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Pedagogia cristiana del dolore innocente

Posté par atempodiblog le 10 août 2011

Pedagogia cristiana del dolore innocente dans Riflessioni dongnocchi

Nell’economia della redenzione cristiana, il dolore dell’uomo è complemento volutamente necessario del dolore e della morte redentrice di Cristo: « Compio nel mio corpo quello che manca alla passione di Cristo” (Col 1,24) e perché la redenzione di Cristo sia totale, ogni cristiano deve apportare ad essa il contributo della propria sofferenza.

La pedagogia cristiana del dolore tende anzitutto ad insegnare praticamente ai bimbi che il dolore non si deve tenerlo per sé, ma bisogna farne dono agli altri e che il dolore ha un grande potere sul cuore di Dio, di cui bisogna avvalersi a vantaggio di molti.

Opera dunque di estimazione e di spersonalizzazione del dolore, alla quale non è difficile giungere abituando il fanciullo a dirigere la sua pena o la sua rinuncia verso obiettivi concreti, quali si offrono ogni giorno alla sua sensibilità (per la guarigione di una persona cara, per i missionari lontani, per la conversione del babbo, per un compagno povero, per l’ottenimento di una grazia importante, per la cessazione di una guerra, per il Papa, per un condannato, per un assassino di cui parla la cronaca, ecc.).

Purché si tratti sempre di motivi reali, concreti e di interesse immediato per un bimbo.

Se tale interesse è alto, i fanciulli sanno arrivare alle vette della più alta poesia e del sacrificio.

Ricordo che, da giovane sacerdote, preparando un gruppo di bambini alla prima comunione ed avendo detto di fare qualche sacrificio per esserne degni, ci fu un bambino che andò a sbattere le mani e le braccia nude in un cespuglio di ortiche, riportandone una grave e pericolosa infezione generale; e quando io andai a trovarlo, nel suo lettino, aveva gli occhi così raggianti di luce sovrumana che non ebbi il coraggio di rimproverarlo del suo gesto sconsigliato né potei trattenermi dall’abbracciarlo, soggiogato da un senso di profondo rispetto e venerazione.

Orbene, il motivo più alto e più nobilitante, la meta più sublime e sublimatrice alla quale avviare il dolore del bimbo, come ogni altro dolore, è certamente Cristo crocifisso.

Quando un bambino sarà riuscito a comprendere la somiglianza che esiste tra il suo dolore e quello di Cristo, la preziosità che egli può conferire ad ogni sua sofferenza, per sé e per gli altri, inserendola in quella di Cristo, il dovere che egli ha di imitare il comportamento ed i sentimenti di Gesù nei momenti del dolore, con questo egli avrà toccato il centro più profondo e più inesplorato, il più originale ed operante di tutto il cristianesimo, quasi – direbbe Gratry – il “punto verginale” della dottrina di Cristo.

E quando si ha la ventura di “toccare” così da vicino Iddio, negli anni della giovinezza, il suo segno gaudioso resterà valido e indelebile per tutta la vita.

S’impone dunque all’educatore un’opera sottile di sublimazione e di santificazione del dolore innocente.

Ed a questa non si arriva se non attraverso il magistero arcano della Messa. E’ nella Messa quotidiana che il fiume del Sangue Divino si arricchisce per la confluenza dell’umano dolore ed è nel fiume divino che ogni stilla di sofferenza umana e di pianto acquista valore soprannaturale di redenzione e di Grazia.

Don Carlo Gnocchi
Tratto da: Parrocchia Spirito Santo Corsico

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