Salvo D’Acquisto, luce dell’eroismo cristiano

Posté par atempodiblog le 23 septembre 2011

salvo d'acquisto

Il sacrificio della propria giovane vita per salvare altri innocenti: questa la risposta di un cristiano che ha saputo vivere in grado eroico la virtù della carità. Non a parole: né a parole vuote e ipocrite, né a parole di ribellione sociale, né a parole di odio o retorica politica.
Di fronte alla barbara violenza del totalitarismo, Salvo D’Acquisto seppe opporre un gesto di suprema carità cristiana, che gli ha regalato il privilegio di rimanere un esempio imperituro per ogni uomo di buona volontà.
Il 4 novembre 1983 è stato insediato il Tribunale Ecclesiastico chiamato a decidere sulla causa di beatificazione del vice brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto.
Poche settimane prima, l’allora Ordinario Militare d’Italia, Monsignor Gaetano Bonicelli, nell’omelia pronunciata durante la Santa Messa celebrata in occasione del 40° anniversario della morte del giovane militare, ebbe a dire: «Salvo D’Acquisto ha fatto il suo dovere in grado eroico, ben oltre quello che il regolamento gli chiedeva. Ma perché lo ha fatto? Forse, in quel momento tragico, gli sono risuonate nel cuore le parole di Cristo “non c’è amore più grande che dare la vita per chi si ama”. Ma anche se la memoria del testo evangelico non l’avesse aiutato, la forte educazione cristiana ricevuta in famiglia e nella scuola gli ha fatto cogliere l’essenziale del Vangelo che non è declamazione di parole, pur belle e sublimi, ma testimonianza di vita».
Chi era questo eroico carabiniere, la cui vicenda ha da sempre commosso gli animi e al quale in molte città d’Italia è stata dedicata una via, una piazza o una caserma?

Un sacrificio eroico
Nato a Napoli il 17 ottobre 1920, D’Acquisto si era arruolato volontariamente nell’Arma dei Carabinieri nell’agosto del 1939, e dopo aver trascorso un periodo di servizio a Tripoli, nel settembre del 1942 cominciò a frequentare la Scuola Centrale Carabinieri di Firenze, dalla quale uscì pochi mesi più tardi col grado di vice brigadiere.
Alla fine di dicembre di quello stesso anno, venne destinato alla stazione di Torrimpietra, a una trentina di chilometri da Roma. Poco lontano di lì, nella Torre di Palidoro, in una caserma abbandonata della Guardia di Finanza, si era installato un reparto di SS: la sera del 22 settembre 1943, alcuni soldati tedeschi, rovistando in una cassa, provocarono lo scoppio di un ordigno che causò la morte di uno di loro e il ferimento di altri due.
Convinti della responsabilità dei partigiani, i nazisti decisero di procedere a una rappresaglia, e nonostante D’Acquisto si adoperasse per farli recedere da tale intenzione, vennero rastrellati e avviati verso il luogo dell’esecuzione ventidue cittadini innocenti.
Il giovane vice brigadiere mise in atto un estremo tentativo per dissuadere il comandante tedesco e fermare così l’eccidio ormai imminente; ma tutto fu inutile. Ai condannati venne ordinato di scavarsi la fossa, ma prima che il plotone d’esecuzione entrasse in azione, Salvo D’Acquisto si fece avanti autoaccusandosi dell’attentato e chiedendo la liberazione degli ostaggi: pochi minuti dopo era lui a cadere sotto i colpi dei militari tedeschi.
Il 25 febbraio 1945 gli venne conferita la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:
«Esempio luminoso di altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, erano stati condotti dalle orde naziste 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, non esitava a dichiararsi unico responsabile d’un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così da solo, impavido, la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma».

di Maurizio Schoepflin – Radici Cristiane

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