ricordarmi la ragione di certe scelte e approfondire per me stessa alcuni concetti. Cristina”.

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Vicka sulla vocazione al matrimonio

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2011

Intervista a Vicka Ivankovic, Gennaio 2002

Vicka sulla vocazione al matrimonio dans Discernimento vocazionale vickaivankovicsposa

Sr. Emanuel prima delle nozze era andata a trovarla. Tra le tante domante le ha chiesto:

vickamedjugorje dans Medjugorje

Domanda: Vicka, come vedi questo cammino del matrimonio che hai scelto?
Vicka: Guarda! Ogni volta che Dio ci chiama, dobbiamo essere pronti nel profondo del cuore a rispondere a questa chiamata. Ho provato a rispondere alla chiamata di Dio trasmettendo i messaggi in questi ultimi 20 anni. L’ho fatto per Dio, per la Madonna. In questi 20 anni l’ho fatto da sola, ed ora non cambierà niente se non che adesso lo farò attraverso una famiglia. Dio mi chiama a cominciare una famiglia, una famiglia santa, una famiglia per Dio. Sai, io ho una grande responsabilità di fronte alle persone. Loro cercano dei modelli, degli esempi da seguire. Allora voglio dire ai giovani: non abbiate paura di impegnarvi nel matrimonio, di scegliere questo cammino del matrimonio! Ma, per essere sicuri del proprio cammino, che sia questo o un altro, la cosa più importante è mettere Dio al primo posto nella vostra vita, mettere la preghiera al primo posto, cominciare la giornata con la preghiera e finirla con la preghiera. Un matrimonio in cui non c’è la preghiera, è un matrimonio vuoto, che sicuramente non durerà. Là dove c’è l’amore c’è tutto. Ma bisogna sottolineare una cosa: l’amore, si. Ma quale amore? Prima l’amore per Dio, e poi l’amore verso la persona con la quale vivrete. E poi, lungo il cammino della vita, non bisogna aspettarsi dal matrimonio che sia tutto rose e fiori, che sia tutto facile…No! Quando arrivano i sacrifici e le piccole penitenze, bisogna sempre offrirle al Signore con tutto il cuore; ogni giorno ringraziate il Signore per tutto ciò che è successo durante la giornata. Per questo dico: cari giovani, care nuove coppie, non abbiate paura! Fate di Dio la persona più importante della vostra famiglia, il Re della vostra famiglia, mettetelo al primo posto, e allora Egli vi benedirà – non soltanto voi, ma anche tutti quelli attorno a voi.

D.: Dopo il tuo matrimonio abiterai ancora a Medjugorje?
Vicka: Abiterò a pochi chilometri da qui, ma credo proprio che quasi ogni mattina, ritroverò il mio posto! (ovvero la scalinata della casa azzurra). Non devo cambiare la mia missione, so bene qual è il mio posto! Il mio matrimonio non cambierà questo.

D.: Cosa puoi dirci di Marijo (pronuncia: Mario), l’uomo che sposerai il 26 gennaio?
Vicka: È difficile per me parlarne. Ma tra di noi c’è una cosa sicura: la preghiera. È un uomo di preghiera. È un uomo buono, bravo. È un uomo profondo, e questo è molto bello. E poi, stiamo molto bene insieme. C’è veramente amore tra noi; così poi, poco a poco, costruiremo su questo.

D.: Vicka, come può una ragazza sapere quale uomo sposare?
Vicka: Sai, con la preghiera di sicuro, il Signore e la Madonna sono pronti a risponderti. Se chiedi nella preghiera qual è la tua vocazione, certo il Signore ti risponderà. Devi avere buona volontà. Ma non bisogna essere precipitosi. Non devi andare troppo veloce e dire guardando il primo ragazzo che incontri: “Questo è il ragazzo per me”. No, non devi fare così! Bisogna andare piano, pregare e aspettare il momento di Dio. Il momento giusto. Bisogna essere pazienti e aspettare che sia Lui, Dio, a mandarti la persona giusta. La pazienza è molto importante. Noi tutti tendiamo a perdere la pazienza, ci affrettiamo troppo e dopo, quando abbiamo fatto un errore, diciamo: “Ma perché, Signore? Quest’uomo non era veramente per me”. È vero, non era per te, ma dovevi essere paziente. Senza pazienza e senza preghiera, niente può andar bene. Oggi dobbiamo essere molto più pazienti, più aperti, per rispondere a ciò che il Signore vuole.

