« Io sono l’Immacolata Concezione »
Posté par atempodiblog le 8 décembre 2010
« Io sono l’Immacolata Concezione »
dal libro « Sui passi di Bernadette » di Padre Livio Fanzaga
Bernadette strumento di grazia
Da una ventina di giorni ormai Bernadette non si recava alla grotta. Come spesso accade nella sapiente pedagogia divina, i momenti di grande grazia sono preparati da un tempo di purificazione, di aridità e di prova. Poi, quando meno te l’aspetti, la grazia irrompe nella tua vita come un fulmine a cielo sereno. Da tre settimane la piccola non sentiva nessuna attrazione di recarsi alla grotta. I visitatori andavano diminuendo, mentre la pressione delle autorità si faceva più audace. Si era dunque chiuso quello strano fenomeno di una giovane donna che si manifestava nella nicchia di una grotta a Massabielle?
Bernadette vive l’attesa oscura della fede. Dopo quindici apparizioni la veggente continua a chiamare l’apparizione “Aquero”, “Quella cosa”, rinunciando per il momento a identificarla con la santa Vergine. Anche i veggenti hanno i loro tunnel oscuri da percorrere, quando il soprannaturale sembra improvvisamente eclissarsi.
Durante la notte che precede la grande solennità dell’Annunciazione ecco che la grazia passa improvvisamente a visitare l’umido Cachot, dove la famiglia Soubirous, sei persone sistemate su due letti, dorme il sonno tranquillo dei giusti. Bernadette si sveglia, prima ancora dell’alba, mentre avverte in fondo al cuore un’attrazione che le è ben nota. Al riconoscerla il suo cuore trabocca di gioia e attende che si avvicini la pallida luce del mattino. Alla quattro però non riesce più stare nel letto. Si alza, si veste e senza esitazioni corre verso la grotta. Quando Dio chiama, bisogna correre. Gli appuntamenti col soprannaturale non ammettono pigrizie, o ritardi, o dilazioni.
Hai notato la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro, quando le donne annunciano che il Signore è risorto? Se leggi attentamente la Bibbia ti renderai conto di questa particolare “fretta”, che caratterizza gli incontri con Dio. Mi ricordo che a Medjugorje, quando vi era l’apparizione di notte sulla montagna, riservato al gruppo di preghiera di Ivan, si correva così veloci lungo quei sentieri, inerpicandoci fra i sassi e le spine, che io mi ritrovavo sempre ad arrivare per ultimo trafelato e borbottante.
Quel giorno benedetto però non era solo Bernadette ad avere fretta. Anche la Madonna aspettava impaziente quel momento di grande grazia in cui avrebbe rivelato il suo nome immacolato. Dio ci fa attendere, prima di concederci le grazie, perché vuole disporre il terreno affinché possano dare frutti abbondanti. Non appena però i tempi sono maturi, non indugia un solo istante, ma realizza immediatamente quanto ha progettato di fare.
L’apparizione dura ormai da un’ora, preceduta come sempre dalla preghiera del S. Rosario. Il cuore di Bernadette ora è pronto per formulare ancora una volta l’audace richiesta e per accogliere la grande rivelazione. Vorrei farti notare, caro amico, come dopo ben quindici apparizioni la veggente non osi ancora identificare la giovane donna con la santa Vergine. Non vedi in tutto questo una regia divina, che prepara la manifestazione del mistero dell’Immacolata Concezione?
Il nome, nella prospettiva biblica, esprime la profondità inafferrabile di una persona. Chi è Maria se non colei che, unica fra le creature, è stata concepita “immacolata”? Questa è la realtà profonda della sua persona che sta per essere svelata ed è per questo che fino a quel momento era stata indicata da nessun nome, se non da quello vago di “Aquero”, “Quella cosa”.
La rivelazione del mistero abissale di Maria è certo un grandissimo dono di grazia, fra i più straordinari che la Madonna ci abbia dato nelle sue apparizioni. Tuttavia esso ci viene dato attraverso una mediazione umana. Se Bernadette non l’avesse richiesto con insistenza, ripetendo la domanda per ben quattro volte, la Madonna non ci non ci avrebbe rivelato il tesoro nascosto della sua concezione immacolata.
“Signorina, volete avere la bontà di dirmi chi siete, per piacere?”, chiede la piccola veggente, col coraggio che le viene dal viso accondiscendete della giovane donna. Quest’ultima sorride, ma tace. Bernadette incalza, senza mostrare segni di scoraggiamento, mentre “Aquero” sorride sempre più bella. E’ forse facendo riferimento a questa sua personale esperienza che un giorno Bernadette dirà che la santa Vergine ama essere pregata a lungo?
Alla quarta volta la giovane donna cessa di sorridere. Tiene le mani giunte, mentre il rosario le pende dal braccio destro. Improvvisamente le mani si abbassano verso terra allargandosi, poi si ricongiungono all’altezza del petto e, alzando gli occhi al cielo, dice con ineffabile dolcezza: “Que soy era Immaculada Counceptiou”.
