Non siamo degli abbandonati nel mondo
Posté par atempodiblog le 28 juillet 2011
[…] C’è però un episodio del Vangelo – uno solo (Mt 15,21 – 28) – in cui Gesù sembra rispondere addirittura con durezza a una dolorosa implorazione dell’uomo. Una durezza che in Gesù è del tutto insolita. Come si spiega? Che cosa nasconde? E come finisce quell’episodio? E’ una pagina che in genere viene fraintesa. Invece è estremamente significativa. Sentiamo:
Partito di là, Gesù si diresse verso le perti di Tiro e Sidòne.
Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio».
Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro».
Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».
Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!».
Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini».
«È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Come si giustifica questo atteggiamento di Gesù, inizialmente così duro? Lo spiega padre Dolindo Ruotolo nel suo volume di commento ai Vangeli. Egli mostra che l’episodio accade dopo uno scontro con scribi e farisei, in cui gli apostoli rischiavano di essere irretiti dai ragionamenti di costoro. Gesù allora parte e va in una regione abitata da pagani. Andò da quelle parti, scrive don Dolindo, “per indicare quello che sarebbe avvenuto in futuro e, conoscendo tutto, vi andò per mostrare con un esempio pratico agli apostoli, disorientati dalla propaganda farisaica, che cosa significasse avere fede. E’ evidente dal contesto” spiega don Dolindo “che Egli stesso attrasse a sé la povera Cananea, che andò a supplicarlo per la figlia indemoniata, anzi può dirsi che sia andato esclusivamente per lei in quelle contrade, non avendovi operato altro”.
La povera donna aveva sentito parlare dei grandi prodigi di quell’uomo ed era andata ad implorarlo per la figlia. Umilmente si gettò ai suoi piedi, lo invocò come “Figlio di David”. Com’è possibile che Gesù, il cui cuore sempre si strugge di compassione, mostri in questo caso, tanta gelida indifferenza?
La donna continuò a implorare fino a far impietosire gli apostoli che, amareggiati, intervennero presso Gesù perché la esaudisse. Ma Gesù rispose loro che era stato inviato solo alle pecore perdute della casa di Israele.
“Con queste parole” spiega Dolindo Ruotolo “non intese dire di non voler esaudire la preghiera di quella donna, ma volle mostrare agli apostoli, in una durezza che li addolorava, quanto era contraria alla carità la durezza di chi s’irrigidiva in una legge esteriore senza tener conto del suo spirito. Dal suo cuore però partivano raggi di carità invisibili che colpirono la donna, la fecero più ardita”.
Deliberatamente “volle far sentire agli apostoli, in un contrasto con una madre supplicante, quanto fosse ingiusto il disprezzo” che scribi e farisei avevano dei pagani. “Essi vedendo quel disprezzo in confronto con Lui, carità per essenza, ne distinguevano di più l’orrore… La lezione era tutta rivolta agli apostoli titubanti: essi dovevano riconoscere che non avevano quella fede profonda che sa resistere alle prove; dovettero capire quanto superiore agli scribi e ai farisei era quell’umile donna, che aveva nel cuore un tesoro di fede nel Messia…”. Il Vangelo ci informa poi che dopo questo episodio, tornato in Galilea, Gesù compì molti miracoli, guarendo ciechi, storpi, muti, consolando i loro cuori e rafforzando così la fede degli apostoli.
A questo punto padre Dolindo ricava da quell’evento un insegnamento per noi. Una stupenda intuizione che ho sentito proprio adatta a me:
“Quante volte, pregando, ci sembra che Gesù Cristo, la Madonna e i santi non ci ascoltino, e l’anima si disorienta a volte fino a sentirsi venir meno la fede! Quante volte, in questi momenti di tenebre, satana ci suggerisce che è vano pregare e ci getta in una cupa disperazione che è forse il tormento maggiore della vita! Eppure in quei momenti di oscurità , proprio allora, dobbiamo intensificare la preghiera, perché la fede esca ingigantita dalla prova ed ottenga grazie maggiori di quelle che ha richieste. Si può dire con assoluta certezza che nessuna preghiera è vana, e che quando non ci vediamo esauditi ci si prepara una consolazione più grande, temporale ed eterna. Non siamo degli abbandonati nel mondo, non siamo dei reietti, siamo figli del Padre celeste, ed Egli ci riserba il suo pane, cioè la ricchezza delle sue misericordie”.
di Antonio Socci – Caterina. Diario di un padre nella tempesta Ed. Rizzoli
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