Se l’uno o l’altro ha paura di cambiare vita e dice a se stesso: “Oh, ma sono più tranquillo così da solo”, egli in realtà guarda in sé una paura. No! Bisogna prima liberarci da tutto ciò che ci turba dentro, e solo dopo potremo fare la volontà di Dio. Non possiamo chiedere una grazia e dire: “Signore, dammi questa grazia” quando abbiamo un grande blocco lì dentro; questa grazia non ci arriverà mai perché dentro di noi non siamo ancora pronti a riceverla. Il Signore ci ha dato la libertà, ci ha dato anche una buona volontà, e allora dobbiamo liberarci dei nostri blocchi interiori. Poi dipende da noi essere liberi o no. Tutti sono pronti a dire: “Dio qui, Dio là, fai questo, fai quello”…Dio agisce, è sicuro! Ma anch’io devo cooperare con Lui e averne la volontà. Devo dire: “Lo voglio, quindi lo faccio”.

D.: Vicka, hai chiesto alla Madonna il suo parere sul tuo matrimonio?
Vicka: Ma vedi, io sono come tutti gli altri, il Signore mi ha dato la possibilità di scegliere. Io devo scegliere con tutto il mio cuore. Sarebbe troppo comodo che la Madonna ci dicesse: “Fai questo, fai quello”. No, Lei non fa così! A noi tutti Dio ha fatto grandi doni perché potessimo comprendere interiormente ciò che Egli ha preparato per noi (Vicka non ha posto domande alla Madonna riguardo al suo matrimonio perché “Non le faccio mai domande per me stessa”, dice).

D.: Vicka, per molte persone consacrate nel celibato, tu rappresentavi un po’ il loro “modello” a Medjugorje. Ora essi ti vedono sposarti, hai qualcosa da dire loro?
Vicka: Vedi, durante questi 20 anni, Dio mi ha chiamata ad essere uno strumento nelle sue mani in questo modo (nel celibato). Se rappresentavo un “modello” per queste persone, oggi non cambia niente! Non vedo la differenza! Se si prende qualcuno come esempio da seguire, bisogna anche lasciarlo rispondere alla chiamata di Dio. Se Dio ora vuole chiamarmi ad una vita di famiglia, di famiglia santa, è che Dio vuole questo esempio, ed io devo rispondere ad esso. Per la nostra vita, non dobbiamo guardare quello che fanno gli altri, ma guardare in noi stessi e trovare in noi stessi ciò a cui Dio ci chiama. Egli mi ha chiamata a vivere 20 anni in questa maniera, adesso mi chiama ad un’altra cosa ed io devo ringraziarlo. Bisogna che io gli risponda anche per quest’altra parte della mia vita. Oggi Dio ha bisogno di esempi di buone famiglie, ed io credo che la Madonna voglia fare di me un esempio di questo tipo di vita, ora. L’esempio, la testimonianza che il Signore si aspetta che diamo, non la troveremo guardando agli altri, ma ascoltando, ciascuno per quanto lo riguarda, la chiamata personale di Dio. Ecco la testimonianza che possiamo dare! Non dobbiamo cercare la nostra soddisfazione personale, né fare ciò di cui abbiamo voglia. No, bisogna veramente fare ciò che Dio vuole che facciamo. Talvolta siamo troppo attaccati a ciò che ci piace e guardiamo troppo poco ciò che invece piace a Dio. In tal modo possiamo vivere tutta una vita, lasciar passare il tempo ed accorgerci soltanto all’ultimo momento che abbiamo fatto un grande sbaglio. Il tempo è passato e non abbiamo concluso niente. Ma è oggi che Dio ti dona occhi nel tuo cuore, occhi nella tua anima per poter vedere e non perdere il tempo che ti è dato. Questo tempo è un tempo di grazia, si! Ma è un tempo in cui bisogna scegliere ed essere ogni giorno più decisi sul cammino che abbiamo scelto.

