Il Dio della vita

Posté par atempodiblog le 31 mai 2011

Il Dio della vita dans Fede, morale e teologia giovannipaoloii

Il fedele è consapevole che la coerenza crea isolamento e provoca persino disprezzo e ostilità in una società che sceglie spesso come vessillo il vantaggio personale, il successo esteriore, la ricchezza, il godimento sfrenato. Tuttavia egli non è solo e il suo cuore conserva una sorprendente pace interiore, perché – come dice la splendida «antifona» d’apertura del Salmo – «il Signore è luce e salvezza, è difesa della vita» del giusto (Sal 26,1). Egli ripete continuamente: «Di chi avrò paura?… Di chi avrò timore?… Il mio cuore non teme… Anche allora ho fiducia» (vv. 1.3).
Sembra quasi di ascoltare la voce di San Paolo che proclama: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31). Ma la quiete interiore, la fortezza d’animo e la pace sono un dono che si ottiene rifugiandosi nel tempio, ossia ricorrendo alla preghiera personale e comunitaria.

Giovanni Paolo II

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Le armi di Bernadette: la preghiera e il sacrificio

Posté par atempodiblog le 31 mai 2011

Le armi di Bernadette: la preghiera e il sacrificio  dans Libri santabernadette

A soli trentacinque anni l’esistenza di Bernadette si presenta come una missione perfettamente compiuta. Umanamente parlando sembrava un fallimento. « Buona a nulla » era l’etichetta affibbiatale a Nevers. Così Dio aveva voluto, affinché la santità ella sua piccola rifulgesse in ciò che vi è di più essenziale: il sacrificio e la preghiera per la salvezza eterna delle anime. Chi più di questa contadina dei Pirenei seppe illustrare il messaggio di « Aquero »? I teologi? I commentatori? I predicatori? E’ l’esistenza della « Buona a nulla » il messaggio vivo e perenne di Maria al mondo e alla Chiesa.
« Ho solo questo (cioè pregare) da fare. Non sono buona a nulla. La preghiera è la mia unica arma. Non posso far altro che pregare e soffrire… La preghiera e il sacrificio sono le mie armi che conserverò fino all’ultimo respiro. Solo allora l’arma del sacrificio cadrà, ma qeulla della preghiera mi seguirà in cielo dove sarà molto più potente ».

Tratto da: Sui passi di Bernadette – Padre Livio Fanzaga

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La comunione con Dio

Posté par atempodiblog le 31 mai 2011

La comunione con Dio dans Citazioni, frasi e pensieri giovannipaoloii

“La comunione con Dio è sorgente di serenità, di gioia, di tranquillità; è come entrare in un’oasi di luce e di amore”.

Giovanni Paolo II

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Ragione e razionalismo

Posté par atempodiblog le 31 mai 2011

Ragione e razionalismo dans Cardinale Giacomo Biffi Cardinale-Biffi

«Si dice spesso: perché la Chiesa proibisce questo, è contraria a quest’altro? Ma a proposito di realtà come il sesso, il matrimonio, la vita umana, la Chiesa c’entra poco. E’ la ragione a non poter ammettere, ad esempio, la soppressione di una vita umana innocente; è la ragione a dire che la famiglia è l’unione stabile tra l’uomo e la donna, dove si prepara e si custodisce l’avvenire dell’umanità. Solo che la Chiesa, a differenza dei “razionalisti”, non può permettersi di sragionare, perché la ragione è un dono divino che va difeso a ogni costo dagli attacchi libertari dell’egoismo. Confondere la ragione col razionalismo è come confondere i polmoni con la polmonite».

Cardinale Giacomo Biffi

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Il Papa chiede di pregare a giugno per i sacerdoti

Posté par atempodiblog le 31 mai 2011

Il Papa chiede di pregare a giugno per i sacerdoti
Intenzioni per l’Apostolato della Preghiera

Il Papa chiede di pregare a giugno per i sacerdoti dans Fede, morale e teologia pregare

Nel mese di giugno che sta per iniziare, Benedetto XVI chiede in particolare preghiere per i sacerdoti, perché siano testimoni autentici dell’amore di Dio.

E’ la proposta che fa nelle intenzioni di preghiera contenute nella lettera pontificia che ha affidato all’Apostolato della Preghiera, iniziativa seguita da circa 50 milioni di persone nei cinque continenti.

L’intenzione generale per il mese di giugno recita: “Perché i sacerdoti, uniti al Cuore di Cristo, siano sempre veri testimoni dell’amore premuroso e misericordioso di Dio”.

Questa richiesta del Papa ha luogo a un anno dalla chiusura dell’Anno Sacerdotale, periodo in cui la Chiesa si è unita in modo particolare in preghiera per i suoi sacerdoti nel mezzo di scandali che hanno visto protagonisti pochissimi di loro ma hanno provocato un grave danno nella percezione della loro vocazione da parte dell’opinione pubblica.

Il mese di giugno è anche quello che la Chiesa dedica tradizionalmente al Sacro Cuore di Gesù.

