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Creati per un amore incomparabile

Posté par atempodiblog le 5 septembre 2011

Gesù non ci ha lasciato soli dans Commenti al Vangelo Velo-del-Cielo

O Dio, quanto desidero che Ti conoscano le anime e che sappiano che le hai create per un amore incomparabile. O mio Creatore e Signore, sento che rimuoverò il velo del cielo, affinché la terra non dubiti della Tua bontà.

Santa Faustina Kowalska

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Il Card. Comastri ricorda Madre Teresa

Posté par atempodiblog le 5 septembre 2011

IO LA RICORDO COSÌ…
Angelo Comastri

Il Card. Comastri ricorda Madre Teresa dans Cardinale Angelo Comastri 205sk1k

Mi guardò con due occhi limpidi e penetranti. Poi mi chiese: «Quante ore preghi ogni giorno?». Rimasi sorpreso da una simile domanda e provai a difendermi dicendo: «Madre, da lei mi aspettavo un richiamo alla carità, un invito ad amare di più i poveri. Perché mi chiede quante ore prego?». Madre Teresa mi prese le mani e le strinse tra le sue quasi per trasmettermi ciò che aveva nel cuore; poi mi confidò: «Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!».

Non ho più dimenticato questo incontro: il segreto di Madre Teresa sta tutto qui. Ci siamo rivisti tante altre volte (l’ultima il 22 maggio scorso), ma ogni azione e ogni decisione di Madre Teresa li ho trovati meravigliosamente coerenti con questa convinzione di fede: «Pregando, Dio mi mette il Suo Amore nel cuore, e così …».

Nel 1979 ricevette il Premio Nobel per la Pace: lo accolse stupendosi e restando quietamente piccola nelle mani di Dio. Andò a ritirare il premio con la corona del Santo Rosario stretta tra le grosse mani, abituate alla fatica del lavoro e alla dolcezza della carezza: nessuno osò rimproverarla per il suo affetto verso la Madonna, neppure in una terra rigidamente luterana!

Tornando da Oslo Madre Teresa fece tappa a Roma. Vari giornalisti si accalcarono nel cortile esterno della povera dimora delle Missionarie della Carità sul Monte Celio. Madre Teresa non si sottrasse ai giornalisti, ma li accolse come figli, mettendo nella mano di ciascuno una piccola medaglia dell’Immacolata. I giornalisti furono generosi in foto e domande; una domanda fu un po’ birichina: «Madre, lei ha settanta anni! Quando lei morirà, il mondo sarà come prima. Che cosa è cambiato dopo tanta fatica?» Madre Teresa avrebbe potuto reagire con un po’ di santo sdegno ed invece fece un sorriso luminoso, come se le avessero dato un bacio affettuosissimo. E aggiunse: «Vede, io non ho mai pensato di poter cambiare il mondo! Ho cercato soltanto di essere una goccia di acqua pulita, nella quale potesse brillare l’amore di Dio. Le pare poco?».

Il giornalista non riuscì a rispondere, mentre attorno alla Madre si era creato il silenzio dell’ascolto e della emozione. Madre Teresa riprese la parola e chiese al giornalista « sfacciatello »: «Cerchi di essere anche lei una goccia pulita e così saremo in due. È sposato?». «Sì, Madre». «Lo dica anche a sua moglie e così saremo in tre. Ha dei figli?». «Tre figli, Madre». «Lo dica anche ai suoi figli e così saremo in sei …».

Non c’era bisogno di aggiungere altro: Madre Teresa aveva detto chiaramente che ognuno di noi ha in mano un piccolo, ma indispensabile capitale d’amore; è questo personale capitale d’amore che dobbiamo preoccuparci di investire: il resto è divagazione inutile o polemica sterile o maschera di disimpegno.