Fonte: Les Enfants de Medjugorje

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Si sono nascosti tutti dietro di Lui

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2011

Si sono nascosti tutti dietro di Lui dans Charles Péguy Ges-Misericordioso

«Ecco cosa ha raccontato loro mio Figlio. Mio Figlio ha svelato loro il segreto del giudizio stesso. Ed ecco come mi sembrano, ecco come li vedo; ecco come sono obbligato a vederli. Come la scia di un bel vascello va allargandosi fino a sparire e a perdersi. Ma comincia con una punta, che è la punta stessa del vascello. Così la scia immensa dei peccatori s’allarga fino a sparire e a perdersi. Ma comincia con una punta, ed è questa punta che viene verso di me, che è volta verso di me.

Comincia con una punta, che è la punta stessa del vascello. E il vascello è il mio stesso Figlio, carico di tutti i peccati del mondo. E la punta del vascello son le due mani giunte di mio Figlio.

E davanti allo sguardo della mia collera e davanti allo sguardo della mia giustizia si sono nascosti tutti dietro di Lui».

Charles Péguy

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I valori irrinuziabili (non negoziabili) della Chiesa

Posté par atempodiblog le 26 octobre 2011

In riferimento al discorso del card. Angelo Bagnasco al Forum dei cattolici in politica a Todi (Perugia) il 17 ottobre scorso, un amico mi telefona per chiedermi di spiegare quali sono e perché la Chiesa insiste nel proclamare i suoi “valori irrinunziabili”. Ecco in breve.
di Piero Gheddo – Armagheddo

I valori irrinuziabili (non negoziabili) della Chiesa dans Fede, morale e teologia pietrogheddo

Per la Chiesa, i “valori irrinunciabili” (o “non negoziabili”) sono tre:

1) la difesa della vita dalla nascita alla morte, contro l’aborto, l’eutanasia e la manipolazione del gene umano;
2) la difesa del matrimonio monogamico tra uomo e donna, cioè la condanna del riconoscimento giuridico dell’unione tra omosessuali e delle coppie di conviventi;
3) la difesa della famiglia comporta il terzo valore irrinunciabile: la difesa della libertà di educazione, cioè il diritto della famiglia di scegliere come educare i propri figli, quindi la parità tra scuola pubblica e scuola privata paritaria, perché il compito di educare i figli spetta anzitutto ai genitori, non allo stato.

Perché questi valori irrinunciabili? Una delle grandi novità della Caritas in Veritate (2009) di Benedetto XVI è questa: per la prima volta in un’enciclica sociale, la CV, presenta il diritto alla vita come valore prioritario dello sviluppo “plenario” (cioè non solo economico) di ogni popolo e dell’umanità (n. 28). La “questione antropologica”, su cui tanto insistono la Santa Sede e la CEI, diventa a pieno titolo “questione sociale” (nn. 28, 44, 75). La crisi dell’Occidente è una “crisi antropologica”: cioè si perde il concetto di uomo creato da Dio, si vuole manipolare il Dna dell’uomo, si vuole creare l’uomo sano e senza difetti fisici, si distrugge il matrimonio e la famiglia monogamica, eccetera. Tutto questo, anche se molti non lo sanno o non ci credono, porta alla barbarie. L’uomo padrone di se stesso, l’uomo padrone della vita e della morte è l’anticamera per nuovi Auschwitz e nuovi Khmer rossi, che possono nascere da questa cultura orientata a produrre la morte.

La Chiesa condanna il controllo delle nascite, l’aborto, le sterilizzazioni, l’eutanasia, le manipolazioni dell’identità umana e la selezione eugenetica non solo per la loro intrinseca immoralità, ma anche perché lacerano e degradano il tessuto sociale, corrodono la famiglia e rendono difficile l’accoglienza dei più deboli e innocenti: “Nei paesi economicamente sviluppati – scrive Benedetto XVI (CV 28) – le legislazioni contrarie alla vita sono molto diffuse e hanno ormai condizionato il costume e la prassi. (…) L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo (…)”. L’enciclica spiega che, per lo sviluppo dell’economia e della società, occorre impostare programmi di sviluppo non di tipo utilitaristico e individualistico, ma che tengano “sistematicamente conto della dignità della donna, della procreazione, della famiglia e dei diritti del concepito”.