Oltre all’intenzione generale, il Papa propone ogni mese anche un’intenzione missionaria, che a giugno recita: “Perché lo Spirito Santo faccia sorgere dalle nostre comunità numerose vocazioni missionarie, disposte a consacrarsi pienamente alla diffusione del Regno di Dio”.

Fonte: Zenit.org

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Benedetto XVI rinnova l’affidamento dell’Italia al cuore di Maria

Posté par atempodiblog le 27 mai 2011

Benedetto XVI rinnova l’affidamento dell’Italia al cuore di Maria auspicando “una società più giusta, matura e responsabile”
Massimiliano Menichetti – Radio Vaticana

Benedetto XVI rinnova l’affidamento dell’Italia al cuore di Maria dans Articoli di Giornali e News papabenedettoxvi

“La fede non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale”. Così il Papa nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove ha presieduto la recita del Santo Rosario, insieme con i vescovi italiani riuniti in Assemblea generale. Nel 150.mo dell’Unità nazionale, Benedetto XVI e la Chiesa italiana hanno affidato l’intera nazione a Maria, invocata con i titoli di Salus Populi Romani e di Mater Unitatis. Il Papa ha auspicato il superamento pregiudiziale della contrapposizione politica. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, nel suo indirizzo di saluto ha parlato di necessità di “un sussulto di responsabilità” politica “da parte di tutti”.

L’affidamento a Maria che tutta si è consegnata al Padre, la difesa della vita e della famiglia, la necessità di superare le pregiudiziali contrapposizioni politiche, il dialogo tra il Nord e il Sud del Paese, l’auspicio affinché il precariato non sia la regola nel mondo del lavoro. Sono i principi richiamati dal Papa ai vescovi italiani riuniti in preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Benedetto XVI ha ribadito che l’Italia “celebrando i centocinquant’anni della sua unità politica” “può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa”.

« La fede, infatti, non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale! In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città, esprimendosi nella cultura, nelle arti e, non da ultimo, nelle mille forme della carità ».

La Chiesa ha sottolineato il Papa “non persegue privilegi né intende sostituirsi alle responsabilità delle istituzioni politiche, è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo”, rispetta la « legittima laicità dello Stato ». In questa prospettiva – ha proseguito – è il contributo alla costruzione del bene comune. Quindi il richiamo alla promozione e tutela della « vita umana in tutte le sue fasi » e il sostegno alla famiglia:

« Questa rimane, infatti, la prima realtà nella quale possono crescere persone libere e responsabili, formate a quei valori profondi che aprono alla fraternità e che consentono di affrontare anche le avversità della vita ».

E guardando al mondo del lavoro il Papa rileva le difficoltà ad accedere ad una piena e dignitosa occupazione chiedendo ogni sforzo possibile per superare il diffuso precariato:


« Mi unisco, perciò, a quanti chiedono alla politica e al mondo imprenditoriale di compiere ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo, che nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società ».

Nella sintesi dell’anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia che “richiama ad una memoria condivisa” e alle sfide della prospettiva futura, il Papa chiede ai vescovi di incoraggiare le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa:

« Non esitate a stimolare i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza, e a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Incoraggiate le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, affinché chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative non rimanga vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere ».

Punto di forza – ha affermato il Pontefice – è il sostegno alla “vasta rete di aggregazioni e di associazioni che promuovono opere di carattere culturale, sociale e caritativo”. Poi guardando alla realtà nazionale ha auspicato rinnovate occasioni d’incontro, nel segno della reciprocità, tra Settentrione e Mezzogiorno:

« Aiutate il Nord a recuperare le motivazioni originarie di quel vasto movimento cooperativistico di ispirazione cristiana che è stato animatore di una cultura della solidarietà e dello sviluppo economico. Similmente, provocate il Sud a mettere in circolo, a beneficio di tutti, le risorse e le qualità di cui dispone e quei tratti di accoglienza e di ospitalità che lo caratterizzano ».

Ai vescovi ha chiesto di continuare a coltivare uno spirito di sincera e leale collaborazione con lo Stato. Ed “in una stagione, nella quale emerge con sempre maggior forza la richiesta di solidi riferimenti spirituali, sappiate porgere a tutti – ha evidenziato – ciò che è peculiare dell’esperienza cristiana: la vittoria di Dio sul male e sulla morte, quale orizzonte che getta una luce di speranza sul presente”.

Benedetto XVI ha poi posto sotto “la protezione della Mater Unitatis”, la Madre dell’Unità, “tutto il popolo italiano, perché il Signore gli conceda i doni inestimabili della pace e della fraternità e, quindi, dello sviluppo solidale”:

« Aiuti le forze politiche a vivere anche l’anniversario dell’Unità come occasione per rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione: le diverse e legittime sensibilità, esperienze e prospettive possano ricomporsi in un quadro più ampio per cercare insieme ciò che veramente giova al bene del Paese ».

« L’esempio di Maria – ha concluso – apra la via a una società più giusta, matura e responsabile, capace di riscoprire i valori profondi del cuore umano”:

« La Madre di Dio incoraggi i giovani, sostenga le famiglie, conforti gli ammalati, implori su ciascuno una rinnovata effusione dello Spirito, aiutandoci a riconoscere e a seguire anche in questo tempo il Signore, che è il vero bene della vita, perché è la vita stessa ».