Nel 1988 venne a Porto Santo Stefano (GR), dove ero parroco: fu un dono immenso, inatteso, meraviglioso. Era il 18 maggio e il cielo, dopo una insolita burrasca, era tornato limpido e azzurro, confondendosi con il mare sorridente. Madre Teresa fissò come una bambina lo scenario unico del Monte Argentario e parlò così: «Come è bello questo luogo! In un luogo così bello, anche voi dovreste preoccuparvi di avere anime belle». Bastarono queste parole per far scattare una attenzione e una vibrazione del cuore di oltre ventimila persone. Madre Teresa, allora, con la coerenza della fede, aggiunse:

«La vita è il più grande dono di Dio. È per questo che è penoso vedere quanto accade oggi: la vita viene volontariamente distrutta dalle guerre, dalla violenza, dall’aborto. E noi siamo creati da Dio per cose più grandi: amare ed essere amati! Il più grande distruttore di pace nel mondo è l’aborto. Se una madre può uccidere il proprio figlio nella culla del suo grembo, chi potrà fermare me e te nell’ucciderci reciprocamente?».

Queste parole sembravano raggi luminosi lanciati nel cielo buio: ciascuno si sentiva scoperto e ogni briciola di egoismo bruciava e diventava salutare rimprovero. Al termine della Veglia di Preghiera accadde un fatto, che ho sempre vivo nella memoria, ricordandolo, ancora mi emoziono profondamente. Un ricco industriale mi aveva manifestato l’intenzione di regalare a Madre Teresa la sua villa per accogliere i malati di Aids ed aveva in mano le chiavi per consegnarle alla Madre. Riferii la proposta a Madre Teresa, che prontamente rispose: «Debbo pregare, debbo pensarci: non so se è cosa buona portare i malati di Aids in un luogo di grande turismo. E se fossero rifiutati? Soffrirebbero due volte!». Quale saggezza! Quale libertà interiore!

Però a tutti noi, uomini di poca fede, sembrava che Madre Teresa stesse per perdere una bella e rara occasione. Un distinto signore, che aveva assistito al dialogo, si sentì in dovere di consigliare: «Madre, intanto prenda la chiave e poi si vedrà…». Madre Teresa, senza alcuna esitazione, forse sentendosi ferita in ciò che aveva di più caro e di più prezioso, chiuse il discorso dicendo risolutamente: «No, signore! Perché ciò che non mi serve, mi pesa!».

Queste parole sono un capolavoro. Mi richiamarono alla memoria ciò che San Bonaventura scrisse riguardo a San Francesco: «Nessuno amò tanto la ricchezza, quanto Francesco amò la povertà!». Madre Teresa era così. Era un limpido fiume di fede che sbocciava in opere di carità: la fede, e soltanto la fede, stava alla sorgente del suo agire.

Nel 1991, sempre nel mese di maggio, venne a Massa Marittima (GR). Con mia grande sorpresa mi comunicò la decisione di aprire a Piombino una casa per le Suore Contemplative delle Missionarie della Carità: «Pregheranno davanti a Gesù nel Tabernacolo – mi disse – e così si diffonderà attorno la luce della bontà. Ci vogliono cuori puri per accogliere l’Amore! Cuori puri!».

Da Massa Marittima, in elicottero, andammo all’Isola d’Elba per un secondo incontro di preghiera. Durante il tragitto indicavo a Madre Teresa i vari luoghi della costa tirrenica, mentre lei inviava a tutti il regalo di un’Ave Maria. A un certo punto un uomo, che ci accompagnava nel volo, cadde in ginocchio accanto a me e, con voce tremante, mi disse: «Padre, io non so che cosa mi stia accadendo! Mi sembra che Dio, Dio stesso mi stia guardando attraverso gli occhi di quella donna».

Riferii subito alla Madre le parole appena ascoltate. Ella, con tranquillità disarmante, commentò: «Gli dica che Dio lo sta guardando da tanto tempo: era lui che non se ne accorgeva…! God is love: Dio è Amore!». E, rivolta all’uomo, gli strinse la mano con affetto e gli consegnò alcune medagliette della Madonna: sembravano baci, che portavano il profumo dell’amore di Dio. Madre Teresa era così: semplice, umile, limpida, evangelicamente trasparente.

Il 22 maggio [1997] mi scrisse un messaggio per la VI Giornata Mondiale del Malato, che verrà celebrata a Loreto l’11 febbraio 1998. Il messaggio dice così: «Cari fratelli e sorelle che soffrite! Voi siete così vicini al cuore di Gesù Crocifisso che, senza staccarsi dalla Croce, egli può baciarvi e parteciparvi il Suo Amore. Siate Santi! Tutti per Gesù attraverso Maria». È il suo testamento: amare… amare! Lasciando però che sia Gesù, Volto e Presenza dell’Amore di Dio, a riempirci di Carità!

