Ridicoli moralismi
Posté par atempodiblog le 23 novembre 2010
“Ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri”: così diceva il duca D’Aragua ne I Viceré di De Roberto. Fare gli affari nostri è lo sport degli italiani 150 anni dopo la loro unificazione. Solo che ciascuno scambia gli affari suoi per l’esercizio del pubblico interesse.
Penso che l’accanimento giudiziario di cui è oggetto l’onorevole Berlusconi sia evidente al di là di ogni possibile dubbio. Penso anche che l’elenco -che comincia ad essere lungo- dei salvatori della patria autoproclamatisi tali o come tali invocati da autorevoli storici e giornalisti, abbia il piccolo particolare di non aver nulla a che fare con l’espressione della volontà popolare. Fautori di un governo tecnico sono anzitutto Massimo D’Alema e Gianfranco Fini. Guarda caso accomunati da un passato antidemocratico che l’uno (D’Alema) non ha mai sconfessato, mentre l’altro (Fini) si è affrettato a farlo all’improvviso durante un viaggio in Israele. In quell’occasione Fini ha definito Mussolini “male assoluto” mentre fino a poco tempo prima apostrofava il dittatore fascista come il più grande statista del XX secolo. Fra il male assoluto e il grande statista Fini non ha gettato ponti: non si capisce quindi come un uomo maturo sui cinquant’anni possa passare da una valutazione all’altra senza colpo ferire.
All’inizio dell’estate il Corriere ha cominciato la campagna di cui oggi vediamo gli effetti maturi: governo tecnico. Tutti dentro meno Berlusconi. E perché? Per quello che vale ho votato Berlusconi convinta e convinta lo rivoterei. Mi si rinfaccia spesso: come fai, tu che sei cattolica, a votare per un uomo la cui vita privata è così sfacciatamente immorale?
Questa domanda presuppone un’ignoranza radicale di cosa sia il cattolicesimo. Che non è moralismo. Siamo una nazione in cui ogni desiderio individuale viene scambiato per diritto. In cui ciò che è liberamente scelto diventa automaticamente lecito. Ricorriamo quotidianamente ad una massa di maghi ed oroscopi. Siamo immersi nella pornografia e, a sentire don Di Noto, i siti pedopornografici sono decine di migliaia. Abbondiamo di satanisti ed organizziamo viaggi di piacere nei luoghi dell’orrore dove una ragazzina è stata ammazzata e ci scandalizziamo perché un uomo ricco organizza festini?
Il punto è un altro. Il punto è che abbiamo smesso di collegare la morale alla conoscenza, riducendoci alla pratica di un ridicolo ed opprimente moralismo di massa. Abbiamo smesso di interrogarci sul bene e sul male e siamo solo capaci di emettere giudizi di condanna senza mettere in discussione la nostra condotta. E’ vero: siamo una nazione allo sfascio. Ma lo siamo perché abbiamo smesso di far funzionare il cervello. La morale è il frutto della conoscenza, non il contrario.
Siamo diventati una nazione senza Dio. Una nazione che ha dimenticato la buona notizia: Gesù è venuto per salvare i peccatori. Cioè noi. La patria del cattolicesimo ha compiuto un’apostasia di massa e non sa nemmeno più cosa sia il peccato. Abbiamo scordato che il peccato ci toglie la vita perché ci separa da Dio autore della vita. E così un prete, durante l’omelia al funerale della ragazza assassinata, può augurarsi che “le bestie” che hanno compiuto un simile misfatto non facciano parte della comunità dei fedeli locali. Ma come? La buona notizia è che Gesù è venuto per quelle bestie. Perché quelle bestie possano cambiare vita e smettere di essere tali.
Non è possibile uscire dalla crisi che, prima che economica, è culturale e morale, senza tornare a Dio. Senza ricordare che i comandamenti sono la via per la vita. E che infrangerli procura l’infelicità e la morte. A mio modo di vedere non è giustificando una cultura vitalista e pagana che si fa l’interesse di Berlusconi e di tutti noi. Conviene chiamare le cose col loro nome: la verità e la vita fanno a pugni col peccato.
di Angela Pellicciari – Il Tempo
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