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Dalla Chiesa i criteri per votare, oltre le antipatie

Posté par atempodiblog le 26 mai 2011

Gheddo: dalla Chiesa i criteri per votare, oltre le antipatie
di Carlo Melato – IlSussidiario.net

Dalla Chiesa i criteri per votare, oltre le antipatie  dans Articoli di Giornali e News padregheddo

A pochi giorni dal ballottaggio milanese, che vede contrapposti Letizia Moratti e Giuliano Pisapia, sui giornali si torna a discutere di voto cattolico. «Gli appelli a concentrarsi sulla dimensione della concretezza, del fare quotidiano e della progettualità sembrano cadere nel vuoto», ha dichiarato pochi giorni fa il Cardinale Angelo Bagnasco, criticando una politica troppo spesso ridotta a “litigio perenne”. Ieri lo scontro tra Il Giornale e Avvenire sulle parole del cardinale Dionigi Tettamanzi e il chiarimento di mons. Mariano Crociata sul tema delle moschee. Secondo il segretario generale della Cei, la costruzione di una moschea risponde infatti al diritto fondamentale della libertà religiosa, ma occorre tenere conto delle «esigenze di vita sociale e comunitaria della nostra Costituzione», dato che si tratta anche di «luoghi di aggregazione sociale». Ma come orientarsi in questo finale di campagna elettorale che vede i programmi dei candidati ancora in secondo piano? «Per un cattolico è molto più semplice di quanto si creda – dice Padre Piero Gheddo a IlSussidiario.net -. Nella scelta su chi votare il criterio non è la simpatia personale, ma le proposte che vengono portate avanti dai candidati sui temi che la Chiesa oggi ritiene decisivi, in Italia come in tutto il mondo».

A cosa si riferisce?
Parlo di quei “valori non negoziabili” indicati più volte da Papa Benedetto XVI e dalla Conferenza Episcopale Italiana come prioritari: la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale, la difesa della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, la difesa della libertà di educazione e della libertà religiosa. Non sono temi che la Chiesa sceglie a caso, c’è una ragione precisa.

Quale?
Stiamo attraversando una crisi antropologica che riguarda lo stesso concetto di uomo. Se ci si dimentica infatti che l’uomo è una creatura di Dio si può arrivare fino a mettere le mani sulla vita e sulla morte, scivolando verso quella barbarie inseguita da Hitler e da altri come lui. È questo il punto più importante, tutto il resto, anche se condivisibile, viene dopo.

Cosa intende dire?
L’ingiustizia sociale non è stata di certo sconfitta, se chi si batte per questo però sostiene l’aborto, l’eutanasia e l’equiparazione delle coppie gay al matrimonio tra uomo e donna, non andiamo più d’accordo. Da cattolico non potrei mai votare infatti per un candidato che porti avanti queste idee, anche se ha in mente molti  progetti meritevoli.
La libertà di educare, poi, non è certo un tema minore. Le famiglie devono poter scegliere alla pari tra scuole paritarie e scuole pubbliche, come già avviene in Lombardia nel campo sanitario. Tra l’altro, grazie alle paritarie, anche se nessuno lo dice, lo Stato risparmia diversi miliardi di euro l’anno. Non è allo Stato, o al Comune, che spetta la regia di tutto, ma il controllo, per evitare che qualcuno faccia il furbo. Il primato resta quello dell’individuo, come dice il principio di sussidiarietà.

In questa campagna elettorale le polemiche continue non hanno permesso probabilmente di approfondire questi temi. Il Card. Bagnasco ha puntato il dito contro il “dramma del vaniloquio”, quella spirale di «invettiva che non prevede assunzioni di responsabilità».
Sono d’accordissimo con lui, anche se ricordo ancora gli insulti che volavano nella campagna elettorale del ’48 e in quella del ’53. In quegli anni, d’altra parte, si decideva se restare al di qua della “cortina di ferro” e fortunatamente, come ammise poi anche lo stesso Berlinguer, non ci fu un’affermazione delle sinistre. 
Per questo i toni aspri non mi spaventano più, anche se gli schieramenti politici oggi dovrebbero rispettarsi maggiormente e cercare di dialogare. I tempi dovrebbero permetterlo, anche se la fine della Prima Repubblica e la dissoluzione dei partiti ci ha portato in questa direzione. Oggi conta molto di più il carisma personale delle ispirazioni ideali e la demonizzazione reciproca sembra quasi una conseguenza inevitabile.