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Stanno estromettendo Gesù dalle chiese

Posté par atempodiblog le 5 septembre 2011

Stanno estromettendo Gesù dalle chiese dans Antonio Socci antoniosocci

Un giorno, conversando con amici, Ratzinger (ancora cardinale) se ne uscì con una battuta: “Per me una conferma della divinità della fede viene dal fatto che sopravvive a qualche milione di omelie ogni domenica”.
Se ne sentono infatti di tutti i colori. Non c’è solo il prete che – è notizia di ieri – in una basilica della Brianza diffonde una preghiera islamica in cui si inneggia ad Allah.
Ci sono quelli che consigliano la lettura di Mancuso o Augias… E si trovano “installazioni” di arte contemporanea nelle cattedrali che fanno accapponare la pelle.
D’altra parte pure i cardinali di Milano hanno dato sfogo alla “creatività”.
Leggo dal sito di Sandro Magister: “Nel 2005, l’11 maggio, per introdurre un ciclo dedicato al libro di Giobbe è stato chiamato a parlare in Duomo il professor Massimo Cacciari: oltre che sindaco di Venezia, filosofo ‘non credente’ come altri che in anni precedenti avevano preso parte a incontri promossi dal cardinale Martini col titolo, appunto, di ‘Cattedra dei non credenti’. Cacciari ha tessuto l’elogio del vivere senza fede e senza certezze”.
Insomma nelle chiese si può trovare di tutto. Tranne la centralità di Gesù Cristo.
Infatti – nella disattenzione generale – i vescovi italiani hanno estromesso dalle chiese (o almeno vistosamente allontanato dall’altare centrale e accantonato in qualche angolo) proprio Colui che ne sarebbe il legittimo “proprietario”, cioè il Figlio di Dio, presente nel Santissimo Sacramento.
Non sembri una banale battuta. Al Congresso eucaristico nazionale che si sta aprendo ad Ancona dovrebbero considerare gli effetti devastanti prodotti dall’incredibile documento della Commissione Episcopale per la liturgia del 1996 che è il vademecum in base al quale sono state progettate le nuove chiese italiane e i relativi tabernacoli, o sono state “ripensate” le chiese più antiche.
Non si capisce quale sia lo statuto teologico di cui gode una Commissione della Cei (a mio avviso nessuno). Ma la cosa singolare è questa: che nell’ambiente ecclesiastico – a partire da seminari e facoltà teologiche – trovi legioni di teologi pronti (senza alcuna ragione seria) a mettere in discussione i Vangeli (nella loro attendibilità storica) e le parole del Papa, ma se si tratta di testi partoriti dalle loro sapienti meningi, e firmati da qualche commissione episcopale, ti dicono che quelli devono essere considerati sacri e intoccabili.
Dunque in quel testo del 1996, fra le altre cose discutibili, si “consiglia vivamente” di collocare il tabernacolo non solo lontano dall’altare su cui si celebra, ma pure dalla cosiddetta area presbiterale. Relegandolo “in un luogo a parte”.
Le motivazioni – come sempre – sono apparentemente “devote”. Si dice infatti che il tabernacolo potrebbe distrarre dalla celebrazione eucaristica.
Motivazione ridicola e – nella sua enfasi sull’evento celebrativo a discapito della presenza nel tabernacolo – anche pericolosamente somigliante alle tesi di Lutero.
L’effetto inaudito di queste norme è il seguente: nelle chiese si assiste da qualche anno a un accantonamento progressivo del tabernacolo, cioè del luogo più importante della chiesa, quello in cui è presente il Signore.
Prima lo si è collocato in un posto defilato (una colonna o un altare laterale), quindi in una cappella, parzialmente visibile. Alla fine probabilmente sarà del tutto estromesso dalle chiese.
Come risulta essere nell’incredibile edificio di San Giovanni Rotondo in cui è stato portato il corpo di san Pio.
L’edificio, progettato da Renzo Piano, non ha inginocchiatoi e la figura centrale e incombente è l’enorme e spaventoso drago rosso dell’apocalisse rappresentato trionfante nell’immensa vetrata: ebbene il tabernacolo lì non c’è.
Non so a chi sia venuto in mente questo progressivo occultamento dei tabernacoli nelle chiese (che avrebbe fatto inorridire padre Pio). Esso non corrisponde affatto all’insegnamento del Concilio Vaticano II, visto che l’istruzione post-conciliare “Inter Oecumenici” del 1964 affermava che il luogo ordinario del tabernacolo deve essere l’altare maggiore.
E non piace nemmeno al Papa come si vede nell’Esortazione post sinodale “Sacramentum Caritatis” dove egli sottolinea il legame strettissimo che deve esserci fra celebrazione eucaristica e adorazione.
Sottolineatura emersa dall’XI Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2005 che ha richiesto la centralità ed eminenza del tabernacolo.
Basterà per tornare sulla retta via? Nient’affatto. Come dimostra il comportamento – a volte di aperta contestazione al Papa – tenuto da certi vescovi quando il suo famoso “Motu proprio” ha restaurato la libertà di celebrare anche con l’antico messale.
Purtroppo le idee sbagliate dei liturgisti “creativi” continueranno a prevalere sul papa, sul Concilio e sul Sinodo (forse faranno strada anche altre balordaggini come la “prima comunione” a 13 anni). Fa da corollario a questa estromissione di Gesù eucaristico dalle chiese, la stupefacente pratica del biglietto di ingresso istituito perfino per alcune Cattedrali. Degradate così a musei.