Dalla Humanae Vitae di Paolo VI (1968) ad oggi, spesso l’insistenza del Papa e dei vescovi su questi concetti non è compresa nemmeno dai cattolici, una parte dei quali pensano che la difesa della vita e della famiglia passa in secondo piano di fronte alle drammatiche urgenze della fame, della miseria, delle ingiustizie a livello mondiale e nazionale. Non capiscono il valore profetico di quanto dicono il Papa e i vescovi, che denunziano le conseguenze nefaste di certi orientamenti culturali e legislativi anche per la soluzione dei problemi sociali.

Se nella cultura comune e nelle legislazioni nazionali, come anche negli organismi dell’Onu e della Comunità Europea, prevale l’egoismo dell’individuo, com’è possibile pensare che poi, nell’accoglienza del più povero e del diverso, quest’uomo egoista diventi altruista? Tra opere sociali e difesa della vita non esiste alcuna contraddizione, ma anzi c’è un’integrazione vicendevole, si  richiamano a vicenda, l’una non regge senza l’altra. La protesta per la fame nel mondo e per l’aborto hanno eguale significato e valore di difesa della vita. Ma i No Global – anche cattolici – hanno fatto molte proteste contro la fame, nessuna contro gli aborti, nessuna contro le coppie di fatto, i divorzi, le separazioni, i matrimoni tra gay! Accettiamo tranquillamente che in queste situazioni vinca l’egoismo umano e poi chiediamo che nella lotta contro la fame nel mondo prevalga l’altruismo. Dov’è la logica?

Nel suo discorso a Todi, il card. Bagnasco ha parlato dei “principi irrinunciabili” e ha detto: “Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nel momento di maggior fragilità. Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi, mentre, staccati dall’accoglienza in radice della vita, potremmo dire della “vita nuda”, i valori sociali inaridiscono.

“Ecco perché – continua il presidente della CEI – nel “corpus” del bene comune non vi è un groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un ordine e una gerarchia costitutiva. Nella coscienza universale, sancita dalle Carte costituzionali, è espressa una acquisita sensibilità verso i più poveri e deboli della famiglia umana, e quindi è affermato il dovere di mettere in atto ogni efficace misura di difesa, sostegno e promozione…. Ma, ci chiediamo, chi è più debole e fragile, più povero, di coloro che neppure hanno voce per affermare il proprio diritto (alla vita)? Vittime invisibili, ma reali! La presa in carico dei più poveri e indifesi non esprime forse il grado più vero di civiltà di un corpo sociale e del suo ordinamento? E non modella la forma di pensare e di agire – il costume – di un popolo, il suo modo di rapportarsi nel proprio interno? Questo insieme di atteggiamenti e di comportamenti propri dei singoli, ma anche della società e dello Stato, manifesta il livello di umanità o, per contro, di cinismo paludato di un popolo, di una Nazione”.

Insomma, se si concepisce l’uomo in modo individualistico, come oggi si tende a fare, come si potrà costruire una comunità solidale dove si chiede il dono e il sacrificio di sé? Quando si sfascia la famiglia, si dissolve anche la società, come purtroppo stiamo sperimentando in Italia. Non si capisce come mai una verità così evidente è snobbata da chi appoggia altri tipi di famiglia (tra i gay ad esempio) e toglie ai coniugi lo stimolo di un patto d’amore da consacrare di fronte alla società col matrimonio, favorendo le coppie che si uniscono e si separano liberamente con il divorzio, le separazioni e ormai  il “divorzio rapido” della Spagna di Zapatero che si realizza in 15 giorni. Leggi come queste favoriscono l’egoismo individuale e disgregano la società. Il credente in Cristo non può sostenerle.

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Decidersi a “volere” la volontà di Dio

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2011

Decidersi a “volere” la volontà di Dio dans Citazioni, frasi e pensieri josemariaescrivadebalag

Bisogna decidersi. Non si può vivere con quelle due candele che, secondo il detto popolare, ogni uomo tiene accese: una a san Michele e una al demonio. Bisogna spegnere la candela del demonio. Dobbiamo consumare la nostra vita facendola ardere tutta intera al servizio di Dio. Se il nostro desiderio di santità è sincero e docilmente ci mettiamo nelle mani di Dio, tutto andrà bene. Perché Dio è sempre disposto a darci la sua grazia e, specialmente in questo tempo, la grazia per una nuova conversione, per un miglioramento della nostra vita di cristiani.
E’ Gesù che passa, 59

di San Josemaría Escrivá de Balaguer
Tratto da: josemariaescriva.info

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Breve triduo a San Giuda Taddeo

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2011

Triduo a San Giuda Taddeo, il santo delle cause impossibili,  per la festa liturgica del 28 ottobre.