Come ne usciremo secondo lei?
Non saprei, la personalizzazione conta ancora moltissimo e non solo in Italia. Registro solo il fatto che qui da noi siamo fermi al ’94: tutta l’attenzione è ancora concentrata su Berlusconi, tant’è che gli attacchi che riceve sono rivolti alla sua persona più che alla sua politica.
L’evoluzione della politica italiana seguirà comunque il suo corso e la Chiesa continuerà a indicare a tutti ciò che conta senza dover dire per chi votare. Ricordo ad esempio nel 1968 i distinguo di un certo mondo cattolico contro l’Humanae Vitae di Paolo VI. “È matto – dicevano – c’è il boom demografico, non bisogna favorire le nascite”. Il Papa tenne duro e la storia gli diede ragione, perché ragionava secondo il Vangelo. D’altronde l’uomo vive nelle cose di tutti i giorni, ma la Chiesa vede più lontano. Spetta alla libertà di ciascuno decidere se ascoltarla. Uno può anche decidere di fare il “cattolico adulto” e disobbedire: la coscienza è sua… 

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Il Cristianesimo

Posté par atempodiblog le 25 mai 2011

Il Cristianesimo dans Citazioni, frasi e pensieri cristianesimo

Il Cristianesimo non soltanto ha in sé qualcosa che l’uomo non si è dato da sé, ma contiene cose che mai sarebbero venute in mente all’uomo neppure come desiderio ideale.

Sören Kierkegaard

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Osservazione

Posté par atempodiblog le 25 mai 2011

 

Osservazione dans Citazioni, frasi e pensieri osservare

Ho sempre osservato che le persone pronte a sospettare un delitto son quelle stesse che vi si dedicano.

Donatien-Alphonse-François de Sade

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Riconoscere la verità ovunque essa sia

Posté par atempodiblog le 25 mai 2011

Riconoscere la verità ovunque essa sia dans Citazioni, frasi e pensieri orianafallaci

Ogni persona libera, ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. E se non lo fa è, (nell’ordine): un imbecille, un disonesto, un fanatico. Il fanatismo è il primo nemico della libertà di pensiero. E a questo credo io mi piegherò sempre, per questo credo io pagherò sempre: ignorando orgogliosamente chi non capisce o chi per i suoi interessi e le sue ideologie finge di non capire.

Oriana Fallaci

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Vaticano: « Bandiere arcobaleno via dalle chiese »

Posté par atempodiblog le 24 mai 2011

L’agenzia vaticana Fides spiega le origini del vessillo del movimento pacifista: « È legato alla teosofia e al relativismo. Tornate alla croce » e consiglia di eliminarlo dai luoghi sacri: « Usate la croce »
di Andrea Tornielli

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Perché preti e laici cattolici usano la bandiera arcobaleno come simbolo di pace invece della croce? Non sanno che quella bandiera è collegata alla teosofia e al New Age? È netto e documentato il giudizio contenuto in un articolo pubblicato da «Fides», l’agenzia della Congregazione vaticana per l’evangelizzazione dei popoli diretta da Luca De Mata, nei confronti del vessillo, simbolo del movimento pacifista, appeso anche nelle chiese e da qualche prete pure sull’altare.

«Come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano – si chiede “Fides” – hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace? Sarebbe interessante interrogare uno per uno coloro che hanno affisso sugli altari, ingressi e campanili delle chiese lo stendardo arcobaleno». L’agenzia vaticana ipotizza qualche risposta in proposito, vale a dire «la lunga litania degli eventi in cui la Chiesa avrebbe brandito la croce come simbolo di sopraffazione», dalle Crociate alla caccia alle streghe ai roghi di eretici. «Fides» a questo proposito ricorda però che non è il simbolo della croce in quanto tale «ad aver bisogno di essere emendato», quanto piuttosto «gli atteggiamenti degli uomini che, guardando a tale segno, possono ritrovare motivo di conversione». Poi rilancia: «Questi uomini e donne di chiesa sanno qual è l’origine della bandiera della pace? Molti probabilmente no. Altri, pur sapendo, non se ne preoccupano più di tanto».

Le origini della bandiera della pace vanno ricercate, spiega l’agenzia, «nelle teorie teosofiche nate alla fine dell’800. La teosofia (letteralmente “Conoscenza di Dio”) è quel sistema di pensiero che tende alla conoscenza intuitiva del divino». Da sempre presente nella cultura indiana, ha preso la sua moderna versione dalla Società Teosofica, «un movimento mistico, esoterico, spirituale e gnostico fondato nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky, più nota come Madame Blavatsky». Il pensiero della corrente rappresentata dalla bandiera arcobaleno si basa sullo «gnosticismo», sulla «reincarnazione e trasmigrazione dell’anima», sull’esistenza di «maestri segreti» e riconduce al New Age, mentalità che predica la libertà più assoluta e il relativismo, l’idea dell’«uomo divino», il rifiuto della nozione di peccato.

«Fides» spiega che esistono diverse versioni di questa bandiera, una delle quali è riconosciuta ad Aldo Capitini, fondatore del Movimento nonviolento, «che nel 1961 la usò per aprire la prima marcia per la pace Perugia-Assisi», mentre un’altra «segnala che la sua origine risale al racconto biblico dell’Arca di Noè» e dunque sarebbe un simbolo cristiano a tutti gli effetti. In realtà – scrive l’agenzia dopo aver ricordato che è anche il simbolo dei movimenti di liberazione omosessuali – la bandiera rappresenta un’idea secondo la quale «per esempio è possibile mettere sullo stesso piano partiti politici o gruppi culturali che rivendicano, legittimamente, la difesa della dignità della donna, e gruppi, come è accaduto recentemente in Europa, che rivendicano la depenalizzazione dei reati di pedofilia. Si tratta ovviamente di aberrazioni possibili, solo all’interno di una mentalità relativistica come quella che caratterizza le nostre società occidentali».

