[…] Quando l’amore egoistico la vince sulla carità, si originano quattro peccati fondamentali: l’orgoglio spirituale, l’avarizia spirituale, la golosità spirituale, la lussuria spirituale. […]
L’originalità di questo autore (*) sta nell’analisi dell’orgoglio spirituale, che è la caratteristica dei falsi mistici: « Costoro - scrive Ruysbroeck - sono abbarbicati alla propria volontà, e si attaccano con un tale ardore e una tale passione a ciò che desiderano e quasi pretendendo con insistenza da Dio, che frequentemente vanno fuori strada e alcuni cadono perfino in possesso del demonio”.
E’ un’osservazione quanto mai attuale: anche oggi alcuni pseudo-mistici conducono dei gruppi di preghiera e deragliano per orgoglio spirituale: pretendono di imporre a Dio la propria volontà, esigono la concessione di particolari doni, cadendo nella presunzione e nella gola spirituale.
Henrich de Herp (morto nel 1477), discepolo di Ruysbroeck, sviluppa il tema dei pericoli derivanti dall’orgoglio spirituale. Esso nasce in alcuni per l’abuso che fanno dei doni di Dio, che non rendono immuni dal peccato: si può anche farne cattivo uso e non manca l’esperienza concreta di persone che hanno cominciato con Dio ed hanno finito col demonio. “Avendo alcuni mistici ricevuto qualche grazia sensibile, qualche dolcezza spirituale o qualche visione, essi cadono nell’orgoglio della compiacenza di se stessi e nella vanagloria, pensando di essere qualcosa, benché in verità siano solo dei nulla”.
Atteggiamenti del genere sono tutt’altro che rari anche oggi: si può parlare di vera e propria epidemia di avarizia spirituale (voler avere per se stessi doni spirituali particolari), di gola spirituale (desiderio di doni e carismi straordinari), di lussuria spirituale (ritenersi dei prediletti, progrediti nella santità). Fra color che hanno iniziato un cammino di conversione, satana agisce con questo tipo di inganni, ai quali occorre reagire con una cura di rinuncia allo straordinario, di nascondimento, di schietta umiltà, evitando di rendere noti gli eventuali doni straordinari di Dio, a meno che Dio stesso imponga di riferirli a coloro che ci guidano, per il bene della Chiesa.
Mistico spagnolo carmelitano, san Giovanni della Croce (1542-1591) in la Notte Oscura, il suo capolavoro, dispone il cammino di purificazione dei principianti nella vita spirituale secondo lo schema della lotta contro i sette vizi capitali. Egli unifica orgoglio e vanità (come ancora oggi si tende a considerare, mentre sarebbe bene recuperare la distinzione di san Gregorio Magno), ed osserva che i principianti nel cammino spirituale trovano nel loro stesso fervore una segreta occasione di compiacenza in se stessi e una spinta alla vanità, perché ricercano in diverse maniere la stima degli altri, specialmente quella dei loro confessori e direttori spirituali.
San Francesco di Sales (1567-1622), con il sapiente equilibrio che lo caratterizza, è del parere che l’orgoglio sia la prima e più forte tentazione di chi si accinge al cammino spirituale. Ma fa notare che non è male in sé considerare le grandi cose che l’Onnipotente opera in noi – in fondo lo ha fatto anche la Vergine Maria: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”- purché il fine sia quello di glorificare Dio, senza cedere alla vanità e alla compiacenza di sé: impresa ardua, certamente. Tuttavia, afferma il santo, “conoscere l’eccellenza e la dignità della propria anima, rimanendo nei limiti di una santa e amorosa riconoscenza verso di Dio, è il miglior mezzo di non avvilirla e non disprezzarla”.
Grande maestro spirituale, dettagliato ed efficace, è Louis de Lallemant (1578-1635), che sul tema dell’orgoglio conduce un’analisi vigorosa nel pensiero e nello stile. Tra i nostri vizi, l’orgoglio è il più nascosto, il più radicato, quello che ha le più frequenti occasioni di manifestarsi: “In un giorno – egli osserva con una punta di pia esagerazione – noi facciamo più di cento atti di orgoglio”. Tuttavia, altro è l’orgoglio di chi, vivendo nel mondo, mira a fare fortuna e nella carriera e a conseguire beni materiali, altro è l’orgoglio dei religiosi, che si attaccano, come angeli ribelli, alla loro eccellenza personale e ai beni interiori (nel senso della golosità spirituale). Come la lussuria inquina il cuore, l’orgoglio acceca particolarmente l’anima: si può fare tutto, anche le azioni più sante, per il fine disordinato della propria reputazione. Perciò Dio, che pesa ogni cuore e vede quanto siamo orgogliosi, a volte ritira le sue grazie, soprattutto quelle che per noi sarebbero occasione di diventare più superbi. […]
(*) Jan Ruysbroeck
di Padre Livio Fanzaga – I vizi capitali e le contrapposte virtù