Breve triduo a San Giuda Taddeo dans Preghiere San-Giuda-Taddeo

1) Fedele Apostolo di Gesù Cristo, glorioso San Giuda, prostrato ai tuoi piedi ti venero con affetto di figlio e ti prego di ottenermi dal Signore il perdono di tutti i miei peccati, che detesto con tutta l’anima mia, ed insieme la grazia speciale… (qui si faccia la propria domanda) di cui ho bisogno.
Pater, Ave, Gloria.

2) Splendida luce della Chiesa di Gesù Cristo, amabile San Giuda, tu che la edificasti con la tua sapienza e santità, ottienimi l’aumento di tutte le virtù e la grazia particolare che ti domando…
Pater, Ave, Gloria.

3) Testimone e modello della fede, ammirabile San Giuda, dall’alto del trono che meritasti con l’apostolato e con il martirio esaudisci, come pegno del tuo patrocinio in vita ed in morte, la supplica che ti rivolgo nella presente necessità…
Pater, Ave, Gloria.

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Novena alle Sante Anime del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2011

Novena alle Sante Anime del Purgatorio dans Don Giustino Maria Russolillo Beato-Giustino-M-della-Santissima-Trinit-Russolillo

O Santa Chiesa purgante, impero dell’amore nel dolore, fatto della fede più vicina a divenire visione, della speranza più vicina a divenire possesso, della contrizione più purificatrice di ogni difetto e del desiderio più divorante di Dio, con spirito di compassione ti saluto!

Anime care, mi unisco ai giusti della terra più caritatevoli per voi, ai santi più impegnati nella vostra purificazione, degli Angeli ministri del vostro regno, ai vostri sovrani di misericordia, Gesù Cristo e Maria, implorando di essere anch’io un vostro liberatore.

Vengo nelle vostre regioni di tristezza alle province del pianto, nella vostra città di fuoco, alle case di struggimento; ma come al campo dell’apostolato più fertile di gloria di Dio, come al posto del beneficio più corrisposto di ricambio e più toccante per il divino Amore!

Con la Croce che vi accoglie sotto le Sue braccia, con gli Angeli che la liturgia chiede a custodi dei sepolcri, vengo a ogni camera ardente, mi fermo in ogni cappella mortuaria, abito in ogni cimitero, mi pianto in ogni fossa, per avervi più presenti o care anime!

Ma più di un fiore che allieta il sepolcro e non voi; più di una lampada che illumina la tomba e non voi, voglio essere per voi, come perpetua aspersione di acqua lustrale e Sangue prezioso di Gesù, perpetua incensazione di tutte le orazioni, benedizioni, e sacrifici a vostro suffragio!

O anime più vicine al Paradiso, o più sprofondate verso l’inferno, o anime più abbandonate dagli uomini e forse più tormentate dai demoni, o anime splendenti dei sacri caratteri, o più favorite di speciali vocazioni divine, che io sia il vostro liberatore!

O anime, cui sono più legato per dovere di carità o giustizia! O anime più unite alla mia per somiglianza di vocazione e missione! O anime che fate il vostro purgatorio nel tempo in cui vivo e nei luoghi in cui abito, che io sia il vostro liberatore!

O anime che vi affollate intorno alle Chiese e alle case religiose, intorno a chi prega e a chi soffre cristianamente, intorno a chi celebra o assiste alla Santa Messa, ottenetemi il più grande e efficace apostolato, per i tiepidi e per i peccatori, per i moribondi e per Voi!