La bandiera, conclude «Fides», è un simbolo sincretistico, che propone l’unità New Age nella sintesi delle religioni. Introdurla nelle chiese e nelle celebrazioni è da considerarsi «un abuso».

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Il giudizio temerario

Posté par atempodiblog le 24 mai 2011

Il giudizio temerario dans Fede, morale e teologia 1zm2szb

In due modi si può recar danno alla fama del prossimo e fargli perdere la sua buona stima e la sua reputazione: 1°) con la calunnia e la mormorazione, come abbiamo veduto nelle precedenti istruzioni; 2°) internamente col giudizio temerario. Quando noi diciamo male di qualcuno, mormorando o calunniandolo, facciamo perdere a questo tale quella buona stima ch’egli godeva presso gli altri; quando invece ne giudichiamo male, gli facciamo perdere la buona opinione ch’egli godeva presso noi stessi, cioè nella nostra mente. Dopo aver parlato della maldicenza con cui si toglie la fama al prossimo, esternamente, è bene che parliamo anche del giudizio temerario con cui si toglie la fama al prossimo, internamente.

Anche il giudizio temerario è un vizio che è divenuto comune, perché ci si mette, con tutta facilità, a giudicare e a sentenziare sulle azioni altrui. Vediamo quanto sia male giudicare temerariamente il prossimo, per evitare in noi questo vizio, per averne l’orrore che esso merita e per schivarlo con diligenza. Uditemi con attenzione.

Per procedere con chiarezza in questa materia e togliere ogni ansietà all’anima timorata e devota, bisogna avvertire che non sono giudizi temerari quei semplici pensieri e quei sospetti involontari che vengono in mente contro il prossimo, senza accorgercene, e che vorremmo che non ci venissero. Altro è sentirsi da essi molestati e combattuti, altro è essere vinti. Sarebbe bene che in noi ardesse tale carità verso il prossimo che ci facesse sempre pensar bene di tutti, e che fossimo così occupati nella indagine dei nostri difetti da non aver tempo di pensare a quelli degli altri; ma poiché in questa vita non viviamo senza tentazioni, basterà che contro di esse si combatta e si resista.

In secondo luogo bisogna avvertire che altro è il sospetto e altro è il giudizio. Il sospetto si ha quando si è più inclinati a credere il male; il giudizio si ha quando si ritiene una cosa per certa e indubitata. Il giudicare male del prossimo, apertamente e fermamente, senza giusto e vero motivo, è sempre peccato grave, perché ritenendo decisamente il nostro prossimo come cattivo, gli si toglie la buona stima e la riputazione. Ho detto: giudicar male decisamente, senza giusto motivo, perché se vi fossero dei gravi motivi, ossia dei gravi e forti indizi, allora il nostro giudizio non sarebbe più temerario, sebbene anche in questo caso sarebbe molto meglio sospendere ogni giudizio e coprire ogni cosa col manto della carità.

Premesse queste nozioni generali, è certo che non è mai lecito, senza un grave e giusto motivo, giudicar male del prossimo; se noi lo facciamo, i nostri giudizi sono sempre temerari e gravemente peccaminosi, a meno che la cosa di cui si giudica sia piccola e di poco conto, nel qual caso il giudizio sarebbe solo colpa veniale, per parvità di materia.

La ragione è quella che adduce l’angelico dottore S. Tommaso. Tre condizioni, dice il santo, si richiedono affinché un giudizio sia retto e lecito: a) autorità in chi giudica; b) cognizione di ciò di cui si giudica; c) che si giudichi con giustizia. Ora, che autorità abbiamo noi sopra il nostro prossimo? L’autorità è di due sorta: ordinaria e delegata. L’ordinaria è quella che compete a qualcuno in ragione del suo ufficio; la delegata è quella che si dà ad alcuno da chi ha l’ordinaria. Per esempio, un principe che abbia un assoluto dominio sopra i sudditi del suo regno, ha una giurisdizione ordinaria sopra di essi, e con autorità ordinaria li può giudicare. Ma perché non può trovarsi in ogni luogo del suo stato, costituisce dei ministri, propone loro che facciano le sue veci e questi si chiamano giudici delegati. Ora, di queste due autorità quale abbiamo noi che ci mettiamo a giudicare così facilmente il nostro prossimo? Nessuna: né l’ordinaria perché non abbiamo un ufficio a cui questa sia annessa; né la delegata, perché non ci fu conferita da nessuno. Non ci fu data nemmeno da Dio, supremo padrone di tutte le cose, a cui solo appartiene il diritto di giudicare tutti gli uomini. Egli, anzi, ci proibisce nel suo Vangelo di giudicare i fratelli, e se lo facciamo, ci minaccia di avere per noi giudizi severi: «Non giudicate e non sarete giudicati; un giudizio senza misericordia sarà fatto per colui che non usò misericordia».