“Domandai per tre volte chi fosse – racconta Bernadette – ma le risposte furono altrettanti sorrisi. Mi azzardai a riproporle la domanda e questa volta Ella levò lo sguardo verso il cielo, congiungendo in segno di preghiera le mani che erano tese ed aperte verso terra, e mi disse: Io sono l’Immacolata concezione. Queste sono le ultime parole che mi ha rivolto. I suoi occhi erano blu”.
Esiste forse un momento più grande di questo nelle innumerevoli apparizioni mariane della storia? Io credo di no. Te beata, piccola Bernadette, che hai potuto contemplare l’umile grandezza di Maria, mentre si inabissava nel suo nulla, dal quale l’amore del Creatore l’aveva tratta, per farne il Tempio della sua gloria. Te beata, che hai visto gli occhi blu di Maria levati al cielo, gli occhi della sottomissione, gli occhi della gratitudine, gli occhi della lode, gli occhi dell’adorazione. Te beata, che hai contemplato la grandezza della creatura quando accetta con gioia la dipendenza dal suo Creatore. Te beata, che hai guardato l’essere umano nello splendore immacolato della prima creazione. Te beata che hai ammirato in Maria, perfetta redenta, la gloria della nostra redenzione. Te beata, che hai potuto scorgere nel destino di beatitudine della Madre quello che attende i suoi figli. Te beata, perché hai osato e hai creduto e attraverso di te è scesa sul mondo una luce che non si spegnerà più!
“Umile e alta più che creatura” (Dante)
La richiesta del nome era venuta dalla Chiesa, rappresentata dal parroco, ed è a lui che Bernadette corre per riferire quanto detto da “Aquero”. Peyramale aveva chiesto come segno che fiorisse il cespuglio del rosaio selvatico che pendeva da sotto la nicchia. Aveva avuto in risposta un segno ben più grande. “Immacolata Concezione” è una espressione che racchiude un abisso insondabile di luce. Peyramale ne è investito e quasi accecato.
Avrebbe potuto accettare che la giovane donna dicesse di essere colei che era stata concepita senza peccato originale. Ma definire se stessa “Immacolata Concezione” gli appariva assurdo. Non comprendeva, ma nel medesimo tempo capiva che una grande luce si era accesa nella nicchia di Massabielle, una luce così grande che né lui, né la piccola veggente potevano afferrare.
In realtà l’espressione “Immacolata Concezione” è assolutamente pertinente. Essa significa non solo che Maria è immacolata, ma che è la concezione immacolata per eccellenza, in quanto è l’unica creatura concepita senza la macchia del peccato originale. In questa espressione non solo è indicata la perfetta santità di Maria, ma anche l’unicità irrepetibile del suo essere incontaminato, in un mondo in cui tutti gli esseri umani portano il segno umiliante del male.
L’istante in cui la santa Vergine ha pronunciato il suo nome è rimasto impresso nell’anima di Bernadette come un sigillo indelebile. La descrizione che ce ne ha fatto vale da sola più di qualsiasi trattato di mariologia. Maria vi appare in tutta la sua abissale piccolezza e nel medesimo tempo nella sua sconfinata grandezza. Quando la Madonna dice “io”, scompare nella luce purissima della sottomissione e della riconoscenza al Creatore.
Innanzi tutto abbassa le braccia, per indicare il nulla dal quale è stata tratta. Poi le solleva al petto, congiungendole in atteggiamento di suprema adorazione. Quindi, senza alzare la testa, eleva gli occhi verso il cielo, alla fonte suprema dell’essere, della vita e della grazia. Poi pronuncia ciò che è, senza nulla tacere della sua infinita grandezza e senza minimamente appropriarsene, ma lasciando che l’immensità della luce divina che da lei emana celebri la gloria dell’Altissimo.
Potremo noi parlare così di Maria? Impareremo la grande lezione di Lourdes, dove la Madre di Dio ci ha manifestato quale mistero inafferrabile di grandezza è in lei, piccola serva del Signore? Avremo ancora paura di confessare quale mirabile creatura Dio ci abbia donato come madre? Esiteremo ancora a presentare al popolo cristiano le grande cose che in lei ha fatto l’Onnipotente?
Rimango stupito davanti a questo miracolo dello spirito, unico e irripetibile, di vedere una creatura manifestare, col più semplice e trasparente dei gesti, che tutto il suo essere di luce è soltanto un puro dono di grazia. Comprendo che quando tacciamo sul mistero di infinita grandezza di Maria, o quando cerchiamo di oscurare il posto che Dio le ha affidato al suo fianco nell’opera della Redenzione, noi in realtà facciamo torto all’Onnipotente e anche a noi stessi, che abbiamo in Maria l’onore del genere umano e la speranza della gloria futura.
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