La protestantizzazione o la museizzazione delle chiese è un fenomeno dagli effetti spaventosi per la Chiesa Cattolica. Si dovrebbero prendere subito provvedimenti.

Per capire cosa era – e cosa dovrebbe essere – una chiesa cattolica voglio ricordare la storia di due persone significative.

La prima è Edith Stein, una donna straordinaria, filosofa agnostica, di famiglia ebrea, che divenne cattolica, si fece suora carmelitana ed è morta nel lager nazista di Auschwitz.
E’ stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998 e nell’anno successivo compatrona d’Europa.
La Stein ha raccontato che un primo episodio che la portò verso la conversione accadde nel 1917 quando lei, giovinetta, vide una popolana, con la cesta della spesa, entrare nel Duomo di Francoforte e fermarsi per una preghiera:

“Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l’accaduto”.

Lì infatti c’era Gesù eucaristico.

Un altro caso riguarda il famoso intellettuale francese André Frossard. Era il figlio del segretario del Partito comunista francese.
Era ateo, aveva vent’anni e quel giorno aveva un appuntamento con una ragazza. L’amico con cui stava camminando, essendo cattolico, gli chiese di aspettarlo qualche istante mentre entrava in una chiesa.
Dopo alcuni minuti Frossard decise di andare a chiamarlo perché aveva fretta di incontrare “la nuova fiamma”. Lo scrittore sottolinea che lui non aveva proprio nessuno dei tormenti religiosi che hanno tanti altri.
Per loro, giovani comunisti, la religione era un vecchio rottame della storia e Dio un problema “risolto in senso negativo da due o tre secoli”.
Eppure quando entrò in quella chiesa era in corso un’adorazione eucaristica e, racconta, “è allora che è accaduto l’imprevedibile”.
Dice:

“il ragazzo che ero allora non ha dimenticato lo stupore che si impadronì di lui quando, dal fondo di quella cappella, priva di particolare bellezza, vide sorgere all’improvviso davanti a sé un mondo, un altro mondo di splendore insopportabile, di densità pazzesca, la cui luce rivelava e nascondeva a un tempo la presenza di Dio, di quel Dio, di cui, un istante prima, avrebbe giurato che mai era esistito se non nell’immaginazione degli uomini; nello stesso tempo era sommerso da un’onda, da cui dilagavano insieme gioia e dolcezza, un flutto la cui potenza spezzava il cuore e di cui mai ha perso il ricordo”.

La sua vita ne fu capovolta. “Insisto. Fu un’esperienza oggettiva, fu quasi un esperimento di fisica”, ha scritto. Frossard è diventato il più celebre giornalista cattolico. In una chiesa di oggi non avrebbe incontrato il Verbo fatto carne, ma le chiacchiere di carta.

Antonio Socci - Libero

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