«Chi siete voi – dice S. Paolo – che vi prendete la libertà di giudicare il servo altrui? Sono forse vostri sudditi e dipendenti, quelli che voi giudicate? Certo no: sono servi e dipendenti di Dio. Se fanno bene o male, se cadono o no, non tocca a voi tenerne conto. Perché, dunque, volete censurare il vostro fratello, continua l’Apostolo, se non è suddito né servo vostro? Se sopra di lui non avete alcuna giurisdizione o potere? Lasciatelo completamente al suo giudice naturale, altrimenti fate ingiuria al vostro fratello, sottomettendolo al vostro giudizio, quando dipende solo da Dio».

«Nemmeno il divin Padre – dice S. Bernardo – si prende l’arbitrio di giudicare gli uomini, quantunque ne avrebbe tutto il diritto»: infatti ha rimesso il giudizio al suo divin Figlio G. C, che è giudice dei vivi e dei morti. Crediamo pure alla grande carità promessa da Gesù agli apostoli, e a noi nella loro persona, che se osserviamo scrupolosamente la sua legge e adempiamo con esattezza gli obblighi della nostra vocazione, sederemo un giorno con Gesù Cristo per giudicare. Ma non preveniamo la venuta di questo Giudice supremo, né vogliamo giudicare prima di Lui. Se solamente nel giorno del giudizio universale, Gesù Cristo ci comunicherà il suo divino potere, aspettiamo che ce ne faccia parte, e aspettiamolo con umiltà e pazienza. In una parola, non giudichiamo prima del tempo, come ci dice lo stesso apostolo Paolo, né prima della venuta del Signore; altrimenti i nostri giudizi saranno temerari, perché fatti senza autorità e sufficiente cognizione di causa, ch’è la seconda condizione richiesta da S. Tommaso, per formare un retto e giusto giudizio.

Ditemi un poco, voi che giudicate così facilmente il vostro prossimo: che cognizioni avete delle sue azioni? I giudici e i magistrati, prima di condannare uno, accusato come reo, fanno ricerche sopra ricerche. Dopo aver sentita l’accusa, esaminano con diligenza le prove da una parte e dall’altra, pesano tutte le circostanze del fatto, interrogano i testimoni, concedono la difesa al reo e fanno tutto il possibile per trarre la verità dalla bocca stessa dell’imputato, per non incorrere nel pericolo di proferire sentenze ingiuste. Ma noi, quando giudichiamo il nostro prossimo, non osserviamo alcuna di queste formalità. Solo da ciò che esternamente si vede, si giudica delle condizioni interne del cuore. Si giudica di tutto e si prendono per evidenti, i più leggeri sospetti. E non crediamo che siano falsi i nostri giudizi? Nessuna legge ancora ordina di intromettersi nel santuario dei cuori e di giudicarne i pensieri, le intenzioni, le idee, perché Dio solo può conoscere l’interno dell’uomo. La stessa Chiesa Cattolica, sebbene fondata da Gesù Cristo e illuminata dallo Spirito Santo, affinché non erri, in materia di fede e di costumi, non giudica mai le interne disposizioni e i movimenti del cuore. E noi, che non siamo che tenebre ed ignoranza, saremo così temerari ed audaci da giudicare la condotta del prossimo, la quale proviene dal fondo del cuore, perché l’azione esterna per sé non è né buona né cattiva, se non viene informata dall’interno? Ma se non capiamo neppure noi stessi, come possiamo pretendere di conoscere l’intimo degli altri? Non è forse vero che tante volte, essendo sorpresi da tentazioni di odio, d’invidia, d’impurità, non sappiamo neppure decidere se abbiamo acconsentito o no, e per levarci ogni ansietà, siamo pronte ad accusarcene in confessione come ne fossimo rei davanti a Dio? Se non sappiamo tante volte cosa passa nel nostro cuore, nel nostro intimo, come possiamo giudicare ciò che passa nell’intimo del cuore altrui? Decidiamo delle altrui intenzioni, senza timore di ingannarci; e con facilità definiamo il prossimo reo di questo o di quel difetto. Può darsi temerarietà maggiore di questa? Ma noi, padre, dirà forse qualcuna, non giudichiamo dalle sole apparenze, giudichiamo da ciò che vediamo con i nostri occhi. E il giudicare da quel che si vede, non è giudicare dall’apparenza e perciò temerariamente? Giudicare dalle apparenze, ci si mette a rischio di cadere in inganno.