Andando in Paradiso, lasciate a me tutto il vostro santo dolore dei peccati, il desiderio del cielo e la rassegnazione alla Divina Volontà, e ottenetemi tale comunione dei santi del Purgatorio, da essere come un’anima penante di tutte le purificazioni, e cantante di tutte le liberazioni, ma poi subito dopo la morte, il Paradiso!

del Beato Don Giustino Maria Russolillo della Santissima Trinità

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Un popolo e il suo Duomo

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2011

La prostituta pentita che donò i suoi averi alla Fabbrica
di Francesca Amé – Il Giornale

duomo milano

La studiosa Martina Saltamacchia ha ricercato tutte le donazioni fatte
Se oggi ammiriamo le guglie del Duomo dobbiamo dire grazie anche a Marta, una prostituta pentita che lasciò i suoi averi alla Veneranda Fabbrica della cattedrale. Dobbiamo ringraziare anche Caterina Visconti, moglie di Gian Galeazzo, per aver ceduto senza esitazione tre dei suoi anelli più preziosi fatti di zaffiri, smeraldi e diamanti, dalla cui vendita furono ricavati denari utili alla costruzione. Ma anche Marco Carelli, ricco commerciante che abitava nei pressi di San Babila e che non lesinò sulle offerte per il suo «Domo». Sono questi alcuni dei protagonisti di una storia avvincente ricostruita da Martina Saltamacchia nel volume «Milano. Un popolo e il suo Duomo», quasi duecento pagine che le edizioni Marietti 1820 mandano ora in stampa corredate da splendide immagini.
Ricercatrice alla Rutgers University, nel New Jersey, Saltamacchia ha indagato tra gli antichi documenti per ricostruire la genesi della nostra cattedrale. Chi ha pagato l’infinita fabbrica del Duomo? «El principio dil domo di Milano» – come si legge in una targa posta nella cattedrale – risale al 1386, ma chi ha contribuito davvero alla sua lunga costruzione? Spulciando i registri della Veneranda Fabbrica, la studiosa ha ricostruito una vicenda nella quale i denari si mescolano con la generosità, il salario con il volontariato, la mentalità pratica dei milanesi con il loro attaccamento sincero alla chiesa. La costruzione del Duomo è tutto questo. Sono gli ebdomadali, i quattro deputati del consiglio della Fabbrica che raccoglievano, con turni settimanali (da cui il nome) le offerte dei credenti presso il vecchio altare della chiesa di Santa Maria Maggiore su cui si stava erigendo la cattedrale. Sono i ceppi di legno posti nei crocevia più frequentati, affinché i milanesi potessero lasciare un’elemosina utile all’edificazione della chiesa. Sono le cassette di metallo esposte in strada per raccogliere fondi, le questue che i sacerdoti meneghini erano caldeggiati a fare di casa in casa, con particolare attenzione alle dimore nobiliari. Ma sono anche i trionfi, le ricche e maestose processioni che dalle sei porte della città si spingevano fin verso il duomo: con quadri viventi su temi sacri, radunavano una folla attenta e pronta a lasciare una donazione. Il Duomo nasce anche grazie all’arcivescovo Antonio di Saluzzo che nel 1386 fece un «appello alla carità» a tutti i milanesi.

Nel bel libretto edito da Martinetti 1820 si scopre che le piccole somme sono state l’entrata maggiore
Non limitiamo il discorso al denaro: vesti, oggetti preziosi, doni in natura venivano offerti dai fedeli e rivenduti dal tesoriere della Veneranda Fabbrica per ricavarne il necessario. E se Gian Galeazzo Visconti merita una menzione speciale (durante il suo governo mise 3mila fiorini all’anno di tasca sua per far procedere i lavori), la studiosa ha dimostrato che nell’anno 1400 le piccole donazioni costituirono il 90% delle offerte registrate, pari a un terzo del totale. «Fu un Duomo costruito dal popolo», conclude Martina Saltamacchia. Non solo per la quantità delle offerte: gli operai lavoravano per 3 soldi al giorno (i mastri per otto) ma in molti non chiedevano nulla. Per tanti milanesi del medioevo lavorare come volontari per edificare la propria chiesa era un onore. Se oggi ammiriamo le guglie dobbiamo dire grazie anche a loro.

