La realtà degli Angeli
Posté par atempodiblog le 29 septembre 2011
Nei cristiani uno dei segni più persuasivi di un sicuro senso dell’invisibile è dato dall’attenzione affettuosa che si riserva alla realtà degli angeli. Mi ha sempre colpito il candore e la freschezza della visione di John Henry Newman su questo argomento; candore e freschezza che si rivelano fin dagli anni della sua infanzia: “Pensavo – egli ricorda – che la vita potesse essere un sogno, oppure io essere un angelo, e tutto questo mondo un inganno, dove i miei compagni angelici, per un giocoso stratagemma, mi si nascondevano e m’illudevano con l’apparenza di un mondo materiale”. E ancora a trent’anni, in un sermone del 1831, così si esprimeva parlando di quelle creature celesti: “Ogni alito d’aria, ogni raggio di luce o di calore, ogni bella vista è, per così dire, l’orlo della loro veste, l’ondeggiare del manto di coloro i cui volti contemplano Dio”. Senza dubbio la nascosta realtà degli angeli è tra le verità di fede più insidiate o addirittura derise da una cultura poco disposta a esplorare senza pregiudizi la reale ampiezza del mondo. Eppure già la policromia fantastica di questa aiuola appariscente, nella quale siamo stati provvisoriamente confinati, dovrebbe indurci almeno a sospettare anche l’esuberanza ultraterrena della divina immaginazione. Comunque la contemplazione di tale schiera misteriosa è opportuna ai fini di rivelarci l’intera bellezza della creazione e anche le vere dimensioni dell’esistenza ecclesiale. E ci aiuta a serbarne vivo il sentimento. E’ sempre in agguato nei nostri animi la propensione a rimpicciolire l’universo, proporzionandolo alla nostra esiguità e alla nostra grettezza, e a fare della nostra inadeguata e confusa conoscenza non – come è giusto – il naufragio dolcissimo nell’oceano troppo grande della totalità delle cose, ma l’arte infausta di immiserire il reale.
Anche i cultori professionisti della sacra doctrina, a stare a ciò che talvolta dicono (o meglio non dicono) dalle cattedre e scrivono (o meglio non scrivono) nelle pubblicazioni, sembrano avere qualche allergìa nei confronti degli angeli. Nel 1976 è uscito in Italia un Nuovo Dizionario di Teologia che, almeno nella prima edizione, non aveva la “voce” relativa a questo tema; non solo, ma il termine non compariva neppure nell’accurato indice analitico, sicché è da pensare che degli angeli in quell’opera non si parlasse nemmeno incidentalmente. E tale esclusione non doveva essere stata facile impresa, se si pensa che l’intera vita del Signore Gesù – e proprio negli episodi più decisivi e rilevanti – è segnata dall’intervento di queste creature celesti: la concezione, la nascita, la permanenza nel deserto, l’agonia nel Getsemani, la risurrezione, l’ascensione al cielo, la sua venuta trionfale alla fine dei tempi. Mi chiedo: che cosa doveva fare di più la narrazione evangelica per convincere i credenti – e possibilmente anche i teologi – della reale e attiva esistenza degli angeli? Essi sono così coinvolti nella vicenda salvifica del Figlio di Dio che, a prenderli come personaggi mitici e quasi fiabeschi o a considerarli puramente simbolici e ornamentali, quasi come residui di una cultura oggi improponibile, si rischia di ritenere un mito o un artificio letterario tutto ciò che il nostro Redentore ha fatto per noi.
Cardinale Giacomo Biffi
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