Le abominazioni di Sodoma e Gomorra erano divenute così pubbliche e pestifere, che avevano contaminato tutto il paese all’intorno e, secondo l’espressione della divina Scrittura, erano salite fino al trono di Dio. Che fa Iddio? Giudica forse quegli sciagurati sull’istante e dà loro il meritato castigo? «No, esaminerò meglio la loro causa», dice Egli. Vuole portarsi sul luogo e constatare di persona l’entità di quell’enorme delitto. Ma perché questo? Iddio non è presente in ogni luogo? Non conosce minutamente ogni cosa, senza aver bisogno di portarsi a vedere? Perché, dunque, venire sul luogo a vedere, se la cosa sia vera? Per ammaestrare noi, dice S. Gregorio, e farci intendere che quando si tratta di giudicare il nostro prossimo non dobbiamo farlo così a precipizio, per quanto i fatti sembrino manifesti e divulgati. Bisogna andare adagio, prendere informazione diretta, non starsene alle relazioni altrui, esaminare se i fatti siano così, o altrimenti, per evitare i giudizi temerari. E la causa di questi giudizi sapete qual è? E’ perché si giudica secondo le proprie passioni. Sì le nostre cattive passioni sono quelle che ci spingono a giudicare il prossimo non solo senza carità, ma anche senza giustizia. L’invidia, l’amor proprio, la superbia non ci lasciano mai pensar bene del prossimo, ci fanno comparire colpevoli quegli stessi che sono innocenti. Davide agli occhi di Giònata sembrava innocente e tanto caro da essere amato da tutti; agli occhi di Saul, invece, lo stesso Davide pareva così malvagio, da giudicarlo degno di morte. Come mai un giudizio così diverso sulla stessa persona? Perché Giònata aveva un cuore ben fatto e questo lo faceva giudicare rettamente del suo amico; Saul invece aveva un cuore, maligno e lacerato dall’invidia che lo portava a fare sinistri giudizi. Gesù conduceva una vita irreprensibile, eppure scribi e farisei lo facevano passare per un peccatore. Sapete perché? Essi erano dominati da interessi e da amor proprio, e temevano che i suoi insegnamenti facessero loro perdere la stima del popolo. Così capita anche a noi, sorelle mie, giudicando il nostro prossimo con cuore accecato dalle passioni: tutto ciò che vediamo in esso ci pare vizioso e malvagio.

Stabiliamo dunque, come frutto di questa istruzione di non alzar mai più tribunali contro i nostri simili, né giudicare mai più alcuno dei nostri fratelli, perché non avendo noi autorità di farlo, mancandoci la sufficiente cognizione di poterlo fare rettamente ed essendo d’ordinario prevenuti dalle passioni, i nostri giu dizi non possono essere che temerari e conseguentemente peccaminosi. Cerchiamo di giudicare noi stessi e non gli altri, perché noi saremo giudicati da Dio non sopra le azioni altrui, ma sopra le nostre. S. Paolo ci avvisa che se giudicheremo e condanneremo noi stessi, non sentiremo più un giorno i rigori del giudizio di Dio.

Forse nel corso di questa istruzione avrò detto qualcosa che non a tutte sarà piaciuta, ma ricordatevi, mie sorelle, che come vi ho detto già un’altra volta, la verità che rimprovera è quella sola che corregge i costumi e risana il cuore dalle proprie miserie. Non dimentichiamo mai che Gesù Cristo N. S. nel S. Vangelo vieta il giudizio temerario nella maniera più rigorosa, dicendo: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; altrimenti sarete giudicati con la stessa severità che avrete usata verso gli altri». Amen.

di Sant’Agostino Roscelli
Fonte: Immacolatine.it

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Come far conoscere e amare Maria Ausiliatrice

Posté par atempodiblog le 24 mai 2011

mariaausiliatrice.jpg

Gli chiesero come si facesse a far conoscere e far amare Maria Ausiliatrice. E Don Bosco: parlando opportunamente di Lei con la gioventù che la Provvidenza ci affida e con le persone esterne che ci avvicinano; scrivendo qualche volta su di Lei in ogni vostra lettera ai parenti e ai conoscenti; rivolgendo a Lei chi ha bisogno di grazie speciali e raccontando i favori ricevuti per mezzo suo; distribuendo medaglie e immagini che portino la Sua effigie; recitando e facendo recitare spesso la giaculatoria:

Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis;

cantando di preferenza le sue lodi nelle ricreazioni e in chiesa, soprattutto nel suo mese.

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La purezza viene dal cielo

Posté par atempodiblog le 19 mai 2011

Tre sono le cose che ci permettono di conservare la purezza dell’anima: la presenza di Dio, la preghiera ed i sacramenti.

La purezza viene dal cielo dans Angeli Curato-d-Ars

La purezza viene dal cielo; bisogna chiederla a Dio. Se la chiediamo, l’otterremo. Bisogna stare attenti a non perderla: per questo dobbiamo chiudere il nostro cuore all’orgoglio, alla sensualità e a tutte le altre passioni… così come si chiudono porte e finestre, affinché nessuno entri.
Che gioia deve provare l’angelo custode incaricato di guidare un’anima pura! Figli miei, quando un’anima è pura, tutto il cielo la guarda con amore…
Le anime pure faranno cerchio intorno a Nostro Signore. Più saremo stati puri sulla terra e più saremo vicini a Lui in cielo.