Martina Saltamacchia: « Spinta dal desiderio di capire chi davvero aveva finanziato la costruzione del Duomo, mi sono imbattuta in un prezioso manoscritto inedito quattrocentesco, il Registro delle oblazioni. In esso, anno per anno, giorno dopo giorno, i deputati della Fabbrica del Duomo annotavano minuziosamente ogni donazione, umile o cospicua che fosse: qui trovava posto l’esorbitante legato del ricco mercante come la formaggetta del contadino. Accanto alla descrizione del dono, spesso veniva menzionato il donatore, con qualche cenno sulla sua vita e il motivo della sua elargizione. (…) ».

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La Madonna Aparecida regina e patrona del Brasile

Posté par atempodiblog le 22 octobre 2011

Quando si parla della devozione mariana nell’America Latina, quasi sempre si pensa alla Madonna di Guadalupe. Questo santuario, con i suoi 14 milioni di pellegrini, è infatti il più visitato in tutto il mondo. Ma poco si parla in Italia del grande santuario brasiliano della Vergine Aparecida – la Vergine Apparsa – che con i suoi 8 milioni e mezzo di visitatori annuali è il secondo delle Americhe e uno dei più visitati al mondo.
di Juan Miguel Montes – Radici Cristiane (ottobre 2005)

La Madonna Aparecida regina e patrona del Brasile dans Apparizioni mariane e santuari Santu-rio-Nacional-de-Nossa-Senhora-da-Concei-o-Aparecida
Santuário Nacional de Nossa Senhora da Conceição Aparecida

Un santuario sul fiume
Adagiato nell’imponente panorama della valle del fiume Paraiba, la quale si estende ai piedi delle grandiose catene montuose che dal litorale si inoltrano nell’immenso territorio brasiliano, il Santuario di Aparecida, grazie alle sue dimensioni (può ospitare 45.000 fedeli), è visibile da una lunga distanza quando si viaggia sull’autostrada che da Sao Paulo porta a Rio de Janeiro.
Nonostante queste grandi dimensioni, il santuario nel suo interno è disposto in modo tale che da ogni angolo sia ben visibile la statuetta di 30 cm di altezza in terracotta oscura, che costituisce il vero magnete delle grandi moltitudini che vi affluiscono.
Da quasi tre secoli, precisamente dall’alba del 17 ottobre 1717, quando fu ripescata in modo prodigioso nelle acque del fiume, questa piccola statuetta ascolta le gioie e le sofferenze, le suppliche e i ringraziamenti del popolo brasiliano.

Aparecida-001 dans Nostra Signora Aparecida

Storia di una radicata devozione mariana
Il prodigioso fatto della sua “apparizione” accade dopo tutta una nottata di pesca infruttuosa da parte dei pescatori del fiume. Solo tre di loro, fra i quali un certo Joao Alves, avevano deciso di insistere nel lanciare le loro reti nel generoso Paraiba che finora non aveva mai negato loro il necessario per sussistere.
Finché Alves, in un suo ulteriore e ostinato tentativo, sente che qualcosa è rimasta impigliata nella rete. Era una statuetta decapitata della Madonna dell’Immacolata Concezione di terracotta oscura.
Butta ancora la rete e questa volta ne viene fuori la testina. Poi Alves convince gli altri due pescatori di lanciare anche loro le reti, avverandosi una seconda “pesca miracolosa” della storia, con grande abbondanza di grossi pesci di buona qualità.
Incollata la tesa al corpo, la statua rimase per dieci anni nella casa di Alves, oggetto di venerazione di tutta la famiglia che pregava davanti a Lei il rosario ogni giorno.
I figli di Alves, ricevuta la statuetta in eredità decisero di esporla alla venerazione della gente in una nicchia di legno all’interno di una cappellina e subito incominciò una lunga trafila di miracoli che risale da allora fino ai giorni nostri.
Una fama di immagine miracolosa che mette al cento la devozione mariana di milioni di cattolici sudamericani. Ma fu soltanto nel 1888 che una grande chiesa venne costruita in Suo onore: la cosiddetta “vecchia basilica”, in uno stile architettonico che ancora riecheggia quello molto bello portato in Brasile dai colonizzatori portoghesi, e il quale ha suoi esemplari più magnifici nei templi di San Salvador di Baia e di Minas Gerais.
Nel 1967 fu conclusa, in un vago stile neoromanico, la enorme “basilica nuova” di cui abbiamo parlato prima. Essa non è bella né graziosa nel suo gigantismo, ma il suo grande valore sta nel fatto che, ospitando oggi la sacra immagine, è divenuta la capitale mariana del Brasile, il cuore palpitante di questo grande movimento devozionale intorno ad Aparecida.
La basilica è retta dai padri redentorista e il suo territorio costituisce una diocesi che spesso ha avuto a capo un cardinale.

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La Madonna Aparecida unisce sotto la Sua corona tutti i brasiliani
Forse il miracolo della Madonna Aparecida più rinomato è quello che vide per protagonista uno schiavo nero di nome Zaccaria. Costui viveva in una piantagione di caffè quando scappò in cerca di libertà.
Preso da un capitano di schiavi in un bosco vicino San Paolo, passando dinanzi alla cappellina della Madonna Aparecida, Zaccaria implorò la Sua protezione. Immediatamente si aprirono le catene e davanti a un tale fatto, il capitano lo lasciò andare.
Forse anche per via di esso era molto devota della Madonna Aparecida la principessa Isabella (figlia dell’ultimo imperatore, Pedro II di Braganza), chiamata “La Redentrice”, perché a lei è dovuta la legge di liberazione della schiavitù nel periodo che tenne la reggenza del Paese.
Isabella regalò alla Madonna Aparecida la preziosa corona di oro e diamanti estratti dalle viscere del Brasile, la quale simboleggia la regalità di Maria sul grande Paese cattolico.
Con tale gioiello la Madonna venne ufficialmente incoronata nel 1904 sotto il pontificato di San Pio X.
Il 16 luglio 1930 Pio XI la dichiarò Patrona del Brasile in un decreto firmato dal Cardinale Eugenio Pacelli, Segretario di Stato e futuro Pio XII.
il 75° anniversario di questo evento è stato recentemente commemorato con una lettera del Cardinale Sodano, attuale Segretario di Stato, a nome di Benedetto XVI, nella quale si celebra la “straordinaria ripercussione della provvidenziale decisione, in vista dell’attuale estensione di tale devozione nella Terra della Santa Croce” (così è noto il Brasile dal tempo della sua scoperta).
Il Santo Padre si augura inoltre “che la Regina e Patrona del Brasile sia sempre più riconosciuta e lodata come Madre di Dio Nostro Signore e Madre nostra, affinché la sua potente intercessione serva da guida sicura che ci porti tutti a Gesù Cristo, nostro Salvatore”.

Aparecida-004

Atti simbolici di una grande crisi
Purtroppo, la molto significativa statuetta è stata oggetto delle furie distruttive già capitate ad altre famose sacre immagini come, per esempio, la Pietà di San Pietro, vittima di un attentatore pazzo.
La Madonna Aparecida fu fatta a pezzi da un protestante il 16 maggio 1978, facendo sprofondare nello sconcerto il gigante latinoamericano. Se il desiderio era spegnere la sua devozione, bisogna dire che l’effetto è stato esattamente l’opposto e il Santuario, che oggi conserva l’originale perfettamente restaurato, è meta di un numero sempre crescente di pellegrini: dai 7 milioni del 2000 agli 8,5 milioni del 2004.
Altri due gravi attentati sacrileghi si sono verificati intorno alla Madonna di Aparecida: il 12 ottobre 1995, il giorno della sua festa, il pastore evangelico Sergio Von Halden ha preso a calci una replica della statuetta davanti a milioni di telespettatori e un altro protestante cercò di colpire l’originale con una pietra nell’aprile 1999, non riuscendo perché protetto da un vetro blindato.
Purtroppo la nazione cattolica più popolosa della terra, la nazione che ancora devota si raccoglie così numerosa ai piedi della Madonna Aparecida, ha attraversato un lungo periodo di crisi di fede.
Il cattolicesimo, anche perché molte volte presentato come una mera sociologia, ha perso milioni di appartenenti a tutto vantaggio di sètte e chiese che intercettano l’indubbia appetenza del sacro esistente nel popolo brasiliano.
Ed è proprio alla intercessione della Madonna Aparecida che è giusto affidare il cattolicesimo brasiliano, così ricco di speranze e potenzialità per la Chiesa in tutto il mondo.

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