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Socci e quella guerra a Gesù…

Posté par atempodiblog le 19 mai 2011

Socci e quella guerra a Gesù più pericolosa dei vari Dan Brawn e Odifreddi
di Assuntina Morresi – IlSussidiario.net

Socci e quella guerra a Gesù... dans Antonio Socci antoniosocci

Il cristianesimo è una notizia ben documentata. Ce lo spiega La guerra contro Gesù, l’ultimo libro di Antonio Socci, sicuramente il più maturo e il più completo fra tutti i suoi. Francamente, il più bello.
L’attacco più grave al cristianesimo è quello che nega la storicità di Gesù, cioè la certezza dell’esistenza della sua persona e l’attendibilità delle fonti che ne testimoniano: il Nuovo Testamento, innanzitutto, e poi la Tradizione della Chiesa. Per questo Socci ribatte e rilancia, riuscendo a rendere godibile e appassionante la storia di centinaia di anni di studi e ricerche filologiche, archeologiche e storiche che hanno avuto come oggetto, appunto, Gesù. Documenti difficilmente accessibili e comprensibili al grande pubblico diventano a portata di mano di tutti, intrecciati alle storie di personaggi più o meno conosciuti, ma determinanti per la storia della Chiesa e del suo popolo: un saggio che è anche un romanzo, lo leggi tutto di un fiato, e alla fine delle quattrocento pagine ti chiedi per quale motivo nessuno ti abbia mai raccontato tante cose fino ad ora.
Per questo è un libro che dovrebbe essere regalato a tappeto a chi si prepara alla Cresima, tanto per cominciare; indicato come lettura nelle comunità, dalle parrocchie ai movimenti, magari riprendendo sul serio, dove c’era, quella tradizione del “libro del mese”. Si presta ad essere usato a scuola e non solo all’ora di religione, ma anche in quella di lettura dei giornali, o a quella di storia, per spiegare meglio chi davvero fosse Voltaire e come ragionassero i nazisti, tanto per accennare a due esempi portati dal libro.
Ma dovrebbero leggerlo anche tanti cosiddetti intellettuali, magari quelli che pontificano dalle pagine di grandi quotidiani, schizzinosi e ignoranti del tesoro custodito dalla tradizione cattolica.
Come sempre, gli attacchi peggiori non sono quelli di chi, non credente, dedica le proprie energie, in totale malafede e senza alcuna reale cognizione di causa, alla guerra al cristianesimo – i vari Odifreddi o Dan Brown – ma quelli che nascono all’interno della Chiesa stessa. Esegeti, biblisti e studiosi cattolici, compresa qualche nota firma di pagine culturali, che antepongono la propria idea sui fatti all’evidenza dei fatti stessi, seminando confusione e incertezza, e minando molto più in profondità di tante operazioni commerciali libresche o cinematografiche che, pur diffuse capillarmente, durano però lo spazio di qualche settimana.
Tutta da leggere, insomma, l’ultima fatica di Socci, e varrebbe la pena riprendere in dettaglio ciascuna delle sei parti di cui si compone, per discuterne, e mettere a confronto con la vulgata comune. Dedicato ad Asia Bibi e a tutti i cristiani perseguitati e “ai giovani conosciuti in tanti incontri, perché constatino la solidità e la bellezza dell’annuncio che hanno ricevuto”, nelle ultime pagine riporta, fra l’altro, alcune considerazioni di Napoleone nei suoi giorni d’esilio a Sant’Elena, di quelle che difficilmente si possono leggere nei libri di storia.
Dopo aver chiesto quanto è durato l’impero di Cesare, e l’entusiasmo dei soldati di Alessandro Magno, sottintendendo che sono durati poco, rispetto a Cristo Napoleone dice:

è stata una guerra, un lungo combattimento durato trecento anni, cominciato dagli apostoli e proseguito dai loro successori e dall’onda delle generazioni cristiane. Dopo San Pietro i trentadue vescovi di Roma che gli sono succeduti sulla cattedra hanno, come lui, subìto il martirio. Durante i tre secoli successivi, la cattedra romana  fu un patibolo che procurava sicuramente la morte a chi veniva chiamato. […]  In questa guerra tutti i re e tutte le forze della terra si trovavano da una parte, mentre dall’altra non vedo nessun esercito, ma una misteriosa energia, alcuni uomini sparpagliati qua e là nelle varie parti del globo e che non avevano altro segno di fratellanza che una fede comune nel mistero della Croce. […] Potete concepire un morto che fa delle conquiste con un esercito fedele e del tutto devoto alla sua memoria? Potete concepire un fantasma che ha soldati senza paga, senza speranza per questo mondo e che ispira loro la perseveranza e la sopportazione di ogni genere di privazione? Questa è la storia dell’invasione e della conquista del mondo da parte del cristianesimo. Ecco il potere del Dio dei cristiani e il miracolo perpetuo del progresso della fede. […] I popoli passano, i troni crollano e la chiesa rimane. Qual è, dunque, la forza che mantiene in piedi questa chiesa, assalita dall’oceano furioso della collera e dell’odio del mondo? [….] Che abisso tra la mia profonda miseria e il regno eterno di Cristo, pregato, incensato, amato, adorato, vivo ancora in tutto l